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L’acqua ossigenata sulla pelle è un efficace sbiancante, schiarente e disinfettante. Proprio in virtù di queste capacità viene utilizzata quotidianamente da parrucchieri, dermatologi e dentisti per i trattamenti su clienti e pazienti!

Vediamo come!

Colorazione e decolorazione dei capelli con acqua ossigenata

L’uso più classico del perossido di idrogeno è per la colorazione e decolorazione dei capelli. Il parrucchiere miscela colore o polvere decolorante al perossido, in varie concentrazioni:

  • 3-5 volumi per un effetto delicato o sui capelli sottili, fragili, biondi
  • 10 volumi per un effetto leggermente più intenso e se non è necessario coprire capelli bianchi
  • 20 volumi per un effetto medio o per coprire i capelli bianchi
  • 30 volumi per un effetto forte, anche su molti capelli bianchi o sui capelli naturalmente spessi o neri

Le due sostanze permettono alle squame del capello di sollevarsi e di far passare il colore (che si fisserà alla chioma) o al decolorante di agire per sciogliere il tono non più gradito.

La decolorazione può riguardare anche i peli: in commercio esistono preparazioni schiarenti che consentono di mascherare i peli superflui rendendoli quasi bianchi e meno visibili.

Al termine del trattamento (generalmente di 30/40 minuti di durata, ma molto dipende dall’effetto desiderato e dalla qualità e forza dei capelli) è fondamentale eseguire un risciacquo approfondito, che elimini ogni traccia di mix, e l’uso di un ricostituente per ridonare morbidezza ed elasticità ai capelli provati dall’operazione.

Considerando che il perossido di idrogeno può causare irritazioni della cute e secchezza dei capelli, è sempre bene rivolgersi ad un parrucchiere esperto se si desidera cambiare colore, per evitare di danneggiare la pelle e la chioma.

Trattamenti dermatologici contro l’acne e le macchie

Le proprietà disinfettanti dell’acqua ossigenata possono venire sfruttate dal dermatologo per la cura dell’acne. L’acne è causata infatti da batteri, depositati nei pori e sulla pelle: l’acqua ossigenata denatura le proteine e impedisce la replicazione dei patogeni. Solamente il medico può prescrivere una cura con questo prodotto: segui sempre le sue istruzioni, acquista i prodotti suggeriti e non tentare il fai-da-te! Sulla pelle sana l’acqua ossigenata può causare macchie bianche, irritazioni ed escoriazioni dolorose.

Il potere schiarente dell’acqua ossigenata può venire impiegato, da dermatologo o medico estetico, per trattare macchie della pelle dovute a:

  • Cattiva ed eccessiva esposizione al sole
  • Sbalzi ormonali, per esempio durante o dopo la gravidanza
  • Cicatrici in fase di rimarginazione

Anche in questo caso è fondamentale rivolgersi ad un professionista competente che ti indicherà se il trattamento è appropriato per le tue esigenze e che, nel caso di valutazione positiva, lo eseguirà in totale sicurezza e dandoti le istruzioni per la cura successiva e il mantenimento degli effetti benefici.

Dal dentista

Uno dei possibili trattamenti di sbiancamento dei denti può essere effettuato con il perossido di idrogeno per uso dentistico. Non si può usare l’acqua ossigenata venduta in farmacia per la detersione delle ferite: il rischio è di causarsi ustioni, ulcere, danni allo smalto.

Lo sbiancamento con perossido prevede:

  • La cura di eventuali patologie dentistiche responsabili dell’ingiallimento o delle macchie, come gli ascessi o la pulpite
  • L’adozione di comportamenti più corretti e sani (frequente e corretta igiene orale quotidiana, riduzione delle quantità di tè, caffè, vino rosso, fumo di sigaretta, sostanze che macchiano lo smalto)
  • L’applicazione di un gel o una pasta al perossido sui denti. Alcuni prodotti vengono attivati da speciali lampade a raggi UV
  • Lo spazzolamento e la rimozione del gel e delle tracce delle macchie con strumenti appositi usati dal dentista, per eliminare la sporcizia ma lasciando sano ed integro lo smalto che riveste i denti, ora più bianchi e lucidi

Questo ingrediente è molto utile ma va usato con alcune precauzioni: trovi l’articolo completo sui rischi, pericoli e precauzioni dell’uso dell’acqua ossigenata.

Gli uragani si stanno verificando con sempre maggiore potenza in quasi tutto il mondo dove sono presenti cicloni tropicali. Un nuovo studio che raccoglie le immagini di quaranta satelliti indica che la causa potrebbe essere il surriscaldamento globale.

