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Amaranto e Grano Saraceno sono comunemente considerati cereali o pseudo cereali, sia perché vengono utilizzati nella cucina senza glutine in alternativa a miglio, teff, sorgo e gli altri, sia perché hanno proprietà nutrizionali comparabili. Sono entrambi senza glutine e negli ultimi anni sono entrato anche nella dieta di persone attente alla salute.

L’Amaranto e i suoi semi color avorio

L’Amaranto è una pianta erbacea che produce piccoli semi color avorio, nero e rosso, conosciuta ed utilizzata, così come la quinoa, in epoca Atzeca e Inca. Si conoscono circa sessanta specie di amaranto, ma solo tre sono ritenute buone produttrici di semi (Amaranthus caudatus, Amaranthus cruentus e Amaranthus hypochondriacus).

Questo dovrebbe farci pensare che un consumo sconsiderato potrebbe portare alla riduzione di biodiversità (la stessa cosa avviene per quinoa, banane, e altri vegetali). La coltivazione avviene prevalentemente in Messico e i costi di trasporto in Europa sono piuttosto elevati, sia in termini economici (le spese vengono riversate sul consumatore) che di inquinamento e CO2.

Ha un sapore piuttosto marcato ed è bene sciacquarlo abbondantemente sotto l’acqua corrente, operazione che fa perdere la poca Vit. C che rimane dopo il trasporto e la conservazione dei semi. Contiene fibre in quantità equiparabili al sorgo; la quantità di proteine e la presenza di lisina, un amminoacido essenziale normalmente presente nella carne ma anche nei legumi e nel monococco, lo rendono ideale per l’alimentazione vegana.

Il grano saraceno, il grano nero ricco di aminoacidi

Il grano saraceno o “grano nero” è una pianta a fiore che non appartiene alla famiglia delle graminacee ma a quello delle poligonacee. La sua coltivazione è stata progressivamente abbandonata in favore di varietà più redditizie come il frumento moderno al punto che in Italia sono pochi i terreni dedicati. La maggior produzione arriva dalla Cina e anche i famosi pizzoccheri IGP della Valtellina sono fatti con la farina proveniente da lì, con buona pace della tradizione italiana.

Attenti quindi all’etichetta bio, controllate che la provenienza non sia Extra o NON UE. L’origine del saraceno è la Siberia, arriva in Occidente durante il Medioevo.

Contiene gli otto aminoacidi essenziali inclusa la lisina e amido a più lenta digestione, indicato per i diabetici. È una buona fonte di fibre e di minerali, ricco di fosforo, calcio, ferro, magnesio, rame, di vitamine del gruppo B.

Le immagini di comparazione tra Saraceno e Amaranto evidenziano una maggiore ricchezza di nutrienti del primo. Se a questo aggiungiamo che è anche più facile trovarlo di provenienza italiana, o comunque europea, non credo ci siano dubbi su quale scegliere.

 

 

Monia Caramma

Food&Eating designer

Health Food Specialist

 

In evidenza: Photo by Sara Maximoff on Unsplash

La bella stagione ci incita a stare all’aria aperta e a scoprire luoghi dove poter rimanere in contatto con la natura: perché allora non organizzare un bel picnic, tradizione campestre per eccellenza? Noi ve lo proponiamo fatto in casa e vegan!

Stuzzichini per il picnic vegan

Crackers ai semi di lino crudisti

Ingredienti:

500 gr di semi di lino, 3 carote, 1 cipolla, 3 cucchiai di olio d’oliva, sale a piacere, limone, spezie: rosmarino, timo

Frullate i semi di lino dopo averli tenuti a bagno almeno 10 minuti, avendo cura di non ottenere una farina, è buona cosa che i semi rimangano semi-interi. Frullare a parte la carota e il peperone e unirli ai semi. Condire l’impasto con l’olio, il sale, il succo di un limone, e spezie a piacimento. Lavorare l’impasto con le mani mescolandolo bene, stenderlo su carta da forno, raggiungendo uno spessore di 3 mm circa, cospargerlo di sale grosso, tagliarlo a rettangoli e metterlo nell’essiccatore a 40°: i crackers saranno pronti quando si staccheranno dalla carta forno.

Gomasio

Prepariamo il gomasio, un insaporitore vegan da portare per i propri picnic.

Per 100 grammi di gomasio: 7 cucchiai di sesamo e 1 cucchiaio di sale.

Lavate il sesamo, asciugatelo e mischiatelo al sale marino integrale. Stendete il composto su una teglia da forno e fate tostare a 100 gradi per un massimo di 15 minuti (non fatelo mai fumare o abbrustolire perché potrebbe rilasciare il sesamolo, sostanza amara e tossica).

Una volta tostato il tutto, fate raffreddare.

Ponete il vostro composto nel mixer e frullate fino a quando otterrete una pasta leggermente oleosa.

Il gomasio è pronto.

Si usa come condimento, al posto del sale.

Salsa tzatziki veg

* 250 gr di yogurt bianco di soia piuttosto denso
* 1 cetriolo
* 3 cucchiai di olio evo
* 1 spicchio d’aglio

Preparazione

Pelate e grattugiate il cetriolo, strizzatelo bene dall’acqua, quindi unitelo allo yogurt assieme allo spicchio d’aglio schiacciato e all’olio d’oliva.
Mescolate e servite dopo averla lasciate almeno 1 ora in frigorifero.

Una cake salata perfetta da portare sui prati

Ecco un Plumcake vegan con farina di ceci e zucchine, perfetto e pratico per un picnic vegan e cruelty free 

Ingredienti

Le verdure

1 Porro tagliato a rondelle sottili

250 gr di zucchine grattugiate

3 cucchiai di olio extra vergine di oliva

1 cucchiaio di salsa di soia o tamari

1 cucchiaino di timo essiccato

L’impasto

150 gr di farina 0

150 gr di farina di ceci

½ cucchiaino di sale

200-220 ml di latte di avena (o soia)

60 ml di olio extravergine di oliva

3 cucchiaini di cremortartaro o lievito per dolci

Preparazione delle verdure

In una wok scalda l’olio e aggiungi il porro a rondelle, fai stufare versano la salsa di soia e il timo; aggiungi le zucchine grattugiate e cuoci per 10 minuti.

Preparazione dell’impasto

Scalda il forno a 180 gradi.

In una ciotola unisce le farine e il sale; quindi addiziona il latte e l’olio, lavora bene l’impasto e aggiungi il cremortartaro. Unisci le zucchine e i porri all’impasto, lavora cercando di unire tutti gli ingredienti, ma non esagerare con il tempo, un minuto e’ più che sufficiente!

Trasferisci l’impasto in una forma da plumcake foderata di cartaforno; inforna per 45 minuti, fino a doratura esterna.

Un primo prêt a porter freddo e crudista

Cous cous di cavolfiore

Per il cous cous: 2 cavolfiore, 200 gr semi di zucca Cumino, Curcuma, Curry, Sale, Pepe, olio.

Per il condimento: 2 peperone, 2 cipolla rossa, 4 cucchiai di capperi, 4 cucchiai di olive, 15 pomodorini, 250 gr di piselli, 4 carota, 2 gambo di sedano, la buccia e il succo di 1 limone.

Per il Cous cous Frullare con il robot da cucina il cavolfiore e i semi di zucca in modo da ottene una granella simile alla classica semola. Trasferire il Cous cous di cavolfiore all’interno di una ciotola capiente e condirlo con cumino, curcuma, curry, sale, pepe, limone e olio.

Per il condimento Tagliare a cubetti il peperone, la cipolla (prima marinarla con sale e aceto di mele per un’ora), i pomodorini, la carota e il sedano. Aggiungete i capperi, precedentemente dissalati, i piselli e le olive. Salare e pepare il condimento. Unire il cous cous al condimento, grattugiare la buccia del limone.

 il Raw sushi

Ecco una versione raw e versatile del famoso piatto giapponese, perfetta per il tuo picnic vegan:

Per le polpettine crudiste

1 cucchiaio di semi di lino
3 cucchiai di semi di girasole
5 mandorle
1 cucchiaio di tahin (facoltativo)
6 pomodori secchi

Procedimento
Frullate in un frullatore potente o macina caffè i semi. Aggiungete tahin e pomodori secchi ammollati per 1/2 ora. Frullate bene. Fate delle polpettine con le mani.

Per l’hummus di zucchine e semi di girasole
1 zucchina
1 cucchiaino raso di cumino
il succo di 1/2 limone
1 cucchiaio di semi di girasole
1 cucchiaio di salsa tahina

1 spicchio di aglio

Procedimento
Mettere tutto nel frullatore. Frullare bene e creerete la vostra salsina, densa e omogenea.

Assemblare il sushi

1 carota
1 zucchina
Fogli di alga nori

Procedimento
Prendete il foglio di alga nori e riponetela su un tappetino di bambù. Schiacciate con le mani le polpette sull’alga, sopra spalmate l’hummus crudo. Con un pela patate fate delle listarelle di carote e mettetele da una parte del foglio. Poi fate lo stesso con le zucchine. Con l’aiuto della stuoietta di bambù avvolgete il tutto. Tagliate a rondelle e decorate con zucchine e carote a julienne.

Finiamo il nostro menù per picnic vegan in natura, vegan e senza crudeltà con gli squisiti…

Brownies crudisti al cioccolato

Per 6 persone

180 g di noci (360 per la serata)

120 g di mandorle (240 gr per la serata)

270 g di datteri secchi morbidi denocciolati (500 gr per la serata)

40 g di cacao amaro in polvere (80 gr per la serata)

  1. Frullate i datteri fino a ridurli ad una crema compatta.
  2. Frullate le mandorle e le noci creando una farina
  3. Amalgamate la crema di datteri con le mandorle e le noci frullate.
  4. Aggiungete il cacao e amalgamate bene tutto.
  5. Se preferite avere un composto ancora più dolce unite due cucchiai di sciroppo d’agave.
  6. Foderate di carta forno una teglia e stendete l’impasto in modo da formare un rettangolo. Compattatelo per bene e livellatene la superficie.
  7. Ponetelo in frigorifero per 2-4 ore.
  8. Tagliate il rettangolo in tanti quadrati dalle dimensioni regolari. Servite.

Acqua di menta e ciliegie

In un litro di acqua portata precedentemente a ebollizione, mettere a bagno 30 foglie di menta e 2 cucchiaini di ciliegia essiccata, lasciare coperto fino a raffreddamento. Quindi filtrare, riporre in frigo e bere quando fresca.

 

Adesso che la bella stagione è alle porte divertiamoci a creare bevande fatte in casa, ecologiche e naturali: evitiamo di riempire la dispensa di bevande gassate e zuccherate.

Se il caldo ha già fatto capolino nella vostra città, le quantità di acqua richieste dal corpo aumentano.

Molto note sono le bevande estive pubblicizzate, immagini che fanno venire l’acquolina in bocca, calmano il senso di sete solo guardando: ma la maggior parte di queste note bevande sono ricche di zuccheri e coloranti. Aranciate senza arancia, te’ senza te’, al posto degli ingredienti originali aromi sintetici e dolcificanti. L’abuso delle bevande zuccherate che si trovano in commercio sono una delle cause principali di obesità infantile e lungi da noi ‘grandi’ pensare che facciano meno male alla nostra salute solo perché abbiamo qualche anno in più.

Le bevande fatte in casa per una salute più naturale

Un buon succo di mela o albicocca può essere facilmente fatto in casa e poi messo in frigorifero a rinfrescare, idem per tantissime altre bevande fatte in casa, di cui saremo assetati nella calda stagione.

La preparazione casalinga di bevande fatte in casa rinfrescanti è molto semplice, saranno esperimenti gustosi che piaceranno anche ai più piccoli.

Sciroppo di menta cocktail

Ingredienti
25 foglie di menta, 250 gr di zucchero integrale di canna, 250 ml di acqua, buccia di ½ limone
Preparazione
Lavare e asciugare bene le foglie di menta. Frullare le foglie con metà dello zucchero fino ad ottenere una pappetta: versarla quindi in un pentolino insieme all’acqua, al restante zucchero e alla buccia di limone grattugiata. Prima di accendere il fuoco, mescolare bene il composto affinché lo zucchero si sciolga.
Cuocere, quindi, a fuoco basso e spegnere quando inizia a sobbollire: se desiderate uno sciroppo più sodo, fate bollire più a lungo.
Fate riposare lo sciroppo in frigo dalle 4 alle 48 ore.
A questo punto si filtra: sterilizzare accuratamente una bottiglia di vetro facendola bollire per 20 minuti in acqua, porvi sopra il colino e una garza dentro a quest’ultimo: filtrare e strizzare la garza intrisa di sciroppo dentro al colino alla fine dell’operazione.
Questo sciroppo si conserva in frigorifero ed e’ ottimo come bevanda rinfrescante allungata con acqua, latte vegetale, sul gelato o semifreddi.

Ginger drink, la bevanda fatta in casa rivitalizzante allo zenzero

Tra le varie proprietà dello zenzero, troviamo quelle toniche e ricostituenti: è infatti utile contro l’affaticamento, l’astenia, quindi perfetto in estate.

Con lo zenzero si prepara una bevanda molto buona e semplice.

Ingredienti

1 radice fresca di zenzero di circa 5 cm di lunghezza, 1 litro e mezzo di acqua, 1 limone, 200 grammi di zucchero Mascobado o zucchero di cocco bio.

Versate l’acqua in una pentola e aggiungere la radice di zenzero sbucciata e grattugiata finemente: portare a ebollizione. Lasciate bollire per circa 15 minuti, poi spegnete il fuoco e lasciate che il liquido si raffreddi.

Una volta raffreddato, versatelo in una caraffa e mettetelo in frigo a raffreddare ulteriormente. Quando avrà raggiunto la temperatura desiderata, aggiungere lo zucchero e mescolate energicamente fino ad assorbimento. Aggiungere infine il succo di un limone.

Carcadè 

Una delle piante più note per le sue proprietà rinfrescanti è il carcadè, utilizzata per sopportare al meglio le alte temperature.

Il carcadè si può acquistare in bustine già pronte, ma anche sfuso: portate a ebollizione un litro di acqua bollente nel quale verserete 30 gr di fiori essiccati, lasciando in infusione per 20 minuti circa. Filtrare quindi consumare anche a temperatura ambiente.

Bevande fatte in casa: frullati vegan ghiacciati

I frullati, anche chiamati smoothie, sono ideali per disintossicare, dare energia, dimagrire, rinvigorire il corpo e la mente, ritrovare la calma, migliorare la digestione, mantenere in salute il cuore, rallentare l’invecchiamento, potenziare l’umore, rafforzare le difese immunitarie.

Essi idratano l’organismo poiché sono composti da acqua e altri elementi nutritivi come sali minerali importantissimi; accompagnano sia voi che i vostri bambini a un consumo maggiore di frutta, verdura, responsabili di proteggere il sistema immunitario. Anche la voglia di mangiare alimenti insani e grassi, facendo del frullato vegan un’abitudine, scemerà piano piano.

La dose di fibre giornaliera raccomandata e’ di 25-30 g di fibre al giorno: 150 g di more contengono 8 g abbondanti di fibre, 30 gr di semi di chia ne contengono 11. Questo significa che un buon frullato vegano al mattino vi donerà la quantità corretta anche di fibre.

Inoltre, da non sottovalutare neppure l’aspetto sociale e modaiolo: quella dei frullati, negli Stati Uniti, e’ divenuta una vera e propria moda salutare; niente di meglio diremo noi! Che cosa aspettiamo a farla diventare tale anche in Italia? Incontrarsi a casa di amiche per bere un buon frullato vegan sarà un momento di socialità davvero speciale.

Ecco qualche ricetta per voi.

