L’INCI dei prodotti è la nostra cartina di tornasole per sapere sempre cosa stiamo utilizzando quando ci affidiamo ad un detergente, un cosmetico oppure un alimento.
Si tratta in pratica di una lista di ingredienti costruita con regole ben precise, che ci aiuta nel conoscere la composizione del prodotto che vogliamo utilizzare, e assieme all’ausilio del Biodizionario, capire se questo è pericoloso per noi e l’ambiente e in quale misura.
Ma come si legge correttamente un INCI per trarre le informazioni utili da inserire nel Biodizionario in un secondo momento?
Vediamolo brevemente con questa guida rapida!
Come leggere e interpretare un INCI
Come detto l’INCI non è altro che la vera e propria carta d’identità di un prodotto, quindi per conoscerne le caratteristiche dobbiamo essere in grado di saper leggere questa carta d’identità.
Le regole di interpretazione sono quindi fondamentali per non travisare quanto descritto nell’INCI.
Ordine nella lista degli ingredienti: le sostanze presenti nel prodotto non sono elencate alla rinfusa o in ordine alfabetico, ma seguono una precisa regola e vengono riportate nella lista in base al loro peso.
Quindi se l’ingrediente è presente in quantità maggiore rispetto ad altri verrà elencato per primo e via via a scendere sulla base di questo parametro. L’unica eccezione avviene per tutte quelle sostanze che sono presenti in quantità inferiori all’1% del totale, che trovano spazio al termine dell’elenco e sotto quella percentuale possono essere riportate senza un ordine preciso.
Nome degli ingredienti: un altro indizio importante riguardo la natura della sostanza è fornito dal nome. Infatti le nomenclature dei vari ingredienti si differenziano a seconda della loro origine, quindi verrà usato generalmente il latino per indicare sostanze di uso comune già presenti nella Farmacopea Europea, o per ingredienti di origine vegetale che non hanno subito trattamenti di alcun tipo.L’Inglese è invece utilizzato per i prodotti che hanno subito modifiche sostanziali: quindi sarà usato ad esempio per sostanze sintetiche e vegetali esposti a trasformazioni chimiche.Unica eccezione al dualismo tra latino e inglese in termini di lingua è destinato al profumo che viene indicato con il francesismo Parfume.
Indicazione dei coloranti: per i coloranti viene fatto un discorso a parte, perché vengono segnalati in base al loro standard di classificazione internazionale.
Esiste infatti il cosiddetto Colour Index solitamente abbreviato con la sigla CI che fornisce un codice in base al colore della sostanza.
Anche nell’INCI sono quindi riportati con tale codice e solitamente sono posti alla fine dell’elenco perché presenti sempre in quantità comunque inferiori all’1%. Attenzione però questo non significa che siano meno dannosi, perché sappiamo bene come questo tipo di sostanze chimiche possano essere nocive anche in ridottissime quantità.
Agricoltura biologica: all’interno dei prodotti che utilizziamo possiamo trovare anche sostanze o ingredienti provenienti direttamente da agricoltura biologica.
Solitamente accanto al nome che molto spesso è riportato in latino, troviamo un asterisco (*) ad indicare la natura di questo ingrediente.
Quindi questi sono i parametri da tenere in considerazione quando si legge un etichetta INCI di un prodotto.
È comunque bene specificare che non sono considerati ingredienti le impurità che possono rimanere all’interno del prodotto durante il processo di lavorazione dello stesso, quindi la lettura dell’etichetta ci fornisce uno spettro completo al 99,9%.
Capire i risultati di una lettura di etichetta INCI
Abbiamo visto quindi come leggere l’etichetta, ma questo non basta da solo per rendere sicuro l’utilizzo di un determinato prodotto.
Molti di noi non hanno infatti le conoscenze adeguate per stabilire se una sostanza è dannosa o meno e quindi tutto quello che troviamo riportato nell’INCI deve passare ad un ulteriore consulto con il Biodizionario.
Effettuando la ricerca della sostanza attraverso le pagine del Biodizionario possiamo avere un giudizio rapido sulla sua pericolosità, grazie anche al sistema intuitivo fatto da pallini/semafori di colore verde giallo e rosso che ci indica visivamente la natura della sostanza che abbiamo ricercato.
Quindi l’etichetta INCI da sola non è sufficiente ma abbinando questo strumento a quello del Biodizionario tutti saremo in grado di conoscere perfettamente come sono composti i prodotti che magari utilizziamo tutti giorni.
Il bicarbonato di sodio è un sale dalle mille possibilità d’impiego, comunemente utilizzato in moltissimi ambiti, domestici e non. Normalmente lo si trova in soluzione nelle acque sotterranee o superficiali, ma è possibile rinvenirlo anche in forma di cristalli che opportunamente trattati portano ad una polvere cristallina bianca, comunemente commercializzata.
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Vediamo insieme cos’è il bicarbonato di sodio, in quali settori d’uso trova spazio e dove acquistarlo!
Origini del bicarbonato di sodio: dal natron al chimico belga Solvay
I primi a scoprire uno dei composti derivati dal bicarbonato di sodio furono gli Egizi. Osservavano facilmente che sulle sponde del Nilo, quando l’acqua evaporava, rimaneva un residuo biancastro e polveroso. Sperimentando con esso scoprirono che questo sale aveva enormi potenzialitàessiccanti: non per caso, i corpi dei faraoni e dei dignitari passavano in un bagno di natron oltre due mesi per venire completamente asciugati prima di procedere con la mummificazione e la sepoltura.
Quando i Romani iniziarono ad intrattenere rapporti commerciali con la potenza medio-orientale cambiarono il nome del sale natron in natrium, secondo la dicitura latina. Questo passaggio culturale è evidente ancora oggi nella scelta del simbolo chimico del sodio: Na, per l’appunto.
Fino al 1700 l’uso del bicarbonato non divenne particolarmente popolare, per via dei costi di estrazione. Come per tutti i sali, infatti, l’estrazione poteva avvenire solamente per evaporazione dell’acqua. Il processo era così costoso che lo stipendio veniva chiamato anche “salario” proprio perché veniva pagato in sale, materia prima preziosissima e spesso riservata alla popolazione nobile o ricca.
Con la Prima Rivoluzione Industriale del 1700 il chimico francese Lavoisier individuò alcuni dei processi chimici all’origine della produzione naturale del bicarbonato di sodio, mirando a semplificarli e a renderli accessibili anche a livello industriale.
Il metodo Solvay per produrre il bicarbonato di sodio
Non molti anni dopo fu il chimico belga Ernest Solvay ad individuare un procedimento produttivo economico e funzionante per il bicarbonato di sodio, a cui diede il proprio nome.
Fino a pochi anni prima il metodo usato era detto “di Leblanc”, ma non solo i suoi costi erano più elevati, ma durante la produzione si liberavano nell’ambiente composti tossici come il solfuro di calcio o l’acido cloridrico.
Il metodo Solvay, poi esportato in tutte le produzioni del mondo e ovviamente anche nell’omonima impresa (con sede in Italia a Rosignano Solvay, in provincia di Livorno) consiste nel far passare una soluzione di cloruro di sodio in ammoniaca e anidride carbonica. I prodotti di questa reazione sono il cloruro di ammonio e, per l’appunto, un bicarbonato di sodio di purezza pari a circa il 75%.
Se si desidera ottenere bicarbonato di sodio puro, per scopi finali differenti, è necessario invece far reagire carbonato di sodio, acqua e anidride carbonica. In questo caso, l’intera massa prodotta è al 100% bicarbonato di sodio.
Entrambi i prodotti sono d’uso comune, e assolvono a funzioni differenti a seconda del tipo di preparazione che si ricerca. Il bicarbonato di sodio è facilmente identificabile nelle etichette dei cibi, dei farmaci e dei prodotti per la pulizia come additivo “E 500”.
Le proprietà chimiche del bicarbonato di sodio vengono impiegate in numerosi settori: da quello alimentare alla farmacologia, fino ai prodotti per pulire e alla cucina. Vediamone insieme qualcuno!
I farmaci
Il bicarbonato di sodio reagisce alla presenza di soluzioni acide producendo effervescenza. Questo impiego è classico nella produzione di alcuni farmaci che siano trasferiti da una bustina o da una compressa in un bicchiere d’acqua. Non per caso la maggioranza di questi prodotti è aromatizzata al limone o all’arancia: l’acidità di questi aromi innesca la reazione di effervescenza.
Considerando che il bicarbonato è una sostanza basica, che cioè limita l’effetto degli acidi, viene anche incluso in moltissime preparazioni farmaceutiche che cercano di ridurre l’acidità di stomaco e i sintomi delle indigestioni.
Fa parte anche del kit di primo soccorso nelle aziende che si occupano della manipolazione degli acidi: se qualcuno dei lavoratori si bruciasse con la sostanza acida, abbondanti quantità di bicarbonato limiterebbero l’azione dell’acido sulla pelle prevenendo danni profondissimi.
In cucina
Il bicarbonato di sodio è aggiunto alle preparazioni dolciarie come agente lievitante. Per innescare l’effervescenza è necessario che il composto sia acido: questo effetto si ottiene con gli aromi, gli ingredienti di base oppure con altri agenti come il cremor tartaro o il lievito istantaneo, in cui acido e base sono già perfettamente dosati.
La famosissima “Idrolitina”, la polvere bianca che rende frizzante l’acqua naturale e che si usava comunemente prima dell’introduzione in commercio di bevande gassate, è a base di bicarbonato e sostanze debolmente acide che innescano l’effervescenza.
Se il sugo di pomodoro o il caffè ti sembrano troppo aciduli puoi usare una punta di bicarbonato di sodio per correggerne il PH e renderli più gradevoli.
Bicarbonato di sodio per la cura della persona
Nel settore della cura per la persona il bicarbonato di sodio trova moltissimi usi.
Per le sue proprietà sbiancanti è ancora oggi incluso in alcune paste dentifrice, che producono un effetto leggermente abrasivo e rendono più candido il sorriso. Questo tipo di prodotti, o l’uso del bicarbonato di sodio puro come dentifricio, dovrebbe essere comunque limitato nel tempo per evitare di aggredire lo smalto e causare danni permanenti a denti e gengive.
La proprietà abrasiva del bicarbonato può essere utilizzata anche per effettuare uno scrub delicato sul viso o sul corpo. È necessario creare una pasta con bicarbonato e un olio, per esempio di mandorle, e massaggiare con vigore sulle zone più secche come ginocchia, gomiti o talloni. Ripetendo il procedimento con regolarità la pelle avrà un aspetto più uniforme e compatto, senza aree screpolate.
Per molti anni il bicarbonato di sodio fu anche usato per cosmetici dedicati alle donne afroamericane, che desideravano schiarire la propria pelle e assomigliare maggiormente alle donne caucasiche. Per fortuna, questo tipo di pratica è ormai caduta in disuso e anzi, la bellezza etnica viene sempre di più valorizzata dalle case cosmetiche con colorazioni, formulazioni e prodotti che sottolineano le peculiarità di ogni occhio, bocca o incarnato.
Pulizia domestica
Il bicarbonato di sodio si può usare anche in casa per compiere numerose azioni di pulizia quotidiana. E’ possibile scegliere formulazioni in purezza oppure detergenti già pronti che contengano una percentuale di questa sostanza.
Il bicarbonato di sodio si può usare anche per:
Assorbire ed eliminare gli odori dalle posate, dai piatti o dal frigorifero
Pulire una pentola dal fondo bruciato
Per ridurre la durezza dell’acqua di lavaggio della lavatrice
Come antiruggine, a patto che mescolarlo con una sostanza acida come l’acido citrico o l’aceto
Per sbiancare le superfici dure e resistenti come la ceramica
Il grado di purezza è sempre esplicitato sulla confezione. Generalmente, il bicarbonato più puro è impiegato in campo farmaceutico e sanitario, per controllare meglio le possibilità reazioni chimiche durante la produzione.
Qui non possiamo che consigliarti di acquistare il BICARBONATO DI SODIO Verdevero, ti arriva a casa nella pratica confezione ZERO plastica in carta riciclabile e sulla confezione trovi spiegati tutti i 100 usi di questo fantastico ingrediente.
Online, in negozi specializzati o al supermercato si trova un bicarbonato addizionato con altre sostanze dall’azione conservante che lo preservano dall’umidità e dalla proliferazioni di germi, ugualmente sicuro ed efficace per tutte le operazioni di pulizia, per la casa, per la bellezza e per preparare pane e prodotti di pasticceria: basta leggere con cura l’etichetta e seguire i suggerimenti d’uso indicati sulla confezione.
Tutti adorano avere una casa pulita, igienizzata e al 100% naturale: per esaudire questo desiderio dovete assolutamente iniziare ad utilizzare il carbonato di sodio.
Si tratta di un elemento estremamente duttile, utilizzato per detergere, scrostare e igienizzare la maggior parte degli elettrodomestici e superfici e grazie alle sue proprietà e caratteristiche è riconosciuto con un prodotto green ed estremamente economico.
Per avere risultati apprezzabili consigliamo sempre di utilizzare il carbonato di sodio con una purezza superiore al 99% e di abbinarlo assieme all’acqua calda per garantire un pulito impeccabile
La proprietà che rende il carbonato di sodio un elemento così usato per la pulizia della casa è la sua alcalinità, cioè la sua proprietà estremamente corrosiva con lo sporco e più gentile verso le superfici meno delicate.
Questo potere sgrassante, permette di pulire moltissime superfici della casa, senza lasciare alcun tipo di segno e soprattutto è un ottimo elemento per eliminare i cattivi odori che si possono creare in cucina, soprattutto se si è soliti trattare alimenti come il pesce.
Essendo un elemento reperibile anche in natura, che non contiene tensioattivi, fosforo e coloranti, il carbonato di sodio non produce schiuma nel suo utilizzo.
È quindi utilissimo quando si devono pulire le stoviglie durante una scampagnata in mezzo al bosco o quando ci si trova in campeggio e si deve prestare attenzione a cosa si rischia di spargere nell’ambiente.
Come pulire la cucina con il carbonato di sodio
Grazie a tutte queste fantastiche qualità naturali e sgrassanti il carbonato di sodio è ottimo per la pulizia della cucina e dei fornelli senza lasciare alcun alone.
Come detto l’utilizzo corretto è quello con un elemento puro abbinato ad un altro agente, come ad esempio l’acqua calda con cui le qualità del carbonato vengono esaltate nell’atto della pulizia delle superfici.
Questo prodotto molto facile da preparare, utilizzare e sciacquare permetterà di ottenere risultati eccellenti su molti tipi di superfici, facendo attenzione solamente a quelle leggermente più delicate per via della forza corrosiva che a lungo andare potrebbe rovinare alcuni elementi della nostra cucina.
Piano cottura
Per quanto riguarda le incrostazioni più ostinate, il grasso seccato e l’unto ancora fresco si consiglia di utilizzare una spugna imbevuta con acqua calda miscelata con carbonato di sodio.