Gli scienziati del National Oceanic Atmospher Administration (NOAA), National Center for Environmental Information e dell’Università del Wisconsin-Madison Cooperative Institute for Meteorological Satellite Studies hanno effettuato uno studio mettendo insieme un dataset immenso di immagini tra il 1979 e il 2017.

Tempesta

Quello che si è scoperto è che più la temperatura media della superfice terrestre è aumentata nel mondo, più le tempeste che si sono verificate hanno avuto intensità crescente. Il cambiamento climatico sta portando danni anche sotto questo aspetto.

Grazie a complessi modelli e la nostra comprensione della fisica atmosferica, lo studio concorda con ciò che ci si aspetterebbe di vedere in un clima caldo come il nostro. La probabilità che un uragano abbia una velocità del vento di almeno 100 nodi è aumentata di circa il 15 percento negli anni analizzati ed è andata aumentando dell’8% ogni decennio.

I risultati si basano su precedenti lavori pubblicati nel 2013 che hanno avuto risultati simili sull’ intensificazione degli uragani per un periodo di 28 anni, includendo numerosi report e analisi per arrivare a conclusioni significative.

“I nostri risultati mostrano che queste tempeste sono diventate più forti a livello globale e regionale, il che è coerente con le aspettative di come gli uragani rispondono a un mondo in fase di riscaldamento”, ha affermato il ricercatore James Kossin. “È un buon passo avanti e aumenta la nostra fiducia nel fatto che il riscaldamento globale abbia reso più forti gli uragani, ma i nostri risultati non ci dicono con precisione quante tendenze sono causate dalle attività umane e quanto può essere solo una variabilità naturale.”

I cicloni tropicali rappresentano una seria minaccia in molte parti del mondo sia per le vite umane che per i danni materiali che possono provocare. Comprendere come stanno evolvendo queste tempeste può aiutare le società a sviluppare misure di adattamento e prevenzione di fronte ad un pianeta che sta drammaticamente cambiando.

“I cicloni tropicali (TC), e in particolare i principali TC, rappresentano un rischio sostanziale per molte regioni del mondo”, scrivono gli autori. “Identificare i cambiamenti in questo rischio e determinare i fattori causali per i cambiamenti è un elemento critico per prendere provvedimenti per l’adattamento.”

Sbiancare i denti con acqua ossigenata è uno dei possibili usi di questo ingrediente versatile. La procedura dovrebbe essere sempre eseguita dal dentista o dall’igienista dentale, che conosce il caso, i prodotti usati e gli strumenti necessari.

Molte persone però credono di poter usare la normale acqua ossigenata per la pulizia delle ferite. Questa procedura è potenzialmente pericolosa per la salute: vediamo perché e facciamo chiarezza!

Perché si usa l’acqua ossigenata per sbiancare i denti?

L’acqua ossigenata, a contatto con le macchie presenti sullo smalto, innesca una reazione per cui le proteine vengono dissolte. Mentre lo smalto rimane intatto, le sostanze organiche di cui sono costituite le macchie vengono distrutte: ecco come mai dopo il trattamento il colore dei denti è più bianco e uniforme.

L’efficacia del trattamento dipende da:

  • Concentrazione della soluzione usata
  • Tempo di posa
  • Tipologia di macchie riscontrate dal dentista o dall’igienista dentale

Per quali macchie l’acqua ossigenata è più efficace?

Le macchie più frequenti che si sviluppano sullo smalto dei denti sono dovute a:

  • Consumo frequente di cibi e bevande con potere tintorio: caffè, tè e vino rosso sono le più ostinate e difficili da pulire con la normale igiene orale quotidiana
  • Fumo di sigaretta

Usi alternativi dell’acqua ossigenata

L’acqua ossigenata è un ingrediente sorprendentemente versatile, utile non solo in ambito medico ma anche per la pulizia della casa. Grazie al suo potere igienizzante e sbiancante, può essere utilizzata in diversi modi per ottenere superfici più pulite e brillanti senza l’uso di sostanze chimiche aggressive.

