Un atto semplice e comune come quello del lavarsi le mani sta assumendo tutt’un altro significato alla luce di quello che sta accadendo. Con la diffusione sempre maggiore e devastante del coronavirus, ogni persona sta rivalutando questo gesto e su come correttamente deve essere svolto. Anche leader mondiali e persone famose sono venute alla ribalta per ribadire l’importanza del lavarsi correttamente le mani.
Per citarne alcuni, abbiamo Boris Johnson che ha dichiarato alla stampa di dover cantare “happy birthday” mentre ci si lava le mani o il leader del gruppo rock the killers Brandon Flowers che piangendo davanti allo specchio si insapona le mani cantando la sua hit “Mr Brightside”.
Anche nella comunità scientifica ci si sta sorprendendo su come quello che si stava studiando nel passato sta tornando tragicamente alla ribalta.
Per Nancy Tomes, illustre professore di storia della Stony Brook University, New York, sembra di essere tornati all’inizio del 900 quando le malattie infettive come la tubercolosi e la influenza spagnola erano le prime cause di morte nel mondo.
I rituali religiosi di lavaggio delle mani si svolgono da migliaia di anni nelle culture islamica, ebraica e di altro genere, ma l’evidenza medica che le malattie possono trasmettersi attraverso il contatto con le mani ha circa 130 anni.
Una tragica storia dietro la scoperta dell’importanza del lavarsi le mani
La prima scoperta shock di come lavarsi le mani può aiutare a prevenire le malattie avvenne 50 anni prima, nel 1848, con uno shock enorme e sgradito.
Il medico ungherese Ignaz Semmelweis notò che molte madri morivano per un’alta febbre mentre era in ospedale in attesa di partorire. Ordinò allora ai medici di lavarsi attentamente le mani in una soluzione di cloro prima di entrare nel reparto e il tasso di mortalità delle mamme calò drasticamente.
Nel 1857 Louis Pasteur, famoso per la pastorizzazione, evidenziò i patogeni e come ucciderli con il calore. Nel 1876, lo scienziato tedesco Robert Koch scoprì il bacillo di antrace e ciò fece scoprire successivamente colera, tubercolosi, difterite e bacilli tifoidi.
La combinazione di campagne sanitarie pubbliche e lo sviluppo di vaccini e antibiotici all’inizio del XX secolo ha visto crollare i tassi di mortalità per malattie batteriche.
Nel 1970 con la maggiore diffusione di malattie sessualmente trasmissibili e nel 1980 con la diffusione dell’HIV, l’opinione pubblica si è sempre più orientata verso una maggiore consapevolezza dell’importanza dell’igiene nei luoghi pubblici e ospedali.
Come visto, nella storia si sono sempre susseguiti vari ondate di malattie batteriche e virali ma il lavarsi le mani correttamente e prestare particolare attenzione all’igiene nei luoghi pubblici ha sempre aiutato a prevenire la diffusione di queste malattie infettive.
Ecco un’immagine tratta dal ministero della salute che insegna i giusti passaggi per lavarsi le mani:
Indicazioni del Ministero della Salute su come lavarsi le manii
Come lavarsi le mani – Linee guida del Ministero della Salute
Non seguendo questi passaggi diventa difficile eliminare correttamente i batteri e non è un caso se è lo stesso metodo adottato dai chirurghi prima di entrare in sala operatoria!
Ti annoi a ricordare tutti i passaggi? Spesso può capitare se hai bambini piccoli che si annoiano a stare più di 20 secondi con le mani sotto l’acqua.
Per questo Verdevero ha creato il ballo del sapone: la filastrocca per lavarsi le mani da seguire passo passo:
Altra insidia per il nostro già tormentato pianeta
Se la pandemia di Covid-19 potrebbe aver dato al pianeta un respiro temporaneo per quanto riguarda l’inquinamento atmosferico e l’emissione di gas serra, si sta sviluppando un nuovo problema. La diffusione massiccia di mascherina e guanti in lattici su spiagge e nelle fogne.
Sempre più organizzazioni stanno esprimendo preoccupazione per il fatto che oceani, fiumi e fognature stanno diventando sempre più sommersi da mascherine usa e getta, guanti in lattice, flaconi di disinfettante per le mani e altri articoli per proteggersi dal virus.
Il problema è che tutti questi dispositivi di protezione individuale non sono facilmente riciclabili e stanno arrecando gravi danni al nostro pianeta, già enormemente martoriato.
Come documenta Opération Mer Propre, gruppo francese per la conservazione degli oceani, si notano sempre di più i fondali degli oceani pieni di guanti e mascherine che vengono buttati in mare senza pensare alle pesanti conseguenze che questo potrebbe arrecare al pianeta.
“Questa sono le prime maschere usa e getta ad arrivare nel Mediterraneo“, ha scritto il gruppo dopo un’operazione di pulizia del 23 maggio. “È solo l’inizio e se non cambia nulla diventerà un vero disastro ecologico e forse anche per la salute“.
Donna in guanti protettivi e maschera all’interno del suo ufficio
Non è un problema che tocca solo l’Europa. Numerose autorità cittadine negli Stati Uniti hanno anche riferito che le fognature e le stazioni di pompaggio delle acque piovane sono al collasso, piene di mascherine e guanti in lattice che la popolazione scarica nelle tubature.
Anche se non abbiamo ancora ancora dati sulla portata del problema, l’Associated Press americana ha contattato 15 autorità cittadine negli Stati Uniti. E ognuna di loro ha contestato di aver avuto un numero significativamente maggiore di ostruzioni nelle fognature e problemi di drenaggio dall’inizio della pandemia.
Per far fronte a questo problema di inquinamento, la US Environmental Protection Agency ha rilasciato una dichiarazione in cui dice ai cittadini di smaltire correttamente i DPI. Si consiglia di non mettere salviette disinfettanti usate, guanti, maschere e altri rifiuti medici nei contenitori per il riciclaggio. Questi dispositivi di protezione sono ricchi di agenti patogeni e pericolosi per la salute. Ed inoltre contribuiscono alla diffusione del virus.
Numerose organizzazioni di riciclaggio hanno incitato le persone a smaltire in maniera sicura e corretta maschere e guanti scartati mettendoli nei rifiuti generali. Questa pandemia di coronavirus deve portare una nuova consapevolezza e attenzione anche nel riciclaggio corretto dei rifiuti.
Assumere un quantitativo sufficiente di steroli vegetali aiuta a tenere a bada il colesterolo e bisogna condurre una dieta equilibrata per avere la certezza che siano abbastanza.
Ma cosa sono esattamente gli steroli vegetali? Scopriamo nel dettaglio l’importanza che hanno questi lipidi nel nostro organismo.
Cosa sono gli steroli vegetali
Si tratta di lipidi di origine vegetale che si trovano in modo particolare nella frutta secca, negli oli vegetali e in quantità minime anche nella verdura e nella frutta fresca.
La loro caratteristica è di avere delle proprietà ipocolesterolemizzanti, ovvero di abbassare il colesterolo alto, riconosciute oramai da diverso tempo. Considerati i nemici naturali del colesterolo, agiscono nell’intestino favorendone la riduzione naturalmente.
Gli steroli vegetali si trovano nei cibi, tuttavia l’organismo ne assorbe ben pochi e per questo sono in molti a consumare bevande come Danacol per garantire all’organismo la scorta sufficiente a combattere il colesterolo alto.
Come funzionano gli steroli vegetali
La composizione chimica degli steroli vegetali somiglia a quella del colesterolo e proprio per questo motivo fanno loro concorrenza e ne limitano l’assorbimento a livello intestinale.
Un’altra importanza funzione di questi lipidi è quella di rendere più facile l’eliminazione del colesterolo dalle cellule intestinali, infatti viene rimosso tramite le feci.
La riduzione della quantità di colesterolo LDL è dovuta dunque al suo minore assorbimento e all’alterazione degli enzimi interessati nel suo metabolismo e nella sua attività di escrezione. L’azione degli steroli vegetali comporta una maggiore protezione dal rischio di sviluppare malattie cardiovascolari come infarti, ictus o arteriosclerosi.
Qual è il fabbisogno quotidiano di fitosteroli
Diversi studi scientifici hanno permesso di dimostrare l’azione anti-colesterolo degli steroli vegetali. Una ricerca italiana ha eseguito studi specifici su 116 persone con colesterolo alto trattati con 1,6 grammi di steroli vegetali da assumere per 6 settimane una volta al giorno, a pranzo oppure a cena.
Le reazioni dei pazienti sotto analisi sono state positive: già dalla terza settimana dall’assunzione dei lipidi gli studiosi hanno constatato che i livelli di colesterolo LDL era scesi circa del 10%. La riduzione è rimasta stabile anche molto tempo dopo la fine della terapia.
Lo studio ha dunque confermato la validità dei fitosteroli e soprattutto il fatto che se assunti aiutano a ridurre il colesterolo alto. Altri studi in merito hanno prodotto risultati altrettanto positivi, con la differenza di piccolissime percentuali di steroli usati nello studio.
La comunità scientifica ha perciò riconosciuto il fabbisogno quotidiano di steroli vegetali è di due grammi. Per favorire l’abbassamento del colesterolo LDL basta assumere questo quantitativo per tre settimane sotto forma di prodotti come Danacol e si ottiene una diminuzione dell’8-10% del colesterolo cattivo.
Dieta sana ed equilibrata per assumere steroli vegetali
Associare una dieta sana ed equilibrata ai prodotti arricchiti con steroli vegetali è fondamentale per tenere sotto controllo i livelli di colesterolo.
Un’alimentazione ricca di frutta e verdura assicura l’apporto corretto di fibre e sali minerali e soprattutto tiene lontano i grassi di origine animale. Mangiare cibi che forniscono naturalmente questi lipidi favorisce una buona salute e meno rischi per il cuore.
Il caffè è una bevanda che non manca mai nelle case degli italiani, da nord a sud ogni famiglia degusta il suo caffè preferito. Una tazza di caffè lungo o ristretto, dolce, amaro o con senza il latte, non importa. Ciò che importa è che accompagni dalla mattina appena svegli le nostre giornate.
Non c’è niente di peggio però quando il nostro caffè si rovescia sul divano o sui nostri vestiti, macchiando i tessuti e le nostre giornate indaffarate!
Pulire e rimuovere completamente una macchia di caffè è un’operazione relativamente semplice se sai come fare. Noi di Verdevero in questo articolo ti consigliamo dei pratici rimedi naturali per togliere le macchie di caffè che esse siano presenti su un capo di cotone o sui jeans, sul tappeto o sul materasso!
Scopriamo insieme le tecniche più efficaci!
Macchie di caffè sul tappeto
Il tappeto vicino al divano dove consumi il caffè è facile che prima o poi diventi bersaglio di una tazzina di caffè caduta accidentalmente.
Quando la macchia è ancora fresca puoi utilizzare un panno in microfibra Verdevero inumidito con un po’ di acqua calda. L’importante è tamponare delicatamente la macchia senza strofinare. Se si agisce rapidamente è possibile eliminare la macchia senza aggiungere altro.
Per rimuovere la macchia di caffè sui jeans, quando questa è ancora fresca, puoi agire preparando un composto con un cucchiaio di aceto bianco unito ad un bicchiere di acqua fredda. Dopo di che applicare la soluzione sulla macchia, sfregando delicatamente con una spugna Evosponge o con un panno.
Quando invece la macchia è particolarmente grande e sedimentata nel tessuto puoi utilizzare il bicarbonato pulente VERDEVERO. Ti basterà un solo cucchiaio da cospargere su un panno multiuso VERDEVERO pulito e bagnato. Strofina delicatamente il panno sulla macchia fin quando non scompare dai tuoi jeans.
Se la macchia persiste dopo aver utilizzato il metodo appena descritto, puoi procedere con un normale lavaggio in lavatrice per avere praticamente la certezza di risolvere il problema.
Macchie di caffè sui pavimenti o mobili in legno
Se la macchia di caffè è ancora fresca verrà via facilmente con un panno multiuso VERDEVERO e un po’ di acqua calda dalla superficie in legno.
Quando invece la macchia è presente già da qualche giorno o più ti consiglio di versare un cucchiaino di aceto sulla macchia e lasciarlo riposare per alcuni minuti. In questo modo i residui di caffè si sciolgono ed eliminarli con un po’ di carta assorbente non è mai stato così facile.
Macchie di caffè sul materasso
Il materasso è un altro punto nevralgico particolarmente attratto dal caffè, soprattutto la domenica mattina quando decidi di consumare una colazione a letto. Per eliminare la macchia di caffè il consiglio è quello di agire velocemente.
A causa dello spessore del materasso, una volta che l’alone penetra in profondità sarà difficile rimuoverlo. Per risolvere il problema puoi provare una soluzione composta da acqua calda, 2 cucchiai grattugiati del nostro sapone naturale Smacchietta, due cucchiai di bicarbonato VERDEVERO e un bicchiere di aceto bianco.
