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Oggi vi voglio introdurre un argomento che mi sta molto a cuore, ovvero i fiori di Bach, per riequilibrare le emozioni.

I fiori di Bach sono 38 rimedi floreali che riequilibrano le emozioni. Essendo rimedi vibrazionali, agiscono come modulatori di frequenze d’onda in base al principio di risonanza, che spiega come essere umano e rimedio entrano in interazione. Costituiscono un metodo di cura completo, che agisce su stati d’animo e atteggiamenti emotivi.

Il padre dei fiori di Bach, riequilibranti delle emozioni: Edward Bach

Li scoprì il dottor Edward Bach (1886-1936), che dopo anni di servizio in vari ospedali si accorse che i pazienti che avevano la medesima malattia, reagivano in modo completamente diverso alla stessa cura, capendo così che la disarmonia interiore poteva interferire nella riuscita della guarigione.

A un certo punto della sua vita infatti, il dottor Bach scoprì di avere un cancro alla milza e gli diagnosticarono solamente sei mesi di vita che lui dedicò interamente alla sua ricerca e alla sua passione per la medicina, trovandosi allo scadere dei suoi giorni guarito, pieno di energia vitale e di forza.

Arrivò, quindi, alla conclusione che un interesse totalizzante e che un obbiettivo nella vita siano dei fattori determinanti per la salute dell’uomo. Era fermamente convinto che bisognava “curare il malato e non la malattia”. A metà della sua vita si ritrovò non ancora soddisfatto delle sue scoperte di cura perché voleva trovare una metodologia il più possibile naturale. Decise così di lasciare il suo lavoro di medico e si traferì nelle campagne gallesi dove scoprì il potere curativo dei fiori. Di tanto in tanto tornava a Londra per somministrarli ai suoi pazienti, che avendo dei risultati straordinari gli facevano capire che quella era la strada giusta da seguire. Pubblicò vari libri durante le sue ricerche che aggiornava ogni volta che scopriva un nuovo fiore.

Trovati tutti e 38 i rimedi floreali ritenne completato il suo lavoro, la sua salute cominciò a vacillare e nel 1936 morì nel sonno.

Come si scelgono i fiori di Bach per riequilibrare le emozioni

I fiori vengono sempre scelti in modo individuale, in base al carattere e allo stato emotivo della persona che abbiamo davanti e soprattutto al suo modo di reagire davanti a determinate situazioni.

Vi porto un esempio del perché i fiori devono essere scelti in modo personale ed evitare i mix già precostituiti che trovate in commercio.

I quattro personaggi che andrò a presentarvi hanno appena perso la mamma, dopo una lunga malattia..

Paolo ha appreso la notizia poco fa e ora sta chiamando il suo migliore amico per andare al pub a bersi una birra, vuole fare di tutto per non pensare… esce con il suo amico e non fa altro che sdrammatizzare sulla morte della mamma, dicendo che se lo aspettava vista la lunga malattia e che quindi la cosa non lo ha sorpreso. Al pub ride e scherza con tutti, facendo finta di nulla.

Chiara ha appreso la notizia poco fa e ora si è chiusa in casa, non volendo vedere amici né parenti, esce solo per andare al funerale e nel mese successivo oltre al lavoro, non ha vita sociale perché vuole rimanere sola.

Letizia ha appreso la notizia poco fa e si colpevolizza di essere andata a trovare troppo poco sua mamma nell’ultimo periodo. Si sente terribilmente in colpa e non riesce ad andare avanti con la sua vita di tutti i giorni.

Renato ha appreso la notizia poco fa e ha una paura folle di poter riscontrare anche lui la medesima malattia della mamma, diventando così paranoico da farsi decine di visite mediche ogni mese, per valutare il suo stato di salute. Anche se tutte le analisi risultano in ordine, lui è convinto di essere malato.

Capite bene che ogni persona ha il suo modo di reagire, che varia in base al carattere, al vissuto e al modo in cui siamo cresciuti. I fiori devono essere scelti in modo perfetto perché devono entrare in sintonia con l’emozione distorta della persona. Se il fiore scelto dovesse risultare sbagliato la sua vibrazione non troverebbe appiglio all’interno dell’organismo, portando così alla conclusione che sento spesso, ovvero che i fiori di Bach non sono altro che un placebo.

Vorrei allora che mi venisse spiegato perché funzionano meravigliosamente anche nei bambini piccolissimi, che non hanno la più pallida idea di quello che stanno assumendo, ma che hanno dei risultati incredibili, per non parlare degli animali!

Ad ogni persona, il suo particolare fiore per riequilibrare le emozioni

Scavando più a fondo con le persone che mi hanno comunicato la loro perplessità riguardo al metodo, ho scoperto che i fiori erano stati consigliati in modo superficiale, a volte addirittura con il pendolino o con le carte, senza che nemmeno gli fossero poste domande e spiegazioni, molte volte considerando solo il loro sintomo fisico.

Per avere una panoramica completa della persona ritengo sia opportuno fare una consulenza di almeno 45-50 minuti, in modo da avere la calma e la tranquillità di scavare a fondo negli stati d’animo del cliente.. alcune volte è molto difficile ammettere a noi stessi delle verità scomode e questo richiede tempo, empatia, rispetto e sensibilità verso questa persona. Nelle mie consulenze tengo una sorta di diario scritto con il permesso del cliente, per gioire insieme a lui/lei dei cambiamenti appresi e per capire a che punto eravamo rimasti se avesse il desiderio e il bisogno di tornare.

Ricordiamoci che quando stiamo male lo notiamo, quando invece va tutto bene e siamo in pace con noi stessi sembra tutto scontato che a volte non percepiamo il cambiamento in positivo che è avvenuto.

Il Rescue Remedy, rimedio universale per riequilibrare le emozioni

Nei fiori di Bach c’è solo un rimedio già precostituito, ovvero il Rescue Remedy, considerato il rimedio di emergenza da utilizzare quando non c’è il tempo di preparare una selezione personale e urge un aiuto immediato. Può essere utilizzato in momenti di crisi che tutti possiamo avere, come ad esempio per l’ansia da esami, per la paura di entrare dal dentista, per un incidente appena capitato.. per questo è molto utile tenerlo sempre a portata di mano. Potete reperirlo tranquillamente in farmacia o in erboristeria.

I fiori di Bach sono divisi in sette gruppi:

• Gruppo 1: i fiori per la PAURA

• Gruppo 2: i fiori per l’INCERTEZZA

• Gruppo 3: i fiori per l’INSUFFICENTE INTERESSE PER LE CIRCOSTANZE PRESENTI

• Gruppo 4: i fiori per la SOLITUDINE

• Gruppo 5: i fiori per le persone IPERSENSIBILI ALLE INFLUENZE E ALLE IDEE DEGLI ALTRI

• Gruppo 6: i fiori per lo SCORAGGIAMENTO O LA DISPERAZIONE

• Gruppo 7: i fiori per l’ECCESSIVA PREOCCUPAZIONE PER IL BENESSERE DEGLI ALTRI

Questi gruppi raccolgono ben 38 tipi diversi di stati d’animo che possiamo provare in determinate situazioni della nostra vita e ci aiutano a superarle riequilibrando le nostre emozioni e portandoci in uno stato di benessere generale. Nei prossimi mesi andremo a scoprire uno ad uno i fiori, capendo il loro funzionamento e in che situazioni possono esserci utili.

I fiori possono essere assunti da tutti, compresi bimbi e neonati, donne in gravidanza, malati terminali ecc..in quanto non vanno a interferire con eventuali farmaci e non hanno controindicazioni.

Per preparare la sinergia abbiamo bisogno di una boccetta in vetro da 30ml con contagocce nel quale saranno messi ¾ di acqua, meglio se di sorgente, ¼ di brandy o di qualche altro conservante come ad esempio il glicerolo in caso di assunzione nei bimbi piccoli o di aceto di mele, e due gocce dei rimedi prescelti.

Il trattamento classico prevede l’assunzione di 4 gocce, 4 volte al giorno, fa esclusione il Rescue Remedy che può essere preso diverse volte nell’arco della giornata fino a miglioramento. E’ possibile preparare la boccetta anche con le sinergie scelte e l’aggiunta di sola acqua, mantenendola però in frigo e controllando giornalmente che la pipetta del contagocce non abbia dei filamenti bianchi, che significano contaminazione di batteri. Le gocce possono essere prese in modo sublinguale o aggiunte a poca acqua. Nei neonati possono essere aggiunte anche nel latte o nell’acqua del bagnetto.

In commercio potete trovare anche la Rescue Cream per uso esterno, utile in caso di bruciature, irritazioni, pruriti, eritemi ecc..contiene al suo interno tutti i rimedi del Rescue Remedy più Crab Apple, considerato il fiore purificatore. E’ quindi una pomata disinfettante, disinfiammante e idratante.

Come anticipato prima nei prossimi mesi vi parlerò di tutti i fiori in modo approfondito. Ci vediamo a giugno con i primi quattro: MIMULUS, LARCH, CRAB APPLE e CERATO!!

A presto!!

 

Photo by umberto rega on Unsplash

Ogni giorno viviamo almeno un’esperienza di conflitto tra la nostra parte razionale e quella emotiva: questo conflitto lede il nostro equilibrio interiore. Pensiamo di dover fare qualcosa che a volte non vogliamo fare e desideriamo qualcosa che non corrisponde al nostro massimo bene possibile. Nonostante questo continuiamo a fare quello che non ci piace e perseguiamo desideri che non sono salutari. È possibile mettere pace tra razionalità e passione?

Sì, esiste un modo per trovare l’equilibrio tra mente e inconscio, senza dover rinunciare a nessuna delle due.

Binomio mente e cuore

Quando dobbiamo scegliere se perseguire azioni basate sulla logica o sulla passione, pensiamo a queste due parti come separate. La natura dell’essere umano è invece complessa: ogni sua parte è unita con le altre e interconnessa. Se uno spillo punge un dito della mano, poco importa quale viene colpito: chi soffre è sempre la persona a cui appartiene la mano; ogni parte comunica con tutto il corpo.
Per questo motivo è importante vincere il conflitto tra ragione e passione, soltanto uscendo dal binomio mente e cuore si può arrivare a un modo nuovo di risolvere il conflitto e ritrovare l’equilibrio interiore.

Un cervello, molte menti

Il cervello umano è stato spesso paragonato al computer. Il suo lavoro principale è infatti quello di elaborare e immagazzinare le informazioni. La ragione, davanti a domande, enigmi e problemi, processa le informazioni e cerca di trovare una soluzione, utilizzando i programmi che ha imparato con l’esperienza e le varie zone di memoria in cui conserva i dati che sono rimasti impressi nei ricordi. Questa metafora è molto utile per spiegare una parte del lavoro della mente, ma non ci aiuta molto a comprendere come sia possibile che in situazioni differenti, adottiamo comportamenti a volte contraddittori e come mai in certe circostanze, certe azioni ci riescono facilmente, mentre in altri contesti perdiamo la motivazione o ci troviamo a gestire emozioni impreviste. Questo accade perché nel computer ci sono molti programmi, che vengono attivati secondo regole che sono spesso non visibili alla ragione.

Valori, scopi, credenze che intaccano l’equilibrio interiore

Nella memoria registriamo ricordi, capacità pratiche, informazioni ma anche valori e credenze; queste due strutture si creano con l’esperienza di ogni giorno: ci dicono quello che è giusto e sbagliato per noi e l’idea che abbiamo di noi stessi e delle categorie di cose o persone che incontriamo nel mondo. Solo alcuni valori e credenze ci sono evidenti, la maggior parte è sommersa nell’inconscio e agisce a nostra insaputa. Anche i nostri scopi sono spesso nascosti ai nostri occhi: sappiamo che desideriamo avere ragione al lavoro, che non vogliamo fare brutta figura con il partner, che per noi è importante prendersi cura dell’ambiente, ma poco sappiamo del “perché” è così importante. Nell’inconscio sono nascosti i motivi per cui facciamo quello che desideriamo fare e le ragioni per cui detestiamo altre situazioni; sono custodite informazioni segrete su quello che riteniamo vero e su quello che davvero pensiamo.
La mente razionale crede di essere pronta a vincere una certa sfida, ma nell’inconscio può essere nascosta la credenza di non essere adeguati, non essere abbastanza, non essere degni.
Le credenze, i valori e gli scopi, variano molto poco da un contesto all’altro e ci aiutano a comprendere e prevedere il nostro comportamento.

Conflitto di credenze

Quando il nostro inconscio e la nostra mente hanno credenze differenti, si creano conflitti nella vita quotidiana. Se l’inconscio è convinto che per vendere qualcosa, si deve fregare la persona a cui stai vendendo, o che ogni forma di guadagno proprio è qualcosa che sta danneggiando il prossimo; questo si manifesterà nel quotidiano e porterà a numerosi fallimenti. Il venditore che ha la credenza inconscia di fregare, può esserne completamente all’oscuro, ma il suo comportamento non sarà congruente e la sua energia sottile avrà vibrazioni dissonanti.

Tutti noi parliamo sempre energeticamente, anche se non ce ne rendiamo conto, le nostre energie interagiscono con quelle degli altri; che più sono sensibili, più percepiranno questa mancanza di armonia e di equilibrio nella nostra comunicazione. Le credenze, fortunatamente, si possono cambiare: per farlo è necessario scoprire quali sono le credenze limitanti che stanno agendo nell’inconscio, solo dopo si possono modificare le credenze inconsce. Quando mente e inconscio sono in conflitto tra loro, le strade che si possono percorrere sono solo due: rafforzare la mente per sottomettere l’inconscio, oppure abbandonarsi all’istinto e seguire intuizioni e pulsioni. Molti seguono queste soluzioni e più sono bravi ad applicarle, più saranno gravi le conseguenze di aver represso una parte importante di sé. Esiste una soluzione per uscire dal conflitto e permettere alle due parti di dialogare.

Uscire dal conflitto

Quando due persone hanno interessi contrastanti e non riescono a trovare l’accordo, il rapporto inizia a rovinarsi, non è più possibile il compromesso e si accumula rancore e insofferenza. Nella vita quotidiana questo accade spesso, le persone che non trovano l’accordo possono scegliere lo scontro oppure decidere di rivolgersi a un giudice, che ascoltate le due parti, emetterà un verdetto per risolvere la situazione in modo equo.
Da quale giudice possono andare la mente e l’inconscio? Chi ha fatto meditazione ha già scoperto che la mente non è la parte più sviluppata dell’essere umano. Meditando si scopre l’intelligenza spirituale, quella parte della nostra energia che ci collega al tutto e che agisce mediante l’intento e non tramite il volere. La consapevolezza può alzarsi oltre la mente razionale e osservare da una prospettiva spirituale le due parti in conflitto, da quella posizione è possibile sempre trovare una soluzione.

Mente e inconscio

Tutti siamo in grado di osservare i nostri pensieri coscienti, è quindi semplice comprendere i nostri obiettivi razionali e quello che vogliamo. L’inconscio si chiama in questo modo perché contiene informazioni che non sono accessibili alla coscienza, uno dei suoi compiti è proprio quello di proteggerci da certe conoscenze. La mente impazzirebbe se dovesse registrare tutto quello che i sensi percepiscono; per questo solo una piccola parte viene osservata dall’attenzione, il resto lo percepiamo senza rendercene conto. Ci sono inoltre eventi traumatici, sofferenze, problematiche, che la nostra parte interiore, ci mostra solo in parte, per permetterci di vivere una vita funzionante e dosare la quantità di dolore. In questo modo, proseguendo nel nostro cammino di evoluzione, gradualmente siamo grado di vedere sempre meglio dentro noi stessi e affrontare la guarigione in modo più profondo e duraturo.

Comunicare con l’inconscio

Per poter comunicare con l’inconscio, è necessario uscire dalla visione mentale. La mente vorrà sempre cercare un modo per ottenere quello che desidera, sfruttando le forze incredibili dell’inconscio. Quando la mente si rivolge all’inconscio, questo si sente in pericolo, manipolato e reagisce in modi bizzarri.

Inoltre, l’inconscio non parla utilizzando parole, ma ha un codice simbolico che la mente non potrebbe comprendere. Sviluppando l’intelligenza spirituale si può elevare la propria consapevolezza, oltre il livello mentale e iniziare un processo di incontro e conoscenza con l’inconscio. Prima di potersi rivolgere al giudice, le due parti devono fidarsi di lui, e rispettarlo. Se non c’è un rapporto di fiducia, le parti non accetteranno la decisione dell’intelligenza spirituale e tutto sarà inutile.