Ecco alcuni utilizzi pratici dell’acqua ossigenata nelle pulizie domestiche:

  • Sbiancare i tessuti: aggiungere un po’ di acqua ossigenata nel bucato aiuta a rimuovere macchie e aloni gialli, soprattutto su capi bianchi e lenzuola. Un’alternativa ancora più efficace è l’uso del percarbonato di sodio, un composto ecologico che, a contatto con l’acqua, rilascia ossigeno attivo e potenzia l’azione smacchiante. Scopri il percarbonato di sodio qui.
  • Disinfettare superfici e oggetti: l’acqua ossigenata è perfetta per igienizzare taglieri, piani di lavoro e persino spugne da cucina, eliminando batteri e residui di cibo in modo naturale.
  • Eliminare la muffa: spruzzata sulle fughe delle piastrelle o sulle zone soggette a umidità, aiuta a rimuovere la muffa senza dover ricorrere a candeggina o altri prodotti chimici aggressivi.
  • Pulire e igienizzare il bagno: può essere utilizzata per sbiancare e igienizzare sanitari, box doccia e persino lo spazzolino da denti, immergendolo in una soluzione di acqua ossigenata per eliminare germi e batteri.

Con questi semplici trucchi, puoi sfruttare il potere dell’acqua ossigenata per una pulizia naturale ed efficace, evitando prodotti aggressivi e poco ecologici.

Prodotti ecologici per le pulizie a base di acqua ossigenata

Come si esegue il trattamento?

Il dentista procede all’applicazione di una pasta o un gel contenente perossido di idrogeno, in quantità e concentrazione variabile. Alcuni prodotti richiedono l’esposizione ad una speciale lampada a raggi UV per essere efficaci.

Con l’uso dei giusti strumenti, il dentista procede poi a spazzolare e pulire meccanicamente i denti su ogni superficie. La spazzolatura serve ad eliminare sia i residui di gel sbiancante, sia i residui delle macchie rimosse.

Qual è il costo del trattamento?

Ogni studio dentistico applica le tariffe che ritiene più opportune per la professionalità dei trattamenti, ma uno sbiancamento costa indicativamente tra i 150 e i 500 euro.

Perché non posso usare l’acqua ossigenata venduta in farmacia per sbiancare i denti da solo?

A rigor di logica, se la sostanza usata per sbiancare i denti è il perossido di idrogeno si dovrebbe poter usare l’acqua ossigenata venduta comunemente in farmacia per uno sbiancamento fai-da-te.

Questo comportamento è però estremamente pericoloso per la salute. I motivi sono tre, principalmente:

  • Il dentista sceglie concentrazione di perossido e tempo di posa in base alla resistenza dello smalto e del tipo di macchie: da solo non potrai valutare questi due fattori fondamentali.
  • Il prodotto usato dal dentista è formulato in modo apposito per non intaccare lo smalto e le mucose. L’acqua ossigenata per la pulizia delle ferite no, invece: potrebbe essere molto aggressiva e causare danneggiamenti dei denti e ustioni o irritazioni alla bocca, dolorose e difficili da curare.
  • Eseguendo da soli il trattamento è possibile ingerire parte della soluzione. Il perossido di idrogeno è fortemente tossico: può causare dolore allo stomaco, ulcerazioni di bocca, esofago e stomaco e diarrea. Ad elevate concentrazioni può causare un avvelenamento letale.

I miei denti non sono più bianchi: cosa posso fare?

Se hai notato uno scurimento o un ingiallimento dei denti è fondamentale rivolgerti al dentista o all’igienista dentale.

Per prima cosa valuterà le cause del problema: se dovute ad una patologia, come la pulpite, prima di eseguire lo sbiancamento dovrà curare questa condizione. Se invece le macchie sono dovute a comportamenti scorretti (abuso di tè, caffè, fumo o cattiva igiene orale) ti suggerirà di ridurre il consume di queste sostanze e procedure di pulizia più efficaci.

Solo dopo potrete valutare il giusto tipo di sbiancamento dentale: quello con perossido di idrogeno non è l’unico eseguibile! A seconda del tuo caso specifico ti suggerirà il prodotto migliore per te.

Il sapone alla lavanda è uno dei nostri preferiti: il suo profumo inebriante ed intenso è perfetto sia per la pulizia del corpo sotto la doccia o nella vasca, sia per il bucato.

Ti proponiamo due ricette per la creazione del sapone alla lavanda fatto in casa: una davvero facilissima e una un po’ più complicata, riservata agli esperti della saponificazione!

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Come fare il sapone alla lavanda partendo da saponette neutre o fiocchi di sapone

Iniziamo con la ricetta facilissima. Ti basterà acquistare dei fiocchi di sapone o delle saponette neutre da sminuzzare con un coltello e avere a disposizione i fiori di lavanda secchi.

Metti in una pentola i fiocchi di sapone o le saponette tritate. Metti la pentola a bagnomaria su un’altra casseruola più grande e piena d’acqua bollente. Mescola spesso il composto perché tutto il sapone si sciolga a dovere.