Nel caso lo sporco si presenti più ostinato del previsto, si consiglia di lasciare il carbonato di sodio agire sulla superficie per qualche minuto prima di grattare e sciacquare con l’acqua calda e la spugnetta.
Cappa della cucina
La maggior parte delle case moderne si caratterizzano per avere il living e la cucina presenti all’interno dello stesso ambiente.
Questa soluzione salvaspazio e molto bella da vedere però può rivelarsi scomoda per quanto riguarda gli odori.
Senza una cappa pulita e ben funzionante gli odori della cucina rischiano di diffondersi per tutta la casa e creare delle situazioni spiacevoli per gli inquilini.
Per ovviare questo problema si consiglia una volta al mese di pulire la propria cappa con una miscela fatta di carbonato di sodio, acqua calda e una spugnetta.
Forno e forno a microonde
Per quanto riguarda la pulizia del forno e del forno a microonde si consiglia di procedere sempre con il metodo della spugnetta imbevuta di acqua calda e carbonato di sodio.
Nel caso di sporco ostinato si può usare un vecchio metodo che forse utilizzavano le vostre nonne per pulire questa tipologia di superfici.
Prendete un asciugamento totalmente imbevuto di acqua calda e carbonato di sodio, mettetelo all’interno del forno o nel forno a microonde caldi e lasciate agire per circa 30 minuti.
Dopo aver lasciato in posa lavate e sciacquate tutto con una spugnetta.
Stoviglie, piastrelle, elettrodomestici
Utilizzando sempre il metodo della spugnetta imbevuta in acqua calda con il carbonato di sodio strofinate queste superfici e prestate attenzione a non bagnare eventuali cavi e fili elettrici.
Le dosi utilizzate fra l’acqua calda e il carbonato di sodio dipende sempre da quanto lo sporco e il grasso sono ostinati.
Si consiglia sempre di utilizzare 2 cucchiai di carbonato di sodio all’interno di un litro d’acqua e, se si ritiene opportuno, si potranno aumentare o diminuire le dosi in base alle necessità.
Con il tempo le dosi da utilizzare saranno molto più semplici da utilizzare una volta preso confidenza con questo metodo di pulitura della cucina.
Il forno è uno degli elettrodomestici più utilizzati in cucina, ma spesso viene trascurato quando si tratta di pulizia e in pochi sanno veramente come pulire il forno incrostato come i professionisti. Una corretta pulizia del forno non solo migliora l’igiene della cucina, ma può anche prolungare la durata dell’elettrodomestico. In questo articolo, vi mostreremo come pulire il forno in modo efficiente e semplice.
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Cosa sapere prima di Iniziare a Pulire il Forno
Prima di iniziare a pulire il forno, assicurati di avere i seguenti strumenti e prodotti a portata di mano:
Guanti di gomma
Detergente per forni
Acqua
Spugna OVENSPONGE o panno in microfibra
Raschietto per forno
Sacchetto per la rimozione dello sporco
Assicurati di seguire le istruzioni per l’uso del detergente per forni e di indossare guanti protettivi per evitare di irritare le mani.
Eccoci al punto più importante: cosa fare esattamente per pulire il forno dalle incrostazioni. Prendiamo per esempio il caso peggiore, cioè quello di un forno molto sporco e unto.
Puoi trattare inizialmente con il vapore per ammorbidire lo sporco. Puoi usare un apparecchio a vapore, oppure riempire un contenitore d’acqua bollente e lasciarlo nel forno caldo e acceso per circa mezz’ora. Scegli ovviamente contenitori in materiale sicuro: metallo o vetro per il forno tradizionale, plastica specifica o vetro per il forno a microonde. Dopo mezz’ora spegni il forno, non aprirlo e fallo raffreddare per un’ora.
Usa uno strumento abrasivo come una spugna o una paglietta di ottone. Attenzione al rivestimento interno: se è vero che il vetro è la parte meno delicata e non corri grossi rischi di graffiarlo, il rivestimento smaltato può danneggiarsi se gli strumenti abrasivi vengono usati con troppo vigore.
Usa un panno o una spugna asciutta per togliere i residui più grossolani. Poi, usane uno bagnato per eliminare anche le tracce più piccole e per risciacquare attentamente. Infine asciuga le componenti e il forno e rimonta le griglie e le teglie.
Se invece il tuo forno è molto sporco di cibo, segui questi ulteriori passaggi per rimuovere lo sporco:
Raffredda il forno completamente
Rimuovi i residui di cibo utilizzando un raschietto per forno.
Procurati FORNOBELLO il detergente per forni sporchi incrostati e seguendo le istruzioni che trovi in etichetta applicalo sulla superficie interna del forno.
Pulisci il forno con una spugna o un panno in microfibra, focalizzandoti sulle aree più sporche.
Rimuovi il detergente per forni con acqua e una spugna o un panno in microfibra.
Asciuga il forno con un panno asciutto.
Se lo sporco è particolarmente ostinato, potrebbe essere necessario ripetere il processo di pulizia più volte.
Come Pulire il Forno con la modalità dell’autocleaning
Se il tuo forno ha una funzione di autocleaning, segui questi passaggi per autoclean il tuo forno:
Leggi le istruzioni del produttore per capire come funziona la funzione di autoclean.
Rimuovi tutti gli accessori dal forno.
Avvia la funzione di autoclean con il tempo di pulizia raccomandato dal produttore.
Lascia raffreddare il forno dopo che l’autoclean è terminato.
Pulisci gli eventuali residui della pulizia rimanenti utilizzando il detergente per forni FORNOBELLO, una spugna o un panno in microfibra.
Cosa succede al forno se si trascura la pulizia
Il forno trascurato incontra una lunga serie di problematiche, alcune facilmente risolvibili e alcune più serie. Vediamo le principali:
Il vetro sporco non farà vedere la pietanza in preparazione: potrebbe bruciarsi o cuocere in modo poco omogeneo, perché non potrete sorvegliarla adeguatamente
Se lo sporco si accumula sugli elementi riscaldanti, come la serpentina (in questo articolo parliamo proprio di come pulire la serpentina), la cottura sarà disomogenea e insufficiente, o richiederà davvero molto tempo
Lo sporco carbonizzato può conferire un sapore e un odore di bruciato al cibo
Le particelle di sporcizia ricadranno inevitabilmente sul cibo, contaminandolo
Ogni quanto pulire il forno
Se usi spesso il forno ti consigliamo di pulirlo a fondo non meno di una volta al mese.
Se lo usi sporadicamente e prevalentemente per riscaldare le pietanze piuttosto che per cuocerne di grasse, può andare bene una pulizia accurata ogni tre mesi.
Rimandare troppo la pulizia rischia di far accumulare la sporcizia in strati, decisamente più difficili da rimuovere e che richiederanno più fatica, più tempo e detergenti più aggressivi.
Naturale o sintetico? Quale detergente scegliere per il forno.
I detergenti naturali sono ovviamente i nostri preferiti. Qui trovi il miglior detersivo per la pulizia del forno incrostato.
Succo di limone e aceto, con la loro acidità, sciolgono efficacemente la sporcizia e il grasso, sebbene con un tempo di posa piuttosto lungo. Hanno anche il vantaggio di essere molto economici, facilmente reperibili e di non creare contaminazione chimica sul cibo.
Di contro, però, una sporcizia davvero molto ostinata e incrostata, per esempio per una trascuratezza nella pulizia periodica, potrebbe aver bisogno di un detergente specifico.
La capacità pulente dei detergenti è assicurata dalla quota di tensioattivi presenti (le sostanze che permettono ai saponi di schiumare).
Il tempo di posa è decisamente più breve: possono bastare tra i 5 ei 30 minuti, a seconda del livello di incrostazione dello sporco.
Hanno quindi un’azione più veloce ma portano con se alcune contro indicazioni innegabili: il tempo risparmiato va infatti utilizzato in seguito per eseguire un risciacquo attento delle superfici, in quanto i residui potrebbero vaporizzarsi nel forno nei successivi utilizzi andando ad alterare il sapore delle pietanze, oltre che ad essere comunque particelle pericolose per l’organismo umano.
Una pasta “fai da te” per la pulizia del forno
Un forno incrostato di sporcizia può venire pulito efficacemente con un impasto naturale, facilissimo da creare. Ti servirà solo una base acida (succo di limone o aceto) e di BICARBONATO. Crea un impasto omogeneo e liscio e lascialo agire sulla superficie del forno per almeno 5-6 ore prima di risciacquare.
Ma per sapere esattamente come pulire un forno da macchie ed incrostazioni continua a leggere!
Conclusioni
Pulire il forno non deve essere una sfida. Con i giusti strumenti e prodotti per la pulizia e seguendo le istruzioni del produttore, puoi rimuovere lo sporco e gli odori dal tuo forno in pochi semplici passaggi. Assicurati di pulire regolarmente il tuo forno per prolungarne la durata e migliorare l’igiene nella tua cucina.
Cosa succede se non sai come pulire il forno? Potresti avere un build-up di sporco e grasso che potrebbero influire sulla qualità dei tuoi piatti e persino causare danni alla tua attrezzatura. Inoltre, potrebbe esserci un odore sgradevole e potrebbe essere necessario sostituire il forno prima del previsto.
Che aspetti? Inizia a pulire il tuo forno oggi per una cucina più efficiente e igienica.
1 strano metodo per rimuovere più sporco dal tuo forno mentre ti prendi cura della tua famiglia tenendo pulita l’aria che respiri in casa ed evitando detersivi che ti rovinano le mani.
In questo articolo scoprirai come pulire i vetri del forno con rimedi naturali e senza rischi per la tua salute.
I vetri del forno sono la parte dell’elettrodomestico che si sporcherà più facilmente e che sarà più visibile, per via della sua trasparenza.
Ecco tutti i nostri consigli per pulirlo efficacemente, per avere sempre a disposizione un forno igienico e sicuro!
Ogni quanto pulire i vetri del forno
Il vetro del forno andrebbe pulito non meno di una volta al mese, se lo usi spesso; una volta ogni tre andrà bene invece se lo usi poco o se di solito non prepari alimenti che tendano a creare schizzi e macchie.
La sporcizia tende ad accumularsi sul vetro creando aloni giallastri, sgradevoli alla vista, che ostruiscono la visuale sugli alimenti in cottura e decisamente poco igienici. Aspettare più tempo di quello che suggeriamo per la pulizia del vetro del forno rischia di far incrostare la sporcizia, rendendo più faticosa e difficile la sua eliminazione.
I prodotti, naturali e non per pulire i vetri del forno
Per eliminare le tracce di unto e sporcizia dal forno puoi scegliere tra trattamenti chimici, trattamenti naturali e prodotti chimici o naturali. Vediamo subito le varie opzioni a disposizione.
Pretrattare con il vapore o con uno strumento abrasivo
Il vapore permette di ammorbidire le incrostazioni e di rendere più facile la loro eliminazione. Puoi ottenere lo stesso effetto sia con un elettrodomestico specifico, che emette vapore ad alta temperatura, sia con un contenitore pieno d’acqua bollente lasciato per mezz’ora nel forno ben caldo.
Se devi pulire il vetro di un forno a microonde assicurati di non usare contenitori in metallo; se l’oggetto della pulizia è un forno tradizionale usa pentole in metallo senza parti in plastica o gomma o contenitori in vetro o alluminio.
Uno strumento abrasivo può permetterti di dare una prima passata per eliminare le macchie più grossolane prima di usare il detergente. Puoi strofinare il vetro del forno con:
Sale grosso e un panno asciutto
Una paglietta abrasiva per la pulizia di piatti e pentole
Una spugna con una parte più ruvida
Il vetro è la parte meno delicata del forno: se per il rivestimento è meglio evitare gli strumenti più abrasivi, questa accortezza può allentarsi leggermente per la pulizia del vetro.
Ti consigliamo in ogni caso di evitare accuratamente lamette e altri strumenti affilati, che potrebbero graffiare irrimediabilmente il vetro del forno.
Detergenti chimici e naturali per pulire i vetri del forno
I detergenti chimici più utilizzati sono quelli a basi di ampie quantità di tensioattivi. Sono molto facili da usare perché di solito non richiedono né diluizione né lunghi tempi di posa.
Basta spruzzarli sul vetro, lasciato aperto perché non colino all’interno del forno, e lasciarli agire per qualche minuto (tra 5 e 30 a seconda del livello di sporcizia accumulata). Poi puoi utilizzare una spugna, una paglietta o un panno asciutto per strofinare ed eliminare le macchie incrostate.
Puoi ripetere il trattamento se le macchie fossero particolarmente ostinate.
Dopo la pulizia non dimenticare di risciacquare attentamente il vetro del forno con una spugna pulita e acqua calda.
Poi asciuga attentamente la superficie, per evitare che residui di detergente finiscano all’interno del forno e contaminino il cibo.
I detergenti naturali possono ottenere effetti simili, sebbene spesso serva più tempo per agire. Puoi usare una base acida (succo di limone o aceto) mescolata con bicarbonato, fino a creare una pasta della consistenza dello yogurt.
Applicata l’impasto sul vetro con una spazzola, un pennello pulito o una spugna asciutta e lascialo agire per non meno di 5-6 ore.
Successivamente procedi a strofinare e risciacquare come per i detergenti classici. Sebbene il rischio di contaminazione sia minore, perché aceto, limone e bicarbonato sono prodotti commestibili, è sempre meglio accertarsi di aver ben risciacquato e asciugato la superficie prima di chiudere il forno ed utilizzarlo per cucinare.
I moderni ferri da stiro sono costruiti con tecniche e materiali che permettono allo strumento di rimanere inalterato per migliaia di utilizzi e molti anni di attività. Se una grossa parte del lavoro viene fatta dai produttori, però, dobbiamo occuparci regolarmente della manutenzione e della pulizia del ferro da stiro.
Ecco quali sono i più frequenti danni al ferro da stiro e quali sono le cause!
Danni al ferro da stiro: la piastra è graffiata
La piastra del ferro si graffia quando non facciamo attenzione ad aggirare le componenti metalliche e rigide degli abiti (zip, bottoni in metallo, cursori, gancetti, eccetera).
Una piastra graffiata non comporta grandi problemi per l’utilizzo: forse in corrispondenza del segno la stiratura potrebbe essere leggermente meno precisa, ma ripassando il ferro sulla stessa area il problema sarà risolto.
Questo danno è prevalentemente di natura estetica; purtroppo non esistono soluzioni fai-da-te, ma solo la sostituzione tramite un CAT o il produttore.
Attenzione però: graffi più profondi potrebbero avere delle pareti leggermente affilate o comunque dare vita ad una superficie irregolare che nei casi più gravi può comportare anche lo strappo di alcuni tessuti, soprattutto di quelli più delicati.
In generale quindi una piastra graffiata è un problema da risolvere.
Ferro da stiro con piastra sporca e lascia delle macchie sugli abiti
La piastra del ferro è ovviamente esposta al contatto con i tessuti, con la polvere e con i residui di vapore prodotti dal ferro.