Uscire dalla mente

Prima di intraprendere un percorso di sviluppo personale, molte persone ritengono di essere la propria mente. Ogni istante abbiamo pensieri in testa, le nostre parole traducono il caos mentale e gli danno ordine, fino al punto che ci convinciamo che la ragione, l’intelletto, sia la descrizione e definizione della nostra natura. Iniziando a meditare con costanza, ci si rende conto presto che non c’è niente di più lontano dalla verità, la mente è solo una parte, come lo sono le emozioni e il corpo; l’essere umano è molto più grande di questi elementi, è connesso al tutto ed è parte del tutto.
La prima volta che si sale in aereo in una giornata piovosa, si può avere la paura di essere colpiti da un fulmine o che l’acqua si ghiacci sulle ali, in alta quota; dall’oblò i dettagli del terreno diventano sempre più piccoli e le nubi sempre più vicine. L’aeroplano poi entra dentro le nuvole e d’improvviso non si vede più niente, ma con qualche momento di pazienza si prenderà ancora quota, sollevandosi e uscendo dalle nuvole. Grande è la sorpresa la prima volta che si osserva quello spettacolo: sotto l’aereo, la pioggia continua ma superate le nubi il cielo è sereno e il sole non potrebbe essere più splendente.
La pioggia non è certo finita, le nuvole sono sempre al loro posto, la terra è ancora sottostante, siamo noi che abbiamo raggiunto una prospettiva differente e che possiamo osservare in modo differente la realtà.
Bastano 15 minuti al giorno di meditazione, per iniziare il proprio viaggio verso la percezione e consapevolezza della propria intelligenza spirituale. Una strada alternativa è quella di praticare Reiki o QiGong ma non basterà solo frequentare i corsi: è la pratica che permette di elevarsi, non la tecnica.

La mediazione delle parti

Dopo aver praticato meditazione o altre tecniche simili per il tempo necessario, si inizierà a percepire la propria intelligenza spirituale. Quando la consapevolezza potrà sollevarsi oltre il rumore della mente e si riuscirà a contemplare il silenzio, sarà il segnale che vi siete sollevati oltre le nuvole. La strada però è solo iniziata, per i più coraggiosi e tenaci ci sono altezze infinite che attendono di essere scoperte.
Per comunicare con l’inconscio però basta quello, semplicemente portare la consapevolezza oltre il rumore mentale, che non sarà scomparso, ma resterà un sottofondo che non interferisce.
Quando avrete raggiunto questo stato, sarà possibile iniziare un rapporto di conoscenza con l’inconscio, al termine del quale lui accetterà di comunicare. Seguendo questo percorso, il rapporto con l’inconscio sarà sempre migliore e non si correranno rischi o fallimenti.

Patti chiari

Quando si inizia la comunicazione con l’inconscio bisogna conoscere certe regole, per interpretare le risposte e per capire come fare le domande.

L’inconscio non conosce la negazione. Evitare domande del tipo: “Non ti piace lo yoga?”.

Passato e futuro sono fusi col presente. Evitare: “Tra due settimane vuoi iniziare una dieta?”.

Non capisce le parole, ma l’intenzione, usare frasi brevi che avete chiare e potete visualizzare.

La domanda perfetta è semplice, breve, senza negazioni e ambientata nel presente immediato.

Lasciate sempre la possibilità all’inconscio di non rispondere, non deve essere un interrogatorio, ma un rapporto, in cui viene fatta una domanda e lasciata libertà di non rispondere.

Non insistere se la domanda non ha risposta e non chiedere più volte la stessa domanda.

Non fare altre domande, quando subentra la stanchezza. L’intelligenza spirituale consuma energia e dopo alcuni quesiti, non avrai più la lucidità per mantenere la comunicazione lucida.

Metodo per comunicare con l’inconscio

Ci sono due tecniche semplici per entrare in comunicazione con l’inconscio. La prima deriva dalla chinesiologia applicata, la seconda dalla radiestesia. Analizziamo sia pregi e limiti delle due metodologie, con una breve descrizione delle tecniche.

Autotest muscolare chinesiologico

Questo metodo utilizza la resistenza muscolare del proprio corpo, l’inconscio ha impatto diretto sul sistema nervoso che manifesta le risposte dell’inconscio, come forza o debolezza muscolare. Si può utilizzare questo metodo quando la domanda che facciamo all’inconscio, prevede solo due risposte: Si oppure No. Il sistema nervoso risponderà in modo debole con il No e forte con il Si.

La tecnica consiste nell’unire il dito pollice e il medio, della mano non dominante, premendo tra loro i polpastrelli, che formeranno un anello (per questo è anche chiamata tecnica “O Ring”). A questo punto si inserisce l’indice della mano dominante dentro l’anello e con il dorso si da un colpetto sulla giuntura delle dita che premono tra loro. Calibrando la forza, il colpo del dorso dell’indice non rompe l’anello formato dalle dita della mano non dominante quando la risposta alla domanda è affermativa. Le dita devono premere tra loro in modo deciso ma non eccessivo ed il colpetto con l’indice deve avere la stessa forza durante le varie domande.
Il vantaggio di questo metodo è che può essere eseguito in ogni situazione, in quanto non richiede strumenti esterni ed è di veloce esecuzione.
I limiti sono che richiede una fase iniziale di calibrazione e che può rispondere soltanto a domande che prevedano risposte affermative o negative.

Radiestesia e quadranti

Un secondo metodo per comunicare con l’inconscio, e trovare l’equilibrio interiore, è la radiestesia. Tramite l’uso di un pendolino, si possono amplificare quelli che sono chiamati “movimenti ideomotori”, ovvero movimenti involontari e inconsci della muscolatura, conseguenti all’azione dell’intento o all’esposizione di sostanze o elementi nocivi o positivi. Il corpo risponderà con un rifiuto ad una domanda che prevede la risposta “No”, e con avvicinamento e accettazione ad una domanda che prevede il “Si”.
Il pendolino non ha risposte intrinseche, ma amplifica i micro segnali che il corpo sta trasmettendo per esprimere il suo rifiuto o assenso. Utilizzato in questo modo, il pendolino esegue lo stesso compito dell’autotest muscolare, mostrando le risposte affermative o negative dell’inconscio.
Esiste un metodo avanzato di utilizzo di questa tecnica: il quadrante che permette di superare la limitazione delle risposte “Si” e “No” e permette di scegliere tra una serie di risposte più numerose.
Utilizzando un quadrante si possono ipotizzare molte risposte possibili, e il pendolino indicherà quella che è più corretta. Anche in questo caso non potremo avere una risposta che non sia stata già ipotizzata.
Il vantaggio di questo metodo è che permette risposte molto più definite e precise.
I limiti del pendolino sono che non può essere eseguito ovunque, richiede una preparazione personale e consuma più energie sottili personali, rispetto all’autotest.

Messaggi dell’inconscio per il nostro equilibrio interiore

Cosa ci dice l’inconscio? Che tipo di domande possiamo fare? Bisogna sempre ricordare che l’inconscio è una parte di noi, ha una quantità di dati molto superiore a quelli in memoria e ha una chiara visione del nostro corpo e del nostro benessere. Possiamo chiedere all’inconscio cosa mangiare adesso, se una certa cosa ci farà bene o male, possiamo capire quale tra due cibi è più fresco o è migliore per noi, scegliere quale oggetto è più benefico o più carico di energia. Oltre a questo però possiamo comprendere i nostri desideri, quello che è davvero motivante, possiamo scovare le nostre credenze e i nostri valori più radicati.
Sarà sufficiente chiedere all’inconscio: “le persone ricche sono brave persone?”. La risposta sarà affermativa o negativa. Se l’inconscio dice di No, questo mostra una credenza radicata, che limiterà nella carriera. Prima di ogni terapia è importante chiedere all’inconscio: “Io voglio guarire?”. Comprendere queste cose significa conoscere sé stessi, in modo profondo.
Bisogna ricordare che l’inconscio è solo una parte della persona, comprendere i suoi desideri, le cose in cui crede e quelle di cui ha paura è importantissimo, ma non si può seguire soltanto quello che dice l’inconscio. Perché la mente non è una parte inutile, non deve essere ignorata e perché l’inconscio spesso cambia idea molto velocemente; seguendo solo le pulsioni non potremmo raggiungere grandi risultati a lungo termine.

Equilibrio tra mente e inconscio

Come si può ritrovare l’equilibrio interiore e fermare il conflitto tra mente e inconscio?

Elevando la consapevolezza oltre la mente, si vede chiaramente, nello stesso modo in cui si scorge il sole sollevandosi oltre le nuvole. Mente e inconscio fanno lavori differenti, se il loro contributo viene coordinato si può raggiungere qualsiasi risultato, se entrano in conflitto si resterà immobili a girare come le trottole senza procedere di un solo passo. Portando la consapevolezza oltre la mente, si prende il posto del padre, che ascolta i suoi due figli e da genitore amorevole trova l’accordo. La pace è facile da quella prospettiva, in quanto i due figli sono bravissimi, tutti e due, a fare cose completamente diverse.
La mente programma, prevede, sintetizza. Ottima per pianificare, per valutare, per suddividere.
L’inconscio è un motore, che vuole, desidera, conosce i dettagli e conosce parte dell’inconscio degli altri. Non si possono prendere strade che siano contrarie all’inconscio, ma si possono trovare alternative o scoprire le credenze limitanti e le motivazioni che rendono una certa strada invisa alla nostra parte interiore. Immaginiamo l’inconscio come una parte bambina di noi stessi, che ancora non riesce a parlare la nostra lingua. Con l’uso della consapevolezza e l’intelligenza spirituale possiamo accompagnare, comprendere e dirigere le sue pulsioni verso una strada che sia gradevole oppure che lo diventi, analizzando e modificando le sue resistenze.

Esempio pratico

Concludiamo con un esempio pratico di come raggiungere l’equilibrio interiore, tra la mente e l’inconscio:
Paola non è contenta del lavoro attuale dove ha capito di non poter fare carriera, chiede al suo inconscio se vuole cambiare lavoro. L’inconscio di Paola dice “Si”. Allora lei chiede se è bene per lei andare a fare un lavoro in una certa azienda, dove sarebbe pagata molto meno, ma con prospettive di carriera. L’inconscio le dice “SI”. Paola non è convinta e aspetta prima di agire, dopo alcuni giorni esce un nuovo annuncio che le propone un ruolo pagato uguale e con prospettive di carriera, ma in una città differente. L’inconscio le dice “No”. Paola confusa cerca di meditare per qualche giorno, sapendo che, più il problema che affrontiamo ci crea attaccamento, più è difficile sollevarsi dalla sfera mentale e guardarlo in modo distaccato.

Dopo aver meditato la sua visione è più chiara e utilizzando la mente, inizia a fare domande differenti all’inconscio. Capisce quindi che all’inconscio di fare carriera e soldi non interessa; del lavoro attuale non gli piace la monotonia e le relazioni con i colleghi, capisce inoltre che cambiare città è un problema perché crea paura di perdere legami con amici e famiglia e con n ragazzo che ha iniziato a frequentare da poco. Utilizzando la mente, Paola cerca delle alternative, che soddisfino le esigenze di carriera e denaro della mente, e di relazioni armoniose e compiti lavorativi non monotoni, che ha il suo inconscio. Dopo qualche settimana Paola legge l’annuncio di un lavoro nella sua città, con stipendio simile ma buone prospettive di crescita e compiti che variano più volte nell’anno. Accettando il lavoro, Paola potrà conoscere i nuovi colleghi e se il nuovo ambiente sarà armonioso, lei avrà trovato una soluzione in cui sia la mente che l’inconscio avranno soddisfazione.

Si fa un gran parlare di muffa in casa e spesso la vediamo in giro su mura, cibo, terra e altre superfici. Ma sappiamo esattamente che cos’è la muffa? Soprattutto, è pericolosa o possiamo conviverci senza rischiare nulla?

COS’È LA MUFFA 

La muffa è un microrganismo vivente pluricellulare appartenente alla vasta famiglia dei miceti, le cui spore sono in grado di svilupparsi velocemente su diverse superfici sia all’interno che all’esterno in presenza di condizioni favorevoli. Inizialmente la muffa si presenta con piccole macchie di diversi colori in base alla tipologia per poi colonizzare aree sempre più vaste e può arrivare addirittura sfaldare l’intonaco delle mura domestiche fino a penetrare all’interno della struttura.

Le muffe rappresentano un serio problema per la salute di adulti e bambini. Le spore più piccole, chiamate ife, vengono liberate nell’aria e possono essere facilmente inalate. La dimensione ridotta permette alle spore di raggiungere i polmoni, causando infiammazioni respiratorie anche severe che possono colpire i soggetti più deboli (bambini, anziani e persone con patologie in atto). I bambini esposti per periodi prolungati alla presenza di muffa in casa hanno maggiori possibilità di sviluppare patologie respiratorie da adolescenti, come rilevato da uno studio effettuato nel 2017 da ricercatori svedesi, rispetto ai loro coetanei che hanno vissuto in ambienti più salubri.

Un altro aspetto negativo da considerare è il danno estetico ed economico che la muffa apporta all’immobile. La presenza di questo fungo nell’ambiente è immediatamente percepibile sia a livello visivo che olfattivo, le macchie di muffa in casa procurano uno sgradevole senso di trascuratezza e sporcizia ed emanano un pungente odore di marciume. Questi aspetti declassano notevolmente il potenziale valore di vendita dell’edificio.

Le statistiche riportano dati allarmanti, si stima infatti che su scala mondiale la presenza di muffa in casa coinvolga una percentuale di ambienti abitativi che oscilla tra il 18% e il 50%. Si tratta perciò di un problema più comune di quanto si possa credere. Inoltre, il fungo è ritenuto uno dei contaminanti biologici che contribuiscono a incrementare l’inquinamento indoor.

TIPI DI MUFFA SULLA BASE DEI COLORI

L’ OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) ha redatto un documento che elenca più di 300 tipologie di muffa trovate su superfici diverse a seconda dell’habitat di sviluppo. Di queste le più comuni sono circa 60, di cui 5 quelle più presenti nelle abitazioni. Considerando questi numeri, non è affatto facile riconoscere una muffa piuttosto che un’altra, possiamo però affidarci a una prima classificazione per colori.

Muffa nera

Il colore nero è caratteristico di diverse famiglie di muffa tra cui:

  • Stachybotrys Chartarum, prolifera su pareti con presenza di cellulosa, cartone, cartongesso e materiali simili, proprio perché riescono ad assorbire alti livelli di acqua o umidità. Le spore di questa tipologia di muffa hanno una vita lunghissima e possono rimanere in stato di latenza anche per 10 anni, per riprendere vita non appena si ricreano le condizioni ambientali ottimali.

  • Aspergillus Niger, muffa molto comune che si forma in ambienti con temperature tra 10° e 40° prediligendo le pareti umide.

  • Cladosporium, colonizza cellulosa e materie vegetali e ha una consistenza granulosa-friabile.

  • Phoma, muffa molto diffusa che trova l’ambiente ideale nelle intercapedini o nelle fughe dei rivestimenti (docce o cucine).

Muffa viola e rosa-grigio

Appartiene a questa categoria l’Acremonium: si tratta di una muffa di consistenza cotonosa, la parte più esposta è infatti ricoperta di una caratteristica barbetta. Predilige ambienti umidi (bagni), ma si può trovare anche su soffitti e pareti delle camere da letto e nei pressi delle finestre..

Muffa rosa-nera

Una muffa della tipologia rosa-nera è l’Aerobasidum, che colonizza ambienti chiusi (camere da letto e bagno) ed è riconoscibile anche da un odore estremamente pungente e fastidioso. Si può trovare su mobili in legno o materiale simile, battiscopa, pannelli e pitture con cellulosa. Cresce molto facilmente anche attorno agli infissi ed è una delle muffe in casa più frequenti ed è facilmente riconoscibile dal suo colore.

Muffa marrone

Fa parte di questa categoria l’Alternaria. Questa tipologia di muffa necessita di livelli di umidità molto elevati (superiore al 65%) e una temperatura medio alta (18-30 gradi) per potersi riprodurre. Si tratta di una muffa che si nutre di polvere e sporcizia e si trova spesso all’interno degli armadi e più nello specifico sui tessuti degli abiti. Le spore dell’alternaria sono molto piccole e sono perciò facilmente inalabili. Possiedono inoltre una vita molto lunga e rimangono sospese nell’aria per lunghi periodi.

Muffa marrone-grigia

La caratteristica di questa muffa in casa è la sua velocità di propagazione, in una sola ora riesce a raddoppiare la crescita. Il suo habitat preferito sono i tappeti e le moquette ed è caratterizzata da un odore simile a quello della polvere. Colpisce in particolare le pareti e i pannelli isolanti ed è molto pericolosa per la salute, soprattutto dei bambini.

Muffa verde

La muffa verde è una tipologia di fungo molto diffuso nelle case. Possiede un’elevata tossicità e a questa categoria appartengono:

  • Penicillium: questo tipo di muffa non ha bisogno di molta umidità per svilupparsi, cresce facilmente su punti freddi della struttura costruttiva (soprattutto angoli) e nelle zone coperte da armadiature. Risulta essere una muffa molto aggressiva e resistente, riesce infatti a degradare tutti i materiali.

  • Aspergillus: questa muffa cresce facilmente in ogni ambiente durante tutto l’anno e si riconosce dall’intenso odore sgradevole. Predilige muri con pitture di bassa qualità, mobili in legno e schienali degli armadi.

  • Cladosporium: è una delle muffe più diffuse nell’aria. Presenta un colore verdastro e prolifica sulla carta da parati, sul legno, sul cartone.