Quando il sapone è sciolto (attenzione: è molto caldo!) aggiungi i fiori di lavanda. La quantità dipenderà dalle tue preferenze. Mescola ancora qualche istante e preparati a versare il sapone nello stampo.

Scegli uno stampo che non usi più per il cibo. I migliori sono gli stampi in silicone, dai quali è facile rimuovere la barretta seccata. Versa il sapone nello stampo e lascialo asciugare indisturbato per non meno di un paio di giorni.

Olio e soda: come fare il sapone alla lavanda dagli ingredienti base

Passiamo ora alla ricetta per il sapone alla lavanda per gli esperti. Per prepararla è necessario maneggiare la soda caustica, un prodotto estremamente tossico e pericoloso. Scegli questa strada solamente se conosci la procedura e in un ambiente sicuro e arieggiato!

Ingredienti per fare il sapone alla lavanda

Ti serviranno:

  • 210 ml di olio d’oliva o di olio di girasole
  • 30 gr di soda caustica in fiocchi
  • 65 ml di acqua distillata
  • olio essenziale di lavanda
  • fiori di lavanda secchi
  • uno stampo che non userete più per il cibo. L’unica accortezza è che non sia in alluminio
  • occhiali antinfortunistici per prevenire il contatto dei vapori di soda con gli occhi
  • guanti in gomma spessi
  • frusta (da dedicare solamente alla saponificazione)
  • casseruola ampia
  • contenitore o ciotola in vetro (da dedicare solamente alla saponificazione)
  • cucchiaio di legno (da dedicare solamente alla saponificazione)

Il procedimento:

Il procedimento una volta reperito tutto il necessario è il seguente, con dei passi precisi da fare uno dopo l’altro:

  1. Poni nello stampo alcuni fiori di lavanda: saranno visibili all’esterno dopo aver sformato le barrette.
  2. Indossa i guanti e gli occhiali. Metti la soda nel contenitore in vetro.
  3. Aggiungi l’acqua distillata. La soda si scalderà molto, schizzerà e produrrà vapori tossici. Non respirarli e lascia ben aperte le finestre, o se puoi lavora all’aperto!
  4. Lascia raffreddare completamente la soda con acqua all’aperto.
  5. Scalda l’olio in una pentola: dovrà arrivare a circa 40 gradi. Senza che si raffreddi aggiungilo a filo alla soda con acqua, usando la frusta per ottenere un composto denso, di consistenza gelatinosa. In questa fase è fondamentale fare attenzione sia al calore che ai vapori.
  6. Aggiungi tra le 20 e le 30 gocce di olio essenziale di lavanda e i fiori. Mescola accuratamente.
  7. Versa il gel negli stampi. Copri con un panno spesso per evitare che il calore si disperda troppo velocemente. Non girare, muovere o scoprire lo stampo per 24 ore.
  8. Rimuovi le barrette dallo stampo e fallo indurire per circa due mesi al buio e all’asciutto. Il sapone deve poter maturare per seccarsi completamente ed esaurire il suo potere caustico, dovuto alla soda. Attendi sempre questo tempo prima di usarlo su pelle e bucato.

Ecco dunque come puoi preparare un fantastico sapone profumatissimo di lavanda, che farà sapere tutte le stanze di questo fiore straordinario!

Se qualche barretta non dovesse venire perfetta ti consigliamo di coprirla con un sacchetto di cotone e di usarla per profumare i cassetti, gli armadi o gli ambienti: nonostante l’aspetto impreciso il profumo sarà intenso e intatto!

Si è scoperto con un nuovo studio che i composti introdotti nei primi anni ’90 per sostituire le sostanze chimiche che riducono lo strato di ozono, portano invece all’accumulo di altre sostanze chimiche nocive che persistono nell’ambiente indefinitamente.

Queste sostanze chimiche hanno iniziato a emergere nell’ambiente dopo il Protocollo di Montreal del 1987 che si focalizzava sulle sostanze che impoveriscono lo strato di ozono. Si è cercato di eliminare progressivamente le sostanze chimiche che riducono lo strato di ozono, i clorofluorocarburi (CFC), come quelli usati nei vecchi condizionatori d’aria.

Il protocollo di Montreal è riuscito a salvare lo strato di ozono dalla completa rovina ed è stato elogiato come l’azione ambientale di aiuto al pianeta con il miglior risultato mai intrapreso. Tuttavia, come dimostra questa nuova ricerca, ha avuto alcune conseguenze indesiderate.