Se questa sporcizia non viene eliminata rapidamente si ossida e può trasferirsi dalla piastra ai tessuti, lasciando brutte macchie.
Ecco cosa è possibile fare per pulirla:
Usare un detergente specifico, con PH acido, che elimina i residui
Usare una soluzione di acqua e limone e acqua e aceto, strofinando energicamente con un panno umido e poi pulendo e asciugando la piastra successivamente
Usare una pasta composta da bicarbonato e acqua, lasciata agire qualche minuto sulla piastra prima di eliminare i residui con un panno
Usare un cotton fioc intinto in aceto o limone per pulire i singoli fori di emissione del vapore
L’emissione di vapore dalla piastra è incostante o debole
La causa più frequente di questo malfunzionamento è il calcare, che si accumula in tutte le componenti esposte al contatto con l’acqua.
Per prima cosa pulisci la piastra e i singoli fori con un cotton fioc. Non temere di strofinare con troppa energia: l’acciaio non è facile da scalfire.
Per precauzione utilizza un panno morbido e, ovviamente, disconnetti il ferro dalla presa di corrente e attendi si sia raffreddato.
Se questo non dovesse essere sufficiente è probabile che il calcare si sia accumulato nel serbatoio o nella caldaia. Ecco cosa puoi fare:
Usare delle compresse di detergente acido: lasciate nell’acqua del serbatoio o della caldaia rendono l’ambiente sfavorevole alla formazione del calcare
Effettuare un lavaggio profondo con una sostanza acida. Mescola 50% di acqua calda e 50% di succo di limone o aceto. Riempi il serbatoio, imposta la modalità “vapore” e fai riscaldare bene il ferro. Dopodichè premi l’erogatore del vapore per circa 30/50 secondi. Ripeti l’operazione fino a 10 volte, o finché il vapore non esce liberamente.
Se usi acqua distillata o demineralizzata per il ferro, questo lavaggio approfondito sarà necessario solamente una volta ogni 5-6 mesi.
La caldaia del ferro da stiro non scalda l’acqua
Abbiamo visto come il funzionamento sia strettamente legato al calore e al vapore generato e possa causare danni al ferro da stiro
Può succedere che nonostante manutenzione e pulizia il ferro possa non arrivare alla giusta temperatura e che quindi la caldaia non scaldi abbastanza per trasformare l’acqua in vapore utile a stirare i capi.
In questo caso le componenti interessate potrebbero essere:
Termostato: nel caso dei ferri a caldaia il termostato regola la temperatura e se questo risulta guasto le regolazioni non avvengono più regolarmente. Infatti se questa parte del sistema risulta guasta un sistema di sicurezza impedisce semplicemente di raggiungere la temperatura per l’evaporazione.
Resistenza: quando ci si trova nella situazione in cui la piastra non scalda il guasto potrebbe derivare più che dalla piastra stessa proprio dalla resistenza deputata scaldarla.
Alimentazione: infine la cosa più ovvia. n guasto al sistema di alimentazione non permette l’assorbimento dell’energia necessaria per scaldare il ferro da stiro. In questo caso potrebbe essere il sistema di alimentazione interno del sistema stirante ama anche banalmente la spina della corrente.
A meno che tu non abbia scelto un modello di ferro da stiro a secco, che non richiede acqua per funzionare, avrai bisogno di scegliere il giusto prodotto per il tuo bucato.
La combinazione di ferro e acqua è infatti fondamentale: un perfetto risultato sul bucato dipenderà in parte anche da questa scelta.
Mettiamo a confronto le diverse possibilità per capire quale acqua usare per il ferro da stiro!
Ma prima voglio svelarti alcuni trucchetti per pulire casa in modo sano, naturale, facile e veloce:
Pulire casa in modo sano e naturale non è mai stato così facile!
Con questa guida scoprirai 35 modi creativi per risolvere e problemi di pulito in casa senza detersivi
Quale acqua posso usare per il ferro da stiro?
Acqua del rubinetto
L’acqua di rubinetto è in assoluto la peggiore per i ferri da stiro.
Generalmente contiene molto calcare, una sostanza solida in essa disciolta, costituita da minerali (prevalentemente carbonato di calcio).
Il suo accumularsi nei sistemi del ferro da stiro e degli altri elettrodomestici causa frequenti malfunzionamenti e senza una pulizia rigorosa rischia di danneggiare lo strumento in pochissimi utilizzi.
Esistono molte possibilità per la pulizia di un ferro a vapore incrostato dal calcare, ma la scelta dell’acqua di rubinetto dovrebbe essere in partenza evitata, se non in sporadici casi di emergenza.
Acqua imbottigliata
Anche l’acqua imbottigliata non è una buona scelta.
Per la salute degli esseri umani i minerali contenuti nell’acqua sono fondamentali: ci fanno rimanere idratati e il loro corretto bilancio assicura il benessere e il funzionamento di tutti gli organi.
Per il ferro da stiro è invece troppo ricca di questi minerali: il suo utilizzo potrebbe far accumulare residui nel serbatoio o nella caldaia, difficili da pulire e che rischiano di danneggiare la resistenza, le condutture e la piastra.
Acqua addolcita da sistemi domestici
Forse in casa hai installato, al rubinetto, un addolcitore, cioè un filtro che trattiene parte del calcare.
Certamente questa soluzione è leggermente migliore dell’acqua di rubinetto semplice o di quella imbottigliata, ma ancora non è sufficiente.
Se devi o vuoi usarla, fai in modo che sia un utilizzo sporadico oppure mescolala con acqua distillata (50/50 è una proporzione perfetta).
Acqua distillata o demineralizzata
L’acqua distillata -o demineralizzata- è in assoluto la più consigliata per il ferro da stiro.
Prima della vendita subisce particolari lavorazioni e filtraggi che eliminano quasi il 100% dei minerali. In questo modo non si depositeranno nel ferro da stiro.
Attenzione però: questo tipo di acqua è pensata specificatamente per utilizzi di questo tipo e non per l’utilizzo umano.
Pertanto non è consigliabile bere questo tipo di acqua che non apporterebbe la giusta quantità di sali minerali necessari alla salute del corpo sia di esseri umani che di animali.
Un’alternativa all’acqua distillata
In casa si possono trovare delle alternative valide all’acquisto di acqua distillata.
Condizionatori e deumidificatori ad esempio producono condensa, in quantità maggiori o minori a seconda della temperatura esterna all’ambiente e al tasso di umidità presente.
Il sistema del condizionatore replica, per certi aspetti, quello dei sistemi industriali per la produzione di acqua distillata. La condensa che esce dall’apparecchio può essere raccolta e utilizzata per il ferro da stiro.
Certamente non si tratterà di acqua distillata con la stessa percentuale di purezza di quella acquistata, ma per un uso di emergenza è indubbiamente una soluzione perfetta.
Nemmeno quest’acqua è adatta al consumo umano o degli animali: non berla.
Diverso il discorso per l’acqua piovana che non è consigliabile per l’utilizzo in un ferro da stiro. le particelle in essa contenute potrebbero danneggiare i sistemi di funzionamento del ferro.
È possibile comunque eseguire una distillazione dell’acqua in modalità fai da te con gli strumenti che si hanno normalmente a casa: per fare questo è necessario però ottenere un piccolo sistema di condensazione eseguibile con una pentola capiente riempita per tra quarti d’acqua, al cui interno posizionare una ciotola.
Ponendo il coperchio alla pentola grande con adagiato del ghiaccio sopra, il riscaldamento interno e il conseguente vapore sprigionato a contatto con la parete fredda del coperchio produrrà della condensa che verrà raccolta dalla ciotola.
È comunque un sistema abbastanza laborioso e che può comportare dei rischi per via delle elevate temperature che raggiunge all’interno della pentola principale.
L’acqua ossigenata, o perossido di idrogeno, è una sostanza versatile con moltissime possibilità di impiego molto utili: in particolare, sbiancamento, pulizia delle ferite e trattamenti di colorazione dei capelli.
La sua economicità e versatilità non deve però trarre in inganno: la sostanza è tutt’altro che innocua! Durante l’uso è fondamentale prestare attenzione ai dettagli.
Ecco quali sono i possibili rischi dovuti all’utilizzo dell’acqua ossigenata e le precauzioni da prendere!
Rischi per le stoffe
L’acqua ossigenata ha un fortissimo potere schiarente e sbiancante. Questa peculiarità è utilissima per la pulizia della casa: una soluzione 1:1 di acqua ossigenata a 10 volumi in acqua minerale costituisce un ottimo detergente, molto economico, per la ceramica e il vetro. Inoltre, previene la formazione di muffe, frequenti nell’ambiente caldo-umido del bagno.
Il potere schiarente si esercita anche sui tessuti: quando la usi presta attenzione ai tuoi abiti e ai panni impiegati per pulire.
Rischi per la pelle e le mucose in seguito al contatto con l’acqua ossigenata
Ancor più rischioso è un contatto improprio dell’acqua ossigenata con la pelle sana e le mucose.
Se da un lato l’acqua ossigenata è un efficace antisettico per le ferite e le escoriazioni, dall’altro non deve mai entrare in contatto con la pelle sana, gli occhi, le labbra o la bocca, il naso e i genitali.
Per un’applicazione più precisa usa dei bastoncini cotonati monouso: ti permetteranno di pulire le ferite in profondità senza toccare la pelle sana, che in caso contrario svilupperebbe un’irritazione rossa e dolente.
Durante le pulizie di casa, se usi l’acqua ossigenata, arieggia bene i locali ed evita di inalare i vapori: occhi, naso e gola potrebbero infiammarsi ed irritarsi.
Rischi dal parrucchiere
Uno degli usi più famosi del perossido di idrogeno, in crema anziché soluzione acquosa, è la colorazione o decolorazione dei capelli.
L’ossigeno contenuto nel preparato solleva le squame dei capelli e permette al colore di fissarsi sotto di esse, resistendo più efficacemente ai lavaggi.
Il parrucchiere farà sempre attenzione, durante l’uso, a:
Non applicare il composto sulla pelle: ad elevate concentrazioni e con il necessario tempo di posa il perossido può causare irritazione, prurito, forfora e piccole ustioni chimiche.
Non lasciare in posa per troppo tempo il colore: ad un minor tempo di posa corrispondono rischi di danni minori.
A risciacquare accuratamente il colore e ad applicare un prodotto ristrutturante per ricostituire i capelli, inevitabilmente danneggiati dal trattamento.
Non inalare il composto durante l’applicazione.
Se desideri un cambiamento radicale per la tua chioma ti suggeriamo di affidarti ad un professionista competente: minori rischi per la salute, gli oggetti e i capelli, effetto più duraturo e luminoso!
Il dentista o l’igienista dentale possono usare prodotti professionali a base di perossido per sbiancare i denti ed eliminare le macchie dovute alle bevande o al fumo. Il trattamento viene eseguito in sicurezza per il paziente e il medico grazie a protocolli, prodotti e strumenti studiati specificamente per questo scopo.
Usare l’acqua ossigenata per la pulizia, il trattamento delle ferite o dei capelli sui denti è pericoloso per la salute! A pagare il prezzo maggiore sono lo smalto dei denti, lingua e palato. In caso di ingestione, anche accidentale, possono verificarsi i seguenti problemi anche gravi:
Ulcerazioni ed ustioni chimiche del cavo orale, della gola e dell’esofago
Bruciore di stomaco e sviluppo di ulcere gastriche
Diarrea
Ad elevate quantità, un avvelenamento letale
Come vedi gli usi dell’acqua ossigenata sono moltissimi e pratici nella vita quotidiana: ma altrettanti sono i rischi. Segui sempre le istruzioni del medico, del dentista, del parrucchiere e riportate sulla confezione di prodotto acquistato!
Prodotti Verdevero con acqua ossigenata: efficaci e sicuri per la pulizia naturale
Se vuoi sfruttare i benefici dell’acqua ossigenata per la pulizia della casa senza rischi, Verdevero ha sviluppato una gamma di prodotti ecologici a base di perossido di idrogeno, sicuri, biodegradabili ed efficaci contro germi, macchie e sporco ostinato.
Usamix: un detergente multiuso perfetto per igienizzare superfici, rimuovere macchie e sgrassare senza lasciare residui chimici dannosi.
BioBianco: un additivo sbiancante naturale attivo a 30°C, ideale per rimuovere macchie dal bucato e igienizzare i tessuti senza candeggina.
SOS Lavatrice: un trattamento naturale per mantenere la lavatrice pulita, eliminando calcare e residui di detersivo grazie all’azione igienizzante dell’acqua ossigenata.
Percarbonato di sodio: un potente smacchiante naturale che libera ossigeno attivo a contatto con l’acqua calda, perfetto per sbiancare i capi senza l’uso di sbiancanti chimici aggressivi.
Questi prodotti ti permettono di ottenere una pulizia profonda e sicura, evitando i rischi legati all’uso di acqua ossigenata pura e garantendo un ambiente domestico più sano e rispettoso dell’ambiente. Scegliendo Verdevero, proteggi la tua casa e il pianeta con formulazioni naturali ed efficaci!
L’acqua ossigenata sulla pelle è un efficace sbiancante, schiarente e disinfettante. Proprio in virtù di queste capacità viene utilizzata quotidianamente da parrucchieri, dermatologi e dentisti per i trattamenti su clienti e pazienti!
Vediamo come!
Colorazione e decolorazione dei capelli con acqua ossigenata
L’uso più classico del perossido di idrogeno è per la colorazione e decolorazione dei capelli. Il parrucchiere miscela colore o polvere decolorante al perossido, in varie concentrazioni:
3-5 volumi per un effetto delicato o sui capelli sottili, fragili, biondi
10 volumi per un effetto leggermente più intenso e se non è necessario coprire capelli bianchi
20 volumi per un effetto medio o per coprire i capelli bianchi
30 volumi per un effetto forte, anche su molti capelli bianchi o sui capelli naturalmente spessi o neri
Le due sostanze permettono alle squame del capello di sollevarsi e di far passare il colore (che si fisserà alla chioma) o al decolorante di agire per sciogliere il tono non più gradito.
La decolorazione può riguardare anche i peli: in commercio esistono preparazioni schiarenti che consentono di mascherare i peli superflui rendendoli quasi bianchi e meno visibili.
Al termine del trattamento (generalmente di 30/40 minuti di durata, ma molto dipende dall’effetto desiderato e dalla qualità e forza dei capelli) è fondamentale eseguire un risciacquo approfondito, che elimini ogni traccia di mix, e l’uso di un ricostituente per ridonare morbidezza ed elasticità ai capelli provati dall’operazione.
Considerando che il perossido di idrogeno può causare irritazioni della cute e secchezza dei capelli, è sempre bene rivolgersi ad un parrucchiere esperto se si desidera cambiare colore, per evitare di danneggiare la pelle e la chioma.