Anche questa tipologia di muffa in casa possiede spore piccole e leggerissime che si diffondono facilmente nell’aria e sono perciò facilmente inalabili.

Muffa bianca

La muffa bianca ha l’aspetto della polvere e spesso viene confusa appunto con la comune polvere. È molto dannosa per la salute e perciò è molto importante impedire la contaminazione di spore negli ambienti domestici. Si forma molto facilmente sul legno e sul pellame.

MUFFE PERICOLOSE

Tra le muffe in casa appena elencate esistono diversi gradi di pericolosità per gli esseri umani. Ciò non toglie che è bene eliminare sempre la muffa in casa, sin dalla prima evidenza. Un intervento immediato e mirato, con la supervisione di esperti e usando prodotti professionali, evita danni alla salute delle persone, al mobilio e alle strutture.

Le muffe più pericolose sono quelle di colore nero, infatti vengono anche soprannominate ‘le muffe che fanno paura’, perché possono creare problemi alla salute con conseguenze serie e a volte letali soprattutto sui bambini e persone immunodepresse (problemi di memoria, sindromi respiratorie e emorragie polmonari). Altrettanto pericolose risultano essere le muffe viola, le cui spore rilasciano nell’aria delle micotossine tossiche, che possono così essere inalate. La muffa marrone risulta sempre molto pericolosa, soprattutto per i bambini e i soggetti fragili che soffrono di asma, perché l’esposizione costante a questo fungo cronicizza la patologia in atto. Ultima, ma non meno preoccupante è la muffa verde, le cui spore sono responsabili della gravissima infiammazione respiratoria nota come Aspergillosi.

MUFFE PRESENTI IN CASA

Tutte le muffe che abbiamo descritto in questo articolo possono trovarsi negli ambienti domestici, quando si creano le giuste condizioni per il loro sviluppo. Il principio della prevenzione è sempre valido ed efficace, consigliamo quindi di mantenere il tasso di umidità interna a livelli non superiori al 50-55%. Nel caso si superi questa soglia, è necessario ventilare frequentemente gli ambienti per eliminare la condensa, soprattutto nelle zone bagno e cucina. Dove non sono presenti finestre è bene munirsi di una ventilazione di tipo meccanico o forzato per il ricambio d’aria. La luce naturale è anche un grande alleato per contrastare la formazione di questi miceti, che amano gli ambienti nascosti e bui. Infine è di estrema importanza l’eliminazione dei ponti termici nei muri.

Nel caso in cui la muffa abbia già aggredito le superfici, vi suggeriamo di non perdere ulteriore tempo e denaro con i metodi fai da te, che non garantiscono risultati duraturi ed efficaci. Ogni situazione è diversa dall’altra e deve essere analizzata da un esperto conoscitore della muffa, prima di tutto per capire di che tipo di muffa si tratta, quali sono i fattori che l’hanno generata e poi per individuare il trattamento ad hoc. Bastamuffa, azienda di riferimento nel settore, mette a disposizione un team di professionisti in grado di valutare tutte le variabili ambientali e strutturali che favoriscono la formazione di muffa in casa, per poi agire con prodotti specifici per l’eliminazione completa del fungo e per l’igienizzazione della zona colpita.

Le frittelle di acacia sono una squisita pietanza del periodo di maggio. Il profumo della Robinia Pseudoacacia, insieme a quello del sambuco e del tiglio, fanno di maggio il mese dei profumi più buoni dell’anno! E se è vero che il profumo è un richiamo per gli animali, anche per noi umani è così!

Le frittelle di Acacia

Con le ciocche dei fiori di acacia si possono preparare delle fantastiche frittelle, sia dolci che salate. E’ molto semplice e divertente, una ricetta da fare anche con i bambini per insegnare loro la magia della natura!

Raccogliere l’Acacia

Dell’acacia si raccolgono le ciocche fiorite, occorre osservare che i fiori siano ben aperti: possibilmente si raccolgono alla sera, quando sono al culmine del loro tempo balsamico.

Questa è un’attività molto bella da fare con i bambini, e si può insegnare loro ad aver rispetto del ciclo della vita, chiedendo permesso prima di recidere una ciocca di fiori. Una volta raccolta, la si mette in un cestino o in un contenitore, in modo che i fiori non si schiaccino e rovinino. Consigliamo di raccogliere i fiori di acacia in luoghi lontani dalle strade trafficate o da centri urbani.

Preparare le frittelle di acacia

Una volta raccolti, possiamo sciacquare velocemente i fiori, o metterli a bagno in una bacinella di acqua tiepida per un massimo di 15 minuti.

Frittelle dolci

Per preparare le frittelle dolci di acacia serve (per circa 10 frittelle):

  • 5-7 ciocche di fiori di acacia;
  • 5 cucchiai di farina di riso;
  • Acqua fredda frizzante q.b. ;
  • 1 uovo (facoltativo);
  • Zucchero a velo;
  • Olio di semi per friggere.

In una ciotola sbattere l’uovo bene, aggiungere la farina di riso e l’acqua frizzante quanto basta per creare una pastella simile allo yogurt. Aggiungere quindi i fiori di acacia, togliendo i rametti grandi, mescolare bene.

Mettere abbondante olio in una padella per friggere, portandolo ad alta temperatura; quindi, con un cucchiaio prendere un po’ di pastella con i fiori e versarla nell’olio bollente. Lasciare friggere per un paio di minuti, o fin quando sarà ben dorata. Togliere la frittella dall’olio e adagiarla su carta assorbente (potete riciclare anche i sacchetti di carta del pane, sono ottimi asciuga-fritti!). Alla fine spolverare con zucchero a velo e servire calde.

Frittelle salate

Per preparare le frittelle salate di acacia serve (per circa 10 frittelle):

  • 5-7 ciocche di fiori di acacia;
  • 1 zucchina grande o due medie, tagliate verticalmente e finemente;
  • 7 cucchiai di farina di riso;
  • Acqua fredda frizzante q.b. ;
  • 1 uovo (facoltativo);
  • sale q.b.;
  • pepe q.b.;
  • Olio di semi per friggere.

In una ciotola sbattere l’uovo bene, aggiungere la farina di riso e l’acqua frizzante quanto basta per creare una pastella simile allo yogurt. Aggiungere, quindi, i fiori di acacia e le zucchine, togliendo i rametti grandi dai fiori, mescolare bene. Aggiungi un pizzico di sale e pepe.

Mettere abbondante olio in una padella per friggere, portandolo ad alta temperatura; quindi, con un cucchiaio prendere un po’ di pastella con i fiori e zucchine, e versarla nell’olio bollente. Lasciare friggere per un paio di minuti, o fin quando sarà ben dorata. Togliere la frittella dall’olio e adagiarla su carta assorbente (potete riciclare anche i sacchetti di carta del pane, sono ottimi asciuga-fritti!). Alla fine aggiungere un poco di sale (facoltativo) e servire calde.

Buon appetito e buona raccolta!

Come la ciclicità femminile è specchio dell’esistenza di un collegamento tra l’Universo e noi

Il collegamento tra la donna, la luna e le stagioni è da sempre acceso interesse dell’essere umano.

I primi ritrovamenti archeologici ci parlano di società matristiche, dove il tempo era scandito dai cicli lunari e dai cicli mestruali femminili.

Sono infatti stati ritrovati degli strumenti verticali in pietra (simili a dei coltelli) con incise delle linee, solitamente 28 o 29, esattamente come i giorni di un ciclo lunare e mestruale.

La donna era considerata come colei che mappava il tempo. Difatti si parlava di 13 mesi annuali e non 12, come introdotto successivamente dai Romani.

Nel suo ciclo mestruale la donna racchiude così il ritmo della Luna: un continuo scandire del tempo ciclico, che oscilla tra la luce della fase follicolare e ovulatoria, e il buio della fase premestruale e mestruale.

RITMO DI LUNA, RITMO DI DONNA

Ognuno di questi momenti è ovviamente riconducibile ai ritmi lunari: la fase follicolare corrisponde alla luna crescente, la fase ovulatoria alla luna piena; con la fase premestruale la donna entra in connessione con la luna calante e, infine, la fase mestruale ci parla della luna nera e nuova.

Spesso accade che la donna non sia esattamente sincronizzata con la luna, ma che le sue fasi siano opposte a quelle della luna. Parliamo di un’ovulazione con la luna nera e una mestruazione con la luna piena.

Ovviamente la natura non ha creato niente a caso e anche quando i due cicli non sono allineati, per la donna è possibile fare un grande lavoro di crescita interiore.

LUNA BIANCA E LUNA ROSSA

Il ciclo della Luna Bianca è, quindi, quel ciclo mestruale allineato con la luna, ad una ovulazione corrisponde il tempo della luna piena, e a una mestruazione quello della luna nera: il ciclo femminile è di 28-29 giorni come quello lunare.

Questo tipo di ciclo ci dice che siamo in un momento molto fertile e possiamo seguire esattamente quello che la luna ci manifesta, noi stesse siamo la Luna, possiamo uscire nella vita completamente allineandoci ai ritmi celesti.

Il ciclo della Luna Rossa, invece, è esattamente il contrario, ossia quando la luna è nera in cielo la donna sta ovulando, e quando la luna è piena la donna sta mestruando.

Questo ciclo ci invita a manifestare la nostra interiorità, ci indica che siamo alla ricerca della nostra strada, che abbiamo ancora necessità di vedere le nostre ombre e le cose da integrare, e ci sprona a portare fuori le magie del ciclo mestruale (sanguinare in luna piena).

La donna può sperimentare un cambiamento di ritmo per tutta la sua vita mestruale, e questo le indica il momento in cui si trova e di cosa ha bisogno per evolversi.

donna e luna: LETTURE CONSIGLIATE

Per approfondire l’argomento vi consigliamo la lettura di Luna Rossa di Miranda Gray 

del Risveglio della Dea di Vicky Noble  pietra miliare per scoprire come nell’antichità il culto della Dea fosse qualcosa di veramente importante!

Altro libro da non perdere è sicuramente sempre di Vicky Noble è La Dea Doppia, dove Vicky ci aiuta a comprendere la doppia faccia della luna, del femminile e quindi dei poteri che il ciclo mestruale nasconde 

Credits: Photo by Mark Tegethoff on Unsplash

L’aceto inquina: dobbiamo mettercela via.

Ora ti svelo come iniziare subito a non inquinare 100.000 LT di acqua con 1 litro di aceto, anche se tutti ti dicono di usarlo per pulire qualsiasi cosa in casa.

Abbiamo detto che l’aceto inquina. Ma ci sono delle pulizie che puoi continuare a fare con questo ingrediente magico.

L’aceto, infatti, è molto utile se usato per alcune pulizie come:

-Lavare i pavimenti

-Pulire il frigo

-Togliere i cattivi odori dai piatti

-Togliere i cattivi odori dai tappeti

-Pulire e igienizzare i materassi

-Rimuovere il calcare dai rubinetti o dal soffione delle docce

-Pulire i vetri

Come usare, quindi, l’aceto affinché non inquini, per pulire le nostre abitazioni nel modo migliore e più sicuro per l’ambiente?

Non occorre sprecare questo ingrediente, perché un uso sconsiderato non solo è inutile, ma dannoso.

Come usare l’aceto per non inquinare

L’aceto è di sicuro un buon anticalcare ed è sgrassante. Se lo utilizziamo con attenzione risulta un ottimo alleato per le pulizie.

Il mio consiglio è limitarsi all’uso dell’aceto solo per i seguenti usi:

L’aceto bianco di alcool non inquina per pulire i pavimenti o il forno

Esistono tanti tipi di aceto come: l’aceto bianco di alcool che può essere utile per pulire lo sporco difficile o l’aceto di mele dal profumo più delicato.

Si può creare una miscela di acqua e aceto o per pulire i pavimenti o ancora aceto e bicarbonato per pulire il forno e per liberare le tubature.

L’aceto bianco per pulire il frigorifero

Usato per pulire il frigorifero permette di neutralizzare i cattivi odori e agisce anche nella prevenzione della muffa della frutta.

L’aceto e bicarbonato per pulire i tappeti, senza inquinare

Le soluzioni di aceto e bicarbonato o di aceto e sale sono ideali per pulire e igienizzare i tappeti su cui posiamo i piedi ogni giorno e per eliminare il calcare che incrosta le nostre docce.

Inoltre, si tratta di soluzioni dal forte potere disgorgante che permettono di liberare i lavandini otturati da capelli o residui alimentari e in questo modo, ripristinare il flusso normale dell’acqua.

L’aceto di mele per pulire i vetri

L’aceto di mele è ottimo per pulire i vetri perché ha un odore meno invasivo, ma risulta comunque efficace. Anche alcune superfici vengono benissimo se si usa l’aceto per pulire, come ad esempio il gres porcellanato.

Ho sentito di molte signore che adoperano l’aceto per rimuovere il calcare dal ferro da stiro. In questo caso il calcare si forma perché non viene usata l’acqua distillata o demineralizzata e basterebbe questo per evitare tale problema. In ogni caso se proprio dobbiamo recuperare un ferro da stiro pieno di calcare è molto utile l’uso dell’aceto.

L’aceto per pulire il legno

L’aceto bianco è sicuramente un’alternativa da preferire ai numerosi prodotti chimici in commercio ideati per la pulizia del legno.

Mischiando una parte di aceto bianco con tre parti di olio di oliva, si ottiene un composto adatto per una pulizia approfondita e naturale del legno.

Ma ti consiglio di non usare l’aceto per pulire:

-nella lavatrice come ammorbidente;

-nella lavastoviglie come brillantante;

-nel piano della cucina per sgrassare e lucidare l’acciaio.

Queste sono pratiche ormai diffusissime ma scorrette.

Se cerchi on line trovi molti video e articoli che ti indicano nell’aceto il rimedio naturale per pulire qualsiasi cosa.

Viene spesso fornita la giustificazione che “lo facevano le nostre nonne”.

Ed è vera in parte. Molti rimedi sono davvero ricavati dalle nostre tradizioni.

Ma altri non hanno fondamento.

Perché sostituire l’aceto che inquina nelle pulizie

L’uso indiscriminato dell’aceto che è emerso negli ultimi anni ha iniziato a causare più danni che benefici.

Ecco il motivo per cui ti consiglio di usare l’aceto per le pulizie, e sostituirlo con l’eroe del pulito ecologico: l’acido citrico.

L’aceto è composto da acido acetico.

L’acido acetico è corrosivo, favorisce la liberazione di nichel da parte dei metalli e favorisce l’insorgenza della SNAS: Allergia sistemica al nichel.

E significa che ogni volta che fai una lavatrice inquini, perché scarichi in acqua una dose di acido acetico (misto ai metalli pesanti che non sono rimasti attaccati ai tuoi vestiti) che è:

  • difficilmente biodegradabile;
  • crea un ambiente tossico per i pesci.

Quando si parla di ecologicità di un detersivo ci si riferisce spesso alla sola biodegradabilità.

Questo è limitante oltre che scorretto.

Serve andare più a fondo e considerare anche i danni che un detersivo combina mentre è in circolo e prima che si degradi.

Mentre se ne sta in circolazione fa danni terribili all’ambiente e alle persone.

Per capire fino in fondo la qualità di un detergente allora la dobbiamo smettere di pensare alla biodegradabilità e cioè al fatto che prima o poi smetterà di fare danni, e studiare la tossicità.

La domanda è: cosa combina e quanto è tossica questa soluzione che sto utilizzando finché è in circolazione?

Questa tossicità viene calcolata attraverso il VCDtox: VCD sta per volume critico di diluizione e ci indica quanta acqua è necessaria per far tornare “vivibile” l’ambiente contaminato da una dose di prodotto.

Confrontiamo 1 litro di aceto (percentuale di acido acetico al 6%) e 1 litro di acido citrico, che prepareremo in concentrazione al 6%.

In entrambe le soluzioni abbiamo 60 grammi di principio attivo:

60 grammi di acido acetico nell’aceto

60 grammi di acido citrico nella nostra soluzione.

Ora andiamo a controllare i valori di questi ingredienti nella DID list europea (Detergent Ingredients Database), la lista di sostanze che si possono utilizzare per la formulazione dei detersivi.

I dati che prendiamo in considerazione sono: la tossicità acuta, la tossicità cronica e la degradazione di ogni ingrediente.

Mettiamo insieme questi dati e con la formula del VCDtox ricaviamo il valore che ci indica quanta acqua serve per annullare una singola dose di ogni prodotto.

La formula per calcolare il VCDtox è la seguente:

VCDtox = [(Dosage x DF)/TF] x 1000

Ecco i dati da DIDlist dei nostri ingredienti:

ACIDO ACETICO ACIDO CITRICO
0,05 0,05 DF (fattore di degradazione della sostanza)
0,03 1,6 TF (fattore di tossicità della sostanza)
60 150 QUANTITA’ nella soluzione

Applicando la formula all’aceto otteniamo [(60 x 0,05)/0,03] x 1000 =100.000,20 LT

Applicandola invece alla soluzione acido citrico [(60 x 0,05)/1,60] x 1000 = 1875,00 LT

      • Un litro di aceto inquina 100.000 litri di acqua.