Ciminiere di un impianto industriale

I prodotti chimici in questione sono acidi carbossilici perfluoroalchilici a catena corta (o scPFCA), che sono una classe di prodotti chimici di origine umana utilizzati in campi come le applicazioni elettroniche, la lavorazione industriale, edilizia e condizionamento dell’aria. Rientrano in una classe più ampia di sostanze polifluoroalchiliche, note come PFAS o “sostanze chimiche per sempre” perché tendono a rimanere per moltissimo tempo nell’ambiente causando molteplici problemi di salute e anche il cancro.

Secondo quanto riportato dalla rivista Geophysical Research Letters, i ricercatori dell’Università di York, esperti dell’ambiente e dei cambiamenti climatici, hanno recentemente scoperto la sempre maggiore presenza di scPFCA nei nostri ecosistemi, analizzando campioni di ghiaccio prelevati dall’Artico.

Anche se lo studio non ha analizzato nello specifico come la presenza di scPFCA nel ghiaccio artico potrebbe influire sulla salute dell’uomo o dell’ambiente, questi elementi sono potenzialmente molto nocivi. Come lo studio afferma questi elementi “sono caratterizzati da resistenza al degrado ambientale e potenziali impatti negativi sulla salute umana e ambientale”. Dal momento che difficilmente si riescono a degradare nell’ambiente, le sostanze chimiche vanno ad accumularsi nelle riserve d’acqua e nel cibo. In questo modo vanno poi ad interagire negativamente con i tessuti dell’essere umano portando a gravi problemi di salute.

Molte di queste sostanza rimangono per sempre nell’ambiente e bisogna cercare di capire la loro catena di trasmissione per cercare di fermarle e fare in modo i loro effetti siano sempre meno devastanti.

Tenetevi pronti: la stagione degli uragani nell’Atlantico 2020 è iniziata questa settimana e il continente Americano sta già sperimentato un gigantesco uragano, confermando le previsioni dei meteorologi secondo cui la stagione degli uragani di quest’anno potrebbe essere selvaggia e pericolosa.

La stagione degli uragani atlantici va dal 1 giugno al 30 novembre e presenta un picco tra la fine di agosto a settembre. Il 2 giugno 2020, una depressione tropicale nel Golfo del Messico si è trasformata ufficialmente nella tempesta tropicale Cristobal, secondo il National Hurricane Center.

Acqua mossa da un uragano

La stagione degli Uragani Atlantici è quindi iniziata in maniera prepotente nel 2020. Si sono già viste tre tempeste abbastanza potenti da farsi aggiudicare un nome, due delle quali si sono formate prima dell’inizio ufficiale della stagione.

La tempesta tropicale Cristobal sta già causando molti problemi. L’uragano ha già provocato inondazioni mortali in alcune parti del Guatemala ed El Salvador, e anche forti piogge su porzioni del Messico meridionale, Guatemala, Honduras ed El Salvador. Tutto questo sta facendo aumentare il rischio di alluvioni improvvise potenzialmente letali.

L’esercito ha già evacuato 138 persone nella città messicana di Campeche, mentre si contano almeno 22 morti in El Salvador e in Guatemala per i potenti danni della tempesta.

La stagione degli uragani nell’Atlantico 2020 è destinata a essere davvero massiccia. Gli esperti di uragani prevedono una probabilità del 60% di una stagione sopra la media, una probabilità del 30% di una stagione quasi normale e solo una probabilità del 10% di una stagione sotto la media. Queste previsioni si basano su una combinazione di diversi fattori climatici che si stanno diffondendo in tutto il pianeta.

Il primo fattore importante da tenere in considerazione è El Niño Southern Oscillation. Di cosa si tratta? un ciclo climatico che descrive le fluttuazioni di temperatura tra l’oceano e l’atmosfera nel Pacifico equatoriale centro-orientale che ha effetti per il clima e la stabilità dell’intero pianeta. El Niño si collega in genere alla fase torrida, quando le acque superficiali più calde del Pacifico si trovano al largo del nord-ovest del Sud America. Se si parla invece della “La Niña” ci si riferisce alla fase fredda, quando ci sono temperature della superficie del mare al di sotto della media attraverso il Pacifico centro-orientale.

Inoltre, i meteorologi affermano che ci sono anche temperature della superficie del mare più calde della media nell’Oceano Atlantico tropicale e nel Mar dei Caraibi, venti tropicali dell’Atlantico più deboli e un monsone dell’Africa occidentale potenziato; tutti questi fattori aumentano la probabilità di una stagione di uragani atlantici al di sopra della media e potenzialmente disastrosa.