Trattamenti dermatologici contro l’acne e le macchie
Le proprietà disinfettanti dell’acqua ossigenata possono venire sfruttate dal dermatologo per la cura dell’acne. L’acne è causata infatti da batteri, depositati nei pori e sulla pelle: l’acqua ossigenata denatura le proteine e impedisce la replicazione dei patogeni. Solamente il medico può prescrivere una cura con questo prodotto: segui sempre le sue istruzioni, acquista i prodotti suggeriti e non tentare il fai-da-te! Sulla pelle sana l’acqua ossigenata può causare macchie bianche, irritazioni ed escoriazioni dolorose.
Il potere schiarente dell’acqua ossigenata può venire impiegato, da dermatologo o medico estetico, per trattare macchie della pelle dovute a:
Cattiva ed eccessiva esposizione al sole
Sbalzi ormonali, per esempio durante o dopo la gravidanza
Cicatrici in fase di rimarginazione
Anche in questo caso è fondamentale rivolgersi ad un professionista competente che ti indicherà se il trattamento è appropriato per le tue esigenze e che, nel caso di valutazione positiva, lo eseguirà in totale sicurezza e dandoti le istruzioni per la cura successiva e il mantenimento degli effetti benefici.
Dal dentista
Uno dei possibili trattamenti di sbiancamento dei denti può essere effettuato con il perossido di idrogeno per uso dentistico. Non si può usare l’acqua ossigenata venduta in farmacia per la detersione delle ferite: il rischio è di causarsi ustioni, ulcere, danni allo smalto.
Lo sbiancamento con perossido prevede:
La cura di eventuali patologie dentistiche responsabili dell’ingiallimento o delle macchie, come gli ascessi o la pulpite
L’adozione di comportamenti più corretti e sani (frequente e corretta igiene orale quotidiana, riduzione delle quantità di tè, caffè, vino rosso, fumo di sigaretta, sostanze che macchiano lo smalto)
L’applicazione di un gel o una pasta al perossido sui denti. Alcuni prodotti vengono attivati da speciali lampade a raggi UV
Lo spazzolamento e la rimozione del gel e delle tracce delle macchie con strumenti appositi usati dal dentista, per eliminare la sporcizia ma lasciando sano ed integro lo smalto che riveste i denti, ora più bianchi e lucidi
Sbiancare i denti con acqua ossigenata è uno dei possibili usi di questo ingrediente versatile. La procedura dovrebbe essere sempre eseguita dal dentista o dall’igienista dentale, che conosce il caso, i prodotti usati e gli strumenti necessari.
Molte persone però credono di poter usare la normale acqua ossigenata per la pulizia delle ferite. Questa procedura è potenzialmente pericolosa per la salute: vediamo perché e facciamo chiarezza!
Perché si usa l’acqua ossigenata per sbiancare i denti?
L’acqua ossigenata, a contatto con le macchie presenti sullo smalto, innesca una reazione per cui le proteine vengono dissolte. Mentre lo smalto rimane intatto, le sostanze organiche di cui sono costituite le macchie vengono distrutte: ecco come mai dopo il trattamento il colore dei denti è più bianco e uniforme.
L’efficacia del trattamento dipende da:
Concentrazione della soluzione usata
Tempo di posa
Tipologia di macchie riscontrate dal dentista o dall’igienista dentale
Per quali macchie l’acqua ossigenata è più efficace?
Le macchie più frequenti che si sviluppano sullo smalto dei denti sono dovute a:
Consumo frequente di cibi e bevande con potere tintorio: caffè, tè e vino rosso sono le più ostinate e difficili da pulire con la normale igiene orale quotidiana
Fumo di sigaretta
Usi alternativi dell’acqua ossigenata
L’acqua ossigenata è un ingrediente sorprendentemente versatile, utile non solo in ambito medico ma anche per la pulizia della casa. Grazie al suo potere igienizzante e sbiancante, può essere utilizzata in diversi modi per ottenere superfici più pulite e brillanti senza l’uso di sostanze chimiche aggressive.
Ecco alcuni utilizzi pratici dell’acqua ossigenata nelle pulizie domestiche:
Sbiancare i tessuti: aggiungere un po’ di acqua ossigenata nel bucato aiuta a rimuovere macchie e aloni gialli, soprattutto su capi bianchi e lenzuola. Un’alternativa ancora più efficace è l’uso del percarbonato di sodio, un composto ecologico che, a contatto con l’acqua, rilascia ossigeno attivo e potenzia l’azione smacchiante. Scopri il percarbonato di sodio qui.
Disinfettare superfici e oggetti: l’acqua ossigenata è perfetta per igienizzare taglieri, piani di lavoro e persino spugne da cucina, eliminando batteri e residui di cibo in modo naturale.
Eliminare la muffa: spruzzata sulle fughe delle piastrelle o sulle zone soggette a umidità, aiuta a rimuovere la muffa senza dover ricorrere a candeggina o altri prodotti chimici aggressivi.
Pulire e igienizzare il bagno: può essere utilizzata per sbiancare e igienizzare sanitari, box doccia e persino lo spazzolino da denti, immergendolo in una soluzione di acqua ossigenata per eliminare germi e batteri.
Con questi semplici trucchi, puoi sfruttare il potere dell’acqua ossigenata per una pulizia naturale ed efficace, evitando prodotti aggressivi e poco ecologici.
Prodotti ecologici per le pulizie a base di acqua ossigenata
Il dentista procede all’applicazione di una pasta o un gel contenente perossido di idrogeno, in quantità e concentrazione variabile. Alcuni prodotti richiedono l’esposizione ad una speciale lampada a raggi UV per essere efficaci.
Con l’uso dei giusti strumenti, il dentista procede poi a spazzolare e pulire meccanicamente i denti su ogni superficie. La spazzolatura serve ad eliminare sia i residui di gel sbiancante, sia i residui delle macchie rimosse.
Qual è il costo del trattamento?
Ogni studio dentistico applica le tariffe che ritiene più opportune per la professionalità dei trattamenti, ma uno sbiancamento costa indicativamente tra i 150 e i 500 euro.
Perché non posso usare l’acqua ossigenata venduta in farmacia per sbiancare i denti da solo?
A rigor di logica, se la sostanza usata per sbiancare i denti è il perossido di idrogeno si dovrebbe poter usare l’acqua ossigenata venduta comunemente in farmacia per uno sbiancamento fai-da-te.
Questo comportamento è però estremamente pericoloso per la salute. I motivi sono tre, principalmente:
Il dentista sceglie concentrazione di perossido e tempo di posa in base alla resistenza dello smalto e del tipo di macchie: da solo non potrai valutare questi due fattori fondamentali.
Il prodotto usato dal dentista è formulato in modo apposito per non intaccare lo smalto e le mucose. L’acqua ossigenata per la pulizia delle ferite no, invece: potrebbe essere molto aggressiva e causare danneggiamenti dei denti e ustioni o irritazioni alla bocca, dolorose e difficili da curare.
Eseguendo da soli il trattamento è possibile ingerire parte della soluzione. Il perossido di idrogeno è fortemente tossico: può causare dolore allo stomaco, ulcerazioni di bocca, esofago e stomaco e diarrea. Ad elevate concentrazioni può causare un avvelenamento letale.
I miei denti non sono più bianchi: cosa posso fare?
Se hai notato uno scurimento o un ingiallimento dei denti è fondamentale rivolgerti al dentista o all’igienista dentale.
Per prima cosa valuterà le cause del problema: se dovute ad una patologia, come la pulpite, prima di eseguire lo sbiancamento dovrà curare questa condizione. Se invece le macchie sono dovute a comportamenti scorretti (abuso di tè, caffè, fumo o cattiva igiene orale) ti suggerirà di ridurre il consume di queste sostanze e procedure di pulizia più efficaci.
Solo dopo potrete valutare il giusto tipo di sbiancamento dentale: quello con perossido di idrogeno non è l’unico eseguibile! A seconda del tuo caso specifico ti suggerirà il prodotto migliore per te.
Il sapone alla lavanda è uno dei nostri preferiti: il suo profumo inebriante ed intenso è perfetto sia per la pulizia del corpo sotto la doccia o nella vasca, sia per il bucato.
Ti proponiamo due ricette per la creazione del sapone alla lavanda fatto in casa: una davvero facilissima e una un po’ più complicata, riservata agli esperti della saponificazione!
Pulire casa in modo sano e naturale non è mai stato così facile!
Con questa guida scoprirai 35 modi creativi per risolvere e problemi di pulito in casa senza detersivi
Come fare il sapone alla lavanda partendo da saponette neutre o fiocchi di sapone
Iniziamo con la ricetta facilissima. Ti basterà acquistare dei fiocchi di sapone o delle saponette neutre da sminuzzare con un coltello e avere a disposizione i fiori di lavanda secchi.
Metti in una pentola i fiocchi di sapone o le saponette tritate. Metti la pentola a bagnomaria su un’altra casseruola più grande e piena d’acqua bollente. Mescola spesso il composto perché tutto il sapone si sciolga a dovere.
Quando il sapone è sciolto (attenzione: è molto caldo!) aggiungi i fiori di lavanda. La quantità dipenderà dalle tue preferenze. Mescola ancora qualche istante e preparati a versare il sapone nello stampo.
Scegli uno stampo che non usi più per il cibo. I migliori sono gli stampi in silicone, dai quali è facile rimuovere la barretta seccata. Versa il sapone nello stampo e lascialo asciugare indisturbato per non meno di un paio di giorni.
Olio e soda: come fare il sapone alla lavanda dagli ingredienti base
Passiamo ora alla ricetta per il sapone alla lavanda per gli esperti. Per prepararla è necessario maneggiare la soda caustica, un prodotto estremamente tossico e pericoloso. Scegli questa strada solamente se conosci la procedura e in un ambiente sicuro e arieggiato!
Ingredienti per fare il sapone alla lavanda
Ti serviranno:
210 ml di olio d’oliva o di olio di girasole
30 gr di soda caustica in fiocchi
65 ml di acqua distillata
olio essenziale di lavanda
fiori di lavanda secchi
uno stampo che non userete più per il cibo. L’unica accortezza è che non sia in alluminio
occhiali antinfortunistici per prevenire il contatto dei vapori di soda con gli occhi
guanti in gomma spessi
frusta (da dedicare solamente alla saponificazione)
casseruola ampia
contenitore o ciotola in vetro (da dedicare solamente alla saponificazione)
cucchiaio di legno (da dedicare solamente alla saponificazione)
Il procedimento:
Il procedimento una volta reperito tutto il necessario è il seguente, con dei passi precisi da fare uno dopo l’altro:
Poni nello stampo alcuni fiori di lavanda: saranno visibili all’esterno dopo aver sformato le barrette.
Indossa i guanti e gli occhiali. Metti la soda nel contenitore in vetro.
Aggiungi l’acqua distillata. La soda si scalderà molto, schizzerà e produrrà vapori tossici. Non respirarli e lascia ben aperte le finestre, o se puoi lavora all’aperto!
Lascia raffreddare completamente la soda con acqua all’aperto.
Scalda l’olio in una pentola: dovrà arrivare a circa 40 gradi. Senza che si raffreddi aggiungilo a filo alla soda con acqua, usando la frusta per ottenere un composto denso, di consistenza gelatinosa. In questa fase è fondamentale fare attenzione sia al calore che ai vapori.
Aggiungi tra le 20 e le 30 gocce di olio essenziale di lavanda e i fiori. Mescola accuratamente.
Versa il gel negli stampi. Copri con un panno spesso per evitare che il calore si disperda troppo velocemente. Non girare, muovere o scoprire lo stampo per 24 ore.
Rimuovi le barrette dallo stampo e fallo indurire per circa due mesi al buio e all’asciutto. Il sapone deve poter maturare per seccarsi completamente ed esaurire il suo potere caustico, dovuto alla soda. Attendi sempre questo tempo prima di usarlo su pelle e bucato.
Ecco dunque come puoi preparare un fantastico sapone profumatissimo di lavanda, che farà sapere tutte le stanze di questo fiore straordinario!
Se qualche barretta non dovesse venire perfetta ti consigliamo di coprirla con un sacchetto di cotone e di usarla per profumare i cassetti, gli armadi o gli ambienti: nonostante l’aspetto impreciso il profumo sarà intenso e intatto!
Se sei un amante dell’autoproduzione, dell’ecologia e del percarbonato di sodio, allora è il momento di provare a fare in casa queste tabs per lavastoviglie, ecologiche, facili da fare e che non ti deluderanno!
Ecco la ricetta.
Tabs per lavastoviglie a base di percarbonato di sodio
per 30 tabs
400 ml di sodio citrato autoprodotto,
400 gr carbonato di sodio,
150 gr percarbonato di sodio puro,
15/20 gocce di olio essenziale (FACOLTATIVO)
stampini per il ghiaccio al silicone.
Primo passo: autoprodurre il sodio citrato
800 gr di acqua distillata,
200 gr di acido citrico
170 gr di carbonato di sodio
Sciogliere l’acido citrico nell’acqua fredda in una pentola di acciaio inossidabile da almeno tre litri con i bordi alti (altrimenti la soluzione, all’inizio, potrebbe traboccare).
Aggiungere quindi 1 cucchiaio di carbonato di sodio: il liquido inizierà a reagire, quindi a fare effervescenza e si libererà anidride carbonica. Si consiglia di fare questo procedimento con finestre aperte o all’aperto. Quando smette di fare le bollicine, è allora il momento di versarvi un altro cucchiaio, così fino alla fine del carbonato di sodio.
Lasciate il preparato fermo per una notte: al mattino il liquido deve presentarsi trasparente e il suo ph deve aver raggiunto il 7. Imbottigliate e conservate in luogo fresco e buio.
Autoprodurre le tabs
Mescolare il carbonato e il percarbonato di sodio, aggiungere il sodio citrato e mescolare: addizionare acqua demineralizzata quanto basta se e’ necessaria a rendere leggermente più fluido il composto, il minimo indispensabile per poterlo mescolare bene.
Versare il composto nello stampino per il ghiaccio e attendere che le tabs si solidifichino: potrebbero impiegarci dalle due ore a due giorni.
Una volta essiccate, trasferitelo in un contenitore meglio di plastica (il vetro non si presta alla conservazione dei detersivi) o un sacchetto di carta.
Se ne utilizza una per lavaggio.
Ecologica, poco costosa e dai mille volti: e’ l’acqua ossigenata, che vogliamo insegnarvi ad utilizzare anche nelle pulizie domestiche sostenibili
Nelle case di tutti noi c’è un ingrediente davvero speciale, ma decisamente sottovalutato: e’ l’acqua ossigenata, comunemente utilizzata per disinfettare le ferite.
In realtà questo ingrediente possiede molteplici utilizzi, ed e’ un ingrediente particolarmente utile nelle pulizie domestiche.
Ecologica e a basso costo, la sua molecola contiene più ossigeno dell’acqua normale, che tende a perdere liberandolo nell’acqua sotto forma di ossigeno nascente.