Agrumi e pesche

240 ml di succo di arancia appena spremuto e 1 pezzetto di scorza , 1 banana congelata ,

40 g di pesche a pezzi o fragole congelate , 6 cubetti di ghiaccio , un po’ di pepe di Cayenna .

Frullate tutto e sorbite!

Frullato al cacao come bevanda fatta in casa

Questo frullato potrà diventare la bevanda estiva più amata dai vostri bambini.

Unite nel frullatore 200 ml di latte di mandorle o di riso, una pesca o due susine tagliate a fettine e due cucchiai di cacao amaro in polvere. Dolcificate con zucchero di canna integrale.

Gres effetto legno, gres lappato, gres opaco, gres lucido, gres effetto marmo, gres, gres, gres, gres… Bello ma… come pulire il gres porcellanato subito dopo la posa?

Sembra che chi vende piastrelle non abbia altro da proporre: GRES.

E ad essere onesti sono pure carini i pavimenti in gres ma non è tutto rose e fiore posare questo tipo di pavimenti come dice chi li vende.

È vero che il gres è quasi indistruttibile.

È vero che riproduce fedelmente i disegni e i tratti dei materiali che vuole sostituire (marmo, legno, granito, ecc)

Non è vero che è facile da pulire.

E sfido chiunque ad aver trovato una persona, solo una, che possa aver detto: il mio Gres è facilissimo da mantenere pulito.

Infatti la caratteristica che rende il gres porcellanato così resistente e diffuso è anche la caratteristica per cui è così difficile da pulire.

Come viene prodotto il gres

Il gres viene prodotto attraverso un processo di produzione abbastanza semplice e molto veloce: infatti le piastrelle di gres, di tutte le forme e misure immaginabili, vengono cotte ad altissime temperature per velocizzare il processo produttivo.

Queste alte temperature le rendono indistruttibili ma al contempo generano la particolarità per cui questo tipo di pavimento poi sembra che si assorba lo sporco.

Se potessimo vedere al microscopio la superficie del gres sezionato ci comparirebbe una immagine simile a questa:

Le micro ampolline che si vedono nella superficie sono il frutto della cottura ad alta temperatura, sono microscopiche, larghe appena qualche micron, ma abbastanza da ospitare al loro interno lo sporco.

Sporco che poi non si riesce ad eliminare con i normali lavaggi.

C’è una fase iniziale di lavaggio del pavimento che se non fatta renderà ancora peggiore l’esperienza di vita con questo pavimento ed è il lavaggio da fare appena fatta la posa del pavimento. A fine posa è fondamentale fare un lavaggio con un prodotto a base acida del pavimento. Il motivo è che all’interno delle micro ampolline, durante il lavoro di posa, si accumulano residui di cemento e di colla di posatura andando a saturare completamente le microporosità del pavimento.

Tale sporco è impossibile da rimuovere con i normali detersivi e senza un preciso procedimento di pulizia.

Come pulire il gres porcellanato

Vediamo nel dettaglio come fare e di cosa avrai bisogno.

Di cosa avrai bisogno:

Lemontrì di Verdevero, un detergente acido adatto al primo lavaggio del pavimento appena posato

Un secchio con acqua

Alcune spugne per piatti abrasive

Splendi di Verdevero, il detersivo ecologico per pavimenti

Un paio di guanti

Vecchi panni asciutti oppure carta assorbente

Un mocio in microfibra

Ti lascio qui sotto i link a ogni prodotto elencato:

Procedimento per pulire il gres porcellanato:

Prendi un secchio d’acqua e versa 100 ml di Lemontrì ogni litro di acqua. Otterrai una soluzione molto acida, motivo per cui ti consiglio di fare questo procedimento con i guanti.

Immergi la spugna nella soluzione di acqua e Lemontrì e strofina energicamente piastrella per piastrella.

Ti consiglio di usare il bordo delle piastrelle come spazio di lavoro. Non voler strafare, fai una piastrella per volta e alla fine otterrai un pulito più omogeneo.

Strofina tutta la stanza e una volta terminato asciuga con dei panni asciutti o con della carta assorbente.

A questo punto svuota il secchio e prepara una nuova soluzione con 50 m di Splendì e 2,5 litri di acqua.

Rilava tutto il pavimento per un paio di volte con questa soluzione e il mocio. La funzione è quella di andare a fermare l’azione dell’acido e uniformare la pulizia del pavimento.

A questo punto avrai fatto il primo passo per mantenere pulito il più a lungo possibile il tuo pavimento in gres porcellanato.

Mantenimento:

Fai una regolare pulizia con Splendi e il mocio in microfibra, è fondamentale usare sempre acqua pulitissima per evitare di lasciare residui di sporco sul pavimento che si andrà ad annidare nuovamente all’interno delle micro ampolline del gres.

Di tanto in tanto, io consiglio una volta all’anno, sarà necessario fare una pulizia di fondo simile a quella descritta sopra per il primo lavaggio.

Trovi la procedura di ripristino del tuo gres a questo indirizzo: https://www.verdevero.it/come-pulire-il-pavimento-in-gres-perennemente-sporco/

E qui un video in cui spieghiamo la corretta procedura per lavare correttamente il tuo gres quotidianamente. ↓ ↓ ↓ ↓ ↓ ↓ ↓ ↓

L’esposizione solare è un grande tema del momento:  è arrivata l’estate e non so tu, ma io ho una voglia pazza di sole, vacanza e relax!

Con questo articolo intendo darti dei consigli per un’esposizione solare consapevole, preparando la tua pelle a ricevere tutti i benefici da questa fonte di vita, il sole, senza però esporti ai danni causati dai raggi ultravioletti.

Il sole è un’insostituibile fonte di vita, fornisce alla Terra calore e luce, responsabile dell’attivazione del processo di fotosintesi clorofilliana, permette alle piante di produrre energia e sostanze nutritive.

L’esposizione solare negli esseri umani, stimola la produzione di Vitamina D, un ormone molto importante per il nostro sistema immunitario e per i tessuti di sostegno, tra cui le nostre ossa.

Ti sei mai chiesto perché il nostro umore cambia nelle giornate soleggiate?

L’esposizione solare ha un’ effetto benefico sul nostro umore in quanto stimola la produzione di serotonina, l’ormone del benessere, il quale regola i livelli di stress e il ritmo sonno-veglia.

Ciò comporta una migliore qualità del sonno, e, come negarlo, sicuramente meno stressati e più felici in estate!

Oggi ti voglio dare dei consigli per prepararti al meglio a ricevere tutti i benefici dall’esposizione solare:

ESPONITI GRADUALMENTE AL SOLE ED UTILIZZA UNA PROTEZIONE SOLARE ADATTA AL TUO FOTOTIPO

Mi chiederai, ma che cos’è mai il fototipo?

Il fototipo indica la quantità di melanina presente nella tua pelle, esistono sei tipologie di fototipo, conoscere il proprio fototipo, ti permetterà di scegliere la crema solare su misura per te e di conseguenza non trovarti il primo giorno al sole, con una bella scottatura da gestire.

Esponiti gradualmente al sole, mezzora al giorno massimo per poi, via via, aumentare: evita di esporti quando il sole è al massimo del suo picco, nelle ore centrali, e non dimenticarti la crema solare.

Ricordati di applicare la crema ogni ora, al massimo ogni ora e mezza, a maggior ragione se la tua pelle è sensibile, perché l’effetto sparisce.

Quante volte ti sei trovato a dire “Questa crema solare non funziona!”, quello che non funziona è che tu pensi che duri tutta la giornata e sia resistente all’acqua!

QUALCHE GIORNO PRIMA DELL’ESPOSIZIONE SOLARE EFFETTUA UNO SCRUB CORPO

Un consiglio… non farlo il giorno stesso e neanche immediatamente il giorno prima!

Qualche giorno prima, elimina le cellule morte e rinnova la tua pelle con lo scrub più adatto al tuo tipo di pelle, se hai una pelle sensibile, fatti consigliare uno scrub delicato!

Un mito da sfatare è che lo scrub toglie l’abbronzatura, o ancora, fa abbronzare meno: non è vero, permette di uniformare al meglio l’abbronzatura, permette alla pelle di essere più ricettiva a ricevere tutti i benefici della luce solare, e a far durare più a lungo l’abbronzatura.

IDRATATI A SUFFICIENZA DURANTE IL GIORNO

Ricordati che il nostro corpo è fatto per il 70% circa di acqua, perciò non dimenticarti di bere: i benefici dell’idratazione riguarderanno anche la tua pelle, che risulterà più luminosa ed idratata.

Ti consiglio, se vuoi, di aggiungere all’interno della tua acqua dei sali minerali, come magnesio e potassio, i sali minerali vengono eliminati con la sudorazione, in questo modo verranno correttamente integrati nel tuo corpo e ti sentirai meno stanco e spossato.

FAI IL PIENO DI ANTIOSSODANTI

Nella tua alimentazione quotidiana, ricordati di utilizzare cibi ricchi di antiossidanti, vitamina C, E, COENZIMA Q10, in questo modo previeni i danni causati dall’esposizione solare, evitando i fastidiosi eritemi solari che saranno solo un ricordo lontano.

Privilegia cibi ricchi di frutta e verdura di stagione di colore giallo, arancio e rosso: carote, albicocche, pomodori, pesche, melone, cereali integrali, frutta secca, in grado di contrastare i radicali liberi.

Se pensi di non integrarli a sufficienza nella tua alimentazione, ricorri ad un’integratore ricco di carotenoidi ed antiossidanti, fatti consigliare quello più adatto a te, in questo modo prepari al meglio la tua pelle all’esposizione solare.

NUTRI LA TUA PELLE CON UNA BUONA CREMA DOPO L’ESPOSIZIONE SOLARE

Ricordati di nutrire la tua pelle dopo esserti esposto al sole, utilizza una crema o un’olio nutriente ed idratante, o comunque adatto al tuo tipo di pelle, una crema naturale, senza componenti chimiche, che rispetti al meglio la tua pelle, senza siliconi, peg, profumi, parabeni, meglio ancora se nickel tested.

Se la tua pelle dopo l’esposizione solare, risulta arrossata e/o irritata dal sole, ti consiglio di utilizzare una crema che contiene Aloe e Calendula, piante dall’azione lenitiva, emolliente ed antinfiammatoria, le quali aiutano la cicatrizzazione.

Ad Altea ti sappiamo dare consigli personalizzati in base alle tue esigenze personali: vieni a trovarci e visita il nostro shop on line www.alteaerboristeriashop.it

Non mi resta che augurarvi una rilassante e divertente estate!

Per tutti coloro che vivono in case con problemi di umidità è fondamentale comprendere come eliminare la muffa dai muri in via definitiva. Questo infatti è un problema tanto diffuso quanto pericoloso.

I metodi utilizzati e i prodotti presenti in commercio che promettono di risolvere questo problema sono moltissimi.

Sono però realmente efficaci e capaci di garantire un risultato durevole nel tempo?

Analizzeremo i metodi antimuffa più utilizzati verificando i pro e i contro di ognuno!

Prodotti chimici antimuffa

I prodotti chimici in vendita nei supermercati o nei negozi specializzati nel fai da te riescono ad eliminare in modo rapido ed economico le antiestetiche macchie di muffa. Non c’è che limbarazzo della scelta, ma si tratta veramente della scelta giusta?

Candeggina

Certamente questo è il metodo più utilizzato per cancellare le macchie di muffa dai muri. I suoi vantaggi? È facilmente reperibile e costa poco.

Questo prodotto è realmente capace di togliere temporaneamente dalla nostra vista il nero dai muri, ma a che prezzo?

La candeggina ha come ingrediente principale lipoclorito di sodio e contiene il cloro, che è un gas talmente tossico da risultare irrespirabile per gli esseri viventi.

La candeggina possiede proprietà igienizzanti proprio per la percentuale di cloro che contiene, ma non è efficace contro la muffa.

La sua azione infatti si limita ad eliminare le macchie, ma non riesce ad evitarne la ricomparsa.

La presenza di componenti tossici genera inoltre innumerevoli problemi, quali:

  • danni per la salute: la sua tossicità rende laria irrespirabile e nociva per i polmoni

  • può generare intossicazioni, se non utilizzata con le dovute precauzioni

  • corrode la vernice

  • genera macchie gialle sulle porzioni di muro trattate

Analizzando i pro e i contro possiamo concludere che gli aspetti negativi superano di gran lunga quelli positivi. Inoltre la candeggina NON risolve il problema della muffa, in quanto non agisce sulle cause generatrici quali i ponti termici, la presenza di un tasso di umidità elevato, la scarsa aerazione.

Spray Antimuffa

Gli spray antimuffa rappresentano unalternativa alla candeggina.

Hanno un costo contenuto e grazie al nebulizzatore sono facilmente applicabili. È sufficiente erogare il prodotto, strofinare per ottenere temporaneamente e apparentemente un buon risultato.

Gli spray antimuffa però risultano essere ancora più nocivi rispetto alla candeggina.

Contengono infatti oltre allipoclorito di sodio e ai sottoprodotti del cloro anche i biocidi. Il biocida è una sostanza chimica oppure un microrganismo capace di distruggere qualsiasi organismo nocivo.

Molti dei prodotti venduti come biocidi, antimicrobici o fungicidi sono però ancora più pericolosi della muffa stessa per la salute delle persone.

Perché i biocidi non sono efficaci contro la muffa?

  • non agiscono sulle cause che permettono alla muffa di svilupparsi;

  • alcuni biocidi sono costituiti a base acqua. Una volta evaporati gli ingredienti attivi questi prodotti lasciano le superfici umide, favorendo lo sviluppo delle muffe;

  • la maggior parte dei biocidi che sono efficaci contro la muffa sono altamente tossici

  • Il biocida uccide le spore, che però continuano ad essere pericolose per lorganismo anche da morte.

Come la candeggina, anche gli antimuffa spray eliminano temporaneamente le antiestetiche macchie. Non appena però si ricreano le condizioni ideali che permettono alle spore di svilupparsi, la muffa cresce più estesa di prima!

Rimedi naturali contro la muffa

Chi presta particolare attenzione alla salute cerca di ricorrere allutilizzo di principi attivi naturali per eliminare la muffa dai muri di casa. Utilizzare queste soluzioni apporta molteplici vantaggi, in quanto sono economiche, facilmente reperibili e 100% naturali.

Riusciranno però questi miscugli naturali ad evitare che la muffa si riformi e ad eliminarla definitivamente?

I rimedi naturali contro la muffa più utilizzati sono:

  • aceto,

  • bicarbonato,

  • semi di pompelmo,

  • acqua ossigenata,

  • sale grosso,

  • olii essenziali

Pur non essendo nocivi questi metodi possono funzionare solo in caso di problemi di muffa lieve e in assenza di ponti termici e problemi di isolamento termico. Molti di essi possiedono proprietà igienizzanti e antibatteriche, ma risultano del tutto inefficaci nel contrastare la muffa da condensa.

Anche in questo caso perciò, dopo aver lavato viala muffa sarà solo questione di tempo affinché le spore riprendano a svilupparsi.

È chiaro perciò che solo agendo sulle cause che favoriscono la sua formazione sarà possibile sconfiggere la muffa in via definitiva.

Pitture antimuffa

Le pitture antimuffa sono una tipologia di vernici che contengono al loro interno dei principi tossici per le muffe.

Come possono questi prodotti eliminare le macchie causate dai funghi e dalle spore?

Le pitture antimuffa, così come gli spray antimuffa, contengono biocidi che svolgono unazione fungicida, riescono a igienizzare e a contenere temporaneamente la formazione della muffa. Le sostanze aggiunte alla pittura per renderla antimuffa sono però tossiche e potrebbero dare origine a problemi respiratori in persone particolarmente sensibili.