Un fiume all’interno del circolo polare artico si è tinto di una spiacevole tonalità di rosso dopo un incidente industriale riversando oltre 20.000 tonnellate di gasolio nell’ambiente circostante.

La fuoriuscita di petrolio è iniziata il 29 maggio per colpa di un incidente in un impianto di proprietà di una divisione di Nornickel, il più grande produttore mondiale di nichel, vicino alla città siberiana di Norilsk. Secondo le autorità russe, il gasolio si è diffuso in maniera molto rapida nel fiume Ambarnaya a circa 12 chilometri di distanza dall’impianto. In tutta la superficie adiacente sono state trovate 800 tonnellate di gasolio.

Le operazioni di pulizia stanno comunque compiendo dei progressi e le autorità rassicurano sul fatto che la fuoriuscita di petrolio non abbia raggiunto il Mare di Kara, parte dell’Oceano Artico a nord della Siberia. Per confermare questo importante fatto dovranno essere eseguiti dei test di laboratorio.

Impianto industriale sulla sponda del fiume. Vista urbana e vista aerea.

Purtroppo, le acque circostanti e il suolo di Norilsk rimarranno contaminate per decenni. A partire dal 3 giugno, oltre 800 metri cubi di terreno contaminato sono stati rimossi dall’area e 262 tonnellate di gasolio sono state pompate dalle acque locali.

Gli ambientalisti sono preoccupati che l’incidente possa avere un effetto catastrofico sulla fauna selvatica locale. Il WWF-Russia che avverte che la fuoriuscita potrebbe danneggiare gravemente la salute di pesci, uccelli e mammiferi selvatici che vivono nella zona.

Il gasolio è più tossico del petrolio, e al momento le circostanze sembrano essere così enormi“, ha dichiarato Alexey Knizhnikov, capo del Programma per la responsabilità ambientale delle imprese presso il WWF-Russia.

Il presidente russo Vladimir Putin non è per nulla contento della situazione. Le autorità russe hanno scoperto l’incidente solo due giorni dopo che è iniziato attraverso immagini che si stavano diffondendo sui social media, comunica la notizia l’agenzia di stampa statale russa TASS. La risposta ritardata alla crisi ha fatto infuriare Putin che ha duramente rimproverato i funzionari locali della regione russa di Krasnoyarsk.

Perché i funzionari lo hanno scoperto solo due giorni dopo? Scoprire le emergenze attraverso i social network?” Ha detto sconcertato Putin in una videoconferenza mercoledì.

Dopo l’incontro, Putin ha dichiarato lo stato di emergenza federale per far fronte alla situazione. Sono stati inoltre avviati tre procedimenti penali contro il personale dell’impianto industriale con l’accusa di degrado del suolo, inquinamento idrico e violazione delle norme di protezione ambientale.

Se sei un amante dell’autoproduzione, dell’ecologia e del percarbonato di sodio, allora è il momento di provare a fare in casa queste tabs per lavastoviglie, ecologiche, facili da fare e che non ti deluderanno!

Ecco la ricetta.

Tabs per lavastoviglie a base di percarbonato di sodio

per 30 tabs
400 ml di sodio citrato autoprodotto,
400 gr carbonato di sodio,
150 gr percarbonato di sodio puro,
15/20 gocce di olio essenziale (FACOLTATIVO)
stampini per il ghiaccio al silicone.

 

Primo passo: autoprodurre il sodio citrato

800 gr di acqua distillata,
200 gr di acido citrico
170 gr di carbonato di sodio
Sciogliere l’acido citrico nell’acqua fredda in una pentola di acciaio inossidabile da almeno tre litri con i bordi alti (altrimenti la soluzione, all’inizio, potrebbe traboccare).
Aggiungere quindi 1 cucchiaio di carbonato di sodio: il liquido inizierà a reagire, quindi a fare effervescenza e si libererà anidride carbonica. Si consiglia di fare questo procedimento con finestre aperte o all’aperto. Quando smette di fare le bollicine, è allora il momento di versarvi un altro cucchiaio, così fino alla fine del carbonato di sodio.
Lasciate il preparato fermo per una notte: al mattino il liquido deve presentarsi trasparente e il suo ph deve aver raggiunto il 7. Imbottigliate e conservate in luogo fresco e buio.