Per dirla più correttamente possibile: occorrono 100000 litri di acqua per far tornare nullo l’effetto dell’aceto per i pesci del mare

      • Un litro di soluzione a base di acido citrico preparato al 6% inquina 1.875 litri.

E’ più corretto dire che se io verso 1 litro di soluzione a base di acido citrico in acqua servono 1875 litri di acqua per far tornare nulla la sua azione e che in quell’acqua ci possano vivere i pesci.

HAI LETTO BENE: INQUINA 53 VOLTE MENO

Sono sicuro che ora hai un motivo in più per rivedere le tue abitudini e valutare un prodotto davvero ecologico e lasciare da parte i falsi consigli ecologici.

E se ti sei incuriosito e vuoi provare l’acido citrico, il più conveniente e con la confezione in carta riciclabile che ti permette di evitare plastica inutile lo trovi sul sito di Verdevero – I detersivi ecologici che puliscono davvero.

 

Credits: Photo by Beth Jnr on Unsplash

I cerali senza glutine che tratteremo in questo articolo sono il fonio e il teff: nell’articolo precedente abbiamo parlato di mais, sorgo e quinoa, osservandoli non solo dal punto di vista nutrizionale ma anche nell’impatto della loro coltivazione sulle risorse idriche.

Vi aggiorno con una informazione che ho raccolto da un conoscente che sta svolgendo una tesi sul risparmio idrico. Sono stati condotti sondaggi su 25 agricoltori e da questi risulta che, mentre il mais viene irrigato nel 92% dei casi (23 su 25), il sorgo è stato irrigato solamente in un caso su 22 e mediante un solo apporto irriguo. 

L'azienda agricola in questione ha voluto sperimentare se vi fossero differenze tra sorgo irriguo e non irriguo, senza nessuna differenza produttiva. È un dato importantissimo pensando alla quantità di acqua risparmiata. Ecco perché scegliere il sorgo invece del mais giallo (solo questo, non le altre varietà) e della soia: la nostra scelta può orientare il mercato e la formulazione dei prodotti. 

In questo senso, andiamo a studiare il fonio e teff, come cereali che possono arricchire la nostra alimentazione, ma anche per avvicinarci a un'alimentazione più sostenibile.

Un altro super cereale senza glutine che cresce senza bisogno di irrigazione artificiale è il fonio. A dire il vero è coltivato in Africa, da piccole cooperative a maggioranza femminile che sulla vendita del raccolto fondano il sostentamento di tutto l’anno. Osservate nell’immagine1 il confronto tra fonio, couscous e riso integrale: è sorprendente la ricchezza di sali minerali del primo. Dovrebbe essere una ragione più che sufficiente ad introdurlo nella nostra alimentazione, alla quale aggiungo la scarsa quantità di zuccheri e il basso carico glicemico.



Il chicco è più piccino di quello del miglio; ha un grande potere assorbente ovvero ne basta una piccola quantità per una zuppa o minestra, il che lo rende ideale anche nelle diete; con la farina si realizzano dolci fragranti. Il sapore è neutro, delicato, tra i più gourmet del mondo del senza glutine.

Anche il teff arriva dall’Africa ma è geograficamente più connotato perché i principali produttori sono Eritrea e Etiopia. Ha un seme ancor più piccolo del fonio e per questo non può essere trattato, restando, di fatto, integrale. Esiste in tre varietà: bianco, rosso e marrone. La prima ha un sapore neutro ma è anche la più rara. Le altre due hanno un sapore deciso, simile a quello della nocciola. 

Sostenibile, ricco di sali minerali, basso carico glicemico e vitamine: tante buone ragioni per acquistarlo. Dubbi? Guardate il confronto tra teff e miglio2

Monia Caramma

Healthy food specialist

Food and eating designer

www.moniacaramma.com

1 https://www.greenme.it/mangiare/altri-alimenti/fonio-grano-africano/

2 https://foodstruct.com/compare/teff-uncooked-vs-millet-raw

I cereali senza glutine hanno un impatto diverso sulla nostra salute e su quella del pianeta perché le loro caratteristiche nutrizionali o di coltivazione variano notevolmente a seconda delle varietà.

Sceglierli e saperli distinguere è importante perché può condurre a migliorare lo stato delle cose e promuovere l’espansione di una cultivar anziché un’altra. Allo stesso tempo è un atto di responsabilità essere consapevoli della composizione di un alimento, che sia pasta, snack o prodotto da forno.

Facciamo un excursus, diviso in più puntante, così da conoscerli meglio.

Mais:

ne esistono diverse tipologie, bianco, giallo, rosso, rostrato, blu, nero, arlecchino, ma la più diffusa è la seconda. Purtroppo di questa esistono solo varietà “geneticamente migliorate”, cioè progettate per alte rese e resistenza a parassiti (vale anche per le coltivazioni biologiche), che richiedono grandi quantità di acqua per l’irrigazione. Le altre, invece, sono state parzialmente trascurate dall’industria sementiera e, di conseguenza, sono più sostenibili e richiedono, per la crescita, quantità di acqua nettamente inferiori, di solito sono sufficienti le piogge. Il mais giallo ha anche una elevata quantità di nichel (2,5mg/Kg valore medio), tale che è sconsigliato a intolleranti o allergici. Alcune varietà di mais bianco, invece, ne contengono 0,074mg/kg. Questo a dimostrazione che non tutta questa specie va demonizzata ma va approfondito lo studio, diffusa l’informazione. Il blu e nero hanno alte quantità di antiossidanti e, grazie a contadini virtuosi, sono coltivate anche in Italia.

Quinoa:

molto diffusa da 5 anni, è considerata il cereale proteico per eccellenza. Ne esistono varie tipologie, con più o meno saponine. Queste sono sostanze anti-nutrienti che è bene togliere prima della cottura ed è per questa ragione che si dice che la Quinoa vada lavata in abbondante acqua. Esiste però la Vikinga, che ne contiene pochissime ed è coltivata in Italia con metodo biologico. Perché scegliere questa? Basta leggere le notizie internazionali per scoprire la devastazione etica e agricola che le aziende agricole intensive stanno compiendo in Bolivia e nelle Ande: prezzi elevati per quello che fino a pochi anni fa era un cibo povero, ormai non più accessibile alle fasce deboli di popolazione, deforestazione, sfruttamento della manodopera.

Sorgo:

senza dubbio il cereale più ricco ed equilibrato tra quelli senza glutine. In 100g troviamo il 41% del fabbisogno quotidiano di ferro, antiossidanti, vitamine e sali minerali. Ha un sapore neutro e soprattutto cresce senza bisogno di irrigazione artificiale. È il 5° cereale per importanza mondiale ma da noi è relegato all’alimentazione animale. Sorghum-ID, società francese, da 4 anni è impegnata per diffonderne la coltivazione per soppiantare mais giallo e soia, soprattutto quando sono OGM o GM.

Nella prossima rubrica continueremo con fonio, teff, amaranto e saraceno.

Vi invito a scrivermi per domande o approfondimenti

 

Monia Caramma
Food&Eating Designer
[email protected]

Il PERCARBONATO di sodio ha moltissimi utilizzi in tutte le operazioni di pulizia della casa: in questa guida approfondiamo come è possibile impiegarlo per pavimenti, piastrelle, sanitari e come agente anti-muffa, preziosissimo in particolar modo in bagno.

Iniziamo!

Percarbonato

Perchè le nostre clienti adorano il Percarbonato?

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Percarbonato di sodio per pulire pavimenti

La miglior cosa da fare se si vuole pulire un pavimento con il PERCARBONATO di sodio è utilizzarlo come un comune detergente liquido. Ecco la “ricetta”:

  • un litro d’acqua appena calda (30/50 gradi)
  • un tappo di detersivo ecologico per pavimenti SPLENDì
  • un cucchiaio da cucina di PERCARBONATO di sodio in cristalli o polvere

Ovviamente è possibile aumentare o diminuire la quantità di soluzione, rispettando le proporzioni, in base all’ampiezza della superficie da trattare.
Puoi usare la miscela con il normale strumento che usi per pulire: il mocio, lo straccio, la lavapavimenti. In quest’ultimo caso verifica sul manuale di istruzioni che sia compatibile con l’uso di detergenti liquidi.

Prima di procedere vale sempre la pena di fare un test in una porzione nascosta del pavimento, per valutare la reazione del materiale.

Piastrelle e fughe: come pulirle con il Percarbonato di sodio

Le piastrelle tendono con il tempo a scurirsi, il colore si opacizza e le fughe si riempiono di sporcizia difficile da mandare via.

Se la soluzione di acqua, detergente e PERCARBONATO non ha funzionato in precedenza (rispetta le stesse dosi suggerite per il lavaggio dei pavimenti) puoi preparare una pasta dall’azione più decisa.

Mescola acqua e PERCARBONATO di sodio in polvere fino ad ottenere una crema densa, che non coli. Copri la superficie da pulire, lascia agire 20/30 minuti e se lo sporco o le macchie sono molto ostinate usa una paglietta d’acciaio o una spazzola -è perfetto anche un vecchio spazzolino da denti- prima del risciacquo.

Alla mistura puoi aggiungere anche un detersivo tradizionale per migliorare l’effetto pulente, oppure utilizzarlo successivamente come ultimo step prima del risciacquo.

Pulire il bagno e i sanitari

Il PERCARBONATO di sodio ha forti proprietà igienizzanti, smacchianti e sbiancanti: per queste ragioni è ideale per pulire il bagno e i sanitari in ceramica.

Puoi procedere sia creando una soluzione di acqua, detergente e cristalli, sia con il metodo della pasta cremosa da lasciar agire per qualche minuto.

Entrambe le soluzioni vanno benissimo non solo per le piastrelle oppure i sanitari, ma anche per il vetro della doccia e gli specchi. Inoltre, considerando che il PERCARBONATO di sodio limita gli effetti dell’acqua dura, vedrai brillare le superfici in vetro per più tempo nonostante l’eventuale presenza di calcare.

Percarbonato di sodio per muffa: come usarlo

Il PERCARBONATO di sodio ha forti capacità igienizzanti, perché lasciato agire per 30/90 secondi dissolve la protezione di proteine e grassi che racchiude il DNA di muffe, batteri e virus. Usato contro la muffa è un potente alleato in ogni casa.

Il materiale genetico esposto al calore, ai raggi solari, allo strofinamento si degrada in pochi minuti ed impedisce la replicazione, impedendo la diffusione di focolai potenzialmente infettivi.

Per queste ragioni il percarbonato di sodio viene spesso usato come agente antimuffa, in particolare il bagno, nella doccia e nella vasca da bagno.

La miglior strategia d’intervento è creare un liquido con acqua calda e cristalli (due cucchiai per litro) e spruzzarlo sulla superficie da trattare. Puoi lasciarlo in posa anche per lungo tempo, perché non aggredirà il vetro, la ceramica o i collanti utilizzati nella costruzione.

Al termine del periodo di posa puoi strofinare con una spugna, una paglietta o un panno, passare il detergente tradizionale che usi per i sanitari o il vetro e risciacquare con acqua tiepida. Ovviamente, asciugando il vetro eviterai la formazione di goccioline fastidiose.

In caso di bagni particolarmente umidi puoi eseguire il trattamento due volte al mese per circa tre mesi: eviterà che la muffa torni a formarsi.

Uno degli usi del PERCARBONATO DI SODIO è quella di essere una sostanza dalla spiccata funzione igienizzante e sbiancante.

Naturalmente tutto questo è di grande aiuto quando parliamo di una delle azioni più comuni all’interno delle nostre case: la pulizia del bucato.

Ecco dunque tutte le indicazioni per sfruttare al meglio le sue potenzialità e per evitare danni ai tessuti e ai materiali!

Usi del Percarbonato di sodio: il bucato in lavatrice

Il PERCARBONATO DI SODIO è perfetto per il bucato lavato in lavatrice. Basta aggiungere alla vaschetta dell’elettrodomestico un cucchiaio di cristalli o polvere, insieme al detersivo e all’ammorbidente.
La potenza pulente di questa molecola rende possibile abbassare la temperatura di lavaggio a 45-50 gradi, risparmiando notevolmente in fatto di energia elettrica.

Questo tipo di prodotto può essere usato su tutti i tessuti bianchi, color melange o colorati chiari ad eccezione delle sete, del lino, dei pellami e della lana: per questi articoli è meglio scegliere un detergente dedicato e più specifico, con formule meno aggressive e che evitano il loro danneggiamento.

L’assenza di attivi allergeni come i coloranti e i tensioattivi lo rende perfetto per il bucato degli abiti e della biancheria dei bambini o delle persone che soffrono di eczemi e orticarie. La perfetta igienizzazione ottenuta con il PERCARBONATO DI SODIO viene in aiuto se si è scelto di usare pannolini lavabili oppure per lavare la biancheria e gli asciugamani di chi ha sofferto di qualche infezione recentemente, per evitare che i germi rimangano intrappolati sui tessuti e possano veicolarsi ad altre persone della famiglia.

Percarbonato

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Percarbonato di sodio: il bucato a mano

Anche il bucato lavato a mano può essere fatto con il PERCARBONATO DI SODIO. La proporzione della mistura è la stessa: un cucchiaio da cucina raso per ogni bacinella in cui si lasceranno in ammollo i capi, acqua tiepida o leggermente calda e detersivo nelle quantità abituali.

La delicatezza del prodotto non è dannosa per i tessuti, ma è sempre bene utilizzare guanti di gomma quando si strofinano i vestiti nella bacinella.

Come pretrattare le macchie

Il commercio sono famosi ormai da anni sgrassatori, igienizzanti e smacchiatori per i tessuti a base di “ossigeno attivo”: si tratta proprio di prodotti al PERCARBONATO DI SODIO!

La dicitura con cui vengono commercializzati è stata scelta perché dalla reazione dei cristalli con l’acqua si libera, per l’appunto, ossigeno: una delle molecole antibatteriche, antivirali ed antifungine più efficaci che ci siano sui tessuti e le superfici.

Capita che un abito sia macchiato in modo apparentemente irrimediabile, e che il primo lavaggio non abbia ottenuto l’effetto sperato: vino rosso, sugo, erba e caffè possono davvero diventare ostinati sui vestiti, senza parlare poi dell’unto, che spesso lascia un alone opaco e scuro sui tessuti anche dopo lavatrici ad alta temperatura.

L’ideale in questo caso è pretrattare con il percarbonato di sodio: la liberazione di ossigeno dovuta all’interazione con l’acqua causa la formazione di piccole bolle, che “smuovono” la macchia e ne facilitano moltissimo l’eliminazione.

Puoi agire in due modi:

  1. Prima inumidisci l’abito, poi spargi un cucchiaino di percarbonato di sodio sulla macchia. Lascia agire 10/20 minuti e poi procedi con il lavaggio consueto.
  2. Stendi il tessuto e versa sulla macchia una pasta creata con percarbonato di sodio e qualche goccia d’acqua. Puoi anche usare una spazzolina per far penetrare più facilmente il detergente nelle fibre. Dopo 10/20 minuti di attesa puoi lavare come d’abitudine il capo.

Bonus: pulizia della lavatrice

Il PERCARBONATO DI SODIO ha fortissime proprietà igienizzanti non solo sugli abiti ma anche sull’elettrodomestico usato per la loro pulizia: la lavatrice.

Un lavaggio a vuoto con la vaschetta riempita di sapone e percarbonato di sodio (le stesse proporzioni, un cucchiaio di cristalli per tappo di detersivo) la renderà splendente, igienizzata e priva di odori che si potrebbero trasmettere ai panni.

Analizzando i vari usi del percarbonato di sodio è impossibile non sottolineare quanto sia utile per la pulizia della cucina, delle stoviglie e delle pentole, nonché di alcuni elettrodomestici.

Ecco dunque alcune informazioni ed istruzioni preziose per iniziare ad usare detergenti che contengono percarbonato di sodio, oppure soluzioni in purezza di questo cristallo igienizzante e sbiancante!

Come lavare i piatti con il percarbonato di sodio

Il primo uso che vale la pena citare è ovviamente il lavaggio tradizionale dei piatti, sia a mano che in lavastoviglie. Ecco come procedere:

  1. Fare un ammollo di piatti, pentole e stoviglie con acqua e percarbonato. Addizionare all’acqua di lavaggio il percarbonato di sodio (un cucchiaio da cucina) e lascia fare in ammollo per un paio di ore. Procedere all’abituale lavaggio e risciacquare come d’abitudine.
  2. Aggiungere al contenitore dedicato della lavastoviglie la stessa quantità di percarbonato di sodio e detersivo.

Non solo la polvere di percarbonato di sodio elimina le macchie e sbianca le ceramiche, ma riduce gli effetti negativi del calcare sulle stoviglie, addolcendo l’acqua di lavaggio.