Dopo aver mescolato il tutto applica il composto sulla macchia lasciandolo agire per circa un quarto d’ora aiutandosi con un panno multiuso VERDEVERO.
Questi metodi sono al 100% naturali e permettono di eliminare ogni macchia di caffè che sia fresca o secca. Sul web si legge che anche la candeggina essere un rimedio efficace se applicata direttamente sulla macchia, soprattutto quando si tratti di tessuti di colore bianco come può essere una tovaglia.
Noi di Verdevero tuttavia, sconsigliamo l’uso di prodotti quali la candeggina o smacchiatori chimici, piuttosto perché non provi il nostro metodo per ottenere la candeggina ecologica fatta in casa? Leggi l’articolo dedicato e scopri come creare un’alternativa 100% green.
L’articolo è stato utile? Per qualsiasi necessità e supporto puoi visitare la nostra pagina dedicata all’assistenza https://www.verdevero.it/assistenza/
Il tema del benessere ambientale può essere affrontato rispetto alla qualità degli edifici o alla salute delle persone.
Nel primo caso l’edilizia sostenibile risolve questioni importanti, legate alle emissioni di inquinanti da parte dei materiali da costruzione.
Una parte dell’inquinamento indoor, però, dipende dalle attività che si svolgono durante la vita dell’edificio, pertanto gli sforzi profusi in fase di progettazione e realizzazione dell’immobile possono essere vanificati nel tempo.
Per affrontare il tema dell’inquinamento indoor, è utile avere una visione dinamica del livello di concentrazione delle singole sostanze nel tempo, per comprenderne l’andamento e le cause (uso di sostanze specifiche, svolgimento di attività, abitudini di ventilazione).
Quando si ha una maggiore consapevolezza sulla qualità ambientale indoor, si può promuovere concretamente una cultura della salubrità, e individuare buone pratiche e soluzioni comportamentali, che migliorino la qualità ambientale e il benessere degli occupanti.
Poichè non si può gestire e non si può migliorare ciò che non si può misurare, l’azienda Nuvap ha sviluppato una piattaforma per il monitoraggio dell’inquinamento indoor, che tiene conto di 26 parametri ambientali, compresi molti inquinanti chimici e fisici come il gas radon, le emissioni elettromagnetiche e la formaldeide.
Queste soluzioni si possono installare nei luoghi di studio, di vita, di cura e di divertimento.
Sulla scorta delle esperienze in campo, l’azienda ha elaborato un decalogo di buone pratiche anche per gli ambienti domestici:
Aumentare la ventilazione nell’ambiente (naturale o meccanica).
Utilizzare vernici a base di acqua.
Ridurre al minimo l’uso di materiali contenenti COV (cosmetici, deodoranti, materiali di pulizia, colle, adesivi, solventi, vernici ).
Chiudere bene i flaconi dei prodotti per la pulizia e la manutenzione, e riporli in armadi ben chiusi e lontani dalle scorte alimentari.
Preferire detergenti ecologici.
Ridurre e o eliminare tutto ciò che è ricettacolo di polvere.
Posizionare le stampanti in luoghi areati, lontano dalle camere da letto.
Manutenere adeguatamente gli impianti di riscaldamento, ventilazione e condizionamento, seguendo scrupolosamente le indicazioni dei produttori.
Utilizzare la cappa aspirante e i coperchi durante la cottura dei cibi.
Evitare di fumare.
In questo video realizzato da una nota azienda produttrice di finestre si fa riferimento alla indoor generation per definire la generazione che passa la maggior parte del suo tempo all’interno di case e luoghi inquinati:
Di questi temi si parlerà al convegno “Sensibilità e comfort abitativo” che si terrà ad Aosta il 9 Novembre.
L’attenzione e la sensibilità nei confronti dell’ambiente sono cresciute molto negli ultimi anni, anche alla luce del cambiamento climatico e dei suoi effetti ogni giorno più tangibili, ed è diventato sempre più impellente conoscere le diverse possibilità che ci vengono offerte per ridurre il nostro impatto sull’ecosistema, partendo ad esempio dal benessere in casa, migliorando l’efficienza energetica della nostra casa.
In quest’ottica si stanno diffondendo sempre più le costruzioni sostenibili, che sono state realizzate con tecniche innovative che permettono di ridurre gli sprechi a tutto tondo.
Negli ultimi decenni sono state però messe a punto soluzioni per rendere anche gli edifici già esistenti sempre più eco-friendly dal punto di vista energetico, assicurando di conseguenza una migliore qualità della vita ed una consistente riduzione dei costi in bolletta.
Inoltre, per chi svolge questi interventi c’è la possibilità di beneficiare di importanti incentivi e detrazioni fiscali, che rendono queste soluzioni ulteriormente vantaggiose.
Tra le tante soluzioni che si possono adottare al fine di avere una casa ecologica e salubre ce n’è indubbiamente una molto efficace, ma talvolta ancora poco conosciuta: l’insufflaggio.
Questa tecnica consiste nel riempire le intercapedini con specifici materiali isolanti al fine di ridurre la dispersione termica e di conseguenza anche consumi e costi. In particolare, grazie a questo processo, si possono ottenere diversi benefici quali ad esempio un risparmio di energia nell’immediato e l’eliminazione delle dispersioni termiche, con un conseguente miglioramento anche del comfort all’interno dell’abitazione.
L’insufflaggio è una tecnica semplice e di rapida esecuzione che può essere applicata sia nelle intercapedini delle pareti che nei sottotetti e permette, oltre ai vantaggi già citati, di godere anche di un isolamento acustico.
In particolare, è indicato per le case che presentano muri perimetrali con la cassa vuota, ovvero con una camera d’aria non isolata al loro interno, costruite di solito prima della metà degli anni ’70.
Tale intervento può essere effettuato anche per isolare i sottotetti non abitabili con superfici discontinue occupate da travi di sostegno.
Per effettuare questo tipo di intervento possono essere utilizzati diversi tipi di materiali isolanti tra cui la cellulosa e la fibra di vetro, che sono attualmente fra i migliori in commercio.
L’insufflaggio con cellulosa è rispettoso dell’ambiente in quanto per produrla viene utilizzata carta riciclata e viene utilizzata una minore quantità di energia per produrla rispetto ad altre soluzioni. Un altro grande pregio di questo materiale è quello di riequilibrare il tasso di umidità degli ambienti grazie alle sue capacità traspiranti. Questo consente di liberare le pareti da condense e muffe assicurando un ottimo comfort in casa dal punto di vista termico e acustico.
L’insufflaggio con fibra di vetro a sua volta si caratterizza per una lunga durata nel tempo oltre che per la facilità e la velocità di posa. La fibra di vetro inoltre è un isolante minerale che viene prodotto con vetro riciclato e senza l’uso di resina termoindurente. Questa soluzione, oltre che garantire un ottimo isolamento termoacustico, è fruibile anche in condizioni di difficile accesso e assicura una bassa generazione di polvere durante le operazioni di insufflaggio.
Le dispersioni di energia nella nostra casa si possono ridurre drasticamente, oltre che con l’insufflaggio, anche con altre tecniche innovative, quali ad esempio la ventilazione meccanica controllata. Questa soluzione permette di mantenere l’aria della casa costantemente pulita grazie ad un sistema continuo di ricambio dell’aria. Questo sistema estrae l’aria da bagno e cucina e ne immette di nuova nelle camere da letto e in soggiorno, garantendo una migliore qualità e salubrità dell’aria senza la necessità di aprire le finestre.
Oltre a garantire un ottimo comfort, questa soluzione permette di contenere le dispersioni energetiche rispetto alla classica apertura delle finestre per l’aerazione dei locali, consentendo di raggiungere il massimo risparmio durante il periodo invernale.
Altri importanti vantaggi dati dalla ventilazione meccanica controllata sono poi la limitazione degli inquinanti domestici e la riduzione della condensa sui muri, soprattutto in inverno, consentendo di evitare lo sgradevole problema delle muffe. Queste ultime, oltre ad essere un problema estetico, sono molto dannose per la salute in quanto le spore della muffa possono provocare allergie e la loro completa eliminazione non può che essere positiva, per il benessere di tutta la famiglia.
Per effettuare questi interventi in modo efficace e totalmente sicuro è sempre bene affidarsi a persone di fiducia, che abbiano una profonda esperienza in merito.
Soluzioni Eco Creative, un’azienda piemontese che da anni si occupa di insufflaggio e ventilazione meccanica controllata, è nata proprio con l’intento di rendere le case sempre più ecosostenibili e amiche dell’ambiente. Per questo ogni giorno accompagna le persone in ogni fase del processo di efficientamento energetico della loro casa, dalla scelta dei materiali isolanti più indicati per ridurre la dispersione termica alle fasi di presentazione delle pratiche burocratiche volte all’ottenimento delle detrazioni fiscali.
Perché una casa più ecologica è un gesto d’amore per il Pianeta e per la propria famiglia.
Rendere la propria casa ecologica e libera da muffe è il primo passo da fare per vivere meglio e ridurre il proprio impatto sull’ambiente, nel pieno rispetto di ciò che ci circonda.
Sono sempre più gli italiani che desiderano e cercano il benessere in casa, vivere in un ambiente naturale, sano.
A questo si aggiunge certamente l’esigenza di risparmiare sulle bollette: è quello che succede in molte famiglie, dove la spesa energetica per luce e riscaldamento sono sempre più care, e nonostante questo, non si riesce a generare comportamenti virtuosi per risparmiare energia, mantenendo un comfort accettabile, spendere meno e salvare il nostro pianeta che chiede sempre più aiuto.
Una soluzione per generare definitivamente comportamenti che rispecchiano la propria quotidianità, che modellano il proprio stile di vita e danno comfort e risparmio in bolletta allo stesso momento, e’ sempre più la casa intelligente, da fare in pochi click, alla portata di tutti.
Ecco, allora, la SMARTHOME.
Una casa intelligente, per progettare la quale esiste un sistema che si chiama Home4You.
Ovvero i 4 pilastri per il benessere in casa nella tua SMARTHOME, un ambiente sano e naturale. Quando siamo in una casa calda, comoda e confortevole fatta per stare con le persone che amiamo, siamo felici.
In cosa consiste il metodo Home4You e quali sono i 4 pilastri della progettazione?
INVOLUCRO
In fase di progettazione, dobbiamo definire con il cliente la forma della sua casa e quindi il rapporto S/V, cioè il rapporto tra la superficie disperdente e il volume riscaldato. Più semplice è la forma della casa e meno isolante ci vorrà per renderla efficiente. Poi si passa al tipo di isolamento e ai serramenti che permettono alla luce di entrare in casa.
ARIA
L’aria è l’elemento principale della nostra casa e deve essere continuamente ricambiata. Ma quanto deve essere ricambiata? La normativa ci dice che deve essere garantito un ricambio di aria di almeno 0,3-0,5 vol/h attraverso due sistemi: Naturale o Meccanico.
In entrambe i casi devono essere garantita la qualità dell’aria che respiriamo.
ENERGIA
Naturalmente dobbiamo produrre l’energia da da fonti rinnovabili. Il sistema Edificio- Impianto sarà poi progettato per ridurre al minimo i consumi. Pensa che un’abitazione in classe G (poco isolata e vecchia) consuma oltre i 200 kWh/ m2a mentre i consumi di un edificio passivo si stimano al di sotto di 10 kWh/m2a e basta una VMC per garantire il benessere.
GESTIONE SMART
Una volta che abbiamo progettato una SmartHome, dobbiamo gestirla e per questo ci sono sistemi intelligenti per connettere i vari dispositivi di casa e programmarli attraverso la matrice dei comportamenti, per far diventare la casa la TUA casa personalizzata, che fa quello che vuoi tu, quando vuoi tu.
La fase progettuale passa da un’analisi finanziaria delle scelte progettuali, questo è lo standard Home4You, con lo sfruttamento delle detrazioni fiscali, studiate per ogni caso specifico.
L’ideatore del progetto e’ Andrea Rotta, Ingegnere e autore dei libri SMARTHOME e ARIA PULITA, che da più di vent’anni progetta il risparmio energetico nelle abitazioni ed è specializzato in SMARTHOME, le CASE INTELLIGENTI, ovvero le case a basso consumo energetico dove l’aria all’interno è più sana, pulita e salubre e le bollette del gas sono a zero.
Per passione e per lavoro mi ritrovo ogni giorno a farmi domande molto scomode:
Le ecodosi, sono davvero ecologiche?
Serve davvero acquistare un detersivo monodose dentro a un involucro in PVA difficilmente biodegradabile?
Totti fa davvero il bucato a casa sua? (Se non lo sai già è il testimonial)
Le ecodosi sono davvero ECO?
E’ l’ultima in particolare che mi sta tormentando da diverse settimane.