Le vernici antimuffa possiedono unazione antimuffa solo a livello superficiale, sulla parte visibile del fungo. Le spore della muffa rimangono così radicate nel muro in stato di latenza pronte a svilupparsi nuovamente al comparire di condizioni favorevoli.

Non agendo direttamente sulle cause generatrici della muffa, quali umidità, esistenza di ponti termici, ventilazione insufficiente le pitture antimuffa non garantiscono un risultato duraturo.

Pitture termoisolanti

Le pitture termoisolanti creano un effetto barriera per aumentare l’isolamento e di conseguenza limitare la formazione della condensa e della muffa.

Scopo principale delle pitture isolanti è pertanto la coibentazione. Per raggiungere questo scopo allinterno di queste pitture vengono inserite microsfere di vetro o di ceramica o infine materiali naturali come il sughero.

Per risultare efficaci contro la muffa questi prodotti devono essere utilizzati in modo appropriato. In particolare:

  • devono essere stesi su tutte le pareti e non solo su porzioni delle stesse

  • l’applicazione devessere preceduta da un ciclo sanificante

  • le pitture non devono essere coperte con vernici traspiranti colorate

  • devono riuscire a compensare lo sbalzo termico generato dai ponti termici

Risulta perciò fondamentale affidarsi a personale specializzato in grado di scegliere il prodotto più adatto (maggiore è il potere isolante della pittura maggiore è il suo costo) e di garantire il rispetto delle procedure sopra indicate.

Pitture naturali

Le pitture naturali sono delle vernici ecologiche, di origine vegetale, prive di sostanze chimiche e 100% naturali. Sono il prodotto adatto per tutti coloro che prestano particolare attenzione alla salute, che presentano problemi lievi di muffa generati prevalentemente da cattive abitudini piuttosto che da problemi strutturali.

Questi prodotti hanno generalmente un costo superiore del 30% rispetto alla pittura chimica” e non garantiscono una copertura perfetta.

Le vernici naturali inoltre risultano del tutto inefficaci in situazioni complesse ove siano presenti problemi di insufficiente isolamento termico, di umidità e di condensa.

Le muffe si nutrono di sostanze organiche contenute nelle pitture: se il muro è sottoposto costantemente a condensa, linsorgenza di questo problema sarà inevitabile.

Come eliminare la muffa dai muri definitivamente

Per riuscire a vincere la guerra contro la muffa una volta per tutte è necessario riuscire ad identificare e di conseguenza agire sulle cause che lhanno generata.

Qual è allora il miglior prodotto per eliminare la muffa per sempre?

Bastamuffa è un’azienda leader nel settore, che ha realizzato un trattamento realmente efficace, costruito su misura per ogni caso di muffa.

Il trattamento consente di:

  • individuare il tipo di muffa che ha aggredito la tua casa, risalendo alle cause che lhanno generata, grazie alla valutazione gratuita della muffa

  • disinfettare le superfici colpite da muffa in profondità, bloccando il proliferare delle spore

  • creare uno strato che protegge i muri dallumidità e dalla formazione della condensa

  • predisporre uno scudo termico che riesce a rendere le pareti più calde

Il tutto attraverso lutilizzo di prodotti naturali (privi di cloro, biocidi e VOC), che non contengono perciò sostanze chimiche tossiche. Il trattamento Bastamuffa inoltre è garantito per 5 anni.

Bastamuffa riesce a realizzare tutto ciò che le altre soluzioni antimuffa solo promettono: eliminare il problema alla radice attraverso lutilizzo di prodotti naturali, creando una soluzione personalizzata, per un risultato garantito nel tempo!

Imparare a pulire per limitare le allergie è importante tanto quanto lo è mangiare bene. Le allergie sono sempre esistite. Magari non tutte le allergie che esistono ai giorni nostri, ma di sicuro sono sempre esistite.

L’allergia ai metalli pesanti di sicuro è una nostra invenzione. D’altra parte loro, i metalli pesanti, se ne stavano nascosti per benino nella natura e  noi ci abbiamo messo tutto il nostro ingegno per tirarli fuori e a concentrarli a percentuali tali da farci del male, in oggetti, profumi e detersivi.

Abbiamo anche modificato il nostro stile di vita fino all’inverosimile, sempre per rendere il compito  più facile a sostanze irritanti e allergeni. Non esistevano i gas di scarico delle macchine e degli impianti industriali, non esistevano detersivi, farmaci, deodoranti e via così.

I dati epidemiologici degli ultimi anni dimostrano un vertiginoso aumento nella frequenza di queste malattie e soprattutto nelle aree urbane.

Si può dire di tutto e di più, ma chi soffre di queste fastidiosissime allergie cosa può fare?

Si può trovare un pò di sollievo in casa… ma anche qui le insidie sono ovunque. I detersivi aumentano le irritazioni. I farmaci funzionano pochino. Rimane il fatto che le pulizie restano uno dei modi più efficaci per prevenire lo scatenarsi delle allergie.

Pulire casa naturalmente per contrastare le più comuni allergie

Dobbiamo imparare, quindi, a pulire casa con metodi naturali senza perdere i benefici effetti del pulito nella nostra abitazione. Ecco qualche piccolo consiglio:

  • Il primo modo per ridurre la circolazione dei pollini in casa è l’uso di filtri appositi, che raccolgono le sostanze allergizzanti disperse nell’aria. Utilizzare filtri lavabili, invece degli usa e getta, ci consente di avere lo stesso effetto senza rinunciare alla sostenibilità ambientale.
  • Utilizzare aspirapolvere con filtri HEPA. Funzionano allo stesso modo di un tradizionale aspirapolvere, ma è dotato di filtro anti-polline: questi strumenti sono in grado di aspirare e filtrare l’aria e divani, cuscini e altri oggetti dove i pollini vanno a nascondersi.
  • Anche la lavatrice è un ottimo mezzo per fare le pulizie riducendo la presenza di pollini su lenzuola e coperte: questa operazione, anche in rispetto dell’ambiente, va fatta con detersivi ecologici o autoprodotti.
  • Pulire i pavimenti un po’ più frequentemente rispetto all’inverno è un’altra operazione utile per ridurre gli effetti delle allergie: è importante però non sollevare la polvere con la scopa, ma raccoglierla con un panno umido. Anche in questo caso la presenza di detersivi irritanti può essere controproducente. Dai un occhio a questo post. 😉

 

La quinoa è un superfood perché ricca di proteine e di sali minerali.

Riviste e blog la propongono in modo sensazionale, e tutti siamo abituati a vederne solo gli aspetti migliori, tralasciando questioni scomode legate alla coltivazione e allo sfruttamento del lavoro.

La quinoa viene spesso utilizzata nell’alimentazione vegana, perché la sua carica proteica la annovera tra i superfood, oltre che ferro e vitamine: ci sono però degli accorgimenti da tenere, come ad esempio la pulizia del seme che può essere sporco.

Le coltivazioni intensive di quinoa, chiamata anche oro degli Inca, sono un problema etico per il Sud America, ed è quindi importante trovare delle soluzioni.

Fortunatamente esiste anche una filiera italiana, scopriamo i dettagli in questo video:

 

Scopri altri articoli sulla quinoa:

https://www.stilenaturale.com/quinoa-ricette/

https://www.stilenaturale.com/quinoa/

https://www.stilenaturale.com/quinoa-in-cucina/

Si fa un gran parlare di muffa in casa e spesso la vediamo in giro su mura, cibo, terra e altre superfici. Ma sappiamo esattamente che cos’è la muffa? Soprattutto, è pericolosa o possiamo conviverci senza rischiare nulla?

COS’È LA MUFFA 

La muffa è un microrganismo vivente pluricellulare appartenente alla vasta famiglia dei miceti, le cui spore sono in grado di svilupparsi velocemente su diverse superfici sia all’interno che all’esterno in presenza di condizioni favorevoli. Inizialmente la muffa si presenta con piccole macchie di diversi colori in base alla tipologia per poi colonizzare aree sempre più vaste e può arrivare addirittura sfaldare l’intonaco delle mura domestiche fino a penetrare all’interno della struttura.

Le muffe rappresentano un serio problema per la salute di adulti e bambini. Le spore più piccole, chiamate ife, vengono liberate nell’aria e possono essere facilmente inalate. La dimensione ridotta permette alle spore di raggiungere i polmoni, causando infiammazioni respiratorie anche severe che possono colpire i soggetti più deboli (bambini, anziani e persone con patologie in atto). I bambini esposti per periodi prolungati alla presenza di muffa in casa hanno maggiori possibilità di sviluppare patologie respiratorie da adolescenti, come rilevato da uno studio effettuato nel 2017 da ricercatori svedesi, rispetto ai loro coetanei che hanno vissuto in ambienti più salubri.

Un altro aspetto negativo da considerare è il danno estetico ed economico che la muffa apporta all’immobile. La presenza di questo fungo nell’ambiente è immediatamente percepibile sia a livello visivo che olfattivo, le macchie di muffa in casa procurano uno sgradevole senso di trascuratezza e sporcizia ed emanano un pungente odore di marciume. Questi aspetti declassano notevolmente il potenziale valore di vendita dell’edificio.

Le statistiche riportano dati allarmanti, si stima infatti che su scala mondiale la presenza di muffa in casa coinvolga una percentuale di ambienti abitativi che oscilla tra il 18% e il 50%. Si tratta perciò di un problema più comune di quanto si possa credere. Inoltre, il fungo è ritenuto uno dei contaminanti biologici che contribuiscono a incrementare l’inquinamento indoor.

TIPI DI MUFFA SULLA BASE DEI COLORI

L’ OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) ha redatto un documento che elenca più di 300 tipologie di muffa trovate su superfici diverse a seconda dell’habitat di sviluppo. Di queste le più comuni sono circa 60, di cui 5 quelle più presenti nelle abitazioni. Considerando questi numeri, non è affatto facile riconoscere una muffa piuttosto che un’altra, possiamo però affidarci a una prima classificazione per colori.

Muffa nera

Il colore nero è caratteristico di diverse famiglie di muffa tra cui:

  • Stachybotrys Chartarum, prolifera su pareti con presenza di cellulosa, cartone, cartongesso e materiali simili, proprio perché riescono ad assorbire alti livelli di acqua o umidità. Le spore di questa tipologia di muffa hanno una vita lunghissima e possono rimanere in stato di latenza anche per 10 anni, per riprendere vita non appena si ricreano le condizioni ambientali ottimali.

  • Aspergillus Niger, muffa molto comune che si forma in ambienti con temperature tra 10° e 40° prediligendo le pareti umide.

  • Cladosporium, colonizza cellulosa e materie vegetali e ha una consistenza granulosa-friabile.

  • Phoma, muffa molto diffusa che trova l’ambiente ideale nelle intercapedini o nelle fughe dei rivestimenti (docce o cucine).

Muffa viola e rosa-grigio

Appartiene a questa categoria l’Acremonium: si tratta di una muffa di consistenza cotonosa, la parte più esposta è infatti ricoperta di una caratteristica barbetta. Predilige ambienti umidi (bagni), ma si può trovare anche su soffitti e pareti delle camere da letto e nei pressi delle finestre..

Muffa rosa-nera

Una muffa della tipologia rosa-nera è l’Aerobasidum, che colonizza ambienti chiusi (camere da letto e bagno) ed è riconoscibile anche da un odore estremamente pungente e fastidioso. Si può trovare su mobili in legno o materiale simile, battiscopa, pannelli e pitture con cellulosa. Cresce molto facilmente anche attorno agli infissi ed è una delle muffe in casa più frequenti ed è facilmente riconoscibile dal suo colore.

Muffa marrone

Fa parte di questa categoria l’Alternaria. Questa tipologia di muffa necessita di livelli di umidità molto elevati (superiore al 65%) e una temperatura medio alta (18-30 gradi) per potersi riprodurre. Si tratta di una muffa che si nutre di polvere e sporcizia e si trova spesso all’interno degli armadi e più nello specifico sui tessuti degli abiti. Le spore dell’alternaria sono molto piccole e sono perciò facilmente inalabili. Possiedono inoltre una vita molto lunga e rimangono sospese nell’aria per lunghi periodi.

Muffa marrone-grigia

La caratteristica di questa muffa in casa è la sua velocità di propagazione, in una sola ora riesce a raddoppiare la crescita. Il suo habitat preferito sono i tappeti e le moquette ed è caratterizzata da un odore simile a quello della polvere. Colpisce in particolare le pareti e i pannelli isolanti ed è molto pericolosa per la salute, soprattutto dei bambini.

Muffa verde

La muffa verde è una tipologia di fungo molto diffuso nelle case. Possiede un’elevata tossicità e a questa categoria appartengono:

  • Penicillium: questo tipo di muffa non ha bisogno di molta umidità per svilupparsi, cresce facilmente su punti freddi della struttura costruttiva (soprattutto angoli) e nelle zone coperte da armadiature. Risulta essere una muffa molto aggressiva e resistente, riesce infatti a degradare tutti i materiali.

  • Aspergillus: questa muffa cresce facilmente in ogni ambiente durante tutto l’anno e si riconosce dall’intenso odore sgradevole. Predilige muri con pitture di bassa qualità, mobili in legno e schienali degli armadi.

  • Cladosporium: è una delle muffe più diffuse nell’aria. Presenta un colore verdastro e prolifica sulla carta da parati, sul legno, sul cartone.

Anche questa tipologia di muffa in casa possiede spore piccole e leggerissime che si diffondono facilmente nell’aria e sono perciò facilmente inalabili.

Muffa bianca

La muffa bianca ha l’aspetto della polvere e spesso viene confusa appunto con la comune polvere. È molto dannosa per la salute e perciò è molto importante impedire la contaminazione di spore negli ambienti domestici. Si forma molto facilmente sul legno e sul pellame.

MUFFE PERICOLOSE

Tra le muffe in casa appena elencate esistono diversi gradi di pericolosità per gli esseri umani. Ciò non toglie che è bene eliminare sempre la muffa in casa, sin dalla prima evidenza. Un intervento immediato e mirato, con la supervisione di esperti e usando prodotti professionali, evita danni alla salute delle persone, al mobilio e alle strutture.

Le muffe più pericolose sono quelle di colore nero, infatti vengono anche soprannominate ‘le muffe che fanno paura’, perché possono creare problemi alla salute con conseguenze serie e a volte letali soprattutto sui bambini e persone immunodepresse (problemi di memoria, sindromi respiratorie e emorragie polmonari). Altrettanto pericolose risultano essere le muffe viola, le cui spore rilasciano nell’aria delle micotossine tossiche, che possono così essere inalate. La muffa marrone risulta sempre molto pericolosa, soprattutto per i bambini e i soggetti fragili che soffrono di asma, perché l’esposizione costante a questo fungo cronicizza la patologia in atto. Ultima, ma non meno preoccupante è la muffa verde, le cui spore sono responsabili della gravissima infiammazione respiratoria nota come Aspergillosi.

MUFFE PRESENTI IN CASA

Tutte le muffe che abbiamo descritto in questo articolo possono trovarsi negli ambienti domestici, quando si creano le giuste condizioni per il loro sviluppo. Il principio della prevenzione è sempre valido ed efficace, consigliamo quindi di mantenere il tasso di umidità interna a livelli non superiori al 50-55%. Nel caso si superi questa soglia, è necessario ventilare frequentemente gli ambienti per eliminare la condensa, soprattutto nelle zone bagno e cucina. Dove non sono presenti finestre è bene munirsi di una ventilazione di tipo meccanico o forzato per il ricambio d’aria. La luce naturale è anche un grande alleato per contrastare la formazione di questi miceti, che amano gli ambienti nascosti e bui. Infine è di estrema importanza l’eliminazione dei ponti termici nei muri.