L’effetto igienizzante ed antibatterico del percarbonato di sodio è perfetto anche per ridurre la contaminazione crociata. Sebbene sia sempre buona regola utilizzare taglieri e coltelli diversi per il cibo crudo (in particolare per la carne e il pesce) e per quello cotto, oppure lavare accuratamente questi oggetti nel passaggio tra un alimento e l’altro, se non è possibile farlo puoi igienizzarli in profondità lavandoli con acqua calda, detersivo e percarbonato di sodio.

Per pulire le stoviglie bruciate

Capita a tutti almeno una volta nella vita di dimenticare una pentola sul fuoco e di bruciarne il fondo. Niente paura: il percarbonato di sodio è molto efficace anche in questi casi.

La migliore soluzione è unire un cucchiaio di cristalli ad un po’ d’acqua in una piccola ciotola e mescolare bene, per ottenere una pasta cremosa. Basterà poi metterla sulla pentola bruciata (oppure sul piatto irrimediabilmente macchiato, sui bicchieri sporchi di rossetto, eccetera) e lasciarla agire per qualche minuto mentre si carica la lavastoviglie o si lavano gli altri piatti a mano.

Se la macchia è molto ostinata puoi aiutarti anche con una paglietta d’acciaio o con un vecchio spazzolino da denti per strofinare più a fondo, prima di risciacquare con acqua e sapone.

Fornelli, piani di lavoro, forno e microonde

Attivi più volte al giorno, ogni giorno, è quasi inevitabile che fornelli, piani di lavoro, forni e microonde rimangano a lungo igienizzati, lucenti e privi di macchie bruciate o unte. Ecco come usare il percarbonato di sodio in tutti questi casi.

Per il fornello e il top della cucina

Le soluzioni anche in questo caso sono due:

  1. Puoi spargere la polvere di percarbonato sulla superficie da pulire e spruzzare un po’ d’acqua sul piano, lasciando agire per qualche minuto. Uno straccio o una spugna saranno poi sufficienti per rimuovere le gocce e le macchie di sporcizia. Questo sistema è perfetto per tutte le superfici dure, compreso l’acciaio. Prima di usare il percarbonato di sodio sul marmo o sul legno fai una prova in un angolo nascosto e valuta la reazione del materiale.
  2. Puoi unire acqua, detergente tradizionale sgrassatore e percarbonato di sodio in soluzione e usare la mistura come un comune detergente liquido per superfici, risciacquando poi con acqua pulita.

Per i forni e i microonde

Forni e microonde spesso di sporcano all’interno, con macchie bruciate o unte davvero seccanti da far sparire. La miglior cosa da fare è preparare una pasta di percarbonato di sodio e acqua, piuttosto densa e che non coli, e di spargerla sulle aree più incrostate.

Lasciala agire per qualche minuto (20/30), a seconda del livello di sporcizia presente, e poi strofina con una spugna o un panno e risciacqua.

Abbiamo scritto una guida più dettagliata alla pulizia dei forni, tenendo conto della delicatezza di resistenze e rivestimenti interni: se non sai come procedere ti consigliamo di leggerla, la trovi qui.

Il campo di applicazione prediletto del Biodizionario è quello della cosmesi, con migliaia di ingredienti utilizzati per la preparazione di trucchi, creme e lozioni.

Spesso molte aziende dichiarano di utilizzare prodotti al 100% naturali, poi ad un rapido passaggio nel Biodizionario si scopre come questo sia in realtà in parte vero.

E sapere cosa ci si spalma e si utilizza nella cura del corpo tutti i giorni è assolutamente fondamentale per evitare irritazioni della pelle o problemi ancora peggiori.

Ecco quindi, Biodizionario alla mano, una breve lista di sostanze ritenute dannose che si possono trovare all’interno dei prodotti per la cosmesi.

Petrolati e siliconi: i più comuni tra gli ingredienti nocivi

Questo tipo di sostanze vengono utilizzate nei cosmetici con la funzione di “filmanti”.
In pratica consentono al prodotto di applicare una leggera patina sulla pelle, in grado di coprire piccoli inestetismi, rendere la cute all’apparenza più liscia e altri benefici di tipo estetico.

Però tutte queste caratteristiche si fermano alla sola “apparenza” mentre nella sostanza questi ingredienti sono derivati dalla raffinazione del petrolio, e come tali possono essere dannosi se utilizzati con continuità.

Sono abbastanza comuni nelle creme, perché rendono il prodotto più morbido e vellutato, inducendo il consumatore a credere di trovarsi di fronte ad un prodotto di ottima qualità.

Tra i siliconi utilizzati più spesso e che possiamo leggere sull’etichetta troviamo:

  • Amodimethicone;
  • Dimethicone;
  • Cyclomethicone;
  • Cyclopentasiloxane;
  • Trimethylsiloxysilicate;
  • Ed in generale gli ingredienti che terminano con i suffissi «-thicone»; «-xiloxane»; «-silanoi», che indicano proprio un derivante del silicone.

I petrolati, che come dice il nome sono prodotti derivanti dalla raffinazione del petrolio, sono invece:

  • Pertolatum;
  • Vaselina;
  • Paraffina;
  • Paraffinium Liquidum;
  • Cera microcristallina;
  • Mineral Oil

Quando troviamo questi ingredienti ci basterà una rapida consultazione al Biodizionario per capire che siamo al cospetto di sostanze potenzialmente dannose per la nostra pelle.

I Parabeni: conservanti molto diffusi nella cosmesi

Altro elemento che si può trovare nei cosmetici è una serie di conservanti conosciuti col nome di Parabeni.

Questi vengono utilizzati per evitare che il prodotto si degradi e vada come siu suol dire “a male” prima di riuscire a sfruttarlo appieno.

Tempo fa l’utilizzo di questi conservanti era considerato sicuro, anzi il fatto che fossero nella lista degli ingredienti di creme, shampoo o saponi era considerato un punto di forza.

Molti studi nel tempo hanno invece dimostrato come queste sostanze alla lunga si possano rivelare cancerogene.
Infatti il loro continuo contatto con la pelle può provocare anche condizionamenti al sistema endocrino, in quanto parliamo di sostanze che possono entrare in circolo attraverso il sangue causando quindi episodi di allergie o intoilleranze.

Uno dei parebeni più conosciuti e comuni è ad esempio la Formaldeide, ma ve ne sono altri che possiamo incontrare nell’etichetta dei prodotti di cosmetica come:

  • Methylchloroisothiazolinone;
  • Methylisothiazolinone;
  • Methyldibromo glutaronitrile;
  • Sodium hydroxymethylglycinate
  • DMDM hydantoin;
  • Benzylhemiformal, 2-bromo, 2-nitropropane;
  • 1,3-diol, 5-bromo, 5-nitro, 1,3-dioxane.

Se leggiamo nell’INCI del prodotto e troviamo queste sostanze, basterà fare la verifica con il biodizionario per capire la pericolosità di quello che stiamo utilizzando.

Prodotti con sigla EDTA

Potremmo anche imbatterci in prodotti contrassegnati dalla sigla EDTA che significa acido etilendiamminotetraacetico, una sostanza in grado di trattenere le molecole di molti metalli pesanti.
Questa caratteristica lo rende, oltre che non salutare per le persone, anche dannoso per l’ambiente.
Infatti le particelle di questi metalli sono difficilmente biodegradabili, quindi resistono a lungo nell’ambiente e una volta scaricati possono depositarsi, ad esempio, sul fondo dei fiumi causando innumerevoli problemi.
Questa serie di prodotti la troviamo spesso contrassegnata anche con suffissi come:

  • «-trimonium»;
  • «-dimonium»;
  • «-glycol».

Non si tratta di prodotti strettamente pericolosi per le persone perché le quantità di metalli pesanti trattenute sono minime, ma il largo consumo di queste sostanze potrà creare notevoli danni ambientali anche sul medio periodo.

Sappiamo riconoscere i prodotti dannosi e nocivi per noi e per l’ambiente quando li utilizziamo nelle pulizie di tutti i giorni?

In questa operazione un valido alleato è il Biodizionario, uno strumento che ci consente di avere con un rapido colpo d’occhio un quadro completo sulla composizione dei nostri detersivi sia per la pulizia di casa per il bucato di tutti i giorni.

E proprio con l’ausilio del Biodizionario dei detergenti abbiamo stilato una lista di 5 sostanze che possiamo definire dannose senza mezze misure!

#1 Candeggina

Parliamo di un prodotto abbastanza diffuso, che trova spazio in molte delle case degli italiani e utilizzato da tempo per le pulizie domestiche.

Si tratta però di una sostanza dannosa, che in caso di prolungata esposizione può facilmente causare irritazioni, non solo alla pelle e agli occhi, ma anche alle vie respiratorie arrivando a scatenare anche veri e propri episodi asmatici nei casi più gravi.

In questo senso risulta particolarmente dannosa anche per i bambini, quindi se abbiamo dei piccoli in casa è consigliabile sostituire questa sostanza con dei igienizzanti più naturali.

Aceto e Bicarbonato vengono spesso proposti per essere utilizzati come alternativa all’utilizzo della candeggina, salvaguardando il risultato in termini di igiene e pulizia e allo stesso tempo avendo la tranquillità data dall’utilizzo di prodotti più sicuri per la nostra salute.

Di certo sono una alternativa sicura per la salute e l’ambiente ma non si può dire altrettanto riguardo l’efficacia.

Ma esistono comunque in commercio detersivi ecologici che possono sostituire egregiamente la candeggina sia per quanto riguarda il tradizionale uso come igienizzante ma anche per sostituirla nel bucato di tutti i giorni per sbiancarlo.

#2 Ammoniaca

Anche l’ammoniaca non riscuote grande successo tra le pagine del Biodizionario.
Parliamo infatti di una sostanza con effetti nefasti simili a quelli che possiamo riscontrare nella candeggina, con l’aggiunta che una prolungata e intensiva esposizione può causare anche danni al cervello.
Utilizzata spesso come sgrassante, l’ammoniaca ha comunque delle controparti naturali che possono svolgere lo stesso compito in maniera sicuramente meno pericolosa.
Per avere ottimi risultati si può usare ad esempio bicarbonato, le cui qualità sgrassanti vengono in aiuto per la pulizia di stoviglie e superfici della cucina spesso soggette ai depositi di grasso dovuti alla cottura dei cibi.

#3 Acido Muriatico

Il nome è già inquietante, essendo un acido molto aggressivo utilizzato soprattutto nel campo dell’industria.

Eppure l’acido muriatico trova spazio nelle nostre case, utilizzato per la sua enorme forza disincrostante.

Chiamato anche Acido Cloridrico, questa sostanza ha la caratteristica di essere estremamente volatile, infatti quando viene diluita in acqua può causare dei fumi che se inalati possono irritare le vie respiratoria anche in maniera molto grave.

La grande forza corrosiva di questa sostanza inoltre la rende estremamente pericolosa in caso di contatto con la pelle o peggio con gli occhi, quindi è fortemente consigliato utilizzarla il meno possibile e comunque sempre con le dovute protezione, vale a dire guanti e occhialini protettivi.

È utile dire che anche qui esistono già le alternative ecologiche che garantiscono la stessa performance in termini di pulizia ma senza le controindicazioni degli acidi petrolchimici.

#4 Deodoranti per gli ambienti

Con il tempo si sono sempre più diffusi nelle nostre i deodoranti per ambiente, che dovrebbero rilasciare piacevoli fragranze nelle stanze della nostra casa.
Certo, il profumo che possono emanare non si discute, ma a quale prezzo?
Analizzando alcuni profumatori d’ambiente con il biodizionario si può scoprire come questi prodotti contengano sostanze abbastanza aggressive nei confronti delle nostre vie respiratorie, creando anche veri e propri casi di insorgenza di allergie che prima non si manifestavano.
L’utilizzo di questi prodotti è sconsigliato anche perché vi sono alternative del tutto naturali assolutamente valide, come ad esempio gli oli essenziali.

#5 Etanolammine

Occhio a queste sostanze che si possono facilmente trovare nei detersivi per il bucato dichiarati con forza smacchiante.
Inserendo gli ingredienti di questi prodotti nel Biodizionario possiamo trovare la presenza di Etanolammine, sottoforma di altre sostanze più complesse quali dietanolammina, trietanolammina e monoetanolammina che possono provocare problemi a livello respiratorio, causando attacchi d’asma.
Appartenenti alla famiglia dei tensioattivi, che non sono tutti nocivi, queste si possono trovare anche nei detergenti per la pulizia dei pavimenti, quindi è sempre consigliabile controllare attentamente prima di scegliere quale prodotto utilizzare per la pulizia, sia delle superfici che del bucato.

L’INCI dei prodotti è la nostra cartina di tornasole per sapere sempre cosa stiamo utilizzando quando ci affidiamo ad un detergente, un cosmetico oppure un alimento.

Si tratta in pratica di una lista di ingredienti costruita con regole ben precise, che ci aiuta nel conoscere la composizione del prodotto che vogliamo utilizzare, e assieme all’ausilio del Biodizionario, capire se questo è pericoloso per noi e l’ambiente e in quale misura.

Ma come si legge correttamente un INCI per trarre le informazioni utili da inserire nel Biodizionario in un secondo momento?

Vediamolo brevemente con questa guida rapida!

Come leggere e interpretare un INCI

Come detto l’INCI non è altro che la vera e propria carta d’identità di un prodotto, quindi per conoscerne le caratteristiche dobbiamo essere in grado di saper leggere questa carta d’identità.

Le regole di interpretazione sono quindi fondamentali per non travisare quanto descritto nell’INCI.

  • Ordine nella lista degli ingredienti: le sostanze presenti nel prodotto non sono elencate alla rinfusa o in ordine alfabetico, ma seguono una precisa regola e vengono riportate nella lista in base al loro peso.
    Quindi se l’ingrediente è presente in quantità maggiore rispetto ad altri verrà elencato per primo e via via a scendere sulla base di questo parametro. L’unica eccezione avviene per tutte quelle sostanze che sono presenti in quantità inferiori all’1% del totale, che trovano spazio al termine dell’elenco e sotto quella percentuale possono essere riportate senza un ordine preciso.
  • Nome degli ingredienti: un altro indizio importante riguardo la natura della sostanza è fornito dal nome. Infatti le nomenclature dei vari ingredienti si differenziano a seconda della loro origine, quindi verrà usato generalmente il latino per indicare sostanze di uso comune già presenti nella Farmacopea Europea, o per ingredienti di origine vegetale che non hanno subito trattamenti di alcun tipo.L’Inglese è invece utilizzato per i prodotti che hanno subito modifiche sostanziali: quindi sarà usato ad esempio per sostanze sintetiche e vegetali esposti a trasformazioni chimiche.Unica eccezione al dualismo tra latino e inglese in termini di lingua è destinato al profumo che viene indicato con il francesismo Parfume.
  • Indicazione dei coloranti: per i coloranti viene fatto un discorso a parte, perché vengono segnalati in base al loro standard di classificazione internazionale.
    Esiste infatti il cosiddetto Colour Index solitamente abbreviato con la sigla CI che fornisce un codice in base al colore della sostanza.
    Anche nell’INCI sono quindi riportati con tale codice e solitamente sono posti alla fine dell’elenco perché presenti sempre in quantità comunque inferiori all’1%. Attenzione però questo non significa che siano meno dannosi, perché sappiamo bene come questo tipo di sostanze chimiche possano essere nocive anche in ridottissime quantità.
  • Agricoltura biologica: all’interno dei prodotti che utilizziamo possiamo trovare anche sostanze o ingredienti provenienti direttamente da agricoltura biologica.
    Solitamente accanto al nome che molto spesso è riportato in latino, troviamo un asterisco (*) ad indicare la natura di questo ingrediente.

Quindi questi sono i parametri da tenere in considerazione quando si legge un etichetta INCI di un prodotto.

È comunque bene specificare che non sono considerati ingredienti le impurità che possono rimanere all’interno del prodotto durante il processo di lavorazione dello stesso, quindi la lettura dell’etichetta ci fornisce uno spettro completo al 99,9%.

Capire i risultati di una lettura di etichetta INCI

Abbiamo visto quindi come leggere l’etichetta, ma questo non basta da solo per rendere sicuro l’utilizzo di un determinato prodotto.

Molti di noi non hanno infatti le conoscenze adeguate per stabilire se una sostanza è dannosa o meno e quindi tutto quello che troviamo riportato nell’INCI deve passare ad un ulteriore consulto con il Biodizionario.

Effettuando la ricerca della sostanza attraverso le pagine del Biodizionario possiamo avere un giudizio rapido sulla sua pericolosità, grazie anche al sistema intuitivo fatto da pallini/semafori di colore verde giallo e rosso che ci indica visivamente la natura della sostanza che abbiamo ricercato.

Quindi l’etichetta INCI da sola non è sufficiente ma abbinando questo strumento a quello del Biodizionario tutti saremo in grado di conoscere perfettamente come sono composti i prodotti che magari utilizziamo tutti giorni.

Il bicarbonato di sodio è un sale dalle mille possibilità d’impiego, comunemente utilizzato in moltissimi ambiti, domestici e non. Normalmente lo si trova in soluzione nelle acque sotterranee o superficiali, ma è possibile rinvenirlo anche in forma di cristalli che opportunamente trattati portano ad una polvere cristallina bianca, comunemente commercializzata.