E cioè da quando Francesco, indiscusso campione di calcio, ci sta tormentando dalla sua lavanderia con le famose ecodosi della famosa marca di detersivi NON ECOLOGICI.
Ad essere precisi non mi tormenta Totti ma l’argomento in sé.
LE ECODOSI sono dei sacchettini idrosolubili all’interno dei quali si può inserire una dose di detersivo per lavatrice o lavastoviglie.
Certamente sono comode e possono essere toccate con le dita senza sporcarsi e senza entrare in contatto con le sostanze chimiche del detersivo
Non richiedono all’utilizzatore di dosare il prodotto e quindi facilitano l’utilizzo nella vaschetta della macchina.
Ma io mi chiedo spesso:
Ma sono davvero ecologiche le pastiglie di detersivo in ECODOSE?
E a questa domanda mi sono dato 3 facili risposte:
RISPOSTA 1
Le ecodosi non sono ECOLOGICHE perché il PVA non è facilmente biodegradabile.
L’involucro delle pastiglie è composto da PVA, Alcool Polivinilico.
Il PVA si biodegrada del 18% in 28 giorni. Peccato che per definire un ingrediente o un elemento facilmente biodegradabile si dovrebbe degradare del 60% in 28 giorni.
Questo dato mi fa dire che no, le ecodosi non sono ecologiche.
RISPOSTA 2
Le ecodosi non sono ecologiche perché il contenuto delle pastiglie non è ecologico.
Se è vero che all’interno degli involucri in PVA c’è il classico detersivo della nota marca che non è ecologico, allora perché lo stesso detersivo dentro a un involucro non facilmente biodegradabile dovrebbe essere ecologico?
RISPOSTA 3
Perché proprio Totti?
Quanto sono sicure le ECODOSI?
Ma se smettiamo un attimo i panni degli ecologisti e guardiamo a casa nostra allora c’è subito un dato allarmante da considerare: dal 2010 ad oggi sono esponenzialmente aumentate le segnalazioni di danni causati da detersivi all’interno delle nostre case.
Ecco i darti che riporta Corriere.salute:
“al Centro Antiveleni di Milano sono arrivate, dal 2010 al 2016, 2.203 segnalazioni cliniche relativi a incidenti con detersivi monodose per lavatrice, il 90% dei quali relativi a bambini sotto i 5 anni. Nella maggior parte dei casi si trattava di ingestione (82,7%), seguita da lesioni oculari (4,6%) e cutanee (0,8%), quando l’esposizione era singola (88,1%). C’erano poi le situazioni di contatto multiplo (11,9%): ingestione e oculare (5,1%), ingestione, oculare e cute (1,6%), ingestione e cutanea (1,7%), cutanea e oculare (3,3%).”
Le lesioni si verificano perché i bambini trovano questi oggetti colorati molto simili a caramelle e sono invogliati a toccarle.
Giocando e Manipolandole, le capsule si possono rompere spruzzando il detersivo negli occhi dei bambini.
O ancora, rompendosi e colando nelle mani dei bambini, queste rimangono intrise di ingredienti chimici. E i bambini si sa, si portano le mani agli occhi o alla bocca, mangiandosi detersivo.
Sarebbe auspicabile che almeno i produttori si impegnassero a renderle meno attrattive e accattivanti per far si che i bambini che le trovano in casa non ne vengano attratti.
Ma a giudicare da quelle che usa Francesco per ora non è così.
La Ventilazione Meccanica Controllata, o V.M.C., è un sistema automatico e a funzionamento continuo per il ricambio dell’aria nelle abitazioni.
Provvede ad aspirare aria estraendola da cucine, bagni, servizi e lavanderie immettendone di nuova nei soggiorni e nelle camere da letto. In questo modo la qualità e la salubrità dell’aria all’interno della casa sono controllate e garantite, limitando nel contempo sia dispersioni eccessive di energia dovute all’apertura delle finestre, sia concentrazioni troppo elevate di inquinanti domestici.
Le abitazioni moderne sono dotate di serramenti e isolamenti tali da renderle ermetiche e prive di un rinnovo naturale. L’assenza di un impianto di ventilazione o un’apertura delle finestre insufficiente, non consentono il giusto ricambio d’aria, rendendo gli ambienti insalubri e causando spesso gravi problemi di formazione di condensa e muffe.
I sistemi di VMC garantiscono un ottimo confort abitativo, contenendo le dispersioni energetiche, contrariamente a quanto avviene con l’apertura delle finestre per l’areazione dei locali e raggiungendo il proprio apice nella stagione invernale, nella quale mantengono una condizione termo-igrometrica ideale delle abitazioni.
La letteratura medico scientifica è ormai concorde sul fatto che la qualità dell’aria nelle nostre case sia quasi sempre peggiore di quella esterna. L’ apertura delle finestre effettuata in maniera saltuaria, di solito al mattino ed alla sera, risulta ormai inefficace nelle abitazioni dotate di moderni serramenti.
Per garantire un corretto ricambio aria sarebbero necessarie più apertura al giorno, per breve periodi, anche nelle ore notturne. Essendo ciò di fatto impossibile è necessari adottare un sistema che provveda alla ventilazione in modo meccanico ed automatico.
Durante il periodo invernale l’eccesso di umidità relativa in ambiente, a contatto con le pareti più fredde dell’alloggio, condensa trasformandosi progressivamente in muffa.
Questo grave problema colpisce alterando l’aspetto dei locali, degradando le finiture interne, emanando odori sgradevoli, ma soprattutto avendo pesanti conseguenze sulla salute a causa delle allergie provocate dalle spore della muffa. Gli Inquinanti si accumulano a livelli tali da costituire una seria minaccia per la nostra salute.
La VMC assicura una ventilazione costante garantendoci benessere e risparmio energetico, tramite un piccolissimo ricambio d’aria, continuo ed adattabile ai reali fabbisogni della nostra abitazione, evitando sprechi di energia ed ingresso di rumore dall’esterno.
Come pulire il ferro da stiro: tutti i suggerimenti
Come per tutti gli elettrodomestici, un’accurata pulizia del ferro da stiro permette di scongiurare numerosi problemi. Più viene utilizzato, e dunque messo sotto stress, più frequente dovrà essere la manutenzione. I motivi sono essenzialmente due: da un lato si mantiene lo strumento in eccellenti condizioni, con prestazioni sempre elevate; dall’altro si evita la formazione di sporcizia che può causare guasti complessi e costosi da risolvere. Ecco tutti i nostri consigli su come pulire il ferro da stiro!
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Il principale nemico della pulizia del ferro da stiro è il calcare
Il calcare è una sostanza presente nell’acqua, specialmente in quella di rubinetto. Costituito da minerali disciolti nell’acqua, specialmente da carbonato di calcio, ha l’aspetto di una polvere biancastra o grigia incrostata su tutti gli oggetti che sono frequentemente a contatto con l’acqua. Gli oggetti e gli elettrodomestici più spesso esposti al calcare sono:
Vetri della doccia
Sanitari, lavandini della cucina e piani di lavoro
Rubinetteria
Bollitori
Caldaie, scaldacqua e boiler
Ferri da stiro
Il ferro da stiro a vapore funziona per via dell’acqua caricata nella caldaia: riscaldata dalla resistenza consente l’emissione di un getto di vapore caldo che contribuisce ad eliminare pieghe e grinze.
L’acqua che ristagna nella caldaia può però causare problemi al ferro, alle sue componenti e dunque al momento dell’utilizzo.
L’acqua è il problema!
Senza acqua il ferro da stiro non funziona, come abbiamo detto. La scelta dell’acqua è vitale per la conservazione dello strumento (leggi qui quale acqua usare per il ferro da stiro).
L’acqua di rubinetto è in assoluto la peggiore: in molte città italiane il tasso di calcare è elevato e può danneggiare gli elettrodomestici.
Decisamente più sicure per la loro funzionalità sono le acque demineralizzate, vendute esattamente per questo scopo.
L’acqua si dice demineralizzata quando è sottoposta ad un trattamento di bollitura e preparazione che elimina oltre il 99% delle componenti minerali presenti in origine.
E se non voglio acquistare l’acqua demineralizzata?
L’acqua demineralizzata è un prodotto efficacissimo per la conservazione del buono stato del ferro da stiro. Venduta in taniche è però pesante e scomoda da trasportare e stoccare in casa.
Che fare, dunque? Una soluzione parziale ma efficace è l’acqua di condensa dei condizionatori e dei deumidificatori.
Il passaggio nei circuiti dell’elettrodomestico elimina una buona parte dei minerali: non nella percentuale eliminata dall’acqua demineralizzata in modo industriale, ma comunque abbastanza elevata per un uso con molti meno rischi.
Per raccoglierla basta lasciare un catino, una bacinella o una brocca sotto lo scolo nel condensatore: specie nello giornate più umide ci vorranno poche ore per avere una buona provvista di acqua demineralizzata perfetta per il ferro da stiro.
Attenzione: né l’acqua demineralizzata in modo industriale né quella ottenuta dal condizionatore è adatta per essere bevuta!
Cosa fare per preservare il ferro da stiro
Ecco alcuni suggerimenti per preservare efficacemente il ferro da stiro in ottime condizioni di pulizia dal calcare e per prevenire i danni più comuni.
Alla fine dell’uso elimina sempre l’acqua residua e asciuga il contenitore della caldaia, lasciandolo scoperto. Se l’acqua ristagna per ore nel serbatoio potrebbe formarsi una maggiore quantità di calcare.
Almeno una volta a settimana, se usi spesso il ferro da stiro, procedi con una pulizia più accurata della piastra. Esistono sia prodotti appositi, come gli stick di ammoniaca, sia prodotti naturali come il bicarbonato, l’acido citrico e il detergente per le stoviglie. Passane una piccola quantità sulla piastra, lascia agire qualche minuto e poi strofina con un panno asciutto per eliminare i residui.
Se noti calcare nel serbatoio puoi utilizzare una soluzione di acqua calda e in soluzione al 15% (non usare lemontrì perché contiene cellulosa) o succo di limone. Lasciala nella caldaia per una mezz’ora, eliminala, risciacqua e asciuga attentamente. L’acidità dell’acido citrico scioglierà il calcare e lo farà depositare sul fondo del serbatoio, dove è facile eliminarlo. Se il tuo ferro da stiro è di ultima generazione potrebbe avere una funzione di rimozione del calcare integrata: segui le istruzioni per eseguire la procedura e pulire il serbatoio.
Prodotti sintetici o naturali?
Abbiamo accennato all’esistenza sia di prodotti specifici, spesso consigliati dai produttori, sia di prodotti naturali efficaci per la rimozione del calcare.
Vediamo insieme vantaggi e svantaggi dell’uso di entrambi.
Il detergente sintetico è sicuro dal punto di vista dell’uso, a patto di rispettare le istruzioni sulla confezione e fornite dal produttore. Per evitare un carico di responsabilità, i prodotti spesso sconsigliano i rimedi naturali per la pulizia del ferro e piuttosto consigliano l’acquisto di detergenti specifici. Hanno il vantaggio di essere già pronti all’uso, ma costosi.
I rimedi naturali sono facili da organizzare: spesso sono creati a partire da ingredienti presenti in qualsiasi cucina, dispensa o armadietto delle pulizie. Richiedono qualche tentativo per dosare bene gli ingredienti e trovare il giusto mix per le proprie esigenze, ma il loro costo è decisamente irrisorio. Generalmente -anche se non è detto in modo assoluto!- comportano meno rischi per la salute e per l’ambiente naturale.
Il prodotto principe per la pulizia del ferro da stiro in modo naturale è l’ Acido citrico, economico e di facile reperimento.
La scelta, insomma, si basa soprattutto sulle singole esigenze. Valuta entrambi le soluzioni, provare e verifica quali si adattano meglio al tuo caso!
Pulire la piastra del ferro da stiro: i metodi più comuni
La piastra del nostro ferro da stiro è la parte più importante su cui effettuare una continua manutenzione.
Il motivo è ovvio: si tratta della parte a stretto contatto coi capi che intendiamo stirare, quindi trascurarla significherebbe anche mettere a repentaglio i nostri vestiti in fase di stiratura.
Per prevenire questo problema esistono molti metodi per la pulizia della piastra in maniera efficace e vediamo allora qualche trucchetto per mantenere il nostro ferro da stiro come nuovo.
Trattare la piastra del Ferro da Stiro con sale e l’aceto
Il primo metodo per una pulizia naturale della piastra è quello che coinvolge il sale e l’aceto.
La procedura è molto semplice.
In un piccolo tegame mettere a scaldare dell’aceto con del sale fino. la soluzione che si viene a creare va portata ad ebollizione e appena raggiunge quel punto va tolta dal fuoco.
A quel punto, avendo cura di indossare un paio di guanti come quelli che si usano per le pulizie domestiche, intingere un panno nella soluzione calda e strofinarla sulla piastra del nostro ferro da stiro.