Questo atomo di ossigeno libero è reattivo e ossida le molecole degli agenti infettanti.
La concentrazione dell’acqua ossigenata è espressa in volumi: se ad esempio una soluzione di acqua ossigenata è a 10 volumi significa che dalla sua decomposizione deriverebbero 10 litri di ossigeno gassoso.
A questo potente ingrediente resistono poche specie batteriche: è anche ecologica poiché si decompone in acqua e ossigeno.
Non si utilizza mai pura, ma in soluzioni acquose in percentuali non superiori al 60%. Soluzioni troppo concentrate di acqua possono intaccare metalli e marmi.
Oltre che sulle ferite, l’acqua ossigenata e’, quindi, un ingrediente perfetto per pulire la propria casa, e sono davvero molte le preparazioni, molto semplici, da fare in autonomia.
Ad esempio, Elisa Nicoli, nel suo libro Pulizie Creative, Altreconomia edizioni, ci insegna una ricetta meravigliosa per autoprodurre la candeggina delicata. Questa ricetta prevede la versione a a 130 volumi, molto potente: quando la utilizzerete, indossate sempre guanti di gomma e occhiali.
Candeggina delicata
170 gr di acqua ossigenata a 130 volumi;
700 ml di acqua DEMINERALIZZATA;
50 gr di acido citrico;
80 gr di detersivo ecologico per piatti
Sciogliere l’acido citrico nell’acqua che avrete versato in una bottiglia di plastica, si aggiunge quindi l’acqua ossigenata utilizzando guanti e occhialetti per eventuali schizzi, il detersivo per piatti. Si miscela ed è pronta.
Tenere fuori dalla portata dei bambini.
Utilizzo: direttamente sulle macchie per pretrattare, o 100 ml nella vaschetta del candeggio in lavatrice.
Oppure possiamo provare con queste.
Detergente sanificante per il bagno (800 ml di prodotto)
500 ml di acqua demineralizzata
300 ml di acqua ossigenata a 130 volumi
1 spruzzino
Una volta indossati i guanti e gli occhiali per eventuali schizzi, versare nello spruzzino l’acqua ossigenata e l’acqua demineralizzata. Etichettate il flacone e tenere fuori dalla portata dei bambini.
Uso: spruzzare sui sanitari, aspettare 5 minuti, quindi risciacquare. Passate poi con un prodotto sgrassante per la normale detersione.
Acqua ossigenata per togliere la muffa
La prima regola per prevenire la muffa è quella di sapere che essa si ciba dei depositi di materiali organici che espelliamo quando ci laviamo, i quali vengono assorbiti dal cemento nel momento in cui l’acqua schizza.
Asciugare e detergere subito la superficie bagnata con un panno e acqua ossigenata a 12 volumi e, se riuscite, coprirla con dei teli assorbenti ogni volta che vi lavate.
Sempre in linea col fatto che la muffa ama l’umidità, in particolar modo il vapore acqueo, aprire le finestre subito dopo essere usciti dalla doccia, senza attendere neppure 1 minuto; inoltre, esistono delle simpatiche piante tropicali che si nutrono di umidità, perfette da mettere in bagno, funzionali e ornamentali.
Altri escamotage domestici da osservare sono: non asciugare i vestiti in casa; evitare armadi a muro troppo ingombranti, tenere la doccia pulita, qui si immagazzina lo sporco peggiore! Se tinteggiate le pareti, scegliete una pittura a calce, eviterete il proliferare delle spore.
Se invece la muffa già vi fa compagnia, allora provate con una soluzione a base di bicarbonato e acqua ossigenata: sciogliete 2 cucchiai di bicarbonato di sodio e 2 cucchiai di sale fino in 700 ml di acqua e versate la soluzione in uno spruzzino recuperato da 1 litro, agitando bene; aggiungete quindi 2 cucchiai di acqua ossigenata a 130 volumi (mettete guanti di gomma e occhialetti).
Applicate questa soluzione sulla superficie da trattare, aiutandovi con un vecchio spazzolino da denti per raggiungere i punti più difficili.
Se la situazione e’ davvero grave, allora intervenite con la sola acqua ossigenata a 130 volumi, sempre muniti di occhiali e guanti di gomma, versandola in un recipiente di plastica: immergere uno straccio nell’acqua ossigenata e tamponare, pulendo, i punti interessati dalla muffa.
Altri utilizzi dell’acqua ossigenata nelle pulizie domestiche
1.Per pulire: un’alternativa naturale alla candeggina
Se volete eliminare una macchia colorata o pulire il bagno e la cucina, indossate guanti e occhialetti e preparate la seguente soluzione: diluite una parte di acqua a 130 volumi in 3 parti di acqua e trasferite la soluzione in uno spruzzino.
2. Per disinfettare lo spazzolino da denti
Per evitare contaminazioni batteriche in famiglia, immergere lo spazzolino in un bicchiere contenente il prodotto a 10 o 12 volumi.
3. Al posto dell’Amuchina
Per lavare la frutta e i vegetali, oltre al bicarbonato di sodio, si può utilizzare la versione a 10 volumi dell’acqua. Mettetela in una bottiglietta spray, spruzzate gli ortaggi, lasciate agire qualche minuto e poi risciacquateli con acqua corrente.
4. Via le macchie dal marmo
Se il vostro marmo presenta macchie di vino, caffè o frutta, procuratevi acqua ossigenata a 130 volumi, guanti e occhiali protettivi.
Si procede così: lavare la superficie di marmo da trattare con acqua e detergente neutro, quindi lasciate asciugare. Indossate guanti di plastica e occhiali protettivi, ricoprite la macchia con abbondante soluzione e attendete fino a completa asciugatura.
5. Rimuovere le macchie dagli abiti
È possibile rimuovere le macchie di muffa dagli abiti. Inoltre, ha la capacità di disinfettare i vestiti macchiati di sangue o altre secrezioni corporee, si può utilizzare anche per detergere i pannolini lavabili dei bambini: basta mettere i capi in ammollo in una soluzione d’acqua ossigenata al 10% prima del lavaggio normale: in una vaschetta versare 3 litri di acqua e 1 litro di acqua ossigenata.
L’acqua ossigenata si può utilizzare per eliminare le macchie di vino dai tessuti bianchi: versare un pochino d’acqua ossigenata direttamente sulla macchia e poi lavare normalmente, meglio se in acqua fredda.
Sanificare, pulire, igienizzare o disinfettare? Che confusione… come fare ad essere sicuri di cosa vogliono dire queste parole nello specifico? Molti pensano che siano sinonimi, ma non è così, e usare l’approccio sbagliato può essere pericoloso.
In questo articolo ti insegno come distinguere tra queste attività secondo la normativa corrente.
SANIFICARE
Si parla di sanificazione quando si stratta dell’intervento totale per rendere sano un ambiente. Abbiamo comprese quindi le fasi pulizia, igienizzazione e/o disinfezione. In questo processo andiamo incontro anche ad un miglioramento delle condizioni ambientali. Abbiamo uno scenario con una migliore ventilazione, areazione e microclima.
Con la sanificazione abbiamo quindi sia le attività di pulizia ordinaria con acqua e detergenti seguita poi da un trattamento di decontaminazione con igienizzazione o disinfezione.
La sanificazione è utile se si vogliono decontaminare interi ambienti ed essere sicuri che agenti patogeni e batteri vengano eliminati completamente.
Per attuarla servono attrezzature specifiche per spargere i principi attivi e il personale che la compie deve avere competenze professionali.
Può anche essere svolta da operatori non professionali, dove però l’attività è compiuta in area e ambienti circoscritti
Con la sanificazione abbiamo una riduzione dei germi e degli agenti patogeni nell’immediato, ma la sua efficacia non dura troppo a lungo. Per una corretta pulizia degli ambienti gli interventi di pulizia e igienizzazione devono essere frequenti con una particolare attenzione a quelli che si vanno a contaminare più spesso.
PULIRE
Parliamo di pulizia quando eseguiamo la rimozione di polvere, residui, sporcizia presente sulle superfici. È un attività effettuata con detergenti e mezzi meccanici e permette anche la rimozione di contaminanti patogeni
IGIENIZZARE
La igienizzazione avviene quando la pulizia si realizza più a fondo con sostanze che rimuovono o riducono gli agenti patogeni su oggetti e superfici. Le sostanze igienizzanti (es. ipoclorito di sodio o candeggina) sono efficaci nello sconfiggere gli agenti patogeni. Il ministero della salute non le considera però disinfettanti in quanto non classificate come presidi medico chirurgici. Un buon detergente igienizzante naturale lo trovi qui!
DISINFETTARE
Passando alla disinfezione abbiamo il processo che tramite sostanze disinfettanti riduce la presenza di agenti patogeni andando a diminuirli in maniera significativa, ma non a eliminarli del tutto. Se sconfitti del tutto si parlerebbe di sterilizzazione. Puoi trovare utile un altro articolo sulla disinfezione della casa.
Se si vuole andare ad approfondire in maniera dettagliata la normativa e capire ulteriori differenze tra sanificare, disinfettare e igienizzare, si consiglia di andare a studiare il seguente decreto legge: DECRETO MINISTERIALE 7 luglio 1997, n. 274 “Regolamento di attuazione degli articoli 1 e 4 della legge 25 gennaio 1994, n. 82, per la disciplina delle attivita’ di pulizia, di disinfezione, di disinfestazione, di derattizzazione e di sanificazione“.
19Capita sempre più spesso di vedere molte persone che in villeggiatura o in campeggio si lavano con shampoo e altri saponi direttamente in acqua. Anche se l’etichetta sul prodotto dice biodegradabile, non va assolutamente bene lo stesso. Si sta compiendo un’azione che danneggia il nostro pianeta e il suo ecosistema.
Un cosiddetto detergente per il corpo ecologico, anche se contiene meno sostanze chimiche nocive rispetto a un marchio convenzionale, non è assolutamente compatibile per essere versato dentro un corso d’acqua. Che sia un fiume, un lago, un torrente o un mare, non fa la differenza. Stiamo compiendo un’azione che sta danneggiando la purezza delle nostre acque.
Cerchiamo di capire il perché
Il tensioattivo nei saponi (il componente comune a qualsiasi prodotto pulente responsabile dello scioglimento dello sporco) compromette la tensione superficiale dell’acqua, qualcosa che magari sfugge all’occhio umano, ma è fondamentale per tutti gli essere viventi che abitano lì dentro.
Una tensione superficiale più bassa va a diminuire il livello di ossigeno nell’acqua, causando danni ai pesci e ad altri animali acquatici. I tensioattivi che sono presenti nei saponi sono tossici per la vita degli abitanti delle acque in particolare i piccoli invertebrati.
Una gioranta al lago
Parliamo ora del fosforo. Il fosforo ha la fama di essere un elemento dannoso per le acque. Il fosforo nel sapone nutre le alghe e le fa crescere in maniera esponenziale. Questo accade perché il fosforo va ad innalzare il livello di azoto nelle acque e porta alla crescita algosa.
Sempre più persone si accampano in riva a fiumi e laghi e non sarà certo il lavarsi di una singola persona a rovinare l’ambiente. Se però questo è compiuto da centinaia di persone capiamo come questo comprometta il nostro pianeta.
Qual è il comportamento corretto e virtuoso da seguire allora?
Bisogna insaponarsi almeno 61 metri dalla riva. Riempi un secchio d’acqua e usalo per lavarvi a distanza dalla riva. Scavate poi una buca da 6 a 9 pollici di profondità in modo da smaltire il sapone e l’acqua di risciacquo. In questo modo i batteri nel terreno aiutano la corretta biodegradazione del sapone.
Anche i deodoranti, i profumi e il trucco danneggiano l’ambiente se dispersi nell’acqua. Quando andiamo a fare il bagno nel nostro lago preferito ricordiamoci di sciacquarsi a distanza prima di fare una bella nuotata.
Le autorità delle Hawaii hanno segnalato che la loro barriera corallina è stata distrutta da tutti i nuotatori che si immergevano in acqua con creme solari. Pensa al pianeta e fai la giusta scelta ecosostenibile.21
Assumere un quantitativo sufficiente di steroli vegetali aiuta a tenere a bada il colesterolo e bisogna condurre una dieta equilibrata per avere la certezza che siano abbastanza.
Ma cosa sono esattamente gli steroli vegetali? Scopriamo nel dettaglio l’importanza che hanno questi lipidi nel nostro organismo.
Cosa sono gli steroli vegetali
Si tratta di lipidi di origine vegetale che si trovano in modo particolare nella frutta secca, negli oli vegetali e in quantità minime anche nella verdura e nella frutta fresca.
La loro caratteristica è di avere delle proprietà ipocolesterolemizzanti, ovvero di abbassare il colesterolo alto, riconosciute oramai da diverso tempo. Considerati i nemici naturali del colesterolo, agiscono nell’intestino favorendone la riduzione naturalmente.
Gli steroli vegetali si trovano nei cibi, tuttavia l’organismo ne assorbe ben pochi e per questo sono in molti a consumare bevande come Danacol per garantire all’organismo la scorta sufficiente a combattere il colesterolo alto.
Come funzionano gli steroli vegetali
La composizione chimica degli steroli vegetali somiglia a quella del colesterolo e proprio per questo motivo fanno loro concorrenza e ne limitano l’assorbimento a livello intestinale.
Un’altra importanza funzione di questi lipidi è quella di rendere più facile l’eliminazione del colesterolo dalle cellule intestinali, infatti viene rimosso tramite le feci.
La riduzione della quantità di colesterolo LDL è dovuta dunque al suo minore assorbimento e all’alterazione degli enzimi interessati nel suo metabolismo e nella sua attività di escrezione. L’azione degli steroli vegetali comporta una maggiore protezione dal rischio di sviluppare malattie cardiovascolari come infarti, ictus o arteriosclerosi.
Qual è il fabbisogno quotidiano di fitosteroli
Diversi studi scientifici hanno permesso di dimostrare l’azione anti-colesterolo degli steroli vegetali. Una ricerca italiana ha eseguito studi specifici su 116 persone con colesterolo alto trattati con 1,6 grammi di steroli vegetali da assumere per 6 settimane una volta al giorno, a pranzo oppure a cena.
Le reazioni dei pazienti sotto analisi sono state positive: già dalla terza settimana dall’assunzione dei lipidi gli studiosi hanno constatato che i livelli di colesterolo LDL era scesi circa del 10%. La riduzione è rimasta stabile anche molto tempo dopo la fine della terapia.
Lo studio ha dunque confermato la validità dei fitosteroli e soprattutto il fatto che se assunti aiutano a ridurre il colesterolo alto. Altri studi in merito hanno prodotto risultati altrettanto positivi, con la differenza di piccolissime percentuali di steroli usati nello studio.
La comunità scientifica ha perciò riconosciuto il fabbisogno quotidiano di steroli vegetali è di due grammi. Per favorire l’abbassamento del colesterolo LDL basta assumere questo quantitativo per tre settimane sotto forma di prodotti come Danacol e si ottiene una diminuzione dell’8-10% del colesterolo cattivo.