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Vediamo insieme cos’è il bicarbonato di sodio, in quali settori d’uso trova spazio e dove acquistarlo!

Origini del bicarbonato di sodio: dal natron al chimico belga Solvay

  • I primi a scoprire uno dei composti derivati dal bicarbonato di sodio furono gli Egizi. Osservavano facilmente che sulle sponde del Nilo, quando l’acqua evaporava, rimaneva un residuo biancastro e polveroso. Sperimentando con esso scoprirono che questo sale aveva enormi potenzialità essiccanti: non per caso, i corpi dei faraoni e dei dignitari passavano in un bagno di natron oltre due mesi per venire completamente asciugati prima di procedere con la mummificazione e la sepoltura.
  • Quando i Romani iniziarono ad intrattenere rapporti commerciali con la potenza medio-orientale cambiarono il nome del sale natron in natrium, secondo la dicitura latina. Questo passaggio culturale è evidente ancora oggi nella scelta del simbolo chimico del sodio: Na, per l’appunto.
  • Fino al 1700 l’uso del bicarbonato non divenne particolarmente popolare, per via dei costi di estrazione. Come per tutti i sali, infatti, l’estrazione poteva avvenire solamente per evaporazione dell’acqua. Il processo era così costoso che lo stipendio veniva chiamato anche “salario” proprio perché veniva pagato in sale, materia prima preziosissima e spesso riservata alla popolazione nobile o ricca.
  • Con la Prima Rivoluzione Industriale del 1700 il chimico francese Lavoisier individuò alcuni dei processi chimici all’origine della produzione naturale del bicarbonato di sodio, mirando a semplificarli e a renderli accessibili anche a livello industriale.

Il metodo Solvay per produrre il bicarbonato di sodio

Non molti anni dopo fu il chimico belga Ernest Solvay ad individuare un procedimento produttivo economico e funzionante per il bicarbonato di sodio, a cui diede il proprio nome.
Fino a pochi anni prima il metodo usato era detto “di Leblanc”, ma non solo i suoi costi erano più elevati, ma durante la produzione si liberavano nell’ambiente composti tossici come il solfuro di calcio o l’acido cloridrico.

Il metodo Solvay, poi esportato in tutte le produzioni del mondo e ovviamente anche nell’omonima impresa (con sede in Italia a Rosignano Solvay, in provincia di Livorno) consiste nel far passare una soluzione di cloruro di sodio in ammoniaca e anidride carbonica. I prodotti di questa reazione sono il cloruro di ammonio e, per l’appunto, un bicarbonato di sodio di purezza pari a circa il 75%.
Se si desidera ottenere bicarbonato di sodio puro, per scopi finali differenti, è necessario invece far reagire carbonato di sodio, acqua e anidride carbonica. In questo caso, l’intera massa prodotta è al 100% bicarbonato di sodio.

Entrambi i prodotti sono d’uso comune, e assolvono a funzioni differenti a seconda del tipo di preparazione che si ricerca. Il bicarbonato di sodio è facilmente identificabile nelle etichette dei cibi, dei farmaci e dei prodotti per la pulizia come additivo “E 500”.

I campi di impiego del bicarbonato di sodio

Le proprietà chimiche del bicarbonato di sodio vengono impiegate in numerosi settori: da quello alimentare alla farmacologia, fino ai prodotti per pulire e alla cucina. Vediamone insieme qualcuno!

I farmaci

Il bicarbonato di sodio reagisce alla presenza di soluzioni acide producendo effervescenza. Questo impiego è classico nella produzione di alcuni farmaci che siano trasferiti da una bustina o da una compressa in un bicchiere d’acqua. Non per caso la maggioranza di questi prodotti è aromatizzata al limone o all’arancia: l’acidità di questi aromi innesca la reazione di effervescenza.

Considerando che il bicarbonato è una sostanza basica, che cioè limita l’effetto degli acidi, viene anche incluso in moltissime preparazioni farmaceutiche che cercano di ridurre l’acidità di stomaco e i sintomi delle indigestioni.

Fa parte anche del kit di primo soccorso nelle aziende che si occupano della manipolazione degli acidi: se qualcuno dei lavoratori si bruciasse con la sostanza acida, abbondanti quantità di bicarbonato limiterebbero l’azione dell’acido sulla pelle prevenendo danni profondissimi.

In cucina

Il bicarbonato di sodio è aggiunto alle preparazioni dolciarie come agente lievitante. Per innescare l’effervescenza è necessario che il composto sia acido: questo effetto si ottiene con gli aromi, gli ingredienti di base oppure con altri agenti come il cremor tartaro o il lievito istantaneo, in cui acido e base sono già perfettamente dosati.

La famosissima “Idrolitina”, la polvere bianca che rende frizzante l’acqua naturale e che si usava comunemente prima dell’introduzione in commercio di bevande gassate, è a base di bicarbonato e sostanze debolmente acide che innescano l’effervescenza.

Se il sugo di pomodoro o il caffè ti sembrano troppo aciduli puoi usare una punta di bicarbonato di sodio per correggerne il PH e renderli più gradevoli.

Bicarbonato di sodio per la cura della persona

Nel settore della cura per la persona il bicarbonato di sodio trova moltissimi usi.

Per le sue proprietà sbiancanti è ancora oggi incluso in alcune paste dentifrice, che producono un effetto leggermente abrasivo e rendono più candido il sorriso. Questo tipo di prodotti, o l’uso del bicarbonato di sodio puro come dentifricio, dovrebbe essere comunque limitato nel tempo per evitare di aggredire lo smalto e causare danni permanenti a denti e gengive.

La proprietà abrasiva del bicarbonato può essere utilizzata anche per effettuare uno scrub delicato sul viso o sul corpo. È necessario creare una pasta con bicarbonato e un olio, per esempio di mandorle, e massaggiare con vigore sulle zone più secche come ginocchia, gomiti o talloni. Ripetendo il procedimento con regolarità la pelle avrà un aspetto più uniforme e compatto, senza aree screpolate.

Per molti anni il bicarbonato di sodio fu anche usato per cosmetici dedicati alle donne afroamericane, che desideravano schiarire la propria pelle e assomigliare maggiormente alle donne caucasiche. Per fortuna, questo tipo di pratica è ormai caduta in disuso e anzi, la bellezza etnica viene sempre di più valorizzata dalle case cosmetiche con colorazioni, formulazioni e prodotti che sottolineano le peculiarità di ogni occhio, bocca o incarnato.

Pulizia domestica

Il bicarbonato di sodio si può usare anche in casa per compiere numerose azioni di pulizia quotidiana. E’ possibile scegliere formulazioni in purezza oppure detergenti già pronti che contengano una percentuale di questa sostanza.

Il bicarbonato di sodio si può usare anche per:

  • Assorbire ed eliminare gli odori dalle posate, dai piatti o dal frigorifero
  • Pulire una pentola dal fondo bruciato
  • Per ridurre la durezza dell’acqua di lavaggio della lavatrice
  • Come antiruggine, a patto che mescolarlo con una sostanza acida come l’acido citrico o l’aceto
  • Per sbiancare le superfici dure e resistenti come la ceramica

Dove si compra e come sceglierlo

Il bicarbonato di sodio è una sostanza facile da reperire in commercio.

Il grado di purezza è sempre esplicitato sulla confezione. Generalmente, il bicarbonato più puro è impiegato in campo farmaceutico e sanitario, per controllare meglio le possibilità reazioni chimiche durante la produzione.

Qui non possiamo che consigliarti di acquistare il BICARBONATO DI SODIO Verdevero, ti arriva a casa nella pratica confezione ZERO plastica in carta riciclabile e sulla confezione trovi spiegati tutti i 100 usi di questo fantastico ingrediente.

Online, in negozi specializzati o al supermercato si trova un bicarbonato addizionato con altre sostanze dall’azione conservante che lo preservano dall’umidità e dalla proliferazioni di germi, ugualmente sicuro ed efficace per tutte le operazioni di pulizia, per la casa, per la bellezza e per preparare pane e prodotti di pasticceria: basta leggere con cura l’etichetta e seguire i suggerimenti d’uso indicati sulla confezione.

Tutti adorano avere una casa pulita, igienizzata e al 100% naturale: per esaudire questo desiderio dovete assolutamente iniziare ad utilizzare il carbonato di sodio.

Si tratta di un elemento estremamente duttile, utilizzato per detergere, scrostare e igienizzare la maggior parte degli elettrodomestici e superfici e grazie alle sue proprietà e caratteristiche è riconosciuto con un prodotto green ed estremamente economico.

Per avere risultati apprezzabili consigliamo sempre di utilizzare il carbonato di sodio con una purezza superiore al 99% e di abbinarlo assieme all’acqua calda per garantire un pulito impeccabile

La proprietà che rende il carbonato di sodio un elemento così usato per la pulizia della casa è la sua alcalinità, cioè la sua proprietà estremamente corrosiva con lo sporco e più gentile verso le superfici meno delicate.

Questo potere sgrassante, permette di pulire moltissime superfici della casa, senza lasciare alcun tipo di segno e soprattutto è un ottimo elemento per eliminare i cattivi odori che si possono creare in cucina, soprattutto se si è soliti trattare alimenti come il pesce.

Essendo un elemento reperibile anche in natura, che non contiene tensioattivi, fosforo e coloranti, il carbonato di sodio non produce schiuma nel suo utilizzo.

È quindi utilissimo quando si devono pulire le stoviglie durante una scampagnata in mezzo al bosco o quando ci si trova in campeggio e si deve prestare attenzione a cosa si rischia di spargere nell’ambiente.

Come pulire la cucina con il carbonato di sodio

Grazie a tutte queste fantastiche qualità naturali e sgrassanti il carbonato di sodio è ottimo per la pulizia della cucina e dei fornelli senza lasciare alcun alone.

Come detto l’utilizzo corretto è quello con un elemento puro abbinato ad un altro agente, come ad esempio l’acqua calda con cui le qualità del carbonato vengono esaltate nell’atto della pulizia delle superfici.

Questo prodotto molto facile da preparare, utilizzare e sciacquare permetterà di ottenere risultati eccellenti su molti tipi di superfici, facendo attenzione solamente a quelle leggermente più delicate per via della forza corrosiva che a lungo andare potrebbe rovinare alcuni elementi della nostra cucina.

Piano cottura

Per quanto riguarda le incrostazioni più ostinate, il grasso seccato e l’unto ancora fresco si consiglia di utilizzare una spugna imbevuta con acqua calda miscelata con carbonato di sodio.

Nel caso lo sporco si presenti più ostinato del previsto, si consiglia di lasciare il carbonato di sodio agire sulla superficie per qualche minuto prima di grattare e sciacquare con l’acqua calda e la spugnetta.

Cappa della cucina

La maggior parte delle case moderne si caratterizzano per avere il living e la cucina presenti all’interno dello stesso ambiente.

Questa soluzione salvaspazio e molto bella da vedere però può rivelarsi scomoda per quanto riguarda gli odori.

Senza una cappa pulita e ben funzionante gli odori della cucina rischiano di diffondersi per tutta la casa e creare delle situazioni spiacevoli per gli inquilini.

Per ovviare questo problema si consiglia una volta al mese di pulire la propria cappa con una miscela fatta di carbonato di sodio, acqua calda e una spugnetta.

Forno e forno a microonde

Per quanto riguarda la pulizia del forno e del forno a microonde si consiglia di procedere sempre con il metodo della spugnetta imbevuta di acqua calda e carbonato di sodio.

Nel caso di sporco ostinato si può usare un vecchio metodo che forse utilizzavano le vostre nonne per pulire questa tipologia di superfici.

Prendete un asciugamento totalmente imbevuto di acqua calda e carbonato di sodio, mettetelo all’interno del forno o nel forno a microonde caldi e lasciate agire per circa 30 minuti.

Dopo aver lasciato in posa lavate e sciacquate tutto con una spugnetta.

Stoviglie, piastrelle, elettrodomestici

Utilizzando sempre il metodo della spugnetta imbevuta in acqua calda con il carbonato di sodio strofinate queste superfici e prestate attenzione a non bagnare eventuali cavi e fili elettrici.

Le dosi utilizzate fra l’acqua calda e il carbonato di sodio dipende sempre da quanto lo sporco e il grasso sono ostinati.

Si consiglia sempre di utilizzare 2 cucchiai di carbonato di sodio all’interno di un litro d’acqua e, se si ritiene opportuno, si potranno aumentare o diminuire le dosi in base alle necessità.

Con il tempo le dosi da utilizzare saranno molto più semplici da utilizzare una volta preso confidenza con questo metodo di pulitura della cucina.

Il forno è uno degli elettrodomestici più utilizzati in cucina, ma spesso viene trascurato quando si tratta di pulizia e in pochi sanno veramente come pulire il forno incrostato come i professionisti. Una corretta pulizia del forno non solo migliora l’igiene della cucina, ma può anche prolungare la durata dell’elettrodomestico. In questo articolo, vi mostreremo come pulire il forno in modo efficiente e semplice.

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Cosa sapere prima di Iniziare a Pulire il Forno

Prima di iniziare a pulire il forno, assicurati di avere i seguenti strumenti e prodotti a portata di mano:

  • Guanti di gomma
  • Detergente per forni
  • Acqua
  • Spugna OVENSPONGE o panno in microfibra
  • Raschietto per forno
  • Sacchetto per la rimozione dello sporco

Assicurati di seguire le istruzioni per l’uso del detergente per forni e di indossare guanti protettivi per evitare di irritare le mani.

Vuoi scoprire come lo abbiamo pulito così in una sola passata? >> Scopri i dettagli qui!!!

Come Pulire il Forno Sporco di Cibo

Eccoci al punto più importante: cosa fare esattamente per pulire il forno dalle incrostazioni. Prendiamo per esempio il caso peggiore, cioè quello di un forno molto sporco e unto.

Puoi trattare inizialmente con il vapore per ammorbidire lo sporco. Puoi usare un apparecchio a vapore, oppure riempire un contenitore d’acqua bollente e lasciarlo nel forno caldo e acceso per circa mezz’ora. Scegli ovviamente contenitori in materiale sicuro: metallo o vetro per il forno tradizionale, plastica specifica o vetro per il forno a microonde. Dopo mezz’ora spegni il forno, non aprirlo e fallo raffreddare per un’ora.

Usa uno strumento abrasivo come una spugna o una paglietta di ottone. Attenzione al rivestimento interno: se è vero che il vetro è la parte meno delicata e non corri grossi rischi di graffiarlo, il rivestimento smaltato può danneggiarsi se gli strumenti abrasivi vengono usati con troppo vigore.

Usa un panno o una spugna asciutta per togliere i residui più grossolani. Poi, usane uno bagnato per eliminare anche le tracce più piccole e per risciacquare attentamente. Infine asciuga le componenti e il forno e rimonta le griglie e le teglie.

Se invece il tuo forno è molto sporco di cibo, segui questi ulteriori passaggi per rimuovere lo sporco:

  1. Raffredda il forno completamente
  2. Rimuovi i residui di cibo utilizzando un raschietto per forno.
  3. Procurati FORNOBELLO il detergente per forni sporchi incrostati e seguendo le istruzioni che trovi in etichetta applicalo sulla superficie interna del forno.
  4. Pulisci il forno con una spugna o un panno in microfibra, focalizzandoti sulle aree più sporche.
  5. Rimuovi il detergente per forni con acqua e una spugna o un panno in microfibra.
  6. Asciuga il forno con un panno asciutto.

Se lo sporco è particolarmente ostinato, potrebbe essere necessario ripetere il processo di pulizia più volte.

Come Pulire il Forno con la modalità dell’autocleaning

Se il tuo forno ha una funzione di autocleaning, segui questi passaggi per autoclean il tuo forno:

  1. Leggi le istruzioni del produttore per capire come funziona la funzione di autoclean.
  2. Rimuovi tutti gli accessori dal forno.
  3. Avvia la funzione di autoclean con il tempo di pulizia raccomandato dal produttore.
  4. Lascia raffreddare il forno dopo che l’autoclean è terminato.
  5. Pulisci gli eventuali residui della pulizia rimanenti utilizzando il detergente per forni FORNOBELLO, una spugna o un panno in microfibra.

Cosa succede al forno se si trascura la pulizia

Il forno trascurato incontra una lunga serie di problematiche, alcune facilmente risolvibili e alcune più serie. Vediamo le principali:

  • Il vetro sporco non farà vedere la pietanza in preparazione: potrebbe bruciarsi o cuocere in modo poco omogeneo, perché non potrete sorvegliarla adeguatamente
  • Se lo sporco si accumula sugli elementi riscaldanti, come la serpentina (in questo articolo parliamo proprio di come pulire la serpentina), la cottura sarà disomogenea e insufficiente, o richiederà davvero molto tempo
  • Lo sporco carbonizzato può conferire un sapore e un odore di bruciato al cibo
  • Le particelle di sporcizia ricadranno inevitabilmente sul cibo, contaminandolo

Ogni quanto pulire il forno

Se usi spesso il forno ti consigliamo di pulirlo a fondo non meno di una volta al mese.