Nel caso in cui la muffa abbia già aggredito le superfici, vi suggeriamo di non perdere ulteriore tempo e denaro con i metodi fai da te, che non garantiscono risultati duraturi ed efficaci. Ogni situazione è diversa dall’altra e deve essere analizzata da un esperto conoscitore della muffa, prima di tutto per capire di che tipo di muffa si tratta, quali sono i fattori che l’hanno generata e poi per individuare il trattamento ad hoc. Bastamuffa, azienda di riferimento nel settore, mette a disposizione un team di professionisti in grado di valutare tutte le variabili ambientali e strutturali che favoriscono la formazione di muffa in casa, per poi agire con prodotti specifici per l’eliminazione completa del fungo e per l’igienizzazione della zona colpita.

Le frittelle di acacia sono una squisita pietanza del periodo di maggio. Il profumo della Robinia Pseudoacacia, insieme a quello del sambuco e del tiglio, fanno di maggio il mese dei profumi più buoni dell’anno! E se è vero che il profumo è un richiamo per gli animali, anche per noi umani è così!

Le frittelle di Acacia

Con le ciocche dei fiori di acacia si possono preparare delle fantastiche frittelle, sia dolci che salate. E’ molto semplice e divertente, una ricetta da fare anche con i bambini per insegnare loro la magia della natura!

Raccogliere l’Acacia

Dell’acacia si raccolgono le ciocche fiorite, occorre osservare che i fiori siano ben aperti: possibilmente si raccolgono alla sera, quando sono al culmine del loro tempo balsamico.

Questa è un’attività molto bella da fare con i bambini, e si può insegnare loro ad aver rispetto del ciclo della vita, chiedendo permesso prima di recidere una ciocca di fiori. Una volta raccolta, la si mette in un cestino o in un contenitore, in modo che i fiori non si schiaccino e rovinino. Consigliamo di raccogliere i fiori di acacia in luoghi lontani dalle strade trafficate o da centri urbani.

Preparare le frittelle di acacia

Una volta raccolti, possiamo sciacquare velocemente i fiori, o metterli a bagno in una bacinella di acqua tiepida per un massimo di 15 minuti.

Frittelle dolci

Per preparare le frittelle dolci di acacia serve (per circa 10 frittelle):

  • 5-7 ciocche di fiori di acacia;
  • 5 cucchiai di farina di riso;
  • Acqua fredda frizzante q.b. ;
  • 1 uovo (facoltativo);
  • Zucchero a velo;
  • Olio di semi per friggere.

In una ciotola sbattere l’uovo bene, aggiungere la farina di riso e l’acqua frizzante quanto basta per creare una pastella simile allo yogurt. Aggiungere quindi i fiori di acacia, togliendo i rametti grandi, mescolare bene.

Mettere abbondante olio in una padella per friggere, portandolo ad alta temperatura; quindi, con un cucchiaio prendere un po’ di pastella con i fiori e versarla nell’olio bollente. Lasciare friggere per un paio di minuti, o fin quando sarà ben dorata. Togliere la frittella dall’olio e adagiarla su carta assorbente (potete riciclare anche i sacchetti di carta del pane, sono ottimi asciuga-fritti!). Alla fine spolverare con zucchero a velo e servire calde.

Frittelle salate

Per preparare le frittelle salate di acacia serve (per circa 10 frittelle):

  • 5-7 ciocche di fiori di acacia;
  • 1 zucchina grande o due medie, tagliate verticalmente e finemente;
  • 7 cucchiai di farina di riso;
  • Acqua fredda frizzante q.b. ;
  • 1 uovo (facoltativo);
  • sale q.b.;
  • pepe q.b.;
  • Olio di semi per friggere.

In una ciotola sbattere l’uovo bene, aggiungere la farina di riso e l’acqua frizzante quanto basta per creare una pastella simile allo yogurt. Aggiungere, quindi, i fiori di acacia e le zucchine, togliendo i rametti grandi dai fiori, mescolare bene. Aggiungi un pizzico di sale e pepe.

Mettere abbondante olio in una padella per friggere, portandolo ad alta temperatura; quindi, con un cucchiaio prendere un po’ di pastella con i fiori e zucchine, e versarla nell’olio bollente. Lasciare friggere per un paio di minuti, o fin quando sarà ben dorata. Togliere la frittella dall’olio e adagiarla su carta assorbente (potete riciclare anche i sacchetti di carta del pane, sono ottimi asciuga-fritti!). Alla fine aggiungere un poco di sale (facoltativo) e servire calde.

Buon appetito e buona raccolta!

L’aceto inquina: dobbiamo mettercela via.

Ora ti svelo come iniziare subito a non inquinare 100.000 LT di acqua con 1 litro di aceto, anche se tutti ti dicono di usarlo per pulire qualsiasi cosa in casa.

Abbiamo detto che l’aceto inquina. Ma ci sono delle pulizie che puoi continuare a fare con questo ingrediente magico.

L’aceto, infatti, è molto utile se usato per alcune pulizie come:

-Lavare i pavimenti

-Pulire il frigo

-Togliere i cattivi odori dai piatti

-Togliere i cattivi odori dai tappeti

-Pulire e igienizzare i materassi

-Rimuovere il calcare dai rubinetti o dal soffione delle docce

-Pulire i vetri

Come usare, quindi, l’aceto affinché non inquini, per pulire le nostre abitazioni nel modo migliore e più sicuro per l’ambiente?

Non occorre sprecare questo ingrediente, perché un uso sconsiderato non solo è inutile, ma dannoso.

Come usare l’aceto per non inquinare

L’aceto è di sicuro un buon anticalcare ed è sgrassante. Se lo utilizziamo con attenzione risulta un ottimo alleato per le pulizie.

Il mio consiglio è limitarsi all’uso dell’aceto solo per i seguenti usi:

L’aceto bianco di alcool non inquina per pulire i pavimenti o il forno

Esistono tanti tipi di aceto come: l’aceto bianco di alcool che può essere utile per pulire lo sporco difficile o l’aceto di mele dal profumo più delicato.

Si può creare una miscela di acqua e aceto o per pulire i pavimenti o ancora aceto e bicarbonato per pulire il forno e per liberare le tubature.

L’aceto bianco per pulire il frigorifero

Usato per pulire il frigorifero permette di neutralizzare i cattivi odori e agisce anche nella prevenzione della muffa della frutta.

L’aceto e bicarbonato per pulire i tappeti, senza inquinare

Le soluzioni di aceto e bicarbonato o di aceto e sale sono ideali per pulire e igienizzare i tappeti su cui posiamo i piedi ogni giorno e per eliminare il calcare che incrosta le nostre docce.

Inoltre, si tratta di soluzioni dal forte potere disgorgante che permettono di liberare i lavandini otturati da capelli o residui alimentari e in questo modo, ripristinare il flusso normale dell’acqua.

L’aceto di mele per pulire i vetri

L’aceto di mele è ottimo per pulire i vetri perché ha un odore meno invasivo, ma risulta comunque efficace. Anche alcune superfici vengono benissimo se si usa l’aceto per pulire, come ad esempio il gres porcellanato.

Ho sentito di molte signore che adoperano l’aceto per rimuovere il calcare dal ferro da stiro. In questo caso il calcare si forma perché non viene usata l’acqua distillata o demineralizzata e basterebbe questo per evitare tale problema. In ogni caso se proprio dobbiamo recuperare un ferro da stiro pieno di calcare è molto utile l’uso dell’aceto.

L’aceto per pulire il legno

L’aceto bianco è sicuramente un’alternativa da preferire ai numerosi prodotti chimici in commercio ideati per la pulizia del legno.

Mischiando una parte di aceto bianco con tre parti di olio di oliva, si ottiene un composto adatto per una pulizia approfondita e naturale del legno.

Ma ti consiglio di non usare l’aceto per pulire:

-nella lavatrice come ammorbidente;

-nella lavastoviglie come brillantante;

-nel piano della cucina per sgrassare e lucidare l’acciaio.

Queste sono pratiche ormai diffusissime ma scorrette.

Se cerchi on line trovi molti video e articoli che ti indicano nell’aceto il rimedio naturale per pulire qualsiasi cosa.

Viene spesso fornita la giustificazione che “lo facevano le nostre nonne”.

Ed è vera in parte. Molti rimedi sono davvero ricavati dalle nostre tradizioni.

Ma altri non hanno fondamento.

Perché sostituire l’aceto che inquina nelle pulizie

L’uso indiscriminato dell’aceto che è emerso negli ultimi anni ha iniziato a causare più danni che benefici.

Ecco il motivo per cui ti consiglio di usare l’aceto per le pulizie, e sostituirlo con l’eroe del pulito ecologico: l’acido citrico.

L’aceto è composto da acido acetico.

L’acido acetico è corrosivo, favorisce la liberazione di nichel da parte dei metalli e favorisce l’insorgenza della SNAS: Allergia sistemica al nichel.

E significa che ogni volta che fai una lavatrice inquini, perché scarichi in acqua una dose di acido acetico (misto ai metalli pesanti che non sono rimasti attaccati ai tuoi vestiti) che è:

  • difficilmente biodegradabile;
  • crea un ambiente tossico per i pesci.

Quando si parla di ecologicità di un detersivo ci si riferisce spesso alla sola biodegradabilità.

Questo è limitante oltre che scorretto.

Serve andare più a fondo e considerare anche i danni che un detersivo combina mentre è in circolo e prima che si degradi.

Mentre se ne sta in circolazione fa danni terribili all’ambiente e alle persone.

Per capire fino in fondo la qualità di un detergente allora la dobbiamo smettere di pensare alla biodegradabilità e cioè al fatto che prima o poi smetterà di fare danni, e studiare la tossicità.

La domanda è: cosa combina e quanto è tossica questa soluzione che sto utilizzando finché è in circolazione?

Questa tossicità viene calcolata attraverso il VCDtox: VCD sta per volume critico di diluizione e ci indica quanta acqua è necessaria per far tornare “vivibile” l’ambiente contaminato da una dose di prodotto.

Confrontiamo 1 litro di aceto (percentuale di acido acetico al 6%) e 1 litro di acido citrico, che prepareremo in concentrazione al 6%.

In entrambe le soluzioni abbiamo 60 grammi di principio attivo:

60 grammi di acido acetico nell’aceto

60 grammi di acido citrico nella nostra soluzione.

Ora andiamo a controllare i valori di questi ingredienti nella DID list europea (Detergent Ingredients Database), la lista di sostanze che si possono utilizzare per la formulazione dei detersivi.

I dati che prendiamo in considerazione sono: la tossicità acuta, la tossicità cronica e la degradazione di ogni ingrediente.

Mettiamo insieme questi dati e con la formula del VCDtox ricaviamo il valore che ci indica quanta acqua serve per annullare una singola dose di ogni prodotto.

La formula per calcolare il VCDtox è la seguente:

VCDtox = [(Dosage x DF)/TF] x 1000

Ecco i dati da DIDlist dei nostri ingredienti:

ACIDO ACETICO ACIDO CITRICO
0,05 0,05 DF (fattore di degradazione della sostanza)
0,03 1,6 TF (fattore di tossicità della sostanza)
60 150 QUANTITA’ nella soluzione

Applicando la formula all’aceto otteniamo [(60 x 0,05)/0,03] x 1000 =100.000,20 LT

Applicandola invece alla soluzione acido citrico [(60 x 0,05)/1,60] x 1000 = 1875,00 LT

      • Un litro di aceto inquina 100.000 litri di acqua.

Per dirla più correttamente possibile: occorrono 100000 litri di acqua per far tornare nullo l’effetto dell’aceto per i pesci del mare

      • Un litro di soluzione a base di acido citrico preparato al 6% inquina 1.875 litri.

E’ più corretto dire che se io verso 1 litro di soluzione a base di acido citrico in acqua servono 1875 litri di acqua per far tornare nulla la sua azione e che in quell’acqua ci possano vivere i pesci.

HAI LETTO BENE: INQUINA 53 VOLTE MENO

Sono sicuro che ora hai un motivo in più per rivedere le tue abitudini e valutare un prodotto davvero ecologico e lasciare da parte i falsi consigli ecologici.

E se ti sei incuriosito e vuoi provare l’acido citrico, il più conveniente e con la confezione in carta riciclabile che ti permette di evitare plastica inutile lo trovi sul sito di Verdevero – I detersivi ecologici che puliscono davvero.

 

Credits: Photo by Beth Jnr on Unsplash

I cerali senza glutine che tratteremo in questo articolo sono il fonio e il teff: nell’articolo precedente abbiamo parlato di mais, sorgo e quinoa, osservandoli non solo dal punto di vista nutrizionale ma anche nell’impatto della loro coltivazione sulle risorse idriche.

Vi aggiorno con una informazione che ho raccolto da un conoscente che sta svolgendo una tesi sul risparmio idrico. Sono stati condotti sondaggi su 25 agricoltori e da questi risulta che, mentre il mais viene irrigato nel 92% dei casi (23 su 25), il sorgo è stato irrigato solamente in un caso su 22 e mediante un solo apporto irriguo. 

L'azienda agricola in questione ha voluto sperimentare se vi fossero differenze tra sorgo irriguo e non irriguo, senza nessuna differenza produttiva. È un dato importantissimo pensando alla quantità di acqua risparmiata. Ecco perché scegliere il sorgo invece del mais giallo (solo questo, non le altre varietà) e della soia: la nostra scelta può orientare il mercato e la formulazione dei prodotti. 

In questo senso, andiamo a studiare il fonio e teff, come cereali che possono arricchire la nostra alimentazione, ma anche per avvicinarci a un'alimentazione più sostenibile.

Un altro super cereale senza glutine che cresce senza bisogno di irrigazione artificiale è il fonio. A dire il vero è coltivato in Africa, da piccole cooperative a maggioranza femminile che sulla vendita del raccolto fondano il sostentamento di tutto l’anno. Osservate nell’immagine1 il confronto tra fonio, couscous e riso integrale: è sorprendente la ricchezza di sali minerali del primo. Dovrebbe essere una ragione più che sufficiente ad introdurlo nella nostra alimentazione, alla quale aggiungo la scarsa quantità di zuccheri e il basso carico glicemico.



Il chicco è più piccino di quello del miglio; ha un grande potere assorbente ovvero ne basta una piccola quantità per una zuppa o minestra, il che lo rende ideale anche nelle diete; con la farina si realizzano dolci fragranti. Il sapore è neutro, delicato, tra i più gourmet del mondo del senza glutine.

Anche il teff arriva dall’Africa ma è geograficamente più connotato perché i principali produttori sono Eritrea e Etiopia. Ha un seme ancor più piccolo del fonio e per questo non può essere trattato, restando, di fatto, integrale. Esiste in tre varietà: bianco, rosso e marrone. La prima ha un sapore neutro ma è anche la più rara. Le altre due hanno un sapore deciso, simile a quello della nocciola. 

Sostenibile, ricco di sali minerali, basso carico glicemico e vitamine: tante buone ragioni per acquistarlo. Dubbi? Guardate il confronto tra teff e miglio2

Monia Caramma

Healthy food specialist

Food and eating designer

www.moniacaramma.com

1 https://www.greenme.it/mangiare/altri-alimenti/fonio-grano-africano/

2 https://foodstruct.com/compare/teff-uncooked-vs-millet-raw

I cereali senza glutine hanno un impatto diverso sulla nostra salute e su quella del pianeta perché le loro caratteristiche nutrizionali o di coltivazione variano notevolmente a seconda delle varietà.

Sceglierli e saperli distinguere è importante perché può condurre a migliorare lo stato delle cose e promuovere l’espansione di una cultivar anziché un’altra. Allo stesso tempo è un atto di responsabilità essere consapevoli della composizione di un alimento, che sia pasta, snack o prodotto da forno.

Facciamo un excursus, diviso in più puntante, così da conoscerli meglio.