Dieta sana ed equilibrata per assumere steroli vegetali
Associare una dieta sana ed equilibrata ai prodotti arricchiti con steroli vegetali è fondamentale per tenere sotto controllo i livelli di colesterolo.
Un’alimentazione ricca di frutta e verdura assicura l’apporto corretto di fibre e sali minerali e soprattutto tiene lontano i grassi di origine animale. Mangiare cibi che forniscono naturalmente questi lipidi favorisce una buona salute e meno rischi per il cuore.
Il caffè è una bevanda che non manca mai nelle case degli italiani, da nord a sud ogni famiglia degusta il suo caffè preferito. Una tazza di caffè lungo o ristretto, dolce, amaro o con senza il latte, non importa. Ciò che importa è che accompagni dalla mattina appena svegli le nostre giornate.
Non c’è niente di peggio però quando il nostro caffè si rovescia sul divano o sui nostri vestiti, macchiando i tessuti e le nostre giornate indaffarate!
Pulire e rimuovere completamente una macchia di caffè è un’operazione relativamente semplice se sai come fare. Noi di Verdevero in questo articolo ti consigliamo dei pratici rimedi naturali per togliere le macchie di caffè che esse siano presenti su un capo di cotone o sui jeans, sul tappeto o sul materasso!
Scopriamo insieme le tecniche più efficaci!
Macchie di caffè sul tappeto
Il tappeto vicino al divano dove consumi il caffè è facile che prima o poi diventi bersaglio di una tazzina di caffè caduta accidentalmente.
Quando la macchia è ancora fresca puoi utilizzare un panno in microfibra Verdevero inumidito con un po’ di acqua calda. L’importante è tamponare delicatamente la macchia senza strofinare. Se si agisce rapidamente è possibile eliminare la macchia senza aggiungere altro.
Per rimuovere la macchia di caffè sui jeans, quando questa è ancora fresca, puoi agire preparando un composto con un cucchiaio di aceto bianco unito ad un bicchiere di acqua fredda. Dopo di che applicare la soluzione sulla macchia, sfregando delicatamente con una spugna Evosponge o con un panno.
Quando invece la macchia è particolarmente grande e sedimentata nel tessuto puoi utilizzare il bicarbonato pulente VERDEVERO. Ti basterà un solo cucchiaio da cospargere su un panno multiuso VERDEVERO pulito e bagnato. Strofina delicatamente il panno sulla macchia fin quando non scompare dai tuoi jeans.
Se la macchia persiste dopo aver utilizzato il metodo appena descritto, puoi procedere con un normale lavaggio in lavatrice per avere praticamente la certezza di risolvere il problema.
Macchie di caffè sui pavimenti o mobili in legno
Se la macchia di caffè è ancora fresca verrà via facilmente con un panno multiuso VERDEVERO e un po’ di acqua calda dalla superficie in legno.
Quando invece la macchia è presente già da qualche giorno o più ti consiglio di versare un cucchiaino di aceto sulla macchia e lasciarlo riposare per alcuni minuti. In questo modo i residui di caffè si sciolgono ed eliminarli con un po’ di carta assorbente non è mai stato così facile.
Macchie di caffè sul materasso
Il materasso è un altro punto nevralgico particolarmente attratto dal caffè, soprattutto la domenica mattina quando decidi di consumare una colazione a letto. Per eliminare la macchia di caffè il consiglio è quello di agire velocemente.
A causa dello spessore del materasso, una volta che l’alone penetra in profondità sarà difficile rimuoverlo. Per risolvere il problema puoi provare una soluzione composta da acqua calda, 2 cucchiai grattugiati del nostro sapone naturale Smacchietta, due cucchiai di bicarbonato VERDEVERO e un bicchiere di aceto bianco.
Dopo aver mescolato il tutto applica il composto sulla macchia lasciandolo agire per circa un quarto d’ora aiutandosi con un panno multiuso VERDEVERO.
Questi metodi sono al 100% naturali e permettono di eliminare ogni macchia di caffè che sia fresca o secca. Sul web si legge che anche la candeggina essere un rimedio efficace se applicata direttamente sulla macchia, soprattutto quando si tratti di tessuti di colore bianco come può essere una tovaglia.
Noi di Verdevero tuttavia, sconsigliamo l’uso di prodotti quali la candeggina o smacchiatori chimici, piuttosto perché non provi il nostro metodo per ottenere la candeggina ecologica fatta in casa? Leggi l’articolo dedicato e scopri come creare un’alternativa 100% green.
L’articolo è stato utile? Per qualsiasi necessità e supporto puoi visitare la nostra pagina dedicata all’assistenza https://www.verdevero.it/assistenza/
Il tema del benessere ambientale può essere affrontato rispetto alla qualità degli edifici o alla salute delle persone.
Nel primo caso l’edilizia sostenibile risolve questioni importanti, legate alle emissioni di inquinanti da parte dei materiali da costruzione.
Una parte dell’inquinamento indoor, però, dipende dalle attività che si svolgono durante la vita dell’edificio, pertanto gli sforzi profusi in fase di progettazione e realizzazione dell’immobile possono essere vanificati nel tempo.
Per affrontare il tema dell’inquinamento indoor, è utile avere una visione dinamica del livello di concentrazione delle singole sostanze nel tempo, per comprenderne l’andamento e le cause (uso di sostanze specifiche, svolgimento di attività, abitudini di ventilazione).
Quando si ha una maggiore consapevolezza sulla qualità ambientale indoor, si può promuovere concretamente una cultura della salubrità, e individuare buone pratiche e soluzioni comportamentali, che migliorino la qualità ambientale e il benessere degli occupanti.
Poichè non si può gestire e non si può migliorare ciò che non si può misurare, l’azienda Nuvap ha sviluppato una piattaforma per il monitoraggio dell’inquinamento indoor, che tiene conto di 26 parametri ambientali, compresi molti inquinanti chimici e fisici come il gas radon, le emissioni elettromagnetiche e la formaldeide.
Queste soluzioni si possono installare nei luoghi di studio, di vita, di cura e di divertimento.
Sulla scorta delle esperienze in campo, l’azienda ha elaborato un decalogo di buone pratiche anche per gli ambienti domestici:
Aumentare la ventilazione nell’ambiente (naturale o meccanica).
Utilizzare vernici a base di acqua.
Ridurre al minimo l’uso di materiali contenenti COV (cosmetici, deodoranti, materiali di pulizia, colle, adesivi, solventi, vernici ).
Chiudere bene i flaconi dei prodotti per la pulizia e la manutenzione, e riporli in armadi ben chiusi e lontani dalle scorte alimentari.
Preferire detergenti ecologici.
Ridurre e o eliminare tutto ciò che è ricettacolo di polvere.
Posizionare le stampanti in luoghi areati, lontano dalle camere da letto.
Manutenere adeguatamente gli impianti di riscaldamento, ventilazione e condizionamento, seguendo scrupolosamente le indicazioni dei produttori.
Utilizzare la cappa aspirante e i coperchi durante la cottura dei cibi.
Evitare di fumare.
In questo video realizzato da una nota azienda produttrice di finestre si fa riferimento alla indoor generation per definire la generazione che passa la maggior parte del suo tempo all’interno di case e luoghi inquinati:
Di questi temi si parlerà al convegno “Sensibilità e comfort abitativo” che si terrà ad Aosta il 9 Novembre.
L’attenzione e la sensibilità nei confronti dell’ambiente sono cresciute molto negli ultimi anni, anche alla luce del cambiamento climatico e dei suoi effetti ogni giorno più tangibili, ed è diventato sempre più impellente conoscere le diverse possibilità che ci vengono offerte per ridurre il nostro impatto sull’ecosistema, partendo ad esempio dal benessere in casa, migliorando l’efficienza energetica della nostra casa.
In quest’ottica si stanno diffondendo sempre più le costruzioni sostenibili, che sono state realizzate con tecniche innovative che permettono di ridurre gli sprechi a tutto tondo.
Negli ultimi decenni sono state però messe a punto soluzioni per rendere anche gli edifici già esistenti sempre più eco-friendly dal punto di vista energetico, assicurando di conseguenza una migliore qualità della vita ed una consistente riduzione dei costi in bolletta.
Inoltre, per chi svolge questi interventi c’è la possibilità di beneficiare di importanti incentivi e detrazioni fiscali, che rendono queste soluzioni ulteriormente vantaggiose.
Tra le tante soluzioni che si possono adottare al fine di avere una casa ecologica e salubre ce n’è indubbiamente una molto efficace, ma talvolta ancora poco conosciuta: l’insufflaggio.
Questa tecnica consiste nel riempire le intercapedini con specifici materiali isolanti al fine di ridurre la dispersione termica e di conseguenza anche consumi e costi. In particolare, grazie a questo processo, si possono ottenere diversi benefici quali ad esempio un risparmio di energia nell’immediato e l’eliminazione delle dispersioni termiche, con un conseguente miglioramento anche del comfort all’interno dell’abitazione.
L’insufflaggio è una tecnica semplice e di rapida esecuzione che può essere applicata sia nelle intercapedini delle pareti che nei sottotetti e permette, oltre ai vantaggi già citati, di godere anche di un isolamento acustico.
In particolare, è indicato per le case che presentano muri perimetrali con la cassa vuota, ovvero con una camera d’aria non isolata al loro interno, costruite di solito prima della metà degli anni ’70.
Tale intervento può essere effettuato anche per isolare i sottotetti non abitabili con superfici discontinue occupate da travi di sostegno.
Per effettuare questo tipo di intervento possono essere utilizzati diversi tipi di materiali isolanti tra cui la cellulosa e la fibra di vetro, che sono attualmente fra i migliori in commercio.
L’insufflaggio con cellulosa è rispettoso dell’ambiente in quanto per produrla viene utilizzata carta riciclata e viene utilizzata una minore quantità di energia per produrla rispetto ad altre soluzioni. Un altro grande pregio di questo materiale è quello di riequilibrare il tasso di umidità degli ambienti grazie alle sue capacità traspiranti. Questo consente di liberare le pareti da condense e muffe assicurando un ottimo comfort in casa dal punto di vista termico e acustico.
L’insufflaggio con fibra di vetro a sua volta si caratterizza per una lunga durata nel tempo oltre che per la facilità e la velocità di posa. La fibra di vetro inoltre è un isolante minerale che viene prodotto con vetro riciclato e senza l’uso di resina termoindurente. Questa soluzione, oltre che garantire un ottimo isolamento termoacustico, è fruibile anche in condizioni di difficile accesso e assicura una bassa generazione di polvere durante le operazioni di insufflaggio.
Le dispersioni di energia nella nostra casa si possono ridurre drasticamente, oltre che con l’insufflaggio, anche con altre tecniche innovative, quali ad esempio la ventilazione meccanica controllata. Questa soluzione permette di mantenere l’aria della casa costantemente pulita grazie ad un sistema continuo di ricambio dell’aria. Questo sistema estrae l’aria da bagno e cucina e ne immette di nuova nelle camere da letto e in soggiorno, garantendo una migliore qualità e salubrità dell’aria senza la necessità di aprire le finestre.
Oltre a garantire un ottimo comfort, questa soluzione permette di contenere le dispersioni energetiche rispetto alla classica apertura delle finestre per l’aerazione dei locali, consentendo di raggiungere il massimo risparmio durante il periodo invernale.
Altri importanti vantaggi dati dalla ventilazione meccanica controllata sono poi la limitazione degli inquinanti domestici e la riduzione della condensa sui muri, soprattutto in inverno, consentendo di evitare lo sgradevole problema delle muffe. Queste ultime, oltre ad essere un problema estetico, sono molto dannose per la salute in quanto le spore della muffa possono provocare allergie e la loro completa eliminazione non può che essere positiva, per il benessere di tutta la famiglia.
Per effettuare questi interventi in modo efficace e totalmente sicuro è sempre bene affidarsi a persone di fiducia, che abbiano una profonda esperienza in merito.
Soluzioni Eco Creative, un’azienda piemontese che da anni si occupa di insufflaggio e ventilazione meccanica controllata, è nata proprio con l’intento di rendere le case sempre più ecosostenibili e amiche dell’ambiente. Per questo ogni giorno accompagna le persone in ogni fase del processo di efficientamento energetico della loro casa, dalla scelta dei materiali isolanti più indicati per ridurre la dispersione termica alle fasi di presentazione delle pratiche burocratiche volte all’ottenimento delle detrazioni fiscali.
Perché una casa più ecologica è un gesto d’amore per il Pianeta e per la propria famiglia.
Rendere la propria casa ecologica e libera da muffe è il primo passo da fare per vivere meglio e ridurre il proprio impatto sull’ambiente, nel pieno rispetto di ciò che ci circonda.
Sono sempre più gli italiani che desiderano e cercano il benessere in casa, vivere in un ambiente naturale, sano.
A questo si aggiunge certamente l’esigenza di risparmiare sulle bollette: è quello che succede in molte famiglie, dove la spesa energetica per luce e riscaldamento sono sempre più care, e nonostante questo, non si riesce a generare comportamenti virtuosi per risparmiare energia, mantenendo un comfort accettabile, spendere meno e salvare il nostro pianeta che chiede sempre più aiuto.
Una soluzione per generare definitivamente comportamenti che rispecchiano la propria quotidianità, che modellano il proprio stile di vita e danno comfort e risparmio in bolletta allo stesso momento, e’ sempre più la casa intelligente, da fare in pochi click, alla portata di tutti.
Ecco, allora, la SMARTHOME.
Una casa intelligente, per progettare la quale esiste un sistema che si chiama Home4You.
Ovvero i 4 pilastri per il benessere in casa nella tua SMARTHOME, un ambiente sano e naturale. Quando siamo in una casa calda, comoda e confortevole fatta per stare con le persone che amiamo, siamo felici.
In cosa consiste il metodo Home4You e quali sono i 4 pilastri della progettazione?
INVOLUCRO
In fase di progettazione, dobbiamo definire con il cliente la forma della sua casa e quindi il rapporto S/V, cioè il rapporto tra la superficie disperdente e il volume riscaldato. Più semplice è la forma della casa e meno isolante ci vorrà per renderla efficiente. Poi si passa al tipo di isolamento e ai serramenti che permettono alla luce di entrare in casa.
ARIA
L’aria è l’elemento principale della nostra casa e deve essere continuamente ricambiata. Ma quanto deve essere ricambiata? La normativa ci dice che deve essere garantito un ricambio di aria di almeno 0,3-0,5 vol/h attraverso due sistemi: Naturale o Meccanico.
In entrambe i casi devono essere garantita la qualità dell’aria che respiriamo.
ENERGIA
Naturalmente dobbiamo produrre l’energia da da fonti rinnovabili. Il sistema Edificio- Impianto sarà poi progettato per ridurre al minimo i consumi. Pensa che un’abitazione in classe G (poco isolata e vecchia) consuma oltre i 200 kWh/ m2a mentre i consumi di un edificio passivo si stimano al di sotto di 10 kWh/m2a e basta una VMC per garantire il benessere.