Questa soluzione è ottima per togliere le incrostazioni di sporco dalla piastra e se il panno non dovesse bastare, si può decidere di applicare più forza allo strofinamento con l’ausilio di una paglietta delicata, avendo cura di non rovinare la piastra con graffi che ne pregiudicherebbero l’effetto stirante.
Pulire la piastra del ferro da stiro con bicarbonato di sodio
Anche il bicarbonato può venire in aiuto per la pulizia della piastra del nostro ferro da stiro.
In un piccolo recipiente mettiamo poca acqua e aggiungiamo due cucchiai di bicarbonato di sodio, mescolando il composto fino ad ottenere una pasta omogenea.
Questa pasta verrà poi stesa sulla superficie della piastra del nostro ferro in maniera uniforme, avendo cura di concentrarci in particolar modo nelle zone dove si annida maggiormente lo sporco, tendenzialmente in prossimità delle scanalature e dei fori da cui fuoriesce il vapore.
Quando la pasta è stesa passiamo con un panno umido fino a togliere del tutto il composto precedentemente applicato. In questa fase possiamo anche togliere energicamente con il panno il composto, senza avere timore di rovinare la piastra.
Nelle zone di fori e scanalature è consigliate passare con l’ausilio di un cotton fioc inumidito per raggiungere ogni zona e togliere ogni residuo di bicarbonato pastoso.
Se sulla superficie rimane un alone bianco dovuto a qualche residuo passiamo più volte il panno umido ed infine eseguiamo una stiratura di prova su di uno straccio sacrificabile.
Altri metodi fai da te per pulire la piastra del ferro da stiro
Esistono altri metodi semplici per manutenere la piastra del nostro ferro da stiro.
Si possono usare detersivi naturali che utilizziamo anche per le padelle, soprattutto per quei ferri da stiro con piastre rivestite in teflon, come le padelle antiaderenti.
La soluzione da preparare con acqua e detersivo naturale dovrà essere estremamente concentrata per dare un buon risultato.
In alternativa è possibile anche utilizzare del classico dentifricio, da passare su tutta la superficie della piastra per poi toglierlo con un panno umido su più passate.
La raccomandazione in genere è sempre quella di non usare nulla metallico per rimuovere il detergente che intendiamo utilizzare, per non rovinare la superficie.
Nelle zone dei fori del vapore assicurarsi di passare con un cotton fioc umido per pulire al meglio anche le zone difficilmente accessibili da un panno.
Infine è possibile anche sfruttare il funzionamento del ferro per effettuare una pulizia dell’impianto. Si può infatti inserire dell’aceto bianco riempiendo circa un terzo del serbatoio, magari diluendo con un po’ di semplice acqua. a questo punto accendere il ferro da stiro e portarlo alla massima temperatura lasciando che possa sviluppare il vapore.
Quando l’aceto sarà completamente evaporato si può passare la piastra su uno straccio sacrificabile poggiato sull’asse da stiro, in quanto la procedura potrebbe macchiare le superfici.
Lo spazzolino elettrico è uno strumento fondamentale per una corretta igiene orale, ma per garantire la sua efficacia e durata nel tempo è importante mantenerlo pulito vediamo come pulire spazzolino elettrico, perché batteri, residui di dentifricio e calcare possono accumularsi sulla testina e sull’impugnatura, compromettendone l’igiene e il funzionamento.
Se ti stai chiedendo come pulire lo spazzolino elettrico nel modo giusto, il bicarbonato di sodio è un ottimo alleato: è naturale, antibatterico e capace di rimuovere incrostazioni e residui in modo delicato ma efficace.
In questa guida vedremo come disinfettare lo spazzolino elettrico, pulire la testina e l’impugnatura, e quali accorgimenti adottare per mantenerlo sempre in perfette condizioni.
Perché è importante pulire lo spazzolino elettrico regolarmente?
Molte persone trascurano la pulizia dello spazzolino elettrico, pensando che il semplice risciacquo dopo ogni utilizzo sia sufficiente. In realtà, con il tempo si accumulano batteri, residui di dentifricio, calcare e muffe nelle setole della testina e nella base di attacco.
Se non pulito regolarmente, lo spazzolino può:
Accumulare germi e batteri nocivi per la salute orale.
Perdere efficacia nel rimuovere placca e residui di cibo.
Presentare cattivi odori a causa dell’umidità stagnante.
Rovinarsi più velocemente, costringendoti a sostituirlo prima del previsto.
Per garantire la massima igiene e far durare più a lungo il tuo dispositivo, segui questi 4 passaggi per la pulizia dello spazzolino elettrico con bicarbonato.
Come pulire lo spazzolino elettrico: il metodo in 4 fasi
PASSO 1: Pulire il corpo dello spazzolino elettrico
L’impugnatura dello spazzolino elettrico è una delle parti più trascurate, ma anche quella che viene a contatto con mani e superfici, accumulando sporco e batteri.
Passa il panno su tutta la superficie dell’impugnatura, insistendo sulle zone dove si accumula il dentifricio.
Per pulire le fessure e i punti più difficili, usa un cotton fioc o uno stuzzicadenti.
Asciuga con un panno asciutto per eliminare l’umidità residua.
Consiglio: Se la base di ricarica ha accumulato polvere o residui di dentifricio, puliscila con lo stesso metodo, evitando di usare acqua direttamente sull’unità elettrica.
PASSO 2: Disinfettare la testina dello spazzolino elettrico con bicarbonato
La testina dello spazzolino è la parte più esposta a batteri e residui, quindi va pulita e igienizzata almeno una volta alla settimana per evitare la proliferazione di germi.
Porta ad ebollizione un pentolino d’acqua e spegni il fuoco.
Aggiungi 1 cucchiaio di bicarbonato di sodio e mescola finché non si scioglie completamente.
Immergi le testine dello spazzolino nell’acqua con bicarbonato.
Lascia in ammollo per 15-20 minuti per eliminare batteri e residui di dentifricio.
Togli le testine e risciacquale sotto acqua corrente.
Consiglio: Per una pulizia ancora più profonda, puoi aggiungere qualche goccia di aceto di mele, che ha un’azione antibatterica naturale e aiuta a sciogliere i depositi di calcare.
PASSO 3: Pulire la base della testina e l’attacco allo spazzolino
Un’altra parte dello spazzolino elettrico che tende ad accumulare sporco è l’attacco tra testina e impugnatura. Se non pulito regolarmente, può diventare un punto critico per la proliferazione di muffe e batteri.
Cosa ti serve:
Uno stuzzicadenti o una spazzolina piccola
Un panno umido
Procedura:
Dopo aver rimosso la testina, controlla l’attacco sull’impugnatura. Se ci sono incrostazioni, usa uno stuzzicadenti per rimuoverle delicatamente.
Per le zone più difficili, puoi usare una spazzolina morbida.
Passa un panno umido per eliminare ogni residuo e lascia asciugare completamente prima di rimontare la testina.
Consiglio: Se l’attacco è particolarmente incrostato, puoi immergerlo in una soluzione di acqua calda e bicarbonato per qualche minuto prima di pulirlo con la spazzolina.
PASSO 4: Sciacquare e asciugare bene tutte le parti
Dopo aver pulito ogni parte dello spazzolino, è fondamentale risciacquarlo accuratamente per eliminare ogni traccia di bicarbonato o sporco residuo.
Cosa fare:
Sciacqua bene la testina sotto acqua corrente.
Asciuga ogni parte con un panno pulito e lascia lo spazzolino smontato per qualche minuto affinché si asciughi completamente.
Rimonta la testina solo quando tutto è completamente asciutto per evitare ristagni di umidità.
Consiglio: Evita di riporre lo spazzolino in un contenitore chiuso quando è ancora umido, perché potrebbe favorire la proliferazione di muffe.
Conclusione
Pulire lo spazzolino elettrico con bicarbonato è un metodo naturale ed efficace per mantenerlo igienizzato e funzionante nel tempo. Seguendo questo procedimento in 4 fasi, potrai rimuovere batteri, calcare e residui di dentifricio senza dover ricorrere a prodotti chimici aggressivi.
Una corretta manutenzione dello spazzolino ti permetterà di migliorare la tua igiene orale e di prolungare la durata del dispositivo. Ricorda di:
Pulire regolarmente il corpo dello spazzolino con un panno in microfibra e un detergente naturale.
Disinfettare la testina una volta a settimana con bicarbonato e acqua calda.
Rimuovere residui dall’attacco della testina per evitare accumuli di sporco.
Asciugare bene tutte le parti prima di rimontare lo spazzolino.
Vuoi un’igiene naturale ed efficace? Scopri i prodotti ecologici di Verdevero per la pulizia della casa e della persona!
Biodegradabile oltre il 90% Parliamoci chiaro: riferito a un detersivo non significa una cippa!
Vediamo perché…
Ti sarà capitato di leggere sull’etichetta di un detersivo la scritta BIODEGRADABILE oltre il 90%.
Se pensi che puoi stare tranquilla perché hai in mano un prodotto poco inquinante stai commettendo un grave errore.
Infatti si tratta di una dicitura che può generare confusione facendo pensare ad un prodotto “ecologico” quando il prodotto ecologico non è.
Ma allora cosa significa Biodegradabile oltre il 90%?
Qui corro il rischio di fare un pippone noioso con termini tecnici, ma sarà necessario per comprendere il problema, e smetterla di farti prendere in giro da questa frasetta magica.
La parola “biodegradabilità” senza ulteriori precisazioni risulta ambigua e poco precisa, ma in linea generale sta a significare la demolizione di un composto da una struttura complessa a una struttura semplice.
Parlando di detersivi, non possiamo fare a meno di fare riferimento ai 3 tipi di biodegradabiltà diversa e di precisare che in nessun caso si prende inconsiderazione la biodegradabilità dell’intero prodotto ma solo quella dei tensioattivi che lo compongono.
E i tensioattivi sono la minima parte della formula di un detersivo.
È la trasformazione del tensioattivo da parte di microorganismi in presenza di ossigeno.
È la più semplice che si verifica ma è una semplice rottura delle molecole del tensioattivo.
In questo caso, non è detto che le molecole ottenute siano meno inquinanti di quelle di partenza.
La normativa dice: “[…] «biodegradazione primaria» è la modifica strutturale (trasformazione) di un tensioattivo da parte di microrganismi che ne provoca la perdita delle proprietà tensioattive a causa della degradazione della sostanza madre e la conseguente perdita della proprietà tensioattiva […]” (Reg. Cee 648/2004 – Art 2,7) “La biodegradabilità primaria si considera soddisfacente a un livello minimo dell’80 % […]“ (Reg CE 648/2004 – Allegato II)
Questa è la biodegradabilità considerata nel DL 136 del 26/4/1983, ormai non più in vigore, a cui faceva riferimento la dichiarazione “Biodegradabile oltre il 90%” riportata in etichetta dai detersivi:
“È vietata la produzione, la detenzione, la immissione in commercio, l’introduzione nel territorio dello Stato e l’uso da parte degli stabilimenti industriali o degli esercizi pubblici di detersivi quando la biodegradabilità media dei tensioattivi sintetici in essi contenuti sia inferiore al 90 per cento […]” (DL 136/1983 – Art. 2)
In sintesi…
Quando trovi la scritta BIODEGRADABILE OLTRE IL 90% significa solamente che il prodotto è conforme a questa legge.
Non significa che è ecologico.
Non solo, questa normativa è superata.
Il regolamento europeo 648/04 attualmente in vigore introduce infatti un secondo tipo di biodegradabilità, la Biodegradabilità aerobica totale.
2) Biodegradabilità aerobica totale (mineralizzazione)
È la biodegradazione che si ottiene quando il tensioattivo viene distrutto completamente e trasformato in biossido di carbonio, acqua e sali minerali.
“La biodegradabilità dei tensioattivi nei detergenti si considera soddisfacente se il livello di biodegradabilità (mineralizzazione) misurato […] è almeno del 60% entro un termine di ventotto giorni […]” (Reg. CEE 648/04 – Allegato III)
In sintesi…
L’attuale regolamento prevede che tutti i tensioattivi utilizzati per creare un detersivo diventino sali minerali, biossido di sodio e acqua.
Per misurare se questo fenomeno si avvera, si verifica se entro 28 giorni i tensioattivi si sono mineralizzati almeno del 60%.
Anche questo secondo criterio si applica a tutti i detersivi in commercio, ecologici e petrolchimici, e un detersivo che lo rispetta non è un detersivo ecologico.
Fino a qui le regole a cui si attengono tutti i detersivi in commercio.
È chiaro che la scritta BIODEGRADABILE riportata nei detersivi non indica che il prodotto è ecologico
Entriamo ora nell’ambito dei detersivi ecologici e della normativa di riferimento, la normativa Ecolabel.
Non è raro che i tensioattivi non si degradino completamente in acqua, e cioè in ambiente aerobico.