Mais:

ne esistono diverse tipologie, bianco, giallo, rosso, rostrato, blu, nero, arlecchino, ma la più diffusa è la seconda. Purtroppo di questa esistono solo varietà “geneticamente migliorate”, cioè progettate per alte rese e resistenza a parassiti (vale anche per le coltivazioni biologiche), che richiedono grandi quantità di acqua per l’irrigazione. Le altre, invece, sono state parzialmente trascurate dall’industria sementiera e, di conseguenza, sono più sostenibili e richiedono, per la crescita, quantità di acqua nettamente inferiori, di solito sono sufficienti le piogge. Il mais giallo ha anche una elevata quantità di nichel (2,5mg/Kg valore medio), tale che è sconsigliato a intolleranti o allergici. Alcune varietà di mais bianco, invece, ne contengono 0,074mg/kg. Questo a dimostrazione che non tutta questa specie va demonizzata ma va approfondito lo studio, diffusa l’informazione. Il blu e nero hanno alte quantità di antiossidanti e, grazie a contadini virtuosi, sono coltivate anche in Italia.

Quinoa:

molto diffusa da 5 anni, è considerata il cereale proteico per eccellenza. Ne esistono varie tipologie, con più o meno saponine. Queste sono sostanze anti-nutrienti che è bene togliere prima della cottura ed è per questa ragione che si dice che la Quinoa vada lavata in abbondante acqua. Esiste però la Vikinga, che ne contiene pochissime ed è coltivata in Italia con metodo biologico. Perché scegliere questa? Basta leggere le notizie internazionali per scoprire la devastazione etica e agricola che le aziende agricole intensive stanno compiendo in Bolivia e nelle Ande: prezzi elevati per quello che fino a pochi anni fa era un cibo povero, ormai non più accessibile alle fasce deboli di popolazione, deforestazione, sfruttamento della manodopera.

Sorgo:

senza dubbio il cereale più ricco ed equilibrato tra quelli senza glutine. In 100g troviamo il 41% del fabbisogno quotidiano di ferro, antiossidanti, vitamine e sali minerali. Ha un sapore neutro e soprattutto cresce senza bisogno di irrigazione artificiale. È il 5° cereale per importanza mondiale ma da noi è relegato all’alimentazione animale. Sorghum-ID, società francese, da 4 anni è impegnata per diffonderne la coltivazione per soppiantare mais giallo e soia, soprattutto quando sono OGM o GM.

Nella prossima rubrica continueremo con fonio, teff, amaranto e saraceno.

Vi invito a scrivermi per domande o approfondimenti

 

Monia Caramma
Food&Eating Designer
[email protected]

Il PERCARBONATO di sodio ha moltissimi utilizzi in tutte le operazioni di pulizia della casa: in questa guida approfondiamo come è possibile impiegarlo per pavimenti, piastrelle, sanitari e come agente anti-muffa, preziosissimo in particolar modo in bagno.

Iniziamo!

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Percarbonato di sodio per pulire pavimenti

La miglior cosa da fare se si vuole pulire un pavimento con il PERCARBONATO di sodio è utilizzarlo come un comune detergente liquido. Ecco la “ricetta”:

  • un litro d’acqua appena calda (30/50 gradi)
  • un tappo di detersivo ecologico per pavimenti SPLENDì
  • un cucchiaio da cucina di PERCARBONATO di sodio in cristalli o polvere

Ovviamente è possibile aumentare o diminuire la quantità di soluzione, rispettando le proporzioni, in base all’ampiezza della superficie da trattare.
Puoi usare la miscela con il normale strumento che usi per pulire: il mocio, lo straccio, la lavapavimenti. In quest’ultimo caso verifica sul manuale di istruzioni che sia compatibile con l’uso di detergenti liquidi.

Prima di procedere vale sempre la pena di fare un test in una porzione nascosta del pavimento, per valutare la reazione del materiale.

Piastrelle e fughe: come pulirle con il Percarbonato di sodio

Le piastrelle tendono con il tempo a scurirsi, il colore si opacizza e le fughe si riempiono di sporcizia difficile da mandare via.

Se la soluzione di acqua, detergente e PERCARBONATO non ha funzionato in precedenza (rispetta le stesse dosi suggerite per il lavaggio dei pavimenti) puoi preparare una pasta dall’azione più decisa.

Mescola acqua e PERCARBONATO di sodio in polvere fino ad ottenere una crema densa, che non coli. Copri la superficie da pulire, lascia agire 20/30 minuti e se lo sporco o le macchie sono molto ostinate usa una paglietta d’acciaio o una spazzola -è perfetto anche un vecchio spazzolino da denti- prima del risciacquo.

Alla mistura puoi aggiungere anche un detersivo tradizionale per migliorare l’effetto pulente, oppure utilizzarlo successivamente come ultimo step prima del risciacquo.

Pulire il bagno e i sanitari

Il PERCARBONATO di sodio ha forti proprietà igienizzanti, smacchianti e sbiancanti: per queste ragioni è ideale per pulire il bagno e i sanitari in ceramica.

Puoi procedere sia creando una soluzione di acqua, detergente e cristalli, sia con il metodo della pasta cremosa da lasciar agire per qualche minuto.

Entrambe le soluzioni vanno benissimo non solo per le piastrelle oppure i sanitari, ma anche per il vetro della doccia e gli specchi. Inoltre, considerando che il PERCARBONATO di sodio limita gli effetti dell’acqua dura, vedrai brillare le superfici in vetro per più tempo nonostante l’eventuale presenza di calcare.

Percarbonato di sodio per muffa: come usarlo

Il PERCARBONATO di sodio ha forti capacità igienizzanti, perché lasciato agire per 30/90 secondi dissolve la protezione di proteine e grassi che racchiude il DNA di muffe, batteri e virus. Usato contro la muffa è un potente alleato in ogni casa.

Il materiale genetico esposto al calore, ai raggi solari, allo strofinamento si degrada in pochi minuti ed impedisce la replicazione, impedendo la diffusione di focolai potenzialmente infettivi.

Per queste ragioni il percarbonato di sodio viene spesso usato come agente antimuffa, in particolare il bagno, nella doccia e nella vasca da bagno.

La miglior strategia d’intervento è creare un liquido con acqua calda e cristalli (due cucchiai per litro) e spruzzarlo sulla superficie da trattare. Puoi lasciarlo in posa anche per lungo tempo, perché non aggredirà il vetro, la ceramica o i collanti utilizzati nella costruzione.

Al termine del periodo di posa puoi strofinare con una spugna, una paglietta o un panno, passare il detergente tradizionale che usi per i sanitari o il vetro e risciacquare con acqua tiepida. Ovviamente, asciugando il vetro eviterai la formazione di goccioline fastidiose.

In caso di bagni particolarmente umidi puoi eseguire il trattamento due volte al mese per circa tre mesi: eviterà che la muffa torni a formarsi.

Uno degli usi del PERCARBONATO DI SODIO è quella di essere una sostanza dalla spiccata funzione igienizzante e sbiancante.

Naturalmente tutto questo è di grande aiuto quando parliamo di una delle azioni più comuni all’interno delle nostre case: la pulizia del bucato.

Ecco dunque tutte le indicazioni per sfruttare al meglio le sue potenzialità e per evitare danni ai tessuti e ai materiali!

Usi del Percarbonato di sodio: il bucato in lavatrice

Il PERCARBONATO DI SODIO è perfetto per il bucato lavato in lavatrice. Basta aggiungere alla vaschetta dell’elettrodomestico un cucchiaio di cristalli o polvere, insieme al detersivo e all’ammorbidente.
La potenza pulente di questa molecola rende possibile abbassare la temperatura di lavaggio a 45-50 gradi, risparmiando notevolmente in fatto di energia elettrica.

Questo tipo di prodotto può essere usato su tutti i tessuti bianchi, color melange o colorati chiari ad eccezione delle sete, del lino, dei pellami e della lana: per questi articoli è meglio scegliere un detergente dedicato e più specifico, con formule meno aggressive e che evitano il loro danneggiamento.

L’assenza di attivi allergeni come i coloranti e i tensioattivi lo rende perfetto per il bucato degli abiti e della biancheria dei bambini o delle persone che soffrono di eczemi e orticarie. La perfetta igienizzazione ottenuta con il PERCARBONATO DI SODIO viene in aiuto se si è scelto di usare pannolini lavabili oppure per lavare la biancheria e gli asciugamani di chi ha sofferto di qualche infezione recentemente, per evitare che i germi rimangano intrappolati sui tessuti e possano veicolarsi ad altre persone della famiglia.

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Percarbonato di sodio: il bucato a mano

Anche il bucato lavato a mano può essere fatto con il PERCARBONATO DI SODIO. La proporzione della mistura è la stessa: un cucchiaio da cucina raso per ogni bacinella in cui si lasceranno in ammollo i capi, acqua tiepida o leggermente calda e detersivo nelle quantità abituali.

La delicatezza del prodotto non è dannosa per i tessuti, ma è sempre bene utilizzare guanti di gomma quando si strofinano i vestiti nella bacinella.

Come pretrattare le macchie

Il commercio sono famosi ormai da anni sgrassatori, igienizzanti e smacchiatori per i tessuti a base di “ossigeno attivo”: si tratta proprio di prodotti al PERCARBONATO DI SODIO!

La dicitura con cui vengono commercializzati è stata scelta perché dalla reazione dei cristalli con l’acqua si libera, per l’appunto, ossigeno: una delle molecole antibatteriche, antivirali ed antifungine più efficaci che ci siano sui tessuti e le superfici.

Capita che un abito sia macchiato in modo apparentemente irrimediabile, e che il primo lavaggio non abbia ottenuto l’effetto sperato: vino rosso, sugo, erba e caffè possono davvero diventare ostinati sui vestiti, senza parlare poi dell’unto, che spesso lascia un alone opaco e scuro sui tessuti anche dopo lavatrici ad alta temperatura.

L’ideale in questo caso è pretrattare con il percarbonato di sodio: la liberazione di ossigeno dovuta all’interazione con l’acqua causa la formazione di piccole bolle, che “smuovono” la macchia e ne facilitano moltissimo l’eliminazione.

Puoi agire in due modi:

  1. Prima inumidisci l’abito, poi spargi un cucchiaino di percarbonato di sodio sulla macchia. Lascia agire 10/20 minuti e poi procedi con il lavaggio consueto.
  2. Stendi il tessuto e versa sulla macchia una pasta creata con percarbonato di sodio e qualche goccia d’acqua. Puoi anche usare una spazzolina per far penetrare più facilmente il detergente nelle fibre. Dopo 10/20 minuti di attesa puoi lavare come d’abitudine il capo.

Bonus: pulizia della lavatrice

Il PERCARBONATO DI SODIO ha fortissime proprietà igienizzanti non solo sugli abiti ma anche sull’elettrodomestico usato per la loro pulizia: la lavatrice.

Un lavaggio a vuoto con la vaschetta riempita di sapone e percarbonato di sodio (le stesse proporzioni, un cucchiaio di cristalli per tappo di detersivo) la renderà splendente, igienizzata e priva di odori che si potrebbero trasmettere ai panni.

Analizzando i vari usi del percarbonato di sodio è impossibile non sottolineare quanto sia utile per la pulizia della cucina, delle stoviglie e delle pentole, nonché di alcuni elettrodomestici.

Ecco dunque alcune informazioni ed istruzioni preziose per iniziare ad usare detergenti che contengono percarbonato di sodio, oppure soluzioni in purezza di questo cristallo igienizzante e sbiancante!

Come lavare i piatti con il percarbonato di sodio

Il primo uso che vale la pena citare è ovviamente il lavaggio tradizionale dei piatti, sia a mano che in lavastoviglie. Ecco come procedere:

  1. Fare un ammollo di piatti, pentole e stoviglie con acqua e percarbonato. Addizionare all’acqua di lavaggio il percarbonato di sodio (un cucchiaio da cucina) e lascia fare in ammollo per un paio di ore. Procedere all’abituale lavaggio e risciacquare come d’abitudine.
  2. Aggiungere al contenitore dedicato della lavastoviglie la stessa quantità di percarbonato di sodio e detersivo.

Non solo la polvere di percarbonato di sodio elimina le macchie e sbianca le ceramiche, ma riduce gli effetti negativi del calcare sulle stoviglie, addolcendo l’acqua di lavaggio.

L’effetto igienizzante ed antibatterico del percarbonato di sodio è perfetto anche per ridurre la contaminazione crociata. Sebbene sia sempre buona regola utilizzare taglieri e coltelli diversi per il cibo crudo (in particolare per la carne e il pesce) e per quello cotto, oppure lavare accuratamente questi oggetti nel passaggio tra un alimento e l’altro, se non è possibile farlo puoi igienizzarli in profondità lavandoli con acqua calda, detersivo e percarbonato di sodio.

Per pulire le stoviglie bruciate

Capita a tutti almeno una volta nella vita di dimenticare una pentola sul fuoco e di bruciarne il fondo. Niente paura: il percarbonato di sodio è molto efficace anche in questi casi.

La migliore soluzione è unire un cucchiaio di cristalli ad un po’ d’acqua in una piccola ciotola e mescolare bene, per ottenere una pasta cremosa. Basterà poi metterla sulla pentola bruciata (oppure sul piatto irrimediabilmente macchiato, sui bicchieri sporchi di rossetto, eccetera) e lasciarla agire per qualche minuto mentre si carica la lavastoviglie o si lavano gli altri piatti a mano.

Se la macchia è molto ostinata puoi aiutarti anche con una paglietta d’acciaio o con un vecchio spazzolino da denti per strofinare più a fondo, prima di risciacquare con acqua e sapone.

Fornelli, piani di lavoro, forno e microonde

Attivi più volte al giorno, ogni giorno, è quasi inevitabile che fornelli, piani di lavoro, forni e microonde rimangano a lungo igienizzati, lucenti e privi di macchie bruciate o unte. Ecco come usare il percarbonato di sodio in tutti questi casi.

Per il fornello e il top della cucina

Le soluzioni anche in questo caso sono due:

  1. Puoi spargere la polvere di percarbonato sulla superficie da pulire e spruzzare un po’ d’acqua sul piano, lasciando agire per qualche minuto. Uno straccio o una spugna saranno poi sufficienti per rimuovere le gocce e le macchie di sporcizia. Questo sistema è perfetto per tutte le superfici dure, compreso l’acciaio. Prima di usare il percarbonato di sodio sul marmo o sul legno fai una prova in un angolo nascosto e valuta la reazione del materiale.
  2. Puoi unire acqua, detergente tradizionale sgrassatore e percarbonato di sodio in soluzione e usare la mistura come un comune detergente liquido per superfici, risciacquando poi con acqua pulita.

Per i forni e i microonde

Forni e microonde spesso di sporcano all’interno, con macchie bruciate o unte davvero seccanti da far sparire. La miglior cosa da fare è preparare una pasta di percarbonato di sodio e acqua, piuttosto densa e che non coli, e di spargerla sulle aree più incrostate.

Lasciala agire per qualche minuto (20/30), a seconda del livello di sporcizia presente, e poi strofina con una spugna o un panno e risciacqua.

Abbiamo scritto una guida più dettagliata alla pulizia dei forni, tenendo conto della delicatezza di resistenze e rivestimenti interni: se non sai come procedere ti consigliamo di leggerla, la trovi qui.

Il campo di applicazione prediletto del Biodizionario è quello della cosmesi, con migliaia di ingredienti utilizzati per la preparazione di trucchi, creme e lozioni.

Spesso molte aziende dichiarano di utilizzare prodotti al 100% naturali, poi ad un rapido passaggio nel Biodizionario si scopre come questo sia in realtà in parte vero.

E sapere cosa ci si spalma e si utilizza nella cura del corpo tutti i giorni è assolutamente fondamentale per evitare irritazioni della pelle o problemi ancora peggiori.