Autoprodurre le tabs

Mescolare il carbonato e il percarbonato di sodio, aggiungere il sodio citrato e mescolare: addizionare acqua demineralizzata quanto basta se e’ necessaria a rendere leggermente più fluido il composto, il minimo indispensabile per poterlo mescolare bene.
Versare il composto nello stampino per il ghiaccio e attendere che le tabs si solidifichino: potrebbero impiegarci dalle due ore a due giorni.
Una volta essiccate, trasferitelo in un contenitore meglio di plastica (il vetro non si presta alla conservazione dei detersivi) o un sacchetto di carta.
Se ne utilizza una per lavaggio.

Ti sono piaciute?

Dai, aspettiamo che condividi con noi il tuo parere sul gruppo Facebook ‘Come Pulire qualsiasi cosa con Fabrizio Zanetti e Verdevero‘.

Ecologica, poco costosa e dai mille volti: e’ l’acqua ossigenata, che vogliamo insegnarvi ad utilizzare anche nelle pulizie domestiche sostenibili

Nelle case di tutti noi c’è un ingrediente davvero speciale, ma decisamente sottovalutato: e’ l’acqua ossigenata, comunemente utilizzata per disinfettare le ferite.

In realtà questo ingrediente possiede molteplici utilizzi, ed e’ un ingrediente particolarmente utile nelle pulizie domestiche.

Ecologica e a basso costo, la sua molecola contiene più ossigeno dell’acqua normale, che tende a perdere liberandolo nell’acqua sotto forma di ossigeno nascente.

Questo atomo di ossigeno libero è reattivo e ossida le molecole degli agenti infettanti.

La concentrazione dell’acqua ossigenata è espressa in volumi: se ad esempio una soluzione di acqua ossigenata è a 10 volumi significa che dalla sua decomposizione deriverebbero 10 litri di ossigeno gassoso.

A questo potente ingrediente resistono poche specie batteriche: è anche ecologica poiché si decompone in acqua e ossigeno.

Non si utilizza mai pura, ma in soluzioni acquose in percentuali non superiori al 60%. Soluzioni troppo concentrate di acqua possono intaccare metalli e marmi.

Oltre che sulle ferite, l’acqua ossigenata e’, quindi, un ingrediente perfetto per pulire la propria casa, e sono davvero molte le preparazioni, molto semplici, da fare in autonomia.

Ad esempio, Elisa Nicoli, nel suo libro Pulizie Creative, Altreconomia edizioni, ci insegna una ricetta meravigliosa per autoprodurre la candeggina delicata. Questa ricetta prevede la versione a a 130 volumi, molto potente: quando la utilizzerete, indossate sempre guanti di gomma e occhiali.

Candeggina delicata

170 gr di acqua ossigenata a 130 volumi;
700 ml di acqua DEMINERALIZZATA;
50 gr di acido citrico;
80 gr di detersivo ecologico per piatti
Sciogliere l’acido citrico nell’acqua che avrete versato in una bottiglia di plastica, si aggiunge quindi l’acqua ossigenata utilizzando guanti e occhialetti per eventuali schizzi, il detersivo per piatti. Si miscela ed è pronta.
Tenere fuori dalla portata dei bambini.
Utilizzo: direttamente sulle macchie per pretrattare, o 100 ml nella vaschetta del candeggio in lavatrice.

Oppure possiamo provare con queste.

Detergente sanificante per il bagno (800 ml di prodotto)

500 ml di acqua demineralizzata
300 ml di acqua ossigenata a 130 volumi
1 spruzzino
Una volta indossati i guanti e gli occhiali per eventuali schizzi, versare nello spruzzino l’acqua ossigenata e l’acqua demineralizzata. Etichettate il flacone e tenere fuori dalla portata dei bambini.
Uso: spruzzare sui sanitari, aspettare 5 minuti, quindi risciacquare. Passate poi con un prodotto sgrassante per la normale detersione.

Acqua ossigenata per togliere la muffa

La prima regola per prevenire la muffa è quella di sapere che essa si ciba dei depositi di materiali organici che espelliamo quando ci laviamo, i quali vengono assorbiti dal cemento nel momento in cui l’acqua schizza.

Asciugare e detergere subito la superficie bagnata con un panno e acqua ossigenata a 12 volumi e, se riuscite, coprirla con dei teli assorbenti ogni volta che vi lavate.

Sempre in linea col fatto che la muffa ama l’umidità, in particolar modo il vapore acqueo, aprire le finestre subito dopo essere usciti dalla doccia, senza attendere neppure 1 minuto; inoltre, esistono delle simpatiche piante tropicali che si nutrono di umidità, perfette da mettere in bagno, funzionali e ornamentali.