Se lo usi sporadicamente e prevalentemente per riscaldare le pietanze piuttosto che per cuocerne di grasse, può andare bene una pulizia accurata ogni tre mesi.

Rimandare troppo la pulizia rischia di far accumulare la sporcizia in strati, decisamente più difficili da rimuovere e che richiederanno più fatica, più tempo e detergenti più aggressivi.

Naturale o sintetico? Quale detergente scegliere per il forno.

I detergenti naturali sono ovviamente i nostri preferiti. Qui trovi il miglior detersivo per la pulizia del forno incrostato.

Succo di limone e aceto, con la loro acidità, sciolgono efficacemente la sporcizia e il grasso, sebbene con un tempo di posa piuttosto lungo. Hanno anche il vantaggio di essere molto economici, facilmente reperibili e di non creare contaminazione chimica sul cibo.

Di contro, però, una sporcizia davvero molto ostinata e incrostata, per esempio per una trascuratezza nella pulizia periodica, potrebbe aver bisogno di un detergente specifico.

La capacità pulente dei detergenti è assicurata dalla quota di tensioattivi presenti (le sostanze che permettono ai saponi di schiumare).

Il tempo di posa è decisamente più breve: possono bastare tra i 5 ei 30 minuti, a seconda del livello di incrostazione dello sporco.

Hanno quindi un’azione più veloce ma portano con se alcune contro indicazioni innegabili: il tempo risparmiato va infatti utilizzato in seguito per eseguire un risciacquo attento delle superfici, in quanto i residui potrebbero vaporizzarsi nel forno nei successivi utilizzi andando ad alterare il sapore delle pietanze, oltre che ad essere comunque particelle pericolose per l’organismo umano.

Una pasta “fai da te” per la pulizia del forno

Un forno incrostato di sporcizia può venire pulito efficacemente con un impasto naturale, facilissimo da creare. Ti servirà solo una base acida (succo di limone o aceto) e di BICARBONATO. Crea un impasto omogeneo e liscio e lascialo agire sulla superficie del forno per almeno 5-6 ore prima di risciacquare.

Ma per sapere esattamente come pulire un forno da macchie ed incrostazioni continua a leggere!

Conclusioni

Pulire il forno non deve essere una sfida. Con i giusti strumenti e prodotti per la pulizia e seguendo le istruzioni del produttore, puoi rimuovere lo sporco e gli odori dal tuo forno in pochi semplici passaggi. Assicurati di pulire regolarmente il tuo forno per prolungarne la durata e migliorare l’igiene nella tua cucina.

Cosa succede se non sai come pulire il forno? Potresti avere un build-up di sporco e grasso che potrebbero influire sulla qualità dei tuoi piatti e persino causare danni alla tua attrezzatura. Inoltre, potrebbe esserci un odore sgradevole e potrebbe essere necessario sostituire il forno prima del previsto.

Che aspetti? Inizia a pulire il tuo forno oggi per una cucina più efficiente e igienica.

 

come pulire forno1 strano metodo per rimuovere più sporco dal tuo forno mentre ti prendi cura della tua famiglia tenendo pulita l’aria che respiri in casa ed evitando detersivi che ti rovinano le mani.

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In questo articolo scoprirai come pulire i vetri del forno con rimedi naturali e senza rischi per la tua salute.

I vetri del forno sono la parte dell’elettrodomestico che si sporcherà più facilmente e che sarà più visibile, per via della sua trasparenza.

Ecco tutti i nostri consigli per pulirlo efficacemente, per avere sempre a disposizione un forno igienico e sicuro!

Ogni quanto pulire i vetri del forno

Il vetro del forno andrebbe pulito non meno di una volta al mese, se lo usi spesso; una volta ogni tre andrà bene invece se lo usi poco o se di solito non prepari alimenti che tendano a creare schizzi e macchie.

La sporcizia tende ad accumularsi sul vetro creando aloni giallastri, sgradevoli alla vista, che ostruiscono la visuale sugli alimenti in cottura e decisamente poco igienici. Aspettare più tempo di quello che suggeriamo per la pulizia del vetro del forno rischia di far incrostare la sporcizia, rendendo più faticosa e difficile la sua eliminazione.

I prodotti, naturali e non per pulire i vetri del forno

Per eliminare le tracce di unto e sporcizia dal forno puoi scegliere tra trattamenti chimici, trattamenti naturali e prodotti chimici o naturali. Vediamo subito le varie opzioni a disposizione.

Pretrattare con il vapore o con uno strumento abrasivo

Il vapore permette di ammorbidire le incrostazioni e di rendere più facile la loro eliminazione. Puoi ottenere lo stesso effetto sia con un elettrodomestico specifico, che emette vapore ad alta temperatura, sia con un contenitore pieno d’acqua bollente lasciato per mezz’ora nel forno ben caldo.

Se devi pulire il vetro di un forno a microonde assicurati di non usare contenitori in metallo; se l’oggetto della pulizia è un forno tradizionale usa pentole in metallo senza parti in plastica o gomma o contenitori in vetro o alluminio.

Uno strumento abrasivo può permetterti di dare una prima passata per eliminare le macchie più grossolane prima di usare il detergente. Puoi strofinare il vetro del forno con:

  • Sale grosso e un panno asciutto
  • Una paglietta abrasiva per la pulizia di piatti e pentole
  • Una spugna con una parte più ruvida

Il vetro è la parte meno delicata del forno: se per il rivestimento è meglio evitare gli strumenti più abrasivi, questa accortezza può allentarsi leggermente per la pulizia del vetro.

Ti consigliamo in ogni caso di evitare accuratamente lamette e altri strumenti affilati, che potrebbero graffiare irrimediabilmente il vetro del forno.

Detergenti chimici e naturali per pulire i vetri del forno

I detergenti chimici più utilizzati sono quelli a basi di ampie quantità di tensioattivi. Sono molto facili da usare perché di solito non richiedono né diluizione né lunghi tempi di posa.

Basta spruzzarli sul vetro, lasciato aperto perché non colino all’interno del forno, e lasciarli agire per qualche minuto (tra 5 e 30 a seconda del livello di sporcizia accumulata). Poi puoi utilizzare una spugna, una paglietta o un panno asciutto per strofinare ed eliminare le macchie incrostate.

Puoi ripetere il trattamento se le macchie fossero particolarmente ostinate.

Dopo la pulizia non dimenticare di risciacquare attentamente il vetro del forno con una spugna pulita e acqua calda.

Poi asciuga attentamente la superficie, per evitare che residui di detergente finiscano all’interno del forno e contaminino il cibo.

I detergenti naturali possono ottenere effetti simili, sebbene spesso serva più tempo per agire. Puoi usare una base acida (succo di limone o aceto) mescolata con bicarbonato, fino a creare una pasta della consistenza dello yogurt.

Applicata l’impasto sul vetro con una spazzola, un pennello pulito o una spugna asciutta e lascialo agire per non meno di 5-6 ore.

Successivamente procedi a strofinare e risciacquare come per i detergenti classici. Sebbene il rischio di contaminazione sia minore, perché aceto, limone e bicarbonato sono prodotti commestibili, è sempre meglio accertarsi di aver ben risciacquato e asciugato la superficie prima di chiudere il forno ed utilizzarlo per cucinare.

Se vuoi un prodotto naturale, sano per te ma efficace sullo sporco incrostato del tuo forno allora Fornobello per la pulizia dal forno incrostato fa per te!

I moderni ferri da stiro sono costruiti con tecniche e materiali che permettono allo strumento di rimanere inalterato per migliaia di utilizzi e molti anni di attività. Se una grossa parte del lavoro viene fatta dai produttori, però, dobbiamo occuparci regolarmente della manutenzione e della pulizia del ferro da stiro.

Ecco quali sono i più frequenti danni al ferro da stiro e quali sono le cause!

Danni al ferro da stiro: la piastra è graffiata

La piastra del ferro si graffia quando non facciamo attenzione ad aggirare le componenti metalliche e rigide degli abiti (zip, bottoni in metallo, cursori, gancetti, eccetera).

Una piastra graffiata non comporta grandi problemi per l’utilizzo: forse in corrispondenza del segno la stiratura potrebbe essere leggermente meno precisa, ma ripassando il ferro sulla stessa area il problema sarà risolto.

Questo danno è prevalentemente di natura estetica; purtroppo non esistono soluzioni fai-da-te, ma solo la sostituzione tramite un CAT o il produttore.

Attenzione però: graffi più profondi potrebbero avere delle pareti leggermente affilate o comunque dare vita ad una superficie irregolare che nei casi più gravi può comportare anche lo strappo di alcuni tessuti, soprattutto di quelli più delicati.

In generale quindi una piastra graffiata è un problema da risolvere.

Ferro da stiro con piastra sporca e lascia delle macchie sugli abiti

La piastra del ferro è ovviamente esposta al contatto con i tessuti, con la polvere e con i residui di vapore prodotti dal ferro.

Se questa sporcizia non viene eliminata rapidamente si ossida e può trasferirsi dalla piastra ai tessuti, lasciando brutte macchie.

Ecco cosa è possibile fare per pulirla:

  • Usare un detergente specifico, con PH acido, che elimina i residui
  • Usare una soluzione di acqua e limone e acqua e aceto, strofinando energicamente con un panno umido e poi pulendo e asciugando la piastra successivamente
  • Usare una pasta composta da bicarbonato e acqua, lasciata agire qualche minuto sulla piastra prima di eliminare i residui con un panno
  • Usare un cotton fioc intinto in aceto o limone per pulire i singoli fori di emissione del vapore

L’emissione di vapore dalla piastra è incostante o debole

La causa più frequente di questo malfunzionamento è il calcare, che si accumula in tutte le componenti esposte al contatto con l’acqua.

Per prima cosa pulisci la piastra e i singoli fori con un cotton fioc. Non temere di strofinare con troppa energia: l’acciaio non è facile da scalfire.

Per precauzione utilizza un panno morbido e, ovviamente, disconnetti il ferro dalla presa di corrente e attendi si sia raffreddato.

Se questo non dovesse essere sufficiente è probabile che il calcare si sia accumulato nel serbatoio o nella caldaia. Ecco cosa puoi fare:

  • Usare delle compresse di detergente acido: lasciate nell’acqua del serbatoio o della caldaia rendono l’ambiente sfavorevole alla formazione del calcare
  • Effettuare un lavaggio profondo con una sostanza acida. Mescola 50% di acqua calda e 50% di succo di limone o aceto. Riempi il serbatoio, imposta la modalità “vapore” e fai riscaldare bene il ferro. Dopodichè premi l’erogatore del vapore per circa 30/50 secondi. Ripeti l’operazione fino a 10 volte, o finché il vapore non esce liberamente.

Se usi acqua distillata o demineralizzata per il ferro, questo lavaggio approfondito sarà necessario solamente una volta ogni 5-6 mesi.

La caldaia del ferro da stiro non scalda l’acqua

Abbiamo visto come il funzionamento sia strettamente legato al calore e al vapore generato e possa causare danni al ferro da stiro

Può succedere che nonostante manutenzione e pulizia il ferro possa non arrivare alla giusta temperatura e che quindi la caldaia non scaldi abbastanza per trasformare l’acqua in vapore utile a stirare i capi.

In questo caso le componenti interessate potrebbero essere:

  • Termostato: nel caso dei ferri a caldaia il termostato regola la temperatura e se questo risulta guasto le regolazioni non avvengono più regolarmente. Infatti se questa parte del sistema risulta guasta un sistema di sicurezza impedisce semplicemente di raggiungere la temperatura per l’evaporazione.
  • Resistenza: quando ci si trova nella situazione in cui la piastra non scalda il guasto potrebbe derivare più che dalla piastra stessa proprio dalla resistenza deputata scaldarla.
  • Alimentazione: infine la cosa più ovvia. n guasto al sistema di alimentazione non permette l’assorbimento dell’energia necessaria per scaldare il ferro da stiro. In questo caso potrebbe essere il sistema di alimentazione interno del sistema stirante ama anche banalmente la spina della corrente.

A meno che tu non abbia scelto un modello di ferro da stiro a secco, che non richiede acqua per funzionare, avrai bisogno di scegliere il giusto prodotto per il tuo bucato.

La combinazione di ferro e acqua è infatti fondamentale: un perfetto risultato sul bucato dipenderà in parte anche da questa scelta.

Mettiamo a confronto le diverse possibilità per capire quale acqua usare per il ferro da stiro!

Ma prima voglio svelarti alcuni trucchetti per pulire casa in modo sano, naturale, facile e veloce:

Detersivo bucato

Pulire casa in modo sano e naturale non è mai stato così facile!

Con questa guida scoprirai 35 modi creativi per risolvere e problemi di pulito in casa senza detersivi

 

Quale acqua posso usare per il ferro da stiro?

Acqua del rubinetto

L’acqua di rubinetto è in assoluto la peggiore per i ferri da stiro.

Generalmente contiene molto calcare, una sostanza solida in essa disciolta, costituita da minerali (prevalentemente carbonato di calcio).

Il suo accumularsi nei sistemi del ferro da stiro e degli altri elettrodomestici causa frequenti malfunzionamenti e senza una pulizia rigorosa rischia di danneggiare lo strumento in pochissimi utilizzi.

Esistono molte possibilità per la pulizia di un ferro a vapore incrostato dal calcare, ma la scelta dell’acqua di rubinetto dovrebbe essere in partenza evitata, se non in sporadici casi di emergenza.

 

Acqua imbottigliata

Anche l’acqua imbottigliata non è una buona scelta.

Per la salute degli esseri umani i minerali contenuti nell’acqua sono fondamentali: ci fanno rimanere idratati e il loro corretto bilancio assicura il benessere e il funzionamento di tutti gli organi.

Per il ferro da stiro è invece troppo ricca di questi minerali: il suo utilizzo potrebbe far accumulare residui nel serbatoio o nella caldaia, difficili da pulire e che rischiano di danneggiare la resistenza, le condutture e la piastra.

 

Acqua addolcita da sistemi domestici

Forse in casa hai installato, al rubinetto, un addolcitore, cioè un filtro che trattiene parte del calcare.

Certamente questa soluzione è leggermente migliore dell’acqua di rubinetto semplice o di quella imbottigliata, ma ancora non è sufficiente.

Se devi o vuoi usarla, fai in modo che sia un utilizzo sporadico oppure mescolala con acqua distillata (50/50 è una proporzione perfetta).

 

Acqua distillata o demineralizzata

L’acqua distillata -o demineralizzata- è in assoluto la più consigliata per il ferro da stiro.

Prima della vendita subisce particolari lavorazioni e filtraggi che eliminano quasi il 100% dei minerali. In questo modo non si depositeranno nel ferro da stiro.

Attenzione però: questo tipo di acqua è pensata specificatamente per utilizzi di questo tipo e non per l’utilizzo umano.

Pertanto non è consigliabile bere questo tipo di acqua che non apporterebbe la giusta quantità di sali minerali necessari alla salute del corpo sia di esseri umani che di animali.

 

Un’alternativa all’acqua distillata

In casa si possono trovare delle alternative valide all’acquisto di acqua distillata.

Condizionatori e deumidificatori ad esempio producono condensa, in quantità maggiori o minori a seconda della temperatura esterna all’ambiente e al tasso di umidità presente.

Il sistema del condizionatore replica, per certi aspetti, quello dei sistemi industriali per la produzione di acqua distillata. La condensa che esce dall’apparecchio può essere raccolta e utilizzata per il ferro da stiro.

Certamente non si tratterà di acqua distillata con la stessa percentuale di purezza di quella acquistata, ma per un uso di emergenza è indubbiamente una soluzione perfetta.

Nemmeno quest’acqua è adatta al consumo umano o degli animali: non berla.

Diverso il discorso per l’acqua piovana che non è consigliabile per l’utilizzo in un ferro da stiro. le particelle in essa contenute potrebbero danneggiare i sistemi di funzionamento del ferro.

È possibile comunque eseguire una distillazione dell’acqua in modalità fai da te con gli strumenti che si hanno normalmente a casa: per fare questo è necessario però ottenere un piccolo sistema di condensazione eseguibile con una pentola capiente riempita per tra quarti d’acqua, al cui interno posizionare una ciotola.

Ponendo il coperchio alla pentola grande con adagiato del ghiaccio sopra, il riscaldamento interno e il conseguente vapore sprigionato a contatto con la parete fredda del coperchio produrrà della condensa che verrà raccolta dalla ciotola.

È comunque un sistema abbastanza laborioso e che può comportare dei rischi per via delle elevate temperature che raggiunge all’interno della pentola principale.

>> Cosa fare se in precedenza hai usato acqua normale per il ferro da stiro e adesso vuoi scoprire come pulire il ferro da stiro in modo sano e naturale.

Diventare un’impresa green conviene per diversi fattori, principalmente perché si aiuta l’ambiente e la società, si stimola l’innovazione e si apporta un miglioramento al lavoro, aprendo la porta a mercati più sensibili ed esigenti.