Ecco quindi, Biodizionario alla mano, una breve lista di sostanze ritenute dannose che si possono trovare all’interno dei prodotti per la cosmesi.

Petrolati e siliconi: i più comuni tra gli ingredienti nocivi

Questo tipo di sostanze vengono utilizzate nei cosmetici con la funzione di “filmanti”.
In pratica consentono al prodotto di applicare una leggera patina sulla pelle, in grado di coprire piccoli inestetismi, rendere la cute all’apparenza più liscia e altri benefici di tipo estetico.

Però tutte queste caratteristiche si fermano alla sola “apparenza” mentre nella sostanza questi ingredienti sono derivati dalla raffinazione del petrolio, e come tali possono essere dannosi se utilizzati con continuità.

Sono abbastanza comuni nelle creme, perché rendono il prodotto più morbido e vellutato, inducendo il consumatore a credere di trovarsi di fronte ad un prodotto di ottima qualità.

Tra i siliconi utilizzati più spesso e che possiamo leggere sull’etichetta troviamo:

  • Amodimethicone;
  • Dimethicone;
  • Cyclomethicone;
  • Cyclopentasiloxane;
  • Trimethylsiloxysilicate;
  • Ed in generale gli ingredienti che terminano con i suffissi «-thicone»; «-xiloxane»; «-silanoi», che indicano proprio un derivante del silicone.

I petrolati, che come dice il nome sono prodotti derivanti dalla raffinazione del petrolio, sono invece:

  • Pertolatum;
  • Vaselina;
  • Paraffina;
  • Paraffinium Liquidum;
  • Cera microcristallina;
  • Mineral Oil

Quando troviamo questi ingredienti ci basterà una rapida consultazione al Biodizionario per capire che siamo al cospetto di sostanze potenzialmente dannose per la nostra pelle.

I Parabeni: conservanti molto diffusi nella cosmesi

Altro elemento che si può trovare nei cosmetici è una serie di conservanti conosciuti col nome di Parabeni.

Questi vengono utilizzati per evitare che il prodotto si degradi e vada come siu suol dire “a male” prima di riuscire a sfruttarlo appieno.

Tempo fa l’utilizzo di questi conservanti era considerato sicuro, anzi il fatto che fossero nella lista degli ingredienti di creme, shampoo o saponi era considerato un punto di forza.

Molti studi nel tempo hanno invece dimostrato come queste sostanze alla lunga si possano rivelare cancerogene.
Infatti il loro continuo contatto con la pelle può provocare anche condizionamenti al sistema endocrino, in quanto parliamo di sostanze che possono entrare in circolo attraverso il sangue causando quindi episodi di allergie o intoilleranze.

Uno dei parebeni più conosciuti e comuni è ad esempio la Formaldeide, ma ve ne sono altri che possiamo incontrare nell’etichetta dei prodotti di cosmetica come:

  • Methylchloroisothiazolinone;
  • Methylisothiazolinone;
  • Methyldibromo glutaronitrile;
  • Sodium hydroxymethylglycinate
  • DMDM hydantoin;
  • Benzylhemiformal, 2-bromo, 2-nitropropane;
  • 1,3-diol, 5-bromo, 5-nitro, 1,3-dioxane.

Se leggiamo nell’INCI del prodotto e troviamo queste sostanze, basterà fare la verifica con il biodizionario per capire la pericolosità di quello che stiamo utilizzando.

Prodotti con sigla EDTA

Potremmo anche imbatterci in prodotti contrassegnati dalla sigla EDTA che significa acido etilendiamminotetraacetico, una sostanza in grado di trattenere le molecole di molti metalli pesanti.
Questa caratteristica lo rende, oltre che non salutare per le persone, anche dannoso per l’ambiente.
Infatti le particelle di questi metalli sono difficilmente biodegradabili, quindi resistono a lungo nell’ambiente e una volta scaricati possono depositarsi, ad esempio, sul fondo dei fiumi causando innumerevoli problemi.
Questa serie di prodotti la troviamo spesso contrassegnata anche con suffissi come:

  • «-trimonium»;
  • «-dimonium»;
  • «-glycol».

Non si tratta di prodotti strettamente pericolosi per le persone perché le quantità di metalli pesanti trattenute sono minime, ma il largo consumo di queste sostanze potrà creare notevoli danni ambientali anche sul medio periodo.

Sappiamo riconoscere i prodotti dannosi e nocivi per noi e per l’ambiente quando li utilizziamo nelle pulizie di tutti i giorni?

In questa operazione un valido alleato è il Biodizionario, uno strumento che ci consente di avere con un rapido colpo d’occhio un quadro completo sulla composizione dei nostri detersivi sia per la pulizia di casa per il bucato di tutti i giorni.

E proprio con l’ausilio del Biodizionario dei detergenti abbiamo stilato una lista di 5 sostanze che possiamo definire dannose senza mezze misure!

#1 Candeggina

Parliamo di un prodotto abbastanza diffuso, che trova spazio in molte delle case degli italiani e utilizzato da tempo per le pulizie domestiche.

Si tratta però di una sostanza dannosa, che in caso di prolungata esposizione può facilmente causare irritazioni, non solo alla pelle e agli occhi, ma anche alle vie respiratorie arrivando a scatenare anche veri e propri episodi asmatici nei casi più gravi.

In questo senso risulta particolarmente dannosa anche per i bambini, quindi se abbiamo dei piccoli in casa è consigliabile sostituire questa sostanza con dei igienizzanti più naturali.

Aceto e Bicarbonato vengono spesso proposti per essere utilizzati come alternativa all’utilizzo della candeggina, salvaguardando il risultato in termini di igiene e pulizia e allo stesso tempo avendo la tranquillità data dall’utilizzo di prodotti più sicuri per la nostra salute.

Di certo sono una alternativa sicura per la salute e l’ambiente ma non si può dire altrettanto riguardo l’efficacia.

Ma esistono comunque in commercio detersivi ecologici che possono sostituire egregiamente la candeggina sia per quanto riguarda il tradizionale uso come igienizzante ma anche per sostituirla nel bucato di tutti i giorni per sbiancarlo.

#2 Ammoniaca

Anche l’ammoniaca non riscuote grande successo tra le pagine del Biodizionario.
Parliamo infatti di una sostanza con effetti nefasti simili a quelli che possiamo riscontrare nella candeggina, con l’aggiunta che una prolungata e intensiva esposizione può causare anche danni al cervello.
Utilizzata spesso come sgrassante, l’ammoniaca ha comunque delle controparti naturali che possono svolgere lo stesso compito in maniera sicuramente meno pericolosa.
Per avere ottimi risultati si può usare ad esempio bicarbonato, le cui qualità sgrassanti vengono in aiuto per la pulizia di stoviglie e superfici della cucina spesso soggette ai depositi di grasso dovuti alla cottura dei cibi.

#3 Acido Muriatico

Il nome è già inquietante, essendo un acido molto aggressivo utilizzato soprattutto nel campo dell’industria.

Eppure l’acido muriatico trova spazio nelle nostre case, utilizzato per la sua enorme forza disincrostante.

Chiamato anche Acido Cloridrico, questa sostanza ha la caratteristica di essere estremamente volatile, infatti quando viene diluita in acqua può causare dei fumi che se inalati possono irritare le vie respiratoria anche in maniera molto grave.

La grande forza corrosiva di questa sostanza inoltre la rende estremamente pericolosa in caso di contatto con la pelle o peggio con gli occhi, quindi è fortemente consigliato utilizzarla il meno possibile e comunque sempre con le dovute protezione, vale a dire guanti e occhialini protettivi.

È utile dire che anche qui esistono già le alternative ecologiche che garantiscono la stessa performance in termini di pulizia ma senza le controindicazioni degli acidi petrolchimici.

#4 Deodoranti per gli ambienti

Con il tempo si sono sempre più diffusi nelle nostre i deodoranti per ambiente, che dovrebbero rilasciare piacevoli fragranze nelle stanze della nostra casa.
Certo, il profumo che possono emanare non si discute, ma a quale prezzo?
Analizzando alcuni profumatori d’ambiente con il biodizionario si può scoprire come questi prodotti contengano sostanze abbastanza aggressive nei confronti delle nostre vie respiratorie, creando anche veri e propri casi di insorgenza di allergie che prima non si manifestavano.
L’utilizzo di questi prodotti è sconsigliato anche perché vi sono alternative del tutto naturali assolutamente valide, come ad esempio gli oli essenziali.

#5 Etanolammine

Occhio a queste sostanze che si possono facilmente trovare nei detersivi per il bucato dichiarati con forza smacchiante.
Inserendo gli ingredienti di questi prodotti nel Biodizionario possiamo trovare la presenza di Etanolammine, sottoforma di altre sostanze più complesse quali dietanolammina, trietanolammina e monoetanolammina che possono provocare problemi a livello respiratorio, causando attacchi d’asma.
Appartenenti alla famiglia dei tensioattivi, che non sono tutti nocivi, queste si possono trovare anche nei detergenti per la pulizia dei pavimenti, quindi è sempre consigliabile controllare attentamente prima di scegliere quale prodotto utilizzare per la pulizia, sia delle superfici che del bucato.

L’INCI dei prodotti è la nostra cartina di tornasole per sapere sempre cosa stiamo utilizzando quando ci affidiamo ad un detergente, un cosmetico oppure un alimento.

Si tratta in pratica di una lista di ingredienti costruita con regole ben precise, che ci aiuta nel conoscere la composizione del prodotto che vogliamo utilizzare, e assieme all’ausilio del Biodizionario, capire se questo è pericoloso per noi e l’ambiente e in quale misura.

Ma come si legge correttamente un INCI per trarre le informazioni utili da inserire nel Biodizionario in un secondo momento?

Vediamolo brevemente con questa guida rapida!

Come leggere e interpretare un INCI

Come detto l’INCI non è altro che la vera e propria carta d’identità di un prodotto, quindi per conoscerne le caratteristiche dobbiamo essere in grado di saper leggere questa carta d’identità.

Le regole di interpretazione sono quindi fondamentali per non travisare quanto descritto nell’INCI.

  • Ordine nella lista degli ingredienti: le sostanze presenti nel prodotto non sono elencate alla rinfusa o in ordine alfabetico, ma seguono una precisa regola e vengono riportate nella lista in base al loro peso.
    Quindi se l’ingrediente è presente in quantità maggiore rispetto ad altri verrà elencato per primo e via via a scendere sulla base di questo parametro. L’unica eccezione avviene per tutte quelle sostanze che sono presenti in quantità inferiori all’1% del totale, che trovano spazio al termine dell’elenco e sotto quella percentuale possono essere riportate senza un ordine preciso.
  • Nome degli ingredienti: un altro indizio importante riguardo la natura della sostanza è fornito dal nome. Infatti le nomenclature dei vari ingredienti si differenziano a seconda della loro origine, quindi verrà usato generalmente il latino per indicare sostanze di uso comune già presenti nella Farmacopea Europea, o per ingredienti di origine vegetale che non hanno subito trattamenti di alcun tipo.L’Inglese è invece utilizzato per i prodotti che hanno subito modifiche sostanziali: quindi sarà usato ad esempio per sostanze sintetiche e vegetali esposti a trasformazioni chimiche.Unica eccezione al dualismo tra latino e inglese in termini di lingua è destinato al profumo che viene indicato con il francesismo Parfume.
  • Indicazione dei coloranti: per i coloranti viene fatto un discorso a parte, perché vengono segnalati in base al loro standard di classificazione internazionale.
    Esiste infatti il cosiddetto Colour Index solitamente abbreviato con la sigla CI che fornisce un codice in base al colore della sostanza.
    Anche nell’INCI sono quindi riportati con tale codice e solitamente sono posti alla fine dell’elenco perché presenti sempre in quantità comunque inferiori all’1%. Attenzione però questo non significa che siano meno dannosi, perché sappiamo bene come questo tipo di sostanze chimiche possano essere nocive anche in ridottissime quantità.
  • Agricoltura biologica: all’interno dei prodotti che utilizziamo possiamo trovare anche sostanze o ingredienti provenienti direttamente da agricoltura biologica.
    Solitamente accanto al nome che molto spesso è riportato in latino, troviamo un asterisco (*) ad indicare la natura di questo ingrediente.

Quindi questi sono i parametri da tenere in considerazione quando si legge un etichetta INCI di un prodotto.

È comunque bene specificare che non sono considerati ingredienti le impurità che possono rimanere all’interno del prodotto durante il processo di lavorazione dello stesso, quindi la lettura dell’etichetta ci fornisce uno spettro completo al 99,9%.

Capire i risultati di una lettura di etichetta INCI

Abbiamo visto quindi come leggere l’etichetta, ma questo non basta da solo per rendere sicuro l’utilizzo di un determinato prodotto.

Molti di noi non hanno infatti le conoscenze adeguate per stabilire se una sostanza è dannosa o meno e quindi tutto quello che troviamo riportato nell’INCI deve passare ad un ulteriore consulto con il Biodizionario.

Effettuando la ricerca della sostanza attraverso le pagine del Biodizionario possiamo avere un giudizio rapido sulla sua pericolosità, grazie anche al sistema intuitivo fatto da pallini/semafori di colore verde giallo e rosso che ci indica visivamente la natura della sostanza che abbiamo ricercato.

Quindi l’etichetta INCI da sola non è sufficiente ma abbinando questo strumento a quello del Biodizionario tutti saremo in grado di conoscere perfettamente come sono composti i prodotti che magari utilizziamo tutti giorni.

Il bicarbonato di sodio è un sale dalle mille possibilità d’impiego, comunemente utilizzato in moltissimi ambiti, domestici e non. Normalmente lo si trova in soluzione nelle acque sotterranee o superficiali, ma è possibile rinvenirlo anche in forma di cristalli che opportunamente trattati portano ad una polvere cristallina bianca, comunemente commercializzata.

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Vediamo insieme cos’è il bicarbonato di sodio, in quali settori d’uso trova spazio e dove acquistarlo!

Origini del bicarbonato di sodio: dal natron al chimico belga Solvay

  • I primi a scoprire uno dei composti derivati dal bicarbonato di sodio furono gli Egizi. Osservavano facilmente che sulle sponde del Nilo, quando l’acqua evaporava, rimaneva un residuo biancastro e polveroso. Sperimentando con esso scoprirono che questo sale aveva enormi potenzialità essiccanti: non per caso, i corpi dei faraoni e dei dignitari passavano in un bagno di natron oltre due mesi per venire completamente asciugati prima di procedere con la mummificazione e la sepoltura.
  • Quando i Romani iniziarono ad intrattenere rapporti commerciali con la potenza medio-orientale cambiarono il nome del sale natron in natrium, secondo la dicitura latina. Questo passaggio culturale è evidente ancora oggi nella scelta del simbolo chimico del sodio: Na, per l’appunto.
  • Fino al 1700 l’uso del bicarbonato non divenne particolarmente popolare, per via dei costi di estrazione. Come per tutti i sali, infatti, l’estrazione poteva avvenire solamente per evaporazione dell’acqua. Il processo era così costoso che lo stipendio veniva chiamato anche “salario” proprio perché veniva pagato in sale, materia prima preziosissima e spesso riservata alla popolazione nobile o ricca.
  • Con la Prima Rivoluzione Industriale del 1700 il chimico francese Lavoisier individuò alcuni dei processi chimici all’origine della produzione naturale del bicarbonato di sodio, mirando a semplificarli e a renderli accessibili anche a livello industriale.

Il metodo Solvay per produrre il bicarbonato di sodio

Non molti anni dopo fu il chimico belga Ernest Solvay ad individuare un procedimento produttivo economico e funzionante per il bicarbonato di sodio, a cui diede il proprio nome.
Fino a pochi anni prima il metodo usato era detto “di Leblanc”, ma non solo i suoi costi erano più elevati, ma durante la produzione si liberavano nell’ambiente composti tossici come il solfuro di calcio o l’acido cloridrico.