E cosa succede quando raggiungono i fanghi di fiumi, laghi e mari e cioè gli ambienti anaerobici?
Semplice: rimangono lì a inquinare.
È questo il motivo che ha spinto a creare la Commissione Ecolabel e analizzare la capacità di degradazione dei tensioattivi anche in ambiente anaerobico.
Qui entriamo nel campo dei detersivi ecologici e della biodegradabilità anaerobica.
3) Biodegradabilità anaerobica
È la biodegradabilità che si ottiene anche in ambienti privi di ossigeno.
Fondi e fanghi di fiumi, laghi e mari.
Un detersivo per essere ecologico deve garantire la degradabilità finale in condizioni anaerobiche di almeno il 60%.
La verifica di tale criterio avviene grazie alla pubblicazione di una lista degli ingredienti, una “DID list” (Detergent Ingredient Database) nella quale è indicato se un certo tensioattivo è biodegradabile anaerobicamente o meno.
Se l’ingrediente non è presente nella lista allora non si può usare per un detersivo che si vuole chiamare ecologico.
Se i produttori di detersivi petrolchimici inserissero la lista degli ingredienti in etichetta sarebbe molto semplice verificare l’ecologicità del prodotto.
Purtroppo non lo fanno.
La Biodegradabilità anaerobica dei tensioattivi non è richiesta per prodotti convenzionali petrolchimici, ma solo per quelli che intendono certificarsi secondo lo standard Ecolabel e gli altri standard più stringenti che fanno comunque riferimento ai criteri Ecolabel.
(ICEA-AIAB-BIOCERT)
Ora ti è chiaro che quando ti scrivono Biodegradabile oltre il 90% in etichetta in realtà ti stanno prendendo in giro e facendo credere di avere in mano un detersivo ecologico.
Oltre a questo dobbiamo fare un’altra precisazione: per essere un vero detersivo ecologico non basta garantire la biodegradabilità totale anaerobica ma…
Bisogna prendere in considerazione anche la tossicità del prodotto.
Non basta pensare a come si degrada il detersivo ma anche a quanto è tossico e quanti danni combina mentre si trova in acqua e si degrada.
Questa valutazione viene fatta attraverso il il calcolo del Volume Critico di Diluizione VCDtox.
La formula per calcolarla è la seguente:
VCD tox (ingrediente) Peso ingrediente x Fattore di carico (LF) X 1000 Effetto di lungo termine (LTE)
Il risultato di questo calcolo è un valore che rappresenta la quantità di acqua minima necessaria per rendere innocua una dose standard di detergente per gli organismo acquatici.
Ci dice quanta acqua serve aggiungere a una dose di prodotto perché quell’acqua sia di nuovo vivibile per gli organismi acquatici.
Pulire la moka con il detersivo non è una pratica diffusa, per fortuna… Ma di tanto in tanto potrebbe essere opportuno decalcificarla per ottenere un caffè più buono, in meno tempo e preservando la moka per lunghissimo tempo.
Il procedimento per decalcificare la moka è facile e veloce. Ecco come procedere:
Metti un cucchiaino di ACIDO CITRICO nel serbatoio della moka e aggiungi acqua come se la stessi preparando per un normale caffè
Inserisci il filtro (lasciandolo vuoto)
mettila nel fuoco come se stessi preparando un vero caffè.
Quando l’acqua sarà passata per il filtro avrà svolto insieme all’ACIDO CITRICO, la sua azione di pulizia e decalcificazione.
Non preoccuparti se il primo caffè che farai dopo questo procedimento avrà un sapore diverso dal solito. Al caffè successivo tornerà tutto come prima.
Nota: la soluzione migliore è l’acido citrico e non l’aceto come ti può essere capitato di leggere. Questo perché, seppure l’aceto è una soluzione ecologica, l’acido citrico inquina 53 volte di meno le falde acquifere.
La vendita di prodotti sfusi comporta vantaggi sia in termini economici che ambientali, ma non sempre le normative favoriscono questo tipo di attività: è il caso dei cosmetici.
Il regolamento europeo sui prodotti beauty, infatti, contiene alcune norme sulla tracciabilitàproduzione che sono estese anche alla vendita di cosmetici sfusi.
Dai detersivi agli alimenti, si sta diffondendo sempre di più la vendita di prodotti sfusi.
Oltre ad essere vantaggiosi dal punto di vista economico per il consumatore (in quanto costano meno dei prodotti confezionati), i cosiddetti “prodotti alla spina” hanno dei significativi vantaggi ambientali: meno rifiuti prodotti in termini di packaging, meno CO2 emessa in atmosfera.
Tuttavia non sempre le normative favoriscono questo tipo di attività. È il caso della vendita di cosmetici sfusi, compresi prodotti d’igiene di uso comune come shampoo e bagnoschiuma.
La normativa
Da luglio 2013 è in vigore il regolamento UE 1223/2009 che contiene le indicazioni sulle modalità di vendita dei cosmetici.
Le norme, come ha spiegato l’Unione Europea, sono volte a garantire la tutela della salute e l’informazione dei consumatori, vigilando sulla composizione e l’etichettatura dei prodotti.
Il regolamento prevede inoltre la valutazione della sicurezza dei prodotti e il divieto degli esperimenti sugli animali.
La normativa, tuttavia, fissa alcuni paletti che rendono più controllata la vendita di cosmetici sfusi: si tratta, infatti, di prescrizioni più difficili da applicare nel caso di negozi o distributori alla spina.
Di recente si è espresso anche il Ministero della Salute con il Decreto pubblicato in Gazzetta Ufficiale lo scorso 23/11/18 specificando che il campo d’applicazione (art.8 del decreto) relativo agli adempimenti e comunicazione a carico degli operatori di settore specifica espressamente che gli obblighi a carico del produttore in proprio o per conto terzi di prodotti cosmetici comprendono anche le ipotesi di produzione di piccoli volumi, definendo la nozione di produzione come “l’effettuazione di una o più fasi di fabbricazione del prodotto cosmetico, quale la preparazione del semilavorato, la preparazione della miscela finale, la ripartizione nel recipiente finale, il confezionamento nell’imballaggio secondario e l’etichettatura”,
Pertanto, ai sensi di questa disposizione del Ministero, anche l’effettuazione di una sola delle fasi sopra specificate consente di classificare come produttore il negoziante che l’ha materialmente posta in essere (es. la fase di spinatura ed etichettatura dei prodotti sfusi) con l’ulteriore conseguenza dell’applicazione a quest’ultimo della più gravosa disciplina delle direttive a carico dei produttori ovvero l’attuazione delle “buone pratiche di fabbricazione” (articolo 8 del Regolamento CE DEL 22/12/2009).
Dopo le numerose richieste di informazioni pervenute sulla vendita dei prodotti cosmetici sfusi abbiamo voluto fare un po’ di chiarezza in merito
Shampoo, balsamo, bagnoschiuma in vendita sfusi: si può o no? La normativa europea UE 1223/2009 non lo vieta, ma le buone pratiche di produzione e controllo sono incerte e spesso interpretabili.
Abbiamo chiesto agli esperti del settore per capire meglio. Cosmetici sfusi? Sì o no alla vendita?
Che cosa dice la legge, quindi?
Da luglio 2013 è in vigore il regolamento UE 1223/2009 che contiene le indicazioni sulle modalità di vendita dei cosmetici. Queste norme nascono per garantire la tutela della salute del consumatore che, attraverso l’etichettatura, il confezionamento, la tracciabilità e controlli specifici da parte di persone ad hoc, sarà garantita. Il regolamento, quindi, non vieta esplicitamente la vendita dello sfuso, ma ne rende la fattibilità davvero difficile.
1. Buone pratiche di fabbricazione. Le GMP sono buone pratiche soprattutto di carattere igienico, fissate dal regolamento UE, difficilmente rispettabili in un locale non conforme cosmeticamente, come ad esempio un negozio aperto al pubblico.
Articolo 8 – Buone pratiche di fabbricazione a. Nella fabbricazione di prodotti cosmetici sono rispettate le buone pratiche di fabbricazione al fine di garantire il raggiungimento degli obiettivi di cui all’articolo 1. b. Qualora la fabbricazione avvenga conformemente alle pertinenti norme armonizzate, i cui riferimenti sono stati pubblicati nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea, si presume il rispetto delle buone pratiche di fabbricazione.
In sostanza la preparazione e il confezionamento devono avvenire in ambienti adatti e seguendo delle procedure codificate e particolarmente restrittive, forse una farmacia potrebbe garantire ciò.
2. Tracciabilità del prodotto. Il lotto di fabbricazione, che consente di identificare il prodotto, deve essere apposto in modo indelebile e duraturo sulla confezione. Si pone il problema di come possa essere indicato nel caso della vendita dello sfuso: il lotto di fabbricazione viene stampato dalle aziende produttrici direttamente sulla confezione dove il prodotto viene imbottigliato.
3. Etichettatura. Nell’etichetta deve essere riportato l’elenco degli ingredienti. Si potrebbe utilizzare per il refill flaconi con etichetta, ma la procedura al momento non è stata regolamentata da uno standard e quindi difficile da gestire in fase di vendita.
4. Vigilanza. Il regolamento europeo parla anche di “Cosmetovigilanza”, ovvero della necessità di nominare persona fisica o giuridica qualificata e competente che si assuma tutte le responsabilità relative al prodotto cosmetico immesso sul mercato. Ci si domanda se il rivenditore o il produttore siano in grado si assumersi questa responsabilità, data la mancanza di una chiara tracciabilità del prodotto nel momento in cui questo viene trasferito da un contenitore (fornito dal produttore con tutte le indicazioni di legge e nel rispetto delle GMP) ad un altro contenitore sul punto vendita.
5. Art. 19 paragrafo 4 riporta “Per i cosmetici non preconfezionati o per i cosmetici confezionati dal venditore su richiesta dell’acquirente o preconfezionati in vista della loro vendita immediata, gli Stati membri stabiliscono le modalità secondo cui vanno indicate le informazioni di cui al paragrafo 1”. Nessun stato membro, però, ha emanato ancora questi criteri per la vendita della cosmetica sfusa.
Il Decreto del ministero della salute del 27/9/2018 e pubblicato in gazzetta ufficiale il 23/11/2018 ha specificato le procedure di controllo del mercato interno dei prodotti cosmetici, ivi inclusi i controlli dei prodotti stessi, degli operatori di settore e delle buone pratiche di fabbricazione, nonché degli adempimenti e delle comunicazioni che gli operatori del settore sono tenuti ad espletare nell’ambito dell’attività di vigilanza e sorveglianza di cui agli articoli 7, 21, 22 e 23 del regolamento (CE) n. 1223/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 30 novembre 2009, sui prodotti cosmetici. Nel testo del decreto sono state specificate gli adempimenti degli operatori in Italia per la vendita di sfuso, in particolare:
Articolo 3. Anche ai prodotti cosmetici non preconfezionati o ai cosmetici confezionati dal venditore su richiesta dell’acquirente o preconfezionati in vista della loro vendita immediata, si applicano per la fase di confezionamento ed etichettatura le disposizioni relative alle Buone Pratiche di Fabbricazione (art. 8 del regolamento CE n. 1223/2009) Per i cosmetici non preconfezionati o per i cosmetici confezionati dal venditore su richiesta dell’acquirente o preconfezionati in vista della loro vendita immediata, le informazioni obbligatorie in etichetta (art. 19 del regolamento (CE) n. 1223/2009) devono essere riportate almeno sull’imballaggio secondario a cura di colui che, nell’attività di «messa a disposizione sul mercato» oppure tali prodotti devono essere venduti unitamente a un foglio informativo. Articolo 8 Specifica che l’ambito di applicazione del decreto è esteso a chiunque effettua una o più fasi della fabbricazione del prodotto cosmetico ed è compreso sia la fase di confezionamento che quella di etichettatura. Infine il decreto richiede, al fine di garantire l’attività di vigilanza e di sorveglianza, il censimento di tutti i soggetti della filiera di produzione tramite l’invio dei dati tramite pec secondo una circolare del Direttore Generale del Ministero della salute (leggi la circolare) “
Gli aggiornamenti normativi del Ministero della Salute hanno di fatto chiarito la possibilità di vendere cosmetici sfusi ribadendo la centralità dell’obiettivo di garantire il consumatore finale attraverso la tracciabilità dei prodotti, la corretta etichettatura e del rispetto delle buone pratiche di fabbricazione. La principale novità introdotta riguarda il censimento di tutti i soggetti della filiera produttiva.
L’orrore delle mamme che hanno bambini piccoli che vogliono emulare Cristianko Ronaldo sono le macchie di fango. Non se segui il blog di Verdevero però… Ecco un facile trucchetto per pulire il fango dai vestiti.
La soluzione ecologica:
Sgrassatore ecologico e sapone vegetale.
⚛ Tipo di macchia:
Organico, fango.