Cresce il clima e l’attenzione delle imprese italiane verso la sostenibilità, la tutela e la valorizzazione dell’ambiente: sono sempre di più le imprese che negli ultimi anni rafforzano i meccanismi dello sviluppo economico. L’Italia vanta di una posizione d’eccellenza per la eco-sostenibilità sia in ambito energetico che in quello dei rifiuti e dei packaging ecosostenibili. Un esempio è la società P&G, fortemente impegnata nel campo dello sviluppo sostenibile.

Ma cosa significa entrare nel campo della Green Economy? Quali sono i vantaggi? Ne scopriremo di più in questo articolo che ci aiuta a comprendere meglio la situazione italiana grazie ai dati raccolti da numerosi studi.

Che cos’è la Green Economy e quali sono i vantaggi

La Green Economy rappresenta una strategia di sviluppo basata sulla crescita delle imprese in termini economici e sull’utilizzo moderato delle risorse offerte dall’ambiente. Si tratta di un modello teorico di sviluppo economico che punta al miglioramento del benessere umano e dell’equità sociale e garantisce, al tempo stesso, una significativa riduzione degli sprechi ambientali e della scarsità delle risorse.

 

La Green Economy è finalizzata ad aumentare la resa economica di una società attraverso l’applicazione di sistemi produttivi con un impatto ambientale ridotto. Secondo le Nazioni Unite, l’economia verde è in grado di produrre un benessere individuale e di equità sociale nel completo rispetto dell’ambiente circostante. Tutte le imprese che utilizzano il modello di Green Economy hanno come unico obiettivo quello di creare ricchezza salvaguardando l’ambiente, una sfida che necessita l’unione delle forze pubbliche e private.

Gli obiettivi della Green Economy possono essere riassunti in 4 macro categorie:

 

  • Riduzione delle emissioni di CO2 e gas serra;
  • Aumento dell’efficienza con cui vengono impiegate le risorse naturali;
  • Riduzione del materiale di scarto e dei rifiuti nei processi produttivi;
  • Prevenzione della perdita di biodiversità e degli ecosistemi naturali.

 

Green Economy e imprese sostenibili: uno sguardo ai dati

L’Agenzia nazionale per l’efficienza energetica (Enea) ha presentato i risultati della “Piattaforma italiana per l’economia circolare” che coinvolge più di 60 stakeholders tra istituzioni, imprese e organizzazioni della società civile. Nel mondo delle imprese più dinamiche si ragiona in termini di sostenibilità ambientale e sociale.

 

Sono circa 350 mila le imprese italiane che, fino ad oggi, hanno investito in prodotti e tecnologie green per ridurre l’impatto ambientale e contenere le emissioni di CO2. A questa grande trasformazione è dovuta l’integrazione di 3 milioni di posti di lavoro, denominati “Green Jobs”, ovvero il 13% dell’occupazione nazionale che conta figure professionali come ingegneri, tecnici energetici, agricoltori biologici, installatori di impianti a basso impatto ambientale e così via.

Le imprese coinvolte nella Green Economy hanno visto, negli anni, un aumento di competitività all’interno dei mercati esteri, nettamente superiore rispetto al resto del sistema produttivo italiano. Il 70% di queste imprese, infatti, ha sviluppato numerose attività di innovazione e il 26% sta portando avanti progetti di hi tech. In tutto questo, il fatturato ne trae notevoli benefici con un aumento che ha coinvolto, negli scorsi anni, il 40% circa delle imprese green.

Tutte queste imprese hanno spinto il sistema produttivo italiano a diventare una leadership europea nelle performance ambientali, una posizione che tende ad aumentare grazie ai nuovi decreti governativi che incrementano l’attenzione verso l’industria e la sostenibilità. Dopo la crisi economica, sociale e sanitaria che tutte le nazioni stanno vivendo in questo periodo, si ipotizza una forte crescita della crescita della green economy che porterà ad un futuro più competitivo e sostenibile.

L’attuale sesto evento di estinzione di massa – un livello di perdita della fauna selvatica mai visto dall’estinzione dei dinosauri – sta guidando la perdita della specie a un ritmo sempre crescente.

Una nuova ricerca sta indicando che la perdita globale di vertebrati terrestri sta salendo alle stelle a una velocità mostruosa con centinaia di specie che ora sono in procinto di estinguersi.

Nella rivista Proceedings of National Academy of Sciences, i ricercatori dell’Università di Stanford mostrano come migliaia di specie in tutto il mondo sono minacciate dall’uomo e stanno per estinguersi

I fattori sono tanti, tra cui la crescita della popolazione, la distruzione dell’habitat, il commercio di specie selvatiche, l’inquinamento e cambiamento climatico.

Hanno scoperto che almeno 515 specie di vertebrati terrestri presentano meno di 1.000 individui rimasti e si potrebbero estinguere nei prossimi 20 anni, la maggior parte dei quali vive in regioni tro

picali e subtropicali nelle Americhe, in Africa e in Asia. Tra questi animali troviamo il rinoceronte di Sumatra (Dicerorhinus sumatrensis), la tartaruga gigante di Española (Chelonoidis hoodensis) e la rana Arlecchino; creature strane e meravigliose che stanno per scomparire.

Il pianeta sta attualmente affrontando un livello di annientamento biologico non visto in almeno 65 milioni di anni, quando si è verificato l’evento catastrofico di asteroidi che ha provocato l’estinzione dei dinosauri. Tutti e cinque i precedenti eventi di estinzione della Terra sono stati creati da forze astronomiche o geologiche, come i cambiamenti climatici causati da eruzioni vulcaniche o collisioni di meteoriti, ma questa estinzione attuale è quasi totalmente alimentata dall’attività umana.

Tartaruga Gigante

Uno dei principali risultati dello studio è stato l’effetto domino che l’estinzione può avere su altre specie – “l’estinzione genera estinzioni”, nelle parole dello studio.

“Quando l’umanità stermina popolazioni e specie di altre creature, sta tagliando l’arto su cui è seduta, distruggendo parti operative del nostro sistema di supporto vitale” afferma Paul Ehrlich, professore di studi sulla popolazione a Stanford School of Humanities and Sciences.

Il professore aggiunge anche che:

La conservazione delle specie in pericolo dovrebbe essere elevata a un’emergenza nazionale e globale per i governi e le istituzioni, pari alla perturbazione del clima a cui è collegata“.

Il cambiamento climatico sta portando gravi problemi all’essere umano ed è compito di tutti noi adottare un cambiamento nel modo di rapportarci all’ambiente più consapevole ed ecosostenibile.

Molte persone lottano con l’invecchiamento, poiché la vista del loro corpo un tempo splendente che perde vigore e si affloscia, lascia profonde cicatrici psicologiche. I capelli che diventano grigi è spesso il primo segno che i giorni di gloria della giovinezza stanno finendo, anche se un nuovo studio di bioRxiv offre speranza indicando che il processo di ingrigimento non è necessariamente permanente e che i capelli bianchi possono ritrovare l’originale colore quando i livelli di stress sono bassi.

Persona con capelli grigi

Per condurre la loro ricerca, gli autori dello studio hanno raccolto capelli da 14 persone di varie origini etniche e hanno analizzato campioni colorati sulla punta ma grigi alla radice, indicando che i capelli stanno diventando grigi. Con loro stupore, tuttavia, trovarono anche numerosi capelli che diventavano meno grigi verso la radice, suggerendo che in qualche modo stavano riguadagnando il loro colore precedente.

Hanno quindi effettuato un’analisi proteomica dei loro campioni raccolti al fine di accertare i diversi profili proteici dei capelli grigi e colorati. I risultati hanno mostrato che i capelli grigi contenevano un gran numero di proteine mitocondriali che sono normalmente coinvolte nel metabolismo energetico.

È interessante notare che molte di queste proteine sono anche note per essere molto reattive in risposta allo stress e sono state associate a varie altre caratteristiche legate all’età, come la degradazione del DNA. Fondamentalmente, tuttavia, molti di questi effetti possono essere annullati da cambiamenti nello stile di vita, come l’esercizio fisico regolare o il passaggio a una dieta più sana.

Sospettando che i livelli di stress possano aver avuto un ruolo nella ricolorazione dei capelli ingrigiti, i ricercatori hanno chiesto ai partecipanti di descrivere i loro episodi che sono stati più stressanti degli ultimi 12 mesi, fornendo date precise per questi eventi. Lavorando sulla base del fatto che i capelli crescono a una velocità di circa un centimetro (0,4 pollici) al mese, gli autori dello studio sono stati quindi in grado di abbinare le varie mutazioni di ciascun capello a particolari eventi della vita.

I risultati hanno mostrato che l’inversione del ingrigimento è sempre stata correlata a periodi di stress particolarmente basso. L’esempio più eclatante fu quello di una donna asiatica di 30 anni, il cui campione di capelli comprendeva una fascia di grigio che misurava 2 centimetri, al di sotto della quale tornò al suo antico colore. A quanto pare, la sezione grigia corrispondeva esattamente a un periodo di due mesi di forte stress, durante il quale si separava da suo marito.

Mentre i notiziari di tutto il mondo continuano a parlare della pandemia di Covid-19, la deforestazione nella foresta pluviale amazzonica del Brasile continua tranquillamente a salire indisturbata.

L’area di deforestazione distrutta nell’Amazzonia brasiliana nell’aprile 2020 era più alta del 64% rispetto ad aprile 2019, secondo i dati ufficiali forniti dal governo del National Space Research Institute (INPE) del Brasile, che utilizza i satelliti per tracciare la deforestazione. Questo è un grave problema ambientale di cui si parla poco ma che dovrebbe avere maggiore risalto mediatico.

Tramonto nella foresta amazzonica

Il sistema di monitoraggio della deforestazione, DETER, ha documentato 1.202 chilometri quadrati di foresta che è stata tagliata, bruciata e abbattuta nell’Amazzonia brasiliana dal 1 gennaio al 30 aprile 2020, con un aumento del 55% rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso.

L’aumento della deforestazione si sta muovendo in linea con i tassi già registrati gli scorsi anni.

Tuttavia, alcuni speravano che i tassi di deforestazione potessero diminuire a causa della pandemia di Covid-19 e della conseguente recessione economica globale e minore attività dell’uomo nei confronti della natura. In realtà, sembra che sia successo il contrario.

Complice un minor numero di agenti ambientali che pattugliano le foreste pluviali e le crescenti difficoltà economiche nelle aree rurali, l’epidemia in corso ha solo alimentato le fiamme della bonifica illegale che sta devastando l’Amazzonia.

Alcuni dei più forti aumenti della deforestazione si sono verificati nell’Amazzonia brasiliana tra il 1991 e il 2003. Anche se i tassi di distruzione della foresta pluviale non sono attualmente vicini ai livelli record dei primi anni 2000, negli ultimi anni si è assistito a un’altra ripresa della bonifica.

Grazie alla spinta dall’aumento della domanda globale di materie prime come carne di manzo, soia e olio di palma si è ricorsi ad una grande deforestazione per liberare terra per il disboscamento, l’estrazione e l’allevamento.

Molti ambientalisti hanno chiaramente puntato il dito della recente crescente deforestazione all’amministrazione populista del presidente Jair Bolsonaro, le cui politiche “pro-business, pro-Brasile” hanno costantemente distrutto le protezioni ambientali e incoraggiato taglialegna, minatori e allevatori illegali nel tentativo di portare prosperità economica per la nazione.

Bolsonaro ha autorizzato le forze armate ad entrare nella regione amazzonica per reprimere gli incendi e il disboscamento in preparazione della stagione secca, che inizierà intorno a giugno. Nonostante queste misure, gli ambientalisti sono convinti che questo non porterà a grossi progressi per risolvere il problema.

L’acqua ossigenata, o perossido di idrogeno, è una sostanza versatile con moltissime possibilità di impiego molto utili: in particolare, sbiancamento, pulizia delle ferite e trattamenti di colorazione dei capelli.

La sua economicità e versatilità non deve però trarre in inganno: la sostanza è tutt’altro che innocua! Durante l’uso è fondamentale prestare attenzione ai dettagli.

Ecco quali sono i possibili rischi dovuti all’utilizzo dell’acqua ossigenata e le precauzioni da prendere!

Rischi per le stoffe

L’acqua ossigenata ha un fortissimo potere schiarente e sbiancante. Questa peculiarità è utilissima per la pulizia della casa: una soluzione 1:1 di acqua ossigenata a 10 volumi in acqua minerale costituisce un ottimo detergente, molto economico, per la ceramica e il vetro. Inoltre, previene la formazione di muffe, frequenti nell’ambiente caldo-umido del bagno.

Il potere schiarente si esercita anche sui tessuti: quando la usi presta attenzione ai tuoi abiti e ai panni impiegati per pulire.

Rischi per la pelle e le mucose in seguito al contatto con l’acqua ossigenata

Ancor più rischioso è un contatto improprio dell’acqua ossigenata con la pelle sana e le mucose.

Se da un lato l’acqua ossigenata è un efficace antisettico per le ferite e le escoriazioni, dall’altro non deve mai entrare in contatto con la pelle sana, gli occhi, le labbra o la bocca, il naso e i genitali.

Per un’applicazione più precisa usa dei bastoncini cotonati monouso: ti permetteranno di pulire le ferite in profondità senza toccare la pelle sana, che in caso contrario svilupperebbe un’irritazione rossa e dolente.

Durante le pulizie di casa, se usi l’acqua ossigenata, arieggia bene i locali ed evita di inalare i vapori: occhi, naso e gola potrebbero infiammarsi ed irritarsi.

Rischi dal parrucchiere

Uno degli usi più famosi del perossido di idrogeno, in crema anziché soluzione acquosa, è la colorazione o decolorazione dei capelli.
L’ossigeno contenuto nel preparato solleva le squame dei capelli e permette al colore di fissarsi sotto di esse, resistendo più efficacemente ai lavaggi.

Il parrucchiere farà sempre attenzione, durante l’uso, a:

  • Non applicare il composto sulla pelle: ad elevate concentrazioni e con il necessario tempo di posa il perossido può causare irritazione, prurito, forfora e piccole ustioni chimiche.
  • Non lasciare in posa per troppo tempo il colore: ad un minor tempo di posa corrispondono rischi di danni minori.
  • A risciacquare accuratamente il colore e ad applicare un prodotto ristrutturante per ricostituire i capelli, inevitabilmente danneggiati dal trattamento.
  • Non inalare il composto durante l’applicazione.

Se desideri un cambiamento radicale per la tua chioma ti suggeriamo di affidarti ad un professionista competente: minori rischi per la salute, gli oggetti e i capelli, effetto più duraturo e luminoso!

Pericoli dovuti all’ingestione dell’acqua ossigenata

Il dentista o l’igienista dentale possono usare prodotti professionali a base di perossido per sbiancare i denti ed eliminare le macchie dovute alle bevande o al fumo. Il trattamento viene eseguito in sicurezza per il paziente e il medico grazie a protocolli, prodotti e strumenti studiati specificamente per questo scopo.

Usare l’acqua ossigenata per la pulizia, il trattamento delle ferite o dei capelli sui denti è pericoloso per la salute! A pagare il prezzo maggiore sono lo smalto dei denti, lingua e palato. In caso di ingestione, anche accidentale, possono verificarsi i seguenti problemi anche gravi:

  • Ulcerazioni ed ustioni chimiche del cavo orale, della gola e dell’esofago
  • Bruciore di stomaco e sviluppo di ulcere gastriche
  • Diarrea
  • Ad elevate quantità, un avvelenamento letale

Come vedi gli usi dell’acqua ossigenata sono moltissimi e pratici nella vita quotidiana: ma altrettanti sono i rischi. Segui sempre le istruzioni del medico, del dentista, del parrucchiere e riportate sulla confezione di prodotto acquistato!

Prodotti Verdevero con acqua ossigenata: efficaci e sicuri per la pulizia naturale

Se vuoi sfruttare i benefici dell’acqua ossigenata per la pulizia della casa senza rischi, Verdevero ha sviluppato una gamma di prodotti ecologici a base di perossido di idrogeno, sicuri, biodegradabili ed efficaci contro germi, macchie e sporco ostinato.

  • Usamix: un detergente multiuso perfetto per igienizzare superfici, rimuovere macchie e sgrassare senza lasciare residui chimici dannosi.
  • BioBianco: un additivo sbiancante naturale attivo a 30°C, ideale per rimuovere macchie dal bucato e igienizzare i tessuti senza candeggina.
  • SOS Lavatrice: un trattamento naturale per mantenere la lavatrice pulita, eliminando calcare e residui di detersivo grazie all’azione igienizzante dell’acqua ossigenata.
  • Percarbonato di sodio: un potente smacchiante naturale che libera ossigeno attivo a contatto con l’acqua calda, perfetto per sbiancare i capi senza l’uso di sbiancanti chimici aggressivi.

Questi prodotti ti permettono di ottenere una pulizia profonda e sicura, evitando i rischi legati all’uso di acqua ossigenata pura e garantendo un ambiente domestico più sano e rispettoso dell’ambiente. Scegliendo Verdevero, proteggi la tua casa e il pianeta con formulazioni naturali ed efficaci!

Se vuoi approfondire come pulire con acqua ossigenata non perderti la nostra guida completa!

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