Il metodo Solvay, poi esportato in tutte le produzioni del mondo e ovviamente anche nell’omonima impresa (con sede in Italia a Rosignano Solvay, in provincia di Livorno) consiste nel far passare una soluzione di cloruro di sodio in ammoniaca e anidride carbonica. I prodotti di questa reazione sono il cloruro di ammonio e, per l’appunto, un bicarbonato di sodio di purezza pari a circa il 75%.
Se si desidera ottenere bicarbonato di sodio puro, per scopi finali differenti, è necessario invece far reagire carbonato di sodio, acqua e anidride carbonica. In questo caso, l’intera massa prodotta è al 100% bicarbonato di sodio.

Entrambi i prodotti sono d’uso comune, e assolvono a funzioni differenti a seconda del tipo di preparazione che si ricerca. Il bicarbonato di sodio è facilmente identificabile nelle etichette dei cibi, dei farmaci e dei prodotti per la pulizia come additivo “E 500”.

I campi di impiego del bicarbonato di sodio

Le proprietà chimiche del bicarbonato di sodio vengono impiegate in numerosi settori: da quello alimentare alla farmacologia, fino ai prodotti per pulire e alla cucina. Vediamone insieme qualcuno!

I farmaci

Il bicarbonato di sodio reagisce alla presenza di soluzioni acide producendo effervescenza. Questo impiego è classico nella produzione di alcuni farmaci che siano trasferiti da una bustina o da una compressa in un bicchiere d’acqua. Non per caso la maggioranza di questi prodotti è aromatizzata al limone o all’arancia: l’acidità di questi aromi innesca la reazione di effervescenza.

Considerando che il bicarbonato è una sostanza basica, che cioè limita l’effetto degli acidi, viene anche incluso in moltissime preparazioni farmaceutiche che cercano di ridurre l’acidità di stomaco e i sintomi delle indigestioni.

Fa parte anche del kit di primo soccorso nelle aziende che si occupano della manipolazione degli acidi: se qualcuno dei lavoratori si bruciasse con la sostanza acida, abbondanti quantità di bicarbonato limiterebbero l’azione dell’acido sulla pelle prevenendo danni profondissimi.

In cucina

Il bicarbonato di sodio è aggiunto alle preparazioni dolciarie come agente lievitante. Per innescare l’effervescenza è necessario che il composto sia acido: questo effetto si ottiene con gli aromi, gli ingredienti di base oppure con altri agenti come il cremor tartaro o il lievito istantaneo, in cui acido e base sono già perfettamente dosati.

La famosissima “Idrolitina”, la polvere bianca che rende frizzante l’acqua naturale e che si usava comunemente prima dell’introduzione in commercio di bevande gassate, è a base di bicarbonato e sostanze debolmente acide che innescano l’effervescenza.

Se il sugo di pomodoro o il caffè ti sembrano troppo aciduli puoi usare una punta di bicarbonato di sodio per correggerne il PH e renderli più gradevoli.

Bicarbonato di sodio per la cura della persona

Nel settore della cura per la persona il bicarbonato di sodio trova moltissimi usi.

Per le sue proprietà sbiancanti è ancora oggi incluso in alcune paste dentifrice, che producono un effetto leggermente abrasivo e rendono più candido il sorriso. Questo tipo di prodotti, o l’uso del bicarbonato di sodio puro come dentifricio, dovrebbe essere comunque limitato nel tempo per evitare di aggredire lo smalto e causare danni permanenti a denti e gengive.

La proprietà abrasiva del bicarbonato può essere utilizzata anche per effettuare uno scrub delicato sul viso o sul corpo. È necessario creare una pasta con bicarbonato e un olio, per esempio di mandorle, e massaggiare con vigore sulle zone più secche come ginocchia, gomiti o talloni. Ripetendo il procedimento con regolarità la pelle avrà un aspetto più uniforme e compatto, senza aree screpolate.

Per molti anni il bicarbonato di sodio fu anche usato per cosmetici dedicati alle donne afroamericane, che desideravano schiarire la propria pelle e assomigliare maggiormente alle donne caucasiche. Per fortuna, questo tipo di pratica è ormai caduta in disuso e anzi, la bellezza etnica viene sempre di più valorizzata dalle case cosmetiche con colorazioni, formulazioni e prodotti che sottolineano le peculiarità di ogni occhio, bocca o incarnato.

Pulizia domestica

Il bicarbonato di sodio si può usare anche in casa per compiere numerose azioni di pulizia quotidiana. E’ possibile scegliere formulazioni in purezza oppure detergenti già pronti che contengano una percentuale di questa sostanza.

Il bicarbonato di sodio si può usare anche per:

  • Assorbire ed eliminare gli odori dalle posate, dai piatti o dal frigorifero
  • Pulire una pentola dal fondo bruciato
  • Per ridurre la durezza dell’acqua di lavaggio della lavatrice
  • Come antiruggine, a patto che mescolarlo con una sostanza acida come l’acido citrico o l’aceto
  • Per sbiancare le superfici dure e resistenti come la ceramica

Dove si compra e come sceglierlo

Il bicarbonato di sodio è una sostanza facile da reperire in commercio.

Il grado di purezza è sempre esplicitato sulla confezione. Generalmente, il bicarbonato più puro è impiegato in campo farmaceutico e sanitario, per controllare meglio le possibilità reazioni chimiche durante la produzione.

Qui non possiamo che consigliarti di acquistare il BICARBONATO DI SODIO Verdevero, ti arriva a casa nella pratica confezione ZERO plastica in carta riciclabile e sulla confezione trovi spiegati tutti i 100 usi di questo fantastico ingrediente.

Online, in negozi specializzati o al supermercato si trova un bicarbonato addizionato con altre sostanze dall’azione conservante che lo preservano dall’umidità e dalla proliferazioni di germi, ugualmente sicuro ed efficace per tutte le operazioni di pulizia, per la casa, per la bellezza e per preparare pane e prodotti di pasticceria: basta leggere con cura l’etichetta e seguire i suggerimenti d’uso indicati sulla confezione.

Tutti adorano avere una casa pulita, igienizzata e al 100% naturale: per esaudire questo desiderio dovete assolutamente iniziare ad utilizzare il carbonato di sodio.

Si tratta di un elemento estremamente duttile, utilizzato per detergere, scrostare e igienizzare la maggior parte degli elettrodomestici e superfici e grazie alle sue proprietà e caratteristiche è riconosciuto con un prodotto green ed estremamente economico.

Per avere risultati apprezzabili consigliamo sempre di utilizzare il carbonato di sodio con una purezza superiore al 99% e di abbinarlo assieme all’acqua calda per garantire un pulito impeccabile

La proprietà che rende il carbonato di sodio un elemento così usato per la pulizia della casa è la sua alcalinità, cioè la sua proprietà estremamente corrosiva con lo sporco e più gentile verso le superfici meno delicate.

Questo potere sgrassante, permette di pulire moltissime superfici della casa, senza lasciare alcun tipo di segno e soprattutto è un ottimo elemento per eliminare i cattivi odori che si possono creare in cucina, soprattutto se si è soliti trattare alimenti come il pesce.

Essendo un elemento reperibile anche in natura, che non contiene tensioattivi, fosforo e coloranti, il carbonato di sodio non produce schiuma nel suo utilizzo.

È quindi utilissimo quando si devono pulire le stoviglie durante una scampagnata in mezzo al bosco o quando ci si trova in campeggio e si deve prestare attenzione a cosa si rischia di spargere nell’ambiente.

Come pulire la cucina con il carbonato di sodio

Grazie a tutte queste fantastiche qualità naturali e sgrassanti il carbonato di sodio è ottimo per la pulizia della cucina e dei fornelli senza lasciare alcun alone.

Come detto l’utilizzo corretto è quello con un elemento puro abbinato ad un altro agente, come ad esempio l’acqua calda con cui le qualità del carbonato vengono esaltate nell’atto della pulizia delle superfici.

Questo prodotto molto facile da preparare, utilizzare e sciacquare permetterà di ottenere risultati eccellenti su molti tipi di superfici, facendo attenzione solamente a quelle leggermente più delicate per via della forza corrosiva che a lungo andare potrebbe rovinare alcuni elementi della nostra cucina.

Piano cottura

Per quanto riguarda le incrostazioni più ostinate, il grasso seccato e l’unto ancora fresco si consiglia di utilizzare una spugna imbevuta con acqua calda miscelata con carbonato di sodio.

Nel caso lo sporco si presenti più ostinato del previsto, si consiglia di lasciare il carbonato di sodio agire sulla superficie per qualche minuto prima di grattare e sciacquare con l’acqua calda e la spugnetta.

Cappa della cucina

La maggior parte delle case moderne si caratterizzano per avere il living e la cucina presenti all’interno dello stesso ambiente.

Questa soluzione salvaspazio e molto bella da vedere però può rivelarsi scomoda per quanto riguarda gli odori.

Senza una cappa pulita e ben funzionante gli odori della cucina rischiano di diffondersi per tutta la casa e creare delle situazioni spiacevoli per gli inquilini.

Per ovviare questo problema si consiglia una volta al mese di pulire la propria cappa con una miscela fatta di carbonato di sodio, acqua calda e una spugnetta.

Forno e forno a microonde

Per quanto riguarda la pulizia del forno e del forno a microonde si consiglia di procedere sempre con il metodo della spugnetta imbevuta di acqua calda e carbonato di sodio.

Nel caso di sporco ostinato si può usare un vecchio metodo che forse utilizzavano le vostre nonne per pulire questa tipologia di superfici.

Prendete un asciugamento totalmente imbevuto di acqua calda e carbonato di sodio, mettetelo all’interno del forno o nel forno a microonde caldi e lasciate agire per circa 30 minuti.

Dopo aver lasciato in posa lavate e sciacquate tutto con una spugnetta.

Stoviglie, piastrelle, elettrodomestici

Utilizzando sempre il metodo della spugnetta imbevuta in acqua calda con il carbonato di sodio strofinate queste superfici e prestate attenzione a non bagnare eventuali cavi e fili elettrici.

Le dosi utilizzate fra l’acqua calda e il carbonato di sodio dipende sempre da quanto lo sporco e il grasso sono ostinati.

Si consiglia sempre di utilizzare 2 cucchiai di carbonato di sodio all’interno di un litro d’acqua e, se si ritiene opportuno, si potranno aumentare o diminuire le dosi in base alle necessità.

Con il tempo le dosi da utilizzare saranno molto più semplici da utilizzare una volta preso confidenza con questo metodo di pulitura della cucina.

Il forno è uno degli elettrodomestici più utilizzati in cucina, ma spesso viene trascurato quando si tratta di pulizia e in pochi sanno veramente come pulire il forno incrostato come i professionisti. Una corretta pulizia del forno non solo migliora l’igiene della cucina, ma può anche prolungare la durata dell’elettrodomestico. In questo articolo, vi mostreremo come pulire il forno in modo efficiente e semplice.

Q

Cosa sapere prima di Iniziare a Pulire il Forno

Prima di iniziare a pulire il forno, assicurati di avere i seguenti strumenti e prodotti a portata di mano:

  • Guanti di gomma
  • Detergente per forni
  • Acqua
  • Spugna OVENSPONGE o panno in microfibra
  • Raschietto per forno
  • Sacchetto per la rimozione dello sporco

Assicurati di seguire le istruzioni per l’uso del detergente per forni e di indossare guanti protettivi per evitare di irritare le mani.

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Come Pulire il Forno Sporco di Cibo

Eccoci al punto più importante: cosa fare esattamente per pulire il forno dalle incrostazioni. Prendiamo per esempio il caso peggiore, cioè quello di un forno molto sporco e unto.

Puoi trattare inizialmente con il vapore per ammorbidire lo sporco. Puoi usare un apparecchio a vapore, oppure riempire un contenitore d’acqua bollente e lasciarlo nel forno caldo e acceso per circa mezz’ora. Scegli ovviamente contenitori in materiale sicuro: metallo o vetro per il forno tradizionale, plastica specifica o vetro per il forno a microonde. Dopo mezz’ora spegni il forno, non aprirlo e fallo raffreddare per un’ora.

Usa uno strumento abrasivo come una spugna o una paglietta di ottone. Attenzione al rivestimento interno: se è vero che il vetro è la parte meno delicata e non corri grossi rischi di graffiarlo, il rivestimento smaltato può danneggiarsi se gli strumenti abrasivi vengono usati con troppo vigore.

Usa un panno o una spugna asciutta per togliere i residui più grossolani. Poi, usane uno bagnato per eliminare anche le tracce più piccole e per risciacquare attentamente. Infine asciuga le componenti e il forno e rimonta le griglie e le teglie.

Se invece il tuo forno è molto sporco di cibo, segui questi ulteriori passaggi per rimuovere lo sporco:

  1. Raffredda il forno completamente
  2. Rimuovi i residui di cibo utilizzando un raschietto per forno.
  3. Procurati FORNOBELLO il detergente per forni sporchi incrostati e seguendo le istruzioni che trovi in etichetta applicalo sulla superficie interna del forno.
  4. Pulisci il forno con una spugna o un panno in microfibra, focalizzandoti sulle aree più sporche.
  5. Rimuovi il detergente per forni con acqua e una spugna o un panno in microfibra.
  6. Asciuga il forno con un panno asciutto.

Se lo sporco è particolarmente ostinato, potrebbe essere necessario ripetere il processo di pulizia più volte.

Come Pulire il Forno con la modalità dell’autocleaning

Se il tuo forno ha una funzione di autocleaning, segui questi passaggi per autoclean il tuo forno:

  1. Leggi le istruzioni del produttore per capire come funziona la funzione di autoclean.
  2. Rimuovi tutti gli accessori dal forno.
  3. Avvia la funzione di autoclean con il tempo di pulizia raccomandato dal produttore.
  4. Lascia raffreddare il forno dopo che l’autoclean è terminato.
  5. Pulisci gli eventuali residui della pulizia rimanenti utilizzando il detergente per forni FORNOBELLO, una spugna o un panno in microfibra.

Cosa succede al forno se si trascura la pulizia

Il forno trascurato incontra una lunga serie di problematiche, alcune facilmente risolvibili e alcune più serie. Vediamo le principali:

  • Il vetro sporco non farà vedere la pietanza in preparazione: potrebbe bruciarsi o cuocere in modo poco omogeneo, perché non potrete sorvegliarla adeguatamente
  • Se lo sporco si accumula sugli elementi riscaldanti, come la serpentina (in questo articolo parliamo proprio di come pulire la serpentina), la cottura sarà disomogenea e insufficiente, o richiederà davvero molto tempo
  • Lo sporco carbonizzato può conferire un sapore e un odore di bruciato al cibo
  • Le particelle di sporcizia ricadranno inevitabilmente sul cibo, contaminandolo

Ogni quanto pulire il forno

Se usi spesso il forno ti consigliamo di pulirlo a fondo non meno di una volta al mese.

Se lo usi sporadicamente e prevalentemente per riscaldare le pietanze piuttosto che per cuocerne di grasse, può andare bene una pulizia accurata ogni tre mesi.

Rimandare troppo la pulizia rischia di far accumulare la sporcizia in strati, decisamente più difficili da rimuovere e che richiederanno più fatica, più tempo e detergenti più aggressivi.

Naturale o sintetico? Quale detergente scegliere per il forno.

I detergenti naturali sono ovviamente i nostri preferiti. Qui trovi il miglior detersivo per la pulizia del forno incrostato.

Succo di limone e aceto, con la loro acidità, sciolgono efficacemente la sporcizia e il grasso, sebbene con un tempo di posa piuttosto lungo. Hanno anche il vantaggio di essere molto economici, facilmente reperibili e di non creare contaminazione chimica sul cibo.