Altri escamotage domestici da osservare sono: non asciugare i vestiti in casa; evitare armadi a muro troppo ingombranti, tenere la doccia pulita, qui si immagazzina lo sporco peggiore! Se tinteggiate le pareti, scegliete una pittura a calce, eviterete il proliferare delle spore.

Se invece la muffa già vi fa compagnia, allora provate con una soluzione a base di bicarbonato e acqua ossigenata: sciogliete 2 cucchiai di bicarbonato di sodio e 2 cucchiai di sale fino in 700 ml di acqua e versate la soluzione in uno spruzzino recuperato da 1 litro, agitando bene; aggiungete quindi 2 cucchiai di acqua ossigenata a 130 volumi (mettete guanti di gomma e occhialetti).
Applicate questa soluzione sulla superficie da trattare, aiutandovi con un vecchio spazzolino da denti per raggiungere i punti più difficili.
Se la situazione e’ davvero grave, allora intervenite con la sola acqua ossigenata a 130 volumi, sempre muniti di occhiali e guanti di gomma, versandola in un recipiente di plastica: immergere uno straccio nell’acqua ossigenata e tamponare, pulendo, i punti interessati dalla muffa.

Altri utilizzi dell’acqua ossigenata nelle pulizie domestiche

1.Per pulire: un’alternativa naturale alla candeggina

Se volete eliminare una macchia colorata o pulire il bagno e la cucina, indossate guanti e occhialetti e preparate la seguente soluzione: diluite una parte di acqua a 130 volumi in 3 parti di acqua e trasferite la soluzione in uno spruzzino.

2. Per disinfettare lo spazzolino da denti

Per evitare contaminazioni batteriche in famiglia, immergere lo spazzolino in un bicchiere contenente il prodotto a 10 o 12 volumi.

3. Al posto dell’Amuchina

Per lavare la frutta e i vegetali, oltre al bicarbonato di sodio, si può utilizzare la versione a 10 volumi dell’acqua. Mettetela in una bottiglietta spray, spruzzate gli ortaggi, lasciate agire qualche minuto e poi risciacquateli con acqua corrente.

4. Via le macchie dal marmo

Se il vostro marmo presenta macchie di vino, caffè o frutta, procuratevi acqua ossigenata a 130 volumi, guanti e occhiali protettivi.
Si procede così: lavare la superficie di marmo da trattare con acqua e detergente neutro, quindi lasciate asciugare. Indossate guanti di plastica e occhiali protettivi, ricoprite la macchia con abbondante soluzione e attendete fino a completa asciugatura.

5. Rimuovere le macchie dagli abiti

È possibile rimuovere le macchie di muffa dagli abiti. Inoltre, ha la capacità di disinfettare i vestiti macchiati di sangue o altre secrezioni corporee, si può utilizzare anche per detergere i pannolini lavabili dei bambini: basta mettere i capi in ammollo in una soluzione d’acqua ossigenata al 10% prima del lavaggio normale: in una vaschetta versare 3 litri di acqua e 1 litro di acqua ossigenata.

L’acqua ossigenata si può utilizzare per eliminare le macchie di vino dai tessuti bianchi: versare un pochino d’acqua ossigenata direttamente sulla macchia e poi lavare normalmente, meglio se in acqua fredda.

 

La situazione sta finalmente migliorando per il gibbone di Hainan. Ci sono nuove speranze per il primate più raro del mondo dopo che gli ambientalisti confermano la presenza di una coppia appena formata al di fuori delle già riportate, portando la popolazione della specie e il numero dei gruppi familiari al più incoraggiante dato che si sia notato in molti decenni.

Il gibbone di Hainan (Nomascus hainanus) è un primate in pericolo di estinzione trovato in una piccola zona della foresta sulle isole tropicali di Hainan ,nel Mar Cinese Meridionale. I maschi si caratterizzano per un pelo nero, motivo per cui la specie viene talvolta chiamata gibbone dalla cresta nera di Hainan. La pelliccia delle femmine presenta un ricco colore dorato dopo che hanno raggiunto dopo un paio d’anni di età.

Documenti storici del 17 ° secolo suggeriscono che una volta la specie era diffusa in gran parte della Cina continentale. In tempi più recenti, i gibboni si sono limitati alle foreste di pianura dell’isola di Hainan, prima che la deforestazione portasse le specie ad altitudini più elevate dove il cibo è scarso e le condizioni sono generalmente meno favorevoli.

Negli anni ’50, c’erano circa 2.000 gibboni Hainan che vivevano nelle foreste tropicali in 12 contee di Hainan, ma il bracconaggio