GESTIONE SMART
Una volta che abbiamo progettato una SmartHome, dobbiamo gestirla e per questo ci sono sistemi intelligenti per connettere i vari dispositivi di casa e programmarli attraverso la matrice dei comportamenti, per far diventare la casa la TUA casa personalizzata, che fa quello che vuoi tu, quando vuoi tu.
La fase progettuale passa da un’analisi finanziaria delle scelte progettuali, questo è lo standard Home4You, con lo sfruttamento delle detrazioni fiscali, studiate per ogni caso specifico.
L’ideatore del progetto e’ Andrea Rotta, Ingegnere e autore dei libri SMARTHOME e ARIA PULITA, che da più di vent’anni progetta il risparmio energetico nelle abitazioni ed è specializzato in SMARTHOME, le CASE INTELLIGENTI, ovvero le case a basso consumo energetico dove l’aria all’interno è più sana, pulita e salubre e le bollette del gas sono a zero.
Per passione e per lavoro mi ritrovo ogni giorno a farmi domande molto scomode:
Le ecodosi, sono davvero ecologiche?
Serve davvero acquistare un detersivo monodose dentro a un involucro in PVA difficilmente biodegradabile?
Totti fa davvero il bucato a casa sua? (Se non lo sai già è il testimonial)
Le ecodosi sono davvero ECO?
E’ l’ultima in particolare che mi sta tormentando da diverse settimane.
E cioè da quando Francesco, indiscusso campione di calcio, ci sta tormentando dalla sua lavanderia con le famose ecodosi della famosa marca di detersivi NON ECOLOGICI.
Ad essere precisi non mi tormenta Totti ma l’argomento in sé.
LE ECODOSI sono dei sacchettini idrosolubili all’interno dei quali si può inserire una dose di detersivo per lavatrice o lavastoviglie.
Certamente sono comode e possono essere toccate con le dita senza sporcarsi e senza entrare in contatto con le sostanze chimiche del detersivo
Non richiedono all’utilizzatore di dosare il prodotto e quindi facilitano l’utilizzo nella vaschetta della macchina.
Ma io mi chiedo spesso:
Ma sono davvero ecologiche le pastiglie di detersivo in ECODOSE?
E a questa domanda mi sono dato 3 facili risposte:
RISPOSTA 1
Le ecodosi non sono ECOLOGICHE perché il PVA non è facilmente biodegradabile.
L’involucro delle pastiglie è composto da PVA, Alcool Polivinilico.
Il PVA si biodegrada del 18% in 28 giorni. Peccato che per definire un ingrediente o un elemento facilmente biodegradabile si dovrebbe degradare del 60% in 28 giorni.
Questo dato mi fa dire che no, le ecodosi non sono ecologiche.
RISPOSTA 2
Le ecodosi non sono ecologiche perché il contenuto delle pastiglie non è ecologico.
Se è vero che all’interno degli involucri in PVA c’è il classico detersivo della nota marca che non è ecologico, allora perché lo stesso detersivo dentro a un involucro non facilmente biodegradabile dovrebbe essere ecologico?
RISPOSTA 3
Perché proprio Totti?
Quanto sono sicure le ECODOSI?
Ma se smettiamo un attimo i panni degli ecologisti e guardiamo a casa nostra allora c’è subito un dato allarmante da considerare: dal 2010 ad oggi sono esponenzialmente aumentate le segnalazioni di danni causati da detersivi all’interno delle nostre case.
Ecco i darti che riporta Corriere.salute:
“al Centro Antiveleni di Milano sono arrivate, dal 2010 al 2016, 2.203 segnalazioni cliniche relativi a incidenti con detersivi monodose per lavatrice, il 90% dei quali relativi a bambini sotto i 5 anni. Nella maggior parte dei casi si trattava di ingestione (82,7%), seguita da lesioni oculari (4,6%) e cutanee (0,8%), quando l’esposizione era singola (88,1%). C’erano poi le situazioni di contatto multiplo (11,9%): ingestione e oculare (5,1%), ingestione, oculare e cute (1,6%), ingestione e cutanea (1,7%), cutanea e oculare (3,3%).”
Le lesioni si verificano perché i bambini trovano questi oggetti colorati molto simili a caramelle e sono invogliati a toccarle.
Giocando e Manipolandole, le capsule si possono rompere spruzzando il detersivo negli occhi dei bambini.
O ancora, rompendosi e colando nelle mani dei bambini, queste rimangono intrise di ingredienti chimici. E i bambini si sa, si portano le mani agli occhi o alla bocca, mangiandosi detersivo.
Sarebbe auspicabile che almeno i produttori si impegnassero a renderle meno attrattive e accattivanti per far si che i bambini che le trovano in casa non ne vengano attratti.
Ma a giudicare da quelle che usa Francesco per ora non è così.
La Ventilazione Meccanica Controllata, o V.M.C., è un sistema automatico e a funzionamento continuo per il ricambio dell’aria nelle abitazioni.
Provvede ad aspirare aria estraendola da cucine, bagni, servizi e lavanderie immettendone di nuova nei soggiorni e nelle camere da letto. In questo modo la qualità e la salubrità dell’aria all’interno della casa sono controllate e garantite, limitando nel contempo sia dispersioni eccessive di energia dovute all’apertura delle finestre, sia concentrazioni troppo elevate di inquinanti domestici.
Le abitazioni moderne sono dotate di serramenti e isolamenti tali da renderle ermetiche e prive di un rinnovo naturale. L’assenza di un impianto di ventilazione o un’apertura delle finestre insufficiente, non consentono il giusto ricambio d’aria, rendendo gli ambienti insalubri e causando spesso gravi problemi di formazione di condensa e muffe.
I sistemi di VMC garantiscono un ottimo confort abitativo, contenendo le dispersioni energetiche, contrariamente a quanto avviene con l’apertura delle finestre per l’areazione dei locali e raggiungendo il proprio apice nella stagione invernale, nella quale mantengono una condizione termo-igrometrica ideale delle abitazioni.
La letteratura medico scientifica è ormai concorde sul fatto che la qualità dell’aria nelle nostre case sia quasi sempre peggiore di quella esterna. L’ apertura delle finestre effettuata in maniera saltuaria, di solito al mattino ed alla sera, risulta ormai inefficace nelle abitazioni dotate di moderni serramenti.
Per garantire un corretto ricambio aria sarebbero necessarie più apertura al giorno, per breve periodi, anche nelle ore notturne. Essendo ciò di fatto impossibile è necessari adottare un sistema che provveda alla ventilazione in modo meccanico ed automatico.
Durante il periodo invernale l’eccesso di umidità relativa in ambiente, a contatto con le pareti più fredde dell’alloggio, condensa trasformandosi progressivamente in muffa.
Questo grave problema colpisce alterando l’aspetto dei locali, degradando le finiture interne, emanando odori sgradevoli, ma soprattutto avendo pesanti conseguenze sulla salute a causa delle allergie provocate dalle spore della muffa. Gli Inquinanti si accumulano a livelli tali da costituire una seria minaccia per la nostra salute.
La VMC assicura una ventilazione costante garantendoci benessere e risparmio energetico, tramite un piccolissimo ricambio d’aria, continuo ed adattabile ai reali fabbisogni della nostra abitazione, evitando sprechi di energia ed ingresso di rumore dall’esterno.
Come pulire il ferro da stiro: tutti i suggerimenti
Come per tutti gli elettrodomestici, un’accurata pulizia del ferro da stiro permette di scongiurare numerosi problemi. Più viene utilizzato, e dunque messo sotto stress, più frequente dovrà essere la manutenzione. I motivi sono essenzialmente due: da un lato si mantiene lo strumento in eccellenti condizioni, con prestazioni sempre elevate; dall’altro si evita la formazione di sporcizia che può causare guasti complessi e costosi da risolvere. Ecco tutti i nostri consigli su come pulire il ferro da stiro!
5 ingredienti naturali per rivoluzionare le tue pulizie
Scopri come creare in casa detersivi ecologici efficaci ed economici con soli 5 ingredienti.
Il principale nemico della pulizia del ferro da stiro è il calcare
Il calcare è una sostanza presente nell’acqua, specialmente in quella di rubinetto. Costituito da minerali disciolti nell’acqua, specialmente da carbonato di calcio, ha l’aspetto di una polvere biancastra o grigia incrostata su tutti gli oggetti che sono frequentemente a contatto con l’acqua. Gli oggetti e gli elettrodomestici più spesso esposti al calcare sono:
Vetri della doccia
Sanitari, lavandini della cucina e piani di lavoro
Rubinetteria
Bollitori
Caldaie, scaldacqua e boiler
Ferri da stiro
Il ferro da stiro a vapore funziona per via dell’acqua caricata nella caldaia: riscaldata dalla resistenza consente l’emissione di un getto di vapore caldo che contribuisce ad eliminare pieghe e grinze.
L’acqua che ristagna nella caldaia può però causare problemi al ferro, alle sue componenti e dunque al momento dell’utilizzo.
L’acqua è il problema!
Senza acqua il ferro da stiro non funziona, come abbiamo detto. La scelta dell’acqua è vitale per la conservazione dello strumento (leggi qui quale acqua usare per il ferro da stiro).
L’acqua di rubinetto è in assoluto la peggiore: in molte città italiane il tasso di calcare è elevato e può danneggiare gli elettrodomestici.
Decisamente più sicure per la loro funzionalità sono le acque demineralizzate, vendute esattamente per questo scopo.
L’acqua si dice demineralizzata quando è sottoposta ad un trattamento di bollitura e preparazione che elimina oltre il 99% delle componenti minerali presenti in origine.
E se non voglio acquistare l’acqua demineralizzata?
L’acqua demineralizzata è un prodotto efficacissimo per la conservazione del buono stato del ferro da stiro. Venduta in taniche è però pesante e scomoda da trasportare e stoccare in casa.
Che fare, dunque? Una soluzione parziale ma efficace è l’acqua di condensa dei condizionatori e dei deumidificatori.
Il passaggio nei circuiti dell’elettrodomestico elimina una buona parte dei minerali: non nella percentuale eliminata dall’acqua demineralizzata in modo industriale, ma comunque abbastanza elevata per un uso con molti meno rischi.
Per raccoglierla basta lasciare un catino, una bacinella o una brocca sotto lo scolo nel condensatore: specie nello giornate più umide ci vorranno poche ore per avere una buona provvista di acqua demineralizzata perfetta per il ferro da stiro.
Attenzione: né l’acqua demineralizzata in modo industriale né quella ottenuta dal condizionatore è adatta per essere bevuta!
Cosa fare per preservare il ferro da stiro
Ecco alcuni suggerimenti per preservare efficacemente il ferro da stiro in ottime condizioni di pulizia dal calcare e per prevenire i danni più comuni.
Alla fine dell’uso elimina sempre l’acqua residua e asciuga il contenitore della caldaia, lasciandolo scoperto. Se l’acqua ristagna per ore nel serbatoio potrebbe formarsi una maggiore quantità di calcare.
Almeno una volta a settimana, se usi spesso il ferro da stiro, procedi con una pulizia più accurata della piastra. Esistono sia prodotti appositi, come gli stick di ammoniaca, sia prodotti naturali come il bicarbonato, l’acido citrico e il detergente per le stoviglie. Passane una piccola quantità sulla piastra, lascia agire qualche minuto e poi strofina con un panno asciutto per eliminare i residui.
Se noti calcare nel serbatoio puoi utilizzare una soluzione di acqua calda e in soluzione al 15% (non usare lemontrì perché contiene cellulosa) o succo di limone. Lasciala nella caldaia per una mezz’ora, eliminala, risciacqua e asciuga attentamente. L’acidità dell’acido citrico scioglierà il calcare e lo farà depositare sul fondo del serbatoio, dove è facile eliminarlo. Se il tuo ferro da stiro è di ultima generazione potrebbe avere una funzione di rimozione del calcare integrata: segui le istruzioni per eseguire la procedura e pulire il serbatoio.
Abbiamo accennato all’esistenza sia di prodotti specifici, spesso consigliati dai produttori, sia di prodotti naturali efficaci per la rimozione del calcare.
Vediamo insieme vantaggi e svantaggi dell’uso di entrambi.
Il detergente sintetico è sicuro dal punto di vista dell’uso, a patto di rispettare le istruzioni sulla confezione e fornite dal produttore. Per evitare un carico di responsabilità, i prodotti spesso sconsigliano i rimedi naturali per la pulizia del ferro e piuttosto consigliano l’acquisto di detergenti specifici. Hanno il vantaggio di essere già pronti all’uso, ma costosi.
I rimedi naturali sono facili da organizzare: spesso sono creati a partire da ingredienti presenti in qualsiasi cucina, dispensa o armadietto delle pulizie. Richiedono qualche tentativo per dosare bene gli ingredienti e trovare il giusto mix per le proprie esigenze, ma il loro costo è decisamente irrisorio. Generalmente -anche se non è detto in modo assoluto!- comportano meno rischi per la salute e per l’ambiente naturale.
Il prodotto principe per la pulizia del ferro da stiro in modo naturale è l’ Acido citrico, economico e di facile reperimento.
La scelta, insomma, si basa soprattutto sulle singole esigenze. Valuta entrambi le soluzioni, provare e verifica quali si adattano meglio al tuo caso!
Pulire la piastra del ferro da stiro: i metodi più comuni
La piastra del nostro ferro da stiro è la parte più importante su cui effettuare una continua manutenzione.
Il motivo è ovvio: si tratta della parte a stretto contatto coi capi che intendiamo stirare, quindi trascurarla significherebbe anche mettere a repentaglio i nostri vestiti in fase di stiratura.
Per prevenire questo problema esistono molti metodi per la pulizia della piastra in maniera efficace e vediamo allora qualche trucchetto per mantenere il nostro ferro da stiro come nuovo.
Trattare la piastra del Ferro da Stiro con sale e l’aceto
Il primo metodo per una pulizia naturale della piastra è quello che coinvolge il sale e l’aceto.
La procedura è molto semplice.
In un piccolo tegame mettere a scaldare dell’aceto con del sale fino. la soluzione che si viene a creare va portata ad ebollizione e appena raggiunge quel punto va tolta dal fuoco.
A quel punto, avendo cura di indossare un paio di guanti come quelli che si usano per le pulizie domestiche, intingere un panno nella soluzione calda e strofinarla sulla piastra del nostro ferro da stiro.
Questa soluzione è ottima per togliere le incrostazioni di sporco dalla piastra e se il panno non dovesse bastare, si può decidere di applicare più forza allo strofinamento con l’ausilio di una paglietta delicata, avendo cura di non rovinare la piastra con graffi che ne pregiudicherebbero l’effetto stirante.
Pulire la piastra del ferro da stiro con bicarbonato di sodio
Anche il bicarbonato può venire in aiuto per la pulizia della piastra del nostro ferro da stiro.