Di contro, però, una sporcizia davvero molto ostinata e incrostata, per esempio per una trascuratezza nella pulizia periodica, potrebbe aver bisogno di un detergente specifico.

La capacità pulente dei detergenti è assicurata dalla quota di tensioattivi presenti (le sostanze che permettono ai saponi di schiumare).

Il tempo di posa è decisamente più breve: possono bastare tra i 5 ei 30 minuti, a seconda del livello di incrostazione dello sporco.

Hanno quindi un’azione più veloce ma portano con se alcune contro indicazioni innegabili: il tempo risparmiato va infatti utilizzato in seguito per eseguire un risciacquo attento delle superfici, in quanto i residui potrebbero vaporizzarsi nel forno nei successivi utilizzi andando ad alterare il sapore delle pietanze, oltre che ad essere comunque particelle pericolose per l’organismo umano.

Una pasta “fai da te” per la pulizia del forno

Un forno incrostato di sporcizia può venire pulito efficacemente con un impasto naturale, facilissimo da creare. Ti servirà solo una base acida (succo di limone o aceto) e di BICARBONATO. Crea un impasto omogeneo e liscio e lascialo agire sulla superficie del forno per almeno 5-6 ore prima di risciacquare.

Ma per sapere esattamente come pulire un forno da macchie ed incrostazioni continua a leggere!

Conclusioni

Pulire il forno non deve essere una sfida. Con i giusti strumenti e prodotti per la pulizia e seguendo le istruzioni del produttore, puoi rimuovere lo sporco e gli odori dal tuo forno in pochi semplici passaggi. Assicurati di pulire regolarmente il tuo forno per prolungarne la durata e migliorare l’igiene nella tua cucina.

Cosa succede se non sai come pulire il forno? Potresti avere un build-up di sporco e grasso che potrebbero influire sulla qualità dei tuoi piatti e persino causare danni alla tua attrezzatura. Inoltre, potrebbe esserci un odore sgradevole e potrebbe essere necessario sostituire il forno prima del previsto.

Che aspetti? Inizia a pulire il tuo forno oggi per una cucina più efficiente e igienica.

 

come pulire forno1 strano metodo per rimuovere più sporco dal tuo forno mentre ti prendi cura della tua famiglia tenendo pulita l’aria che respiri in casa ed evitando detersivi che ti rovinano le mani.

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In questo articolo scoprirai come pulire i vetri del forno con rimedi naturali e senza rischi per la tua salute.

I vetri del forno sono la parte dell’elettrodomestico che si sporcherà più facilmente e che sarà più visibile, per via della sua trasparenza.

Ecco tutti i nostri consigli per pulirlo efficacemente, per avere sempre a disposizione un forno igienico e sicuro!

Ogni quanto pulire i vetri del forno

Il vetro del forno andrebbe pulito non meno di una volta al mese, se lo usi spesso; una volta ogni tre andrà bene invece se lo usi poco o se di solito non prepari alimenti che tendano a creare schizzi e macchie.

La sporcizia tende ad accumularsi sul vetro creando aloni giallastri, sgradevoli alla vista, che ostruiscono la visuale sugli alimenti in cottura e decisamente poco igienici. Aspettare più tempo di quello che suggeriamo per la pulizia del vetro del forno rischia di far incrostare la sporcizia, rendendo più faticosa e difficile la sua eliminazione.

I prodotti, naturali e non per pulire i vetri del forno

Per eliminare le tracce di unto e sporcizia dal forno puoi scegliere tra trattamenti chimici, trattamenti naturali e prodotti chimici o naturali. Vediamo subito le varie opzioni a disposizione.

Pretrattare con il vapore o con uno strumento abrasivo

Il vapore permette di ammorbidire le incrostazioni e di rendere più facile la loro eliminazione. Puoi ottenere lo stesso effetto sia con un elettrodomestico specifico, che emette vapore ad alta temperatura, sia con un contenitore pieno d’acqua bollente lasciato per mezz’ora nel forno ben caldo.

Se devi pulire il vetro di un forno a microonde assicurati di non usare contenitori in metallo; se l’oggetto della pulizia è un forno tradizionale usa pentole in metallo senza parti in plastica o gomma o contenitori in vetro o alluminio.

Uno strumento abrasivo può permetterti di dare una prima passata per eliminare le macchie più grossolane prima di usare il detergente. Puoi strofinare il vetro del forno con:

  • Sale grosso e un panno asciutto
  • Una paglietta abrasiva per la pulizia di piatti e pentole
  • Una spugna con una parte più ruvida

Il vetro è la parte meno delicata del forno: se per il rivestimento è meglio evitare gli strumenti più abrasivi, questa accortezza può allentarsi leggermente per la pulizia del vetro.

Ti consigliamo in ogni caso di evitare accuratamente lamette e altri strumenti affilati, che potrebbero graffiare irrimediabilmente il vetro del forno.

Detergenti chimici e naturali per pulire i vetri del forno

I detergenti chimici più utilizzati sono quelli a basi di ampie quantità di tensioattivi. Sono molto facili da usare perché di solito non richiedono né diluizione né lunghi tempi di posa.

Basta spruzzarli sul vetro, lasciato aperto perché non colino all’interno del forno, e lasciarli agire per qualche minuto (tra 5 e 30 a seconda del livello di sporcizia accumulata). Poi puoi utilizzare una spugna, una paglietta o un panno asciutto per strofinare ed eliminare le macchie incrostate.

Puoi ripetere il trattamento se le macchie fossero particolarmente ostinate.

Dopo la pulizia non dimenticare di risciacquare attentamente il vetro del forno con una spugna pulita e acqua calda.

Poi asciuga attentamente la superficie, per evitare che residui di detergente finiscano all’interno del forno e contaminino il cibo.

I detergenti naturali possono ottenere effetti simili, sebbene spesso serva più tempo per agire. Puoi usare una base acida (succo di limone o aceto) mescolata con bicarbonato, fino a creare una pasta della consistenza dello yogurt.

Applicata l’impasto sul vetro con una spazzola, un pennello pulito o una spugna asciutta e lascialo agire per non meno di 5-6 ore.

Successivamente procedi a strofinare e risciacquare come per i detergenti classici. Sebbene il rischio di contaminazione sia minore, perché aceto, limone e bicarbonato sono prodotti commestibili, è sempre meglio accertarsi di aver ben risciacquato e asciugato la superficie prima di chiudere il forno ed utilizzarlo per cucinare.

Se vuoi un prodotto naturale, sano per te ma efficace sullo sporco incrostato del tuo forno allora Fornobello per la pulizia dal forno incrostato fa per te!

I moderni ferri da stiro sono costruiti con tecniche e materiali che permettono allo strumento di rimanere inalterato per migliaia di utilizzi e molti anni di attività. Se una grossa parte del lavoro viene fatta dai produttori, però, dobbiamo occuparci regolarmente della manutenzione e della pulizia del ferro da stiro.

Ecco quali sono i più frequenti danni al ferro da stiro e quali sono le cause!

Danni al ferro da stiro: la piastra è graffiata

La piastra del ferro si graffia quando non facciamo attenzione ad aggirare le componenti metalliche e rigide degli abiti (zip, bottoni in metallo, cursori, gancetti, eccetera).

Una piastra graffiata non comporta grandi problemi per l’utilizzo: forse in corrispondenza del segno la stiratura potrebbe essere leggermente meno precisa, ma ripassando il ferro sulla stessa area il problema sarà risolto.

Questo danno è prevalentemente di natura estetica; purtroppo non esistono soluzioni fai-da-te, ma solo la sostituzione tramite un CAT o il produttore.

Attenzione però: graffi più profondi potrebbero avere delle pareti leggermente affilate o comunque dare vita ad una superficie irregolare che nei casi più gravi può comportare anche lo strappo di alcuni tessuti, soprattutto di quelli più delicati.

In generale quindi una piastra graffiata è un problema da risolvere.

Ferro da stiro con piastra sporca e lascia delle macchie sugli abiti

La piastra del ferro è ovviamente esposta al contatto con i tessuti, con la polvere e con i residui di vapore prodotti dal ferro.

Se questa sporcizia non viene eliminata rapidamente si ossida e può trasferirsi dalla piastra ai tessuti, lasciando brutte macchie.

Ecco cosa è possibile fare per pulirla:

  • Usare un detergente specifico, con PH acido, che elimina i residui
  • Usare una soluzione di acqua e limone e acqua e aceto, strofinando energicamente con un panno umido e poi pulendo e asciugando la piastra successivamente
  • Usare una pasta composta da bicarbonato e acqua, lasciata agire qualche minuto sulla piastra prima di eliminare i residui con un panno
  • Usare un cotton fioc intinto in aceto o limone per pulire i singoli fori di emissione del vapore

L’emissione di vapore dalla piastra è incostante o debole

La causa più frequente di questo malfunzionamento è il calcare, che si accumula in tutte le componenti esposte al contatto con l’acqua.

Per prima cosa pulisci la piastra e i singoli fori con un cotton fioc. Non temere di strofinare con troppa energia: l’acciaio non è facile da scalfire.

Per precauzione utilizza un panno morbido e, ovviamente, disconnetti il ferro dalla presa di corrente e attendi si sia raffreddato.

Se questo non dovesse essere sufficiente è probabile che il calcare si sia accumulato nel serbatoio o nella caldaia. Ecco cosa puoi fare:

  • Usare delle compresse di detergente acido: lasciate nell’acqua del serbatoio o della caldaia rendono l’ambiente sfavorevole alla formazione del calcare
  • Effettuare un lavaggio profondo con una sostanza acida. Mescola 50% di acqua calda e 50% di succo di limone o aceto. Riempi il serbatoio, imposta la modalità “vapore” e fai riscaldare bene il ferro. Dopodichè premi l’erogatore del vapore per circa 30/50 secondi. Ripeti l’operazione fino a 10 volte, o finché il vapore non esce liberamente.

Se usi acqua distillata o demineralizzata per il ferro, questo lavaggio approfondito sarà necessario solamente una volta ogni 5-6 mesi.

La caldaia del ferro da stiro non scalda l’acqua

Abbiamo visto come il funzionamento sia strettamente legato al calore e al vapore generato e possa causare danni al ferro da stiro

Può succedere che nonostante manutenzione e pulizia il ferro possa non arrivare alla giusta temperatura e che quindi la caldaia non scaldi abbastanza per trasformare l’acqua in vapore utile a stirare i capi.

In questo caso le componenti interessate potrebbero essere:

  • Termostato: nel caso dei ferri a caldaia il termostato regola la temperatura e se questo risulta guasto le regolazioni non avvengono più regolarmente. Infatti se questa parte del sistema risulta guasta un sistema di sicurezza impedisce semplicemente di raggiungere la temperatura per l’evaporazione.
  • Resistenza: quando ci si trova nella situazione in cui la piastra non scalda il guasto potrebbe derivare più che dalla piastra stessa proprio dalla resistenza deputata scaldarla.
  • Alimentazione: infine la cosa più ovvia. n guasto al sistema di alimentazione non permette l’assorbimento dell’energia necessaria per scaldare il ferro da stiro. In questo caso potrebbe essere il sistema di alimentazione interno del sistema stirante ama anche banalmente la spina della corrente.

A meno che tu non abbia scelto un modello di ferro da stiro a secco, che non richiede acqua per funzionare, avrai bisogno di scegliere il giusto prodotto per il tuo bucato.

La combinazione di ferro e acqua è infatti fondamentale: un perfetto risultato sul bucato dipenderà in parte anche da questa scelta.

Mettiamo a confronto le diverse possibilità per capire quale acqua usare per il ferro da stiro!

Ma prima voglio svelarti alcuni trucchetti per pulire casa in modo sano, naturale, facile e veloce:

Q

 

Quale acqua posso usare per il ferro da stiro?

Acqua del rubinetto

L’acqua di rubinetto è in assoluto la peggiore per i ferri da stiro.

Generalmente contiene molto calcare, una sostanza solida in essa disciolta, costituita da minerali (prevalentemente carbonato di calcio).

Il suo accumularsi nei sistemi del ferro da stiro e degli altri elettrodomestici causa frequenti malfunzionamenti e senza una pulizia rigorosa rischia di danneggiare lo strumento in pochissimi utilizzi.

Esistono molte possibilità per la pulizia di un ferro a vapore incrostato dal calcare, ma la scelta dell’acqua di rubinetto dovrebbe essere in partenza evitata, se non in sporadici casi di emergenza.

 

Acqua imbottigliata

Anche l’acqua imbottigliata non è una buona scelta.

Per la salute degli esseri umani i minerali contenuti nell’acqua sono fondamentali: ci fanno rimanere idratati e il loro corretto bilancio assicura il benessere e il funzionamento di tutti gli organi.

Per il ferro da stiro è invece troppo ricca di questi minerali: il suo utilizzo potrebbe far accumulare residui nel serbatoio o nella caldaia, difficili da pulire e che rischiano di danneggiare la resistenza, le condutture e la piastra.

 

Acqua addolcita da sistemi domestici

Forse in casa hai installato, al rubinetto, un addolcitore, cioè un filtro che trattiene parte del calcare.

Certamente questa soluzione è leggermente migliore dell’acqua di rubinetto semplice o di quella imbottigliata, ma ancora non è sufficiente.

Se devi o vuoi usarla, fai in modo che sia un utilizzo sporadico oppure mescolala con acqua distillata (50/50 è una proporzione perfetta).

 

Acqua distillata o demineralizzata

L’acqua distillata -o demineralizzata- è in assoluto la più consigliata per il ferro da stiro.

Prima della vendita subisce particolari lavorazioni e filtraggi che eliminano quasi il 100% dei minerali. In questo modo non si depositeranno nel ferro da stiro.

Attenzione però: questo tipo di acqua è pensata specificatamente per utilizzi di questo tipo e non per l’utilizzo umano.

Pertanto non è consigliabile bere questo tipo di acqua che non apporterebbe la giusta quantità di sali minerali necessari alla salute del corpo sia di esseri umani che di animali.

 

Un’alternativa all’acqua distillata

In casa si possono trovare delle alternative valide all’acquisto di acqua distillata.

Condizionatori e deumidificatori ad esempio producono condensa, in quantità maggiori o minori a seconda della temperatura esterna all’ambiente e al tasso di umidità presente.

Il sistema del condizionatore replica, per certi aspetti, quello dei sistemi industriali per la produzione di acqua distillata. La condensa che esce dall’apparecchio può essere raccolta e utilizzata per il ferro da stiro.

Certamente non si tratterà di acqua distillata con la stessa percentuale di purezza di quella acquistata, ma per un uso di emergenza è indubbiamente una soluzione perfetta.

Nemmeno quest’acqua è adatta al consumo umano o degli animali: non berla.

Diverso il discorso per l’acqua piovana che non è consigliabile per l’utilizzo in un ferro da stiro. le particelle in essa contenute potrebbero danneggiare i sistemi di funzionamento del ferro.

È possibile comunque eseguire una distillazione dell’acqua in modalità fai da te con gli strumenti che si hanno normalmente a casa: per fare questo è necessario però ottenere un piccolo sistema di condensazione eseguibile con una pentola capiente riempita per tra quarti d’acqua, al cui interno posizionare una ciotola.

Ponendo il coperchio alla pentola grande con adagiato del ghiaccio sopra, il riscaldamento interno e il conseguente vapore sprigionato a contatto con la parete fredda del coperchio produrrà della condensa che verrà raccolta dalla ciotola.

È comunque un sistema abbastanza laborioso e che può comportare dei rischi per via delle elevate temperature che raggiunge all’interno della pentola principale.

>> Cosa fare se in precedenza hai usato acqua normale per il ferro da stiro e adesso vuoi scoprire come pulire il ferro da stiro in modo sano e naturale.

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