Tempo necessario:
10 minuti + ciclo di lavaggio in lavatrice.
Tipo di materiale:
Cotone.
Impegno necessario:
Difficoltà 2 di 10
Ingredienti che puoi usare:
Sgrassatore ecologico e sapone vegetale.
⚗ Tipo di prodotto utile:
✅Procedimento
Puoi procedere in questo modo:
1. Spruzza GRINTAdirettamente sulla macchia e lascia agire per 5 minuti
2. A questo punto strofina SMACCHIETTAsulla macchia fino a ottenere una schiumetta marrone
Se necessario puoi continuare a strofinare per qualche secondo fibra contro fibra per rimuovere gli eventuali ultimi residui di sporco.
3. Il capo ora è pronto per essere messo in lavatrice per un normale lavaggio con BEIPANNI.
Scegli la temperatura da impostare in base alle indicazioni in etichetta.
4. Se i capi sono bianchi o colorati con colori tenui e leggeri aggiungi una dose di BIOBIANCOal lavaggio
L’uso dello smartphone, si sa, causa sempre più mutamenti sia da un punto di vista psicologico, emozionale e quindi anche fisico.
Rintanarsi nel proprio mondo virtuale diventa allora una vera postura, diventata una vera e propria sindrome: “Text Neck” o “cervicalgia da smartphone ” .
Con questo nome si identifica una sindrome dovuta
ad un’errata postura nell’uso di apparecchi elettronici, che
causa dolore e infiammazione a carico del collo, delle spalle, delle
zone cervicale e toracica della colonna vertebrale, ipertrofia ed
ipotrofia dei muscoli del collo, fino a modifica delle curve
vertebrali, scompensi posturali e disfunzioni neurologiche.
Il peso della testa in varie angolazioni.
La postura che, spesso, si assume nel guardare
gli schermi di tablet, telefoni e computer porta la testa
fuori dal suo asse naturale per molto tempo,
andando a caricare le strutture con un peso fino a 5 volte
maggiore del carico ordinario : la testa in posizione
naturale pesa circa 5kg, inclinata di 60° arriva a pesarne 27.
Un carico di questo tipo, prolungato per molto
tempo, può portare ad un eccessivo lavoro in contrazione ed
estensione dei muscoli del collo, mentre tutto il corpo cerca di
adattarsi per sostenere una visione frontale.
Muscoli che si indeboliscono
Muscoli flessori del collo .
Localmente, tendono ad essere allungati ed
indeboliti:
• Flessori cervicali profondi.
Questi muscoli, costituiti dai muscoli lungo del
collo e lungo della testa, si trovano lungo la parte anteriore del
rachide cervicale e aiutano a stabilizzare il collo. Quando si
indeboliscono, i flessori cervicali profondi si allungano mentre il
mento si inclina allontanandosi dal collo.
• Muscoli erettori della colonna.
Erettori della colonna.
Questi sono muscoli estensori attaccati alla parte posteriore del rachide cervicale inferiore e alla colonna vertebrale toracica superiore. Svolgono un ruolo chiave nel ruotare e raddrizzare la colonna vertebrale. Quando i muscoli della spina dorsale si allungano e perdono forza, perdono la capacità di tenere dritti collo e schiena.
• Adduttori della scapola.
Adduzione della scapola.
Trapezio medio e muscoli romboidi nella parte superiore della schiena portano le scapole all’indietro per mantenere le spalle ed il petto in una postura corretta. Trapezio e muscoli romboidi indeboliti permettono alle scapole di inclinarsi anteriormente, contribuendo ulteriormente a spalle curve e ad una postura della testa in avanti.
• Muscoli che diventano corti e contratti
Localmente, tendono ad essere accorciati e
contratti:
Muscoli della zona occipitale.
• Muscoli suboccipitali.
Queste quattro paia di piccoli muscoli, che
collegano la parte bassa del cranio alla parte superiore delle
cervicali, aiutano nella rotazione e nell’estensione della testa.
Questi muscoli sono costantemente coinvolti nel mantenere la testa
inclinata verso l’alto per guardare frontalmente.
• Muscoli Pettorali.
Poiché i muscoli nella parte superiore della
schiena tendono ad allungarsi perchè le spalle sono spostate in
avanti, i muscoli pettorali possono accorciarsi e contrarsi.
Potrebbero, per esempio, essere contratti i pettorali minori.
• Muscoli Elevatori della Scapola.
Muscoli elevatori della scapola.
Questa coppia di muscoli si trova lungo la
schiena e i lati del collo, viaggiando dalla colonna cervicale
superiore fino alla scapola (scapola). La scapola levatrice svolge
un ruolo chiave nel sollevare o elevare la scapola, oltre ad aiutare
nei vari movimenti del collo. Se la scapola inizia a inclinarsi in
avanti e a ruotare verso l’alto con spalle arrotondate, i muscoli
scapole del levatore possono accorciarsi.
Come si manifesta la sindrome da Text Neck
Generalmente la sindrome da Text Neck prevede uno
o più sintomi tra cui:
Indolenzimento.
L’indolenzimento si può avvertire lungo il braccio e dietro la
spalla, sulla schiena o nella zona dei pettorali
Dolore
intenso. Se un muscolo è teso e/o va in spasmo, il dolore
può essere acuto o bruciante. Può peggiorare con posizioni o
movimenti specifici, ma attenuarsi in altre posizioni o a riposo.
Questo dolore è tipicamente localizzato in un punto, come ad
esempio a lato del collo o alla base del cranio.
Dolore
diffuso che “si sposta”. Lo squilibrio
posturale, insieme alla tensione muscolare e fasciale, crea una
situazione per cui lo spasmo e il dolore possono spostarsi e
renderne difficile la localizzazione.
Contratture Muscolari. L’eccessivo
allungamento o accorciamento dei muscoli può portare alla comparsa
di contratture muscolari e di conseguente dolore.
Rischi a lungo termine
Degenerazione della lordosi cervicale.
Oltre che alla sindrome dolorosa, un prolungato
stato di postura da Text Neck, può portare ad una
degenerazione della lordosi cervicale (la “curva” a “C” che
le vertebre cervicali formano naturalmente) che rischia di
raddrizzarsi.
Non solo collo e spalle
Uno degli effetti di una cattiva postura, come
quella derivante dalla Text Neck, è il
coinvolgimento di strutture anche distanti e a cui, nell’immediato,
non si pensa.
Per esempio, uno spostamento in avanti
della testa porterà ad uno spostamento del baricentro del corpo,
con una conseguente variazione a livello del bacino e,
conseguentemente, delle gambe..
Nel lungo periodo, quindi, si potrebbe avere
sintomi non apparentemente collegati alla cervicalgia, ma derivanti
dalla stessa postura che ne è la causa.
Text Neck e Shiatsu
Questo aspetto del coinvolgimento a
distanza e indiretto è intrinseco nel trattamento Shiatsu,
qualsiasi stile si pratichi.
Da un punto di vista legato alla medicina
tradizionale cinese, la cervicalgia da smartphone interessa
principalmente il percorso dei meridiani di Vescica e
Stomaco e i loro corrispettivi meridiani tendino-muscolari.
C’è poi un aspetto legato al movimento Legno, che governa muscoli
e tendini, e quindi i meridiani di Fegato e Vescica
Biliare. Nei singoli casi, potrà esserci un coinvolgimento
dei meridiani correlati : Intesino Tenue, Intestino Crasso, Polmone,
Ministro del Cuore.
Il meridiano di Vescica, con il
suo importante compito di tenere la “retta via” e la corretta
postura risulta fondamentale. Nel trattamento si porrà attenzione
alla zona cervicale: il cardine per “cambiare punto di vista” e
quindi poter cambiare direzione.
Dr. Tan’s Balance Method.
Il meridiano di Stomaco è
legato alla posizione “centrata”, quindi forte è il legame con
il baricentro del corpo : l’addome ed il bacino. Il trattamento
della parte finale del meridiano dal ginocchio al piede, coinvolge
punti, come ST38, legati al trattamento delle
spalle.
Questo collegamento tra la zona tibiale e le
spalle risulta più facilmente comprensibile attraverso il
bilanciamento reso famoso dal Dr. Richard Tan, che
ha ripreso e sintetizzato quanto presente nella tradizione: una
visione del corpo in cui braccia e gambe sono un riflesso del
tronco.
Hai mai notato un sapore strano nel tuo caffè del mattino? Potrebbe essere il momento di decalcificare la tua macchina del caffè. La calcificazione può influire sulla qualità del tuo caffè preferito, ma non preoccuparti!
In questo articolo ti mostrerò come rendere la tua macchina del caffè come nuova in pochi minuti.
Una macchina del caffè decalcificata adeguatamente non solo migliora il sapore del caffè, ma prolunga anche la vita utile del tuo prezioso elettrodomestico.
Sei pronto ad immergerti in questa guida completa? Scoprirai come decalcificare la tua macchina del caffè passo dopo passo, utilizzando ingredienti naturali e semplici.
Inoltre, ti fornirò alcuni preziosi consigli per evitare la calcificazione in futuro.
Q
Prodotti per la decalcificazione della macchina del caffè
La scelta del prodotto giusto per la decalcificazione della macchina del caffè è fondamentale per garantire una pulizia efficace senza danneggiare l’elettrodomestico.
Esistono vari prodotti disponibili sul mercato progettati specificamente per questo scopo.
Tra i più comuni ci sono i decalcificanti liquidi, che possono essere facilmente versati nel serbatoio dell’acqua, e le pastiglie, che si sciolgono e agiscono contro i depositi di calcare.
È importante scegliere un prodotto che sia compatibile con il proprio modello di macchina per il caffè, quindi è sempre bene consultare il manuale dell’utente.
Tuttavia tuttti questi ingredienti non sono altro che confezionamenti diversi dello stesso principio chimico naturale e cioè l’acido citrico: un acido naturale che si trova in molte varietà di frutta e ha dimostrato di essere molto efficace nella rimozione del calcare. Evita di spendere soldi inutilmente e usa pure acido citrico puro. Scopri tutti gli usi dell’acido citrico di Verdevero QUI
In alternativa, molti esperti online consigliano di utilizzare ingredienti naturali come l’aceto bianco. Questi rimedi domestici non solo sono più economici, ma sono anche meno tossici e più ecologici rispetto ai prodotti chimici commerciali. L’aceto bianco, grazie alla sua acidità, può sciogliere i depositi di calcare in modo simile.
Infine, è importante ricordare che la qualità dell’acqua utilizzata nella macchina del caffè può influire sulla formazione di calcare. Se si vive in una zona con acqua dura, investire in un sistema di filtraggio dell’acqua può essere una buona soluzione per ridurre la frequenza della decalcificazione e migliorare il gusto del caffè. In questo modo, si protegge non solo la macchina, ma anche il sapore delle bevande che si preparano.
Cos’è la decalcificazione della macchina del caffè
La decalcificazione è il processo attraverso il quale si rimuovono i depositi di calcare che si accumulano all’interno della macchina del caffè. Questi depositi si formano principalmente a causa dell’acqua dura, che contiene elevate quantità di minerali come calcio e magnesio. Quando l’acqua viene riscaldata all’interno della macchina, questi minerali possono cristallizzarsi e attaccarsi alle superfici interne, creando incrostazioni che compromettono il funzionamento dell’elettrodomestico.
Durante il processo di decalcificazione, il prodotto scelto, sia esso un decalcificante commerciale o un rimedio naturale, agisce per sciogliere questi depositi minerali. Una volta che il calcare è stato rimosso, la macchina del caffè torna a funzionare in modo più efficiente, consentendo di preparare caffè dal gusto migliore. Inoltre, la decalcificazione regolare può prevenire danni permanenti alla macchina, allungando così la sua vita utile.
È importante notare che la decalcificazione non deve essere confusa con la pulizia ordinaria della macchina del caffè. Mentre la pulizia si concentra sulla rimozione di residui di caffè e oli, la decalcificazione affronta specificamente i problemi legati all’accumulo di calcare. Entrambi i processi sono essenziali per mantenere la macchina in buone condizioni e garantire un caffè di alta qualità.
Perché è importante decalcificare la macchina del caffè
Decalcificare la macchina del caffè è fondamentale per diversi motivi. In primo luogo, un accumulo di calcare può influire negativamente sulla qualità del caffè. I depositi di calcare possono alterare il sapore dell’acqua, rendendo il caffè più amaro o meno aromatico. Questo è particolarmente evidente se si utilizza acqua dura, che tende a lasciare più residui. Una macchina del caffè pulita e decalcificata, al contrario, permette all’acqua di fluire liberamente e di estrarre i migliori aromi dai chicchi di caffè.
In secondo luogo, la decalcificazione è essenziale per il funzionamento efficiente della macchina. I depositi di calcare possono ostruire i tubi e le resistenze, causando un surriscaldamento dell’elettrodomestico e potenzialmente portando a guasti meccanici. Le macchine del caffè che non vengono decalcificate regolarmente possono avere una vita utile significativamente ridotta, con costi di riparazione o sostituzione che possono essere elevati. Investire nella decalcificazione è quindi una strategia economica a lungo termine.