In un piccolo recipiente mettiamo poca acqua e aggiungiamo due cucchiai di bicarbonato di sodio, mescolando il composto fino ad ottenere una pasta omogenea.
Questa pasta verrà poi stesa sulla superficie della piastra del nostro ferro in maniera uniforme, avendo cura di concentrarci in particolar modo nelle zone dove si annida maggiormente lo sporco, tendenzialmente in prossimità delle scanalature e dei fori da cui fuoriesce il vapore.
Quando la pasta è stesa passiamo con un panno umido fino a togliere del tutto il composto precedentemente applicato. In questa fase possiamo anche togliere energicamente con il panno il composto, senza avere timore di rovinare la piastra.
Nelle zone di fori e scanalature è consigliate passare con l’ausilio di un cotton fioc inumidito per raggiungere ogni zona e togliere ogni residuo di bicarbonato pastoso.
Se sulla superficie rimane un alone bianco dovuto a qualche residuo passiamo più volte il panno umido ed infine eseguiamo una stiratura di prova su di uno straccio sacrificabile.
Altri metodi fai da te per pulire la piastra del ferro da stiro
Esistono altri metodi semplici per manutenere la piastra del nostro ferro da stiro.
Si possono usare detersivi naturali che utilizziamo anche per le padelle, soprattutto per quei ferri da stiro con piastre rivestite in teflon, come le padelle antiaderenti.
La soluzione da preparare con acqua e detersivo naturale dovrà essere estremamente concentrata per dare un buon risultato.
In alternativa è possibile anche utilizzare del classico dentifricio, da passare su tutta la superficie della piastra per poi toglierlo con un panno umido su più passate.
La raccomandazione in genere è sempre quella di non usare nulla metallico per rimuovere il detergente che intendiamo utilizzare, per non rovinare la superficie.
Nelle zone dei fori del vapore assicurarsi di passare con un cotton fioc umido per pulire al meglio anche le zone difficilmente accessibili da un panno.
Infine è possibile anche sfruttare il funzionamento del ferro per effettuare una pulizia dell’impianto. Si può infatti inserire dell’aceto bianco riempiendo circa un terzo del serbatoio, magari diluendo con un po’ di semplice acqua. a questo punto accendere il ferro da stiro e portarlo alla massima temperatura lasciando che possa sviluppare il vapore.
Quando l’aceto sarà completamente evaporato si può passare la piastra su uno straccio sacrificabile poggiato sull’asse da stiro, in quanto la procedura potrebbe macchiare le superfici.
Lo spazzolino elettrico è uno strumento fondamentale per una corretta igiene orale, ma per garantire la sua efficacia e durata nel tempo è importante mantenerlo pulito vediamo come pulire spazzolino elettrico, perché batteri, residui di dentifricio e calcare possono accumularsi sulla testina e sull’impugnatura, compromettendone l’igiene e il funzionamento.
Se ti stai chiedendo come pulire lo spazzolino elettrico nel modo giusto, il bicarbonato di sodio è un ottimo alleato: è naturale, antibatterico e capace di rimuovere incrostazioni e residui in modo delicato ma efficace.
In questa guida vedremo come disinfettare lo spazzolino elettrico, pulire la testina e l’impugnatura, e quali accorgimenti adottare per mantenerlo sempre in perfette condizioni.
Perché è importante pulire lo spazzolino elettrico regolarmente?
Molte persone trascurano la pulizia dello spazzolino elettrico, pensando che il semplice risciacquo dopo ogni utilizzo sia sufficiente. In realtà, con il tempo si accumulano batteri, residui di dentifricio, calcare e muffe nelle setole della testina e nella base di attacco.
Se non pulito regolarmente, lo spazzolino può:
Accumulare germi e batteri nocivi per la salute orale.
Perdere efficacia nel rimuovere placca e residui di cibo.
Presentare cattivi odori a causa dell’umidità stagnante.
Rovinarsi più velocemente, costringendoti a sostituirlo prima del previsto.
Per garantire la massima igiene e far durare più a lungo il tuo dispositivo, segui questi 4 passaggi per la pulizia dello spazzolino elettrico con bicarbonato.
Come pulire lo spazzolino elettrico: il metodo in 4 fasi
PASSO 1: Pulire il corpo dello spazzolino elettrico
L’impugnatura dello spazzolino elettrico è una delle parti più trascurate, ma anche quella che viene a contatto con mani e superfici, accumulando sporco e batteri.
Passa il panno su tutta la superficie dell’impugnatura, insistendo sulle zone dove si accumula il dentifricio.
Per pulire le fessure e i punti più difficili, usa un cotton fioc o uno stuzzicadenti.
Asciuga con un panno asciutto per eliminare l’umidità residua.
Consiglio: Se la base di ricarica ha accumulato polvere o residui di dentifricio, puliscila con lo stesso metodo, evitando di usare acqua direttamente sull’unità elettrica.
PASSO 2: Disinfettare la testina dello spazzolino elettrico con bicarbonato
La testina dello spazzolino è la parte più esposta a batteri e residui, quindi va pulita e igienizzata almeno una volta alla settimana per evitare la proliferazione di germi.
Porta ad ebollizione un pentolino d’acqua e spegni il fuoco.
Aggiungi 1 cucchiaio di bicarbonato di sodio e mescola finché non si scioglie completamente.
Immergi le testine dello spazzolino nell’acqua con bicarbonato.
Lascia in ammollo per 15-20 minuti per eliminare batteri e residui di dentifricio.
Togli le testine e risciacquale sotto acqua corrente.
Consiglio: Per una pulizia ancora più profonda, puoi aggiungere qualche goccia di aceto di mele, che ha un’azione antibatterica naturale e aiuta a sciogliere i depositi di calcare.
PASSO 3: Pulire la base della testina e l’attacco allo spazzolino
Un’altra parte dello spazzolino elettrico che tende ad accumulare sporco è l’attacco tra testina e impugnatura. Se non pulito regolarmente, può diventare un punto critico per la proliferazione di muffe e batteri.
Cosa ti serve:
Uno stuzzicadenti o una spazzolina piccola
Un panno umido
Procedura:
Dopo aver rimosso la testina, controlla l’attacco sull’impugnatura. Se ci sono incrostazioni, usa uno stuzzicadenti per rimuoverle delicatamente.
Per le zone più difficili, puoi usare una spazzolina morbida.
Passa un panno umido per eliminare ogni residuo e lascia asciugare completamente prima di rimontare la testina.
Consiglio: Se l’attacco è particolarmente incrostato, puoi immergerlo in una soluzione di acqua calda e bicarbonato per qualche minuto prima di pulirlo con la spazzolina.
PASSO 4: Sciacquare e asciugare bene tutte le parti
Dopo aver pulito ogni parte dello spazzolino, è fondamentale risciacquarlo accuratamente per eliminare ogni traccia di bicarbonato o sporco residuo.
Cosa fare:
Sciacqua bene la testina sotto acqua corrente.
Asciuga ogni parte con un panno pulito e lascia lo spazzolino smontato per qualche minuto affinché si asciughi completamente.
Rimonta la testina solo quando tutto è completamente asciutto per evitare ristagni di umidità.
Consiglio: Evita di riporre lo spazzolino in un contenitore chiuso quando è ancora umido, perché potrebbe favorire la proliferazione di muffe.
Conclusione
Pulire lo spazzolino elettrico con bicarbonato è un metodo naturale ed efficace per mantenerlo igienizzato e funzionante nel tempo. Seguendo questo procedimento in 4 fasi, potrai rimuovere batteri, calcare e residui di dentifricio senza dover ricorrere a prodotti chimici aggressivi.
Una corretta manutenzione dello spazzolino ti permetterà di migliorare la tua igiene orale e di prolungare la durata del dispositivo. Ricorda di:
Pulire regolarmente il corpo dello spazzolino con un panno in microfibra e un detergente naturale.
Disinfettare la testina una volta a settimana con bicarbonato e acqua calda.
Rimuovere residui dall’attacco della testina per evitare accumuli di sporco.
Asciugare bene tutte le parti prima di rimontare lo spazzolino.
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Biodegradabile oltre il 90% Parliamoci chiaro: riferito a un detersivo non significa una cippa!
Vediamo perché…
Ti sarà capitato di leggere sull’etichetta di un detersivo la scritta BIODEGRADABILE oltre il 90%.
Se pensi che puoi stare tranquilla perché hai in mano un prodotto poco inquinante stai commettendo un grave errore.
Infatti si tratta di una dicitura che può generare confusione facendo pensare ad un prodotto “ecologico” quando il prodotto ecologico non è.
Ma allora cosa significa Biodegradabile oltre il 90%?
Qui corro il rischio di fare un pippone noioso con termini tecnici, ma sarà necessario per comprendere il problema, e smetterla di farti prendere in giro da questa frasetta magica.
La parola “biodegradabilità” senza ulteriori precisazioni risulta ambigua e poco precisa, ma in linea generale sta a significare la demolizione di un composto da una struttura complessa a una struttura semplice.
Parlando di detersivi, non possiamo fare a meno di fare riferimento ai 3 tipi di biodegradabiltà diversa e di precisare che in nessun caso si prende inconsiderazione la biodegradabilità dell’intero prodotto ma solo quella dei tensioattivi che lo compongono.
E i tensioattivi sono la minima parte della formula di un detersivo.
È la trasformazione del tensioattivo da parte di microorganismi in presenza di ossigeno.
È la più semplice che si verifica ma è una semplice rottura delle molecole del tensioattivo.
In questo caso, non è detto che le molecole ottenute siano meno inquinanti di quelle di partenza.
La normativa dice: “[…] «biodegradazione primaria» è la modifica strutturale (trasformazione) di un tensioattivo da parte di microrganismi che ne provoca la perdita delle proprietà tensioattive a causa della degradazione della sostanza madre e la conseguente perdita della proprietà tensioattiva […]” (Reg. Cee 648/2004 – Art 2,7) “La biodegradabilità primaria si considera soddisfacente a un livello minimo dell’80 % […]“ (Reg CE 648/2004 – Allegato II)
Questa è la biodegradabilità considerata nel DL 136 del 26/4/1983, ormai non più in vigore, a cui faceva riferimento la dichiarazione “Biodegradabile oltre il 90%” riportata in etichetta dai detersivi:
“È vietata la produzione, la detenzione, la immissione in commercio, l’introduzione nel territorio dello Stato e l’uso da parte degli stabilimenti industriali o degli esercizi pubblici di detersivi quando la biodegradabilità media dei tensioattivi sintetici in essi contenuti sia inferiore al 90 per cento […]” (DL 136/1983 – Art. 2)
In sintesi…
Quando trovi la scritta BIODEGRADABILE OLTRE IL 90% significa solamente che il prodotto è conforme a questa legge.
Non significa che è ecologico.
Non solo, questa normativa è superata.
Il regolamento europeo 648/04 attualmente in vigore introduce infatti un secondo tipo di biodegradabilità, la Biodegradabilità aerobica totale.
2) Biodegradabilità aerobica totale (mineralizzazione)
È la biodegradazione che si ottiene quando il tensioattivo viene distrutto completamente e trasformato in biossido di carbonio, acqua e sali minerali.
“La biodegradabilità dei tensioattivi nei detergenti si considera soddisfacente se il livello di biodegradabilità (mineralizzazione) misurato […] è almeno del 60% entro un termine di ventotto giorni […]” (Reg. CEE 648/04 – Allegato III)
In sintesi…
L’attuale regolamento prevede che tutti i tensioattivi utilizzati per creare un detersivo diventino sali minerali, biossido di sodio e acqua.
Per misurare se questo fenomeno si avvera, si verifica se entro 28 giorni i tensioattivi si sono mineralizzati almeno del 60%.
Anche questo secondo criterio si applica a tutti i detersivi in commercio, ecologici e petrolchimici, e un detersivo che lo rispetta non è un detersivo ecologico.
Fino a qui le regole a cui si attengono tutti i detersivi in commercio.
È chiaro che la scritta BIODEGRADABILE riportata nei detersivi non indica che il prodotto è ecologico
Entriamo ora nell’ambito dei detersivi ecologici e della normativa di riferimento, la normativa Ecolabel.
Non è raro che i tensioattivi non si degradino completamente in acqua, e cioè in ambiente aerobico.
E cosa succede quando raggiungono i fanghi di fiumi, laghi e mari e cioè gli ambienti anaerobici?
Semplice: rimangono lì a inquinare.
È questo il motivo che ha spinto a creare la Commissione Ecolabel e analizzare la capacità di degradazione dei tensioattivi anche in ambiente anaerobico.
Qui entriamo nel campo dei detersivi ecologici e della biodegradabilità anaerobica.
3) Biodegradabilità anaerobica
È la biodegradabilità che si ottiene anche in ambienti privi di ossigeno.
Fondi e fanghi di fiumi, laghi e mari.
Un detersivo per essere ecologico deve garantire la degradabilità finale in condizioni anaerobiche di almeno il 60%.
La verifica di tale criterio avviene grazie alla pubblicazione di una lista degli ingredienti, una “DID list” (Detergent Ingredient Database) nella quale è indicato se un certo tensioattivo è biodegradabile anaerobicamente o meno.
Se l’ingrediente non è presente nella lista allora non si può usare per un detersivo che si vuole chiamare ecologico.
Se i produttori di detersivi petrolchimici inserissero la lista degli ingredienti in etichetta sarebbe molto semplice verificare l’ecologicità del prodotto.
Purtroppo non lo fanno.
La Biodegradabilità anaerobica dei tensioattivi non è richiesta per prodotti convenzionali petrolchimici, ma solo per quelli che intendono certificarsi secondo lo standard Ecolabel e gli altri standard più stringenti che fanno comunque riferimento ai criteri Ecolabel.
(ICEA-AIAB-BIOCERT)
Ora ti è chiaro che quando ti scrivono Biodegradabile oltre il 90% in etichetta in realtà ti stanno prendendo in giro e facendo credere di avere in mano un detersivo ecologico.
Oltre a questo dobbiamo fare un’altra precisazione: per essere un vero detersivo ecologico non basta garantire la biodegradabilità totale anaerobica ma…
Bisogna prendere in considerazione anche la tossicità del prodotto.
Non basta pensare a come si degrada il detersivo ma anche a quanto è tossico e quanti danni combina mentre si trova in acqua e si degrada.
Questa valutazione viene fatta attraverso il il calcolo del Volume Critico di Diluizione VCDtox.
La formula per calcolarla è la seguente:
VCD tox (ingrediente) Peso ingrediente x Fattore di carico (LF) X 1000 Effetto di lungo termine (LTE)
Il risultato di questo calcolo è un valore che rappresenta la quantità di acqua minima necessaria per rendere innocua una dose standard di detergente per gli organismo acquatici.
Ci dice quanta acqua serve aggiungere a una dose di prodotto perché quell’acqua sia di nuovo vivibile per gli organismi acquatici.