Infine, una macchina del caffè ben mantenuta consente di risparmiare tempo e fatica. Una macchina che lavora in modo efficiente richiede meno interventi di manutenzione e produce caffè di qualità superiore, riducendo la necessità di ripetere il processo di preparazione. Questo significa più tempo per godersi il caffè e meno preoccupazioni riguardo a problemi tecnici. La decalcificazione regolare è quindi un passo cruciale per chiunque desideri un’esperienza di caffè soddisfacente e senza intoppi.
Segnali che la tua macchina del caffè ha bisogno di essere decalcificata
Ci sono diversi segnali che indicano che la tua macchina del caffè ha bisogno di essere decalcificata. Uno dei segnali più evidenti è un cambiamento nel sapore del caffè. Se noti un gusto strano o amaro, potrebbe essere il risultato di depositi di calcare che alterano il sapore dell’acqua. Un caffè che non ha il solito aroma ricco e pieno è un chiaro indicativo che è tempo di intervenire.
Un altro segnale comune è il rallentamento del flusso d’acqua. Se la tua macchina impiega più tempo del solito per erogare il caffè, potrebbe essere a causa di ostruzioni causate dal calcare. Questo non solo rallenta il processo di preparazione, ma può anche danneggiare componenti interni se non viene affrontato prontamente. Un flusso d’acqua irregolare è un chiaro invito a decalcificare.
Infine, molti modelli di macchine da caffè moderne sono dotati di indicatori di manutenzione che avvisano quando è necessario decalcificare. Questi segnali luminosi o messaggi sul display possono variare da un modello all’altro, quindi è importante consultare il manuale per comprendere come riconoscere questi avvisi. Ignorare questi segnali può portare a problemi più gravi e costosi nel lungo termine, rendendo la decalcificazione un’operazione fondamentale da non trascurare.
Come decalcificare la macchina del caffè passo dopo passo con l’acido citrico
Decalcificare la macchina del caffè con l’acido citrico è un processo semplice e efficace.
Per iniziare, assicurati di avere a disposizione dell’acido citrico in polvere. Prima di tutto, svuota il serbatoio dell’acqua della macchina e risciacqualo per rimuovere eventuali residui. Successivamente, prepara una soluzione mescolando circa 150 grammi di acido citrico in un litro d’acqua calda. Questa soluzione aiuterà a sciogliere il calcare accumulato.
Versa la soluzione di acido citrico nel serbatoio dell’acqua e accendi la macchina. Se la tua macchina ha un ciclo di decalcificazione, segui le istruzioni del produttore per eseguire il ciclo. In assenza di un ciclo automatico, puoi semplicemente avviare un normale ciclo di erogazione del caffè, ma senza inserire il caffè.
Lascia che la soluzione passi attraverso il sistema, facendo attenzione a non superare la quantità di acqua consigliata.
Una volta completato il ciclo, è fondamentale risciacquare bene la macchina per eliminare eventuali residui di acido citrico. Svuota il serbatoio e riempi di nuovo con acqua fresca, quindi esegui uno o due cicli di risciacquo.
Dopo questi passaggi, la tua macchina del caffè sarà decalcificata e pronta per preparare un caffè delizioso. Ricorda di eseguire questa operazione regolarmente, ogni uno o due mesi, a seconda della durezza dell’acqua nella tua zona.
Consigli per mantenere la macchina del caffè in condizioni ottimali
Mantenere la macchina del caffè in condizioni ottimali richiede un po’ di attenzione, ma i risultati ripagano gli sforzi. In primo luogo, è consigliabile utilizzare acqua filtrata o minerale, se possibile. L’acqua dura, ricca di minerali, è la principale causa di calcificazione. Filtrare l’acqua prima di utilizzarla nella macchina può ridurre notevolmente l’accumulo di calcare e migliorare anche il sapore del tuo caffè.
In secondo luogo, è importante pulire regolarmente la macchina del caffè. Oltre alla decalcificazione, è bene rimuovere i residui di caffè e oli, che possono accumularsi nel serbatoio e nei filtri. Utilizza un panno umido per pulire l’esterno della macchina e segui le istruzioni del produttore per la pulizia delle parti interne. Alcuni modelli hanno componenti rimovibili che possono essere lavati in lavastoviglie, rendendo il processo ancora più semplice.
Infine, fai attenzione a non lasciare l’acqua stagnante nel serbatoio della macchina per lunghi periodi. Se non utilizzi la macchina per un po’, svuota il serbatoio e lasciala asciugare. Questo aiuta a prevenire la formazione di muffe e batteri, garantendo che ogni tazza di caffè sia fresca e pulita. Seguendo questi semplici consigli, potrai prolungare la vita della tua macchina del caffè e goderti ogni giorno un caffè delizioso.
Conclusioni e vantaggi della decalcificazione regolare della macchina del caffè
In conclusione, la decalcificazione regolare della macchina del caffè è un passaggio cruciale per garantire una lunga vita all’elettrodomestico e per mantenere un caffè di alta qualità. Non solo migliora il sapore delle tue bevande, ma previene anche danni meccanici che potrebbero richiedere costose riparazioni. Investire tempo nella manutenzione della macchina è un modo intelligente per proteggere il tuo investimento e assicurarti che ogni tazza di caffè sia perfetta.
Inoltre, la decalcificazione contribuisce a un funzionamento più efficiente della macchina, riducendo i tempi di attesa e migliorando l’esperienza complessiva di preparazione del caffè. Con l’acido citrico o altri rimedi naturali, la procedura è semplice e veloce, rendendo la manutenzione della macchina un compito alla portata di tutti. È un gesto che non solo fa bene alla macchina, ma anche al palato.
Infine, ricorda che una macchina del caffè ben mantenuta può offrirti un caffè dal sapore e dall’aroma ineguagliabili. Prenditi cura di questo prezioso elettrodomestico e goditi ogni giorno il tuo caffè come se fosse il primo. La decalcificazione regolare è la chiave per un caffè sempre fresco e delizioso, un vero piacere per gli amanti del caffè.
Spesso mettiamo i vasi di fiori a decorare il davanzale, ma se non li puliamo costantemente possono lasciare macchie.
La soluzione ecologica:
Acqua e acido citrico.
⚛ Tipo di macchia:
Organico e calcare.
Tempo necessario:
15/20 minuti.
Tipo di materiale:
Pietra naturale levigata.
Impegno necessario:
Difficoltà 4 di 10
Ingredienti che puoi usare:
Acqua e acido citrico.
⚗ Tipo di prodotto utile:
✅Procedimento
Puoi procedere in questo modo:
1. Metti da parte dell’acqua;
2. Versa un po’ di Lemontrì sulla EvoSponge;
3. Gratta bene le parti macchiate, senza soffermarti troppo, e sciacqua subito con dell’acqua;
4. Ripeti questa operazione, avendo cura di strofinare energicamente per qualche secondo e poi sciacquare velocemente, è molto importante che Lemontrì non resti a contatto con la pietra per troppo tempo.
☑ Cosa non fare mai:
Non usare prodotti troppo acidi come l’aceto.
Pulire le tende da sole è per molte persone un vero incubo!
Le tende da sole sono sempre esposte alle intemperie, all’inquinamento e… ai ricordini degli animali.
Sia per un corretto mantenimento del tessuto, sia per l’igiene e la pulizia, è fondamentale aver cura delle tende da sole.
E la bella notizia è che lo puoi fare in modo ecologico.
Cosa ti serve per pulire le tende da sole in modo ecologico
Per pulire le tende servono dai 30 ai 40 minuti. I tessuti su cui si applica questo metodo sono il cotono o il lino. Ti servirà una scopa o un’aspirapolvere, del CARBONATO DI SODIO Verdevero, acqua e una spugna leggermente abrasiva, come EVOSPONGE.
La tecnica veloce per pulire le tende da sole senza rimuoverle
Per prima cosa devi spolverarle, rimuovendo polvere e residui che le appesantiscono: puoi fare questa azione con un’aspirapolvere se la superficie te lo permette, altrimenti con una scopa tradizionale o con una scopa rimuovi polvere. Munisciti poi di una canna dell’acqua e accertati di applicare questo metodo quando le tende da sole sono all’ombra.
Metti 3 cucchiai di CARBONATO DI SODIO in 3 litri di acqua calda;
Strofina la tenda con una spugna imbevuta in questa soluzione (se è molto ampia puoi usare una scopa, oppure la vecchia spazzola per la schiena che si usa per fare la doccia);
Fai in modo che non si asciughi questa soluzione sulla tenda (lavala in un momento d’ombra);
Una volta strofinata per qualche minuto, risciacqua con il tubo dell’acqua.
Le macchie verdi e la muffa sulle tende da sole
Quando si forma questo tipo di macchia sulle tende da sole, se riusciamo facilmente ad arrivare nel punto in cui si è formata, si procede così:
Inumidire la superficie della macchia;
Spruzzare USAMIX, e coprire con un po’ di pellicola;
Lasciare agire per venti minuti circa;
Risciacqua con la canna dell’acqua;
Se la macchia c’è ancora, passare la macchia con AMANì, detergente piatti neutro: strofinare bene, quindi risciacquare.
Se le tue tende da sole possono essere smontate
In questo caso, non ti resta che fare un pre-ammollo di mezza giornata in acqua calda con BIOBIANCO; quindi procedi con un normale lavaggio a 60 gradi con BEIPANNI e BIOBIANCO.
Una volta lavate rimontale ancora bagnate, asciugheranno tornando in piega!
I prodotti consigliati da Fabrizio di Verdevero per pulire le tende
Hai deciso di sederti sulla panchina sbagliata e hai trovato una gomma da masticare incollata ai vestiti? Oppure il tuo bimbo ama giocarci e ha combinato un pasticcio… Ecco come rimuoverla.
La soluzione ecologica:
Ghiaccio (congelamento).
⚛ Tipo di macchia:
Gomma da masticare.
🕝Tempo necessario:
Dai 60 minuti in su.
👚 Tipo di materiale:
Cotone.
💪 Impegno necessario:
Difficoltà 6 di 10
🍋 Ingredienti che puoi usare:
Ghiaccio.
⚗ Tipo di prodotto utile:
✅Procedimento
Metti il capo in freezer e attendi almeno un’ora prima di tirarlo fuori.i di acqua e lava il pavimento.
Tira fuori il capo e cerca di grattare via il chewingum senza scaldarlo.
Se dovesse essere entrato un po’ nelle trame del tessuto, puoi acquistare una bomboletta di ghiaccio spray (quello che si usa per gli infortuni sportivi), spruzzare la gomma e spazzolare con una spazzola per tessuti finché l’avrai completamente rimossa.
☑ Cosa non fare mai:
Non usare alcool e fai attenzione a non scaldarla.
Hai deciso di non utilizzare più le classiche bottiglie di plastica monouso e utilizzare bottiglie di vetro per l’acqua? NE sono felice, è una scelta ecologica e sostenibile che ho fatto anch’io. Ma non sai come pulirle… Vero?
Perché è importante pulire le bottiglie di vetro
Igiene e Sicurezza Alimentare
Le bottiglie di vetro possono accumulare batteri, muffe e residui organici, soprattutto se utilizzate per conservare liquidi come acqua, succhi o latte. Una pulizia accurata previene la proliferazione di microrganismi che potrebbero compromettere la salute.
Eliminazione di Odori e Sapore Residui
I residui di bevande o cibi possono lasciare odori sgradevoli e alterare il sapore dei liquidi conservati successivamente. Pulire regolarmente le bottiglie garantisce che ogni nuovo utilizzo sia fresco e privo di contaminazioni olfattive o gustative.
Conservazione Ottimale dei Liquidi
Le bottiglie ben pulite riducono il rischio di fermentazioni indesiderate o reazioni chimiche che possono verificarsi a causa di residui organici. Questo è particolarmente importante per chi conserva acqua, oli o bevande fermentate.
Q
Mantenere le bottiglie di vetro pulite non è solo una questione estetica, ma un’abitudine fondamentale per la salute, la qualità dei liquidi conservati e il rispetto per l’ambiente.
Ecco come fare per pulire le bottiglie di vetro dell’acqua
Per la manutenzione ordinaria fai un lavaggio di tanto in tanto con acqua e BICARBONATO; Ti basta aggiungere mezzo cucchiaino di Bicarbonato all’interno della bottiglia, aggiungere acqua, agitare un pochino e sciacquare con acqua.
se non le usi da qualche tempo, avrai bisogno di un altro ingrediente fondamentale per le pulizie ecologiche: il Percarbonato di sodio. Continuando a leggere vedremo come fare passo passo.
Importante: L’acqua delle casette è buona ma accertati che vengano effettuati controlli periodici dei filtri e dell’impianto altrimenti si corre il rischio di bere acqua contaminata.
Per quanto riguarda l’acqua filtrata in casa ormai ci sono degli impianti di qualità e le aziende che li forniscono danno anche un servizio di controllo e sostituzione filtri costante che garantisce che l’acqua sia pulita.
Oltre a lavare le bottiglie di tanto in tanto con acqua e bicarbonato, accertati di non lasciarle inutilizzate per lungo tempo.
Cosa fare se non utilizzi le bottiglie di vetro dell’acqua per tanto tempo
Il rischio di lasciarle inutilizzate è che all’interno delle bottiglie si formino delle cariche batteriche.
Se hai qualsiasi dubbio che possa essere successo allora hai di fronte a te due soluzioni a seconda degli strumenti che hai e a quanto “ecologico” sei:
Come pulire le Bottiglie di Vetro con il Percarbonato di Sodio
Prepara la Soluzione
Riempì la bottiglia con acqua calda (circa 50-60°C, non bollente) e aggiungi 1 cucchiaio di percarbonato di sodio per ogni litro d’acqua. Mescola leggermente per far sciogliere bene il percarbonato.
Lascia Agire
Chiudi la bottiglia con il tappo (se possibile) e agitala delicatamente per distribuire la soluzione su tutte le pareti interne. Lascia agire per almeno 1-2 ore. Per sporco ostinato o odori persistenti, puoi lasciarla in ammollo anche tutta la notte.
Risciacqua Abbondantemente
Svuota la bottiglia e risciacqua più volte con acqua calda pulita per eliminare ogni residuo di percarbonato.
Asciuga Perfettamente
Capovolgi la bottiglia su uno scolapiatti o su un panno pulito per farla asciugare completamente all’aria. Assicurati che sia ben asciutta prima di riporla o utilizzarla di nuovo.
Con questo metodo, le tue bottiglie di vetro saranno perfettamente pulite, igienizzate e prive di cattivi odori!
Guida per Pulire le Bottiglie di Vetro con l’Ipoclorito di Sodio
Prepara la Soluzione
Riempì la bottiglia con acqua fredda e aggiungi una piccola quantità di ipoclorito di sodio (circa 10 ml di candeggina diluita al 5% per ogni litro d’acqua). Agita delicatamente per mescolare bene la soluzione.
Lascia Agire
Lascia agire la soluzione all’interno della bottiglia per almeno 15-30 minuti. In caso di sporco ostinato o presenza di muffe, puoi prolungare l’ammollo fino a 1 ora.
Risciacqua Abbondantemente
Svuota la bottiglia e risciacqua più volte con acqua corrente fredda per eliminare ogni traccia di ipoclorito. Assicurati di risciacquare molto bene per evitare residui di odore o sapore.
Asciuga Perfettamente
Capovolgi la bottiglia su uno scolapiatti o su un panno pulito per farla asciugare completamente all’aria.
Quando Preferire l’Ipoclorito di Sodio al Percarbonato di Sodio
L’ipoclorito di sodio è preferibile quando hai bisogno di una disinfezione profonda, ad esempio per bottiglie che hanno contenuto liquidi fermentati, succhi di frutta, latte o che presentano muffe visibili. È particolarmente efficace contro batteri, virus e funghi.
Il percarbonato di sodio, invece, è ideale per una pulizia regolare e per igienizzare in modo ecologico, senza residui chimici aggressivi. Scegli l’ipoclorito solo quando necessario, per ridurre l’impatto ambientale e limitare l’uso di sostanze più aggressive.
Hai pentole abbastanza capienti? Puoi far bollire le bottiglie in modo da accertarti di eliminare tutti i residui di sporco e di batteri
Se invece non hai a disposizione una pentola abbastanza capiente e sospetti che una o più bottiglie possano essere contaminate allora puoi procedere a lavarle con un pò di ipoclorito di sodio.
È inquinante e va usata con parsimonia e ti serve ad evitarti di bere acqua contaminata che ti può far male.
Cosa non fare mai
Non tenere l’acqua di rubinetto in bottiglia per più di due giorni. Può contaminarsi. In questo caso procedi con il lavaggio con il Percarbonato consigliato qui sopra: con l’acqua non si scherza!
Vi sono alternative salutari e naturali al sale da cucina, che lo possono sostituire in alcune preparazioni. In aiuto arrivano le erbe aromatiche e i semi oleosi, veri e propri doni della natura per un’alimentazione più salubre ma saporita.
di Giulia Landini
Oggi come oggi il sale
è ovunque e in quantità non certo trascurabili: nei cibi precotti e
confezionati, negli insaccati, per cui diventa molto importante
limitarne l’uso a tavola.
Molti sono i modi per
rimpiazzare la bianca polvere dei mari che rende saporito qualsiasi
piatto: il primo modo e’ calarne le dosi, utilizzare dei buoni
ingredienti di base e riscoprirne il sapore originale. E poi vi sono
le spezie italiane e non, le erbe, i brodi vegetali, il gomasio.
Le alternative al saleda cucina
L’uso
del
sale
a
scopi
alimentari
risale
alla
società
assiro-babilonese,
ciò
significa
che
gli
uomini
hanno
fatto
senza
per
millenni.
Il
sale
insaporisce
tutto:
questo
è
il
comune
pensare,
ma
in
realtà
il
sale
copre
i
sapori
degli
alimenti,
non
aggiunge
niente
al
gusto
del
nostro
cibo.
I
meccanismi
fisiologici
che
si
attivano
nel
nostro
organismo
in
conseguenza
all’eccessiva
assunzione
di
sale
marino
o
salgemma
sono
molti:
innalzamento
dei
livelli
della
pressione
arteriosa,
affaticamento
del
cuore,
ritenzione
idrica,
danni
renali,
dolori
musco-articolari,
inibizione
dell’assorbimento
del
calcio.
Semi di sesamo nero e bianco
Il gomasio è una polvere di semi di sesamo e sale, originaria del Giappone: goma significa sesamo, mentre shio sale. È versatile e salutare per diversi motivi, prima di tutto perché insaporisce pietanze di qualsiasi tipo, poi perché il sesamo è un meraviglioso seme che madre natura ci ha donato.
Il sesamo è un ottimo
ricostituente sia per le piastrine del sangue che per l’emoglobina;
utile per la milza, sistema nervoso, muscoli, pelle, ustioni, porpora
emorragica; contiene calcio, fosforo, acido linoleico, vitamine del
gruppo B, E e D, istamina. È un vero forziere di nutrienti.
Proprio per questi
motivi il gomasio è un alimento completo, facilissimo da preparare e
poco costoso.
Vediamo come farlo in
casa, passo per passo.
Innanzitutto,
acquistate semi di sesamo biologici e sale marino integrale. Questo è
tutto ciò che vi occorre, insieme a un mixer: i giapponesi
utilizzano il suribachi e il surikogi, il primo è un
mortaio di terracotta, il secondo un pestello di legno tozzo. In
mancanza di questi due oggetti, va benissimo un comune frullatore.
La ricetta del gomasio
Per ottenere circa 150
grammi di gomasio occorrono 10 cucchiai di sesamo e 1 cucchiaio di
sale: le proporzioni da osservare sono sempre da un minimo di 10
parti di sesamo a 1 di sale.
1 – Lavate il sesamo,
asciugatelo e mischiatelo al sale marino integrale.
2 – Stendete il
composto su una teglia da forno e fate tostare a 100 gradi per un
massimo di 15 minuti: il sesamo no deve assolutamente fumare o
abbrustolire, perché potrebbe rilasciare il sesamolo, sostanza amara
e tossica.
3 – Una volta tostato
il tutto, fate raffreddare.
4 – Versate il
composto nel mixer e frullate fino a quando otterrete una polvere
fine e leggermente oleosa. Nel caso sia di vostro gusto avere i
pezzettini di sesamo nel gomasio, allora frullate meno: ricordate
però che l’assimilazione del seme completamente tritato, da parte
del nostro apparato digerente, è più semplice e immediata.
5 – Il vostro gomasio
è pronto. Potrete conservarlo in un barattolo di vetro, sia a
temperatura ambiente che in frigorifero: essendo una polvere di semi
essiccati e sale, non ci sono problemi per la sua conservazione.
Evitate però di consumarlo qualora si formassero muffe; è bene che
il gomasio autoprodotto non superi comunque i tre mesi di permanenza
della vostra dispensa.
Oltre
al gomasio, ci sono altre ricette interessanti da provare, utile
anche per la conservazione delle erbe officinali.
Scopriamone
insieme
qualcuna.
Oleolito di Dragoncello
I
francesi
utilizzano
il
dragoncello
per
produrre
un
tipico
aceto
aromatico.
Il
suo
inconfondibile
sapore
e
gusto,
fa
sì
che
questa
piantina
spontanea
abbia,
da
sola,
il
potere
di
insaporire
tutti
i
cibi
senza
bisogno
di
aggiunta
di
sale.
L’aroma
del dragoncello possiede
qualcosa
del
sale,
del
pepe
e
dell’aceto:
si
può
raccogliere
e
fare
essiccare,
sminuzzarlo
e
utilizzarlo
semplicemente
così,
oppure
autoprodurre
un
saporito
oleolito
da
aggiungere a stufati
di
verdure
o,
ancor
meglio,
a
crudo.
Del
dragoncello
si
raccolgono
le
foglie
e
le
sommità
fiorite,
dalla
primavera
fino
in
autunno.
Ricetta
Per
fare l’olio
di
dragoncello occorrono
50 cl
di olio
extravergine
d’oliva e
3 cucchiai
di foglie
di dragoncello e sommità fiorite secche.
Mettere
gli
ingredienti
in un
contenitore
ermetico e
mescolarli
fino a
ottenere un
composto
omogeneo.
Fate
macerare il
tutto per
20 giorni
agitando il
barattolo 1
volta al
dì.
Quest’olio
si conserva
per diversi
mesi,
meglio in
un luogo
non troppo
umido.
Parmigiano Vegan
Una
fonte
esplosiva
di
nutrienti,
il
parmigiano
vegan
insaporirà
qualsiasi
vostra
pietanza
arricchendola
e
non
coprendone
il
sapore.
Ricettaper100grdiparmigianovegan
50
gr
di
levito
a
scaglie:
si
trova
comunemente
in
commercio
dai
rivenditori
di
alimenti
biologici;
50
gr
di
semi
misti:
girasole,
sesamo
(osservare la procedura del
gomasio), lino,
zucca,
pinoli,
noci
e,
a
piacimento,
qualche
pistacchio
che
insaporirà
ancora
di
più.
Triturate
il
tutto
in
un
mixer
da
cucina.
Si
conserva
per
almeno
15
giorni.
Sale rosa dell’Himalaya o grigio integrale aromatizzato
Sale rosa dell’Himalaya
I
sali
aromatizzati
in
commercio
sono
piuttosto
costosi:
vogliamo
proporvi
di
coltivare
le
aromatiche
direttamente
sul
vostro
balcone
o
in
giardino,
farle
seccare
e
autoprodurvi
ottimi
e
fantasiosi
sali
alle
spezie.
Ricette
Qualche
idea:
utilizzate
sale
rosa
dell’Himalaya,
più
puro,
o
quello
grigio
integrale,
meno
raffinato.
Ottima
la
ricetta
del
sale
alla
lavanda
e
rosmarino:
su
100
gr
di
sale,
1
cucchiaino
da
caffè
di
fiore
di
lavanda
essiccato
e
uno
e
mezzo
di
rosmarino
essiccato.
Provate
anche
quello
aromatizzato
con
timo,
salvia,
origano:
su
100
gr
di
sale,
1
cucchiaino
di
foglie
di
timo
secche,
mezzo
di
salvia
e
1
di
origano
secco.
Stesse
dosi
del
sale
al
timo
per
quello
di
santoreggia,
menta
ed
erba
limoncina:
quest’ultimo
lo
consigliamo
come
condimento
per
pietanze
alla
griglia,
al
vapore
o
lesse.
Miso
Il
Miso e’ una pasta fermentata di orzo e soia o solo soia che viene
utilizzata per fare la famosa zuppa di miso: in generale questa
pasta, che fa molto bene alla nostra flora batterica intestinale, e’
anche saporita e può essere utilizzata al posto del sale in zuppe,
risotti, orzotti, verdure spadellate e salse cremose da spalmare su
crostini e bruschette.
Può
essere mischiata a qualche goccia di salsa di soia per insaporire
ancor di più.
Salsa
di soia
La
conosciuta salsa di soia e’ un’ottima alternativa al sale: si può
mettere nelle insalate, nella cottura delle verdure, del pesce e
della carne in stufato.
Succo
di limone sulle insalate
Per
condire le insalate e’ ottimo anche il succo di limone filtrato, da
mettere al posto del sale, aiuta anche a migliorare l’assimilazione
del ferro dall’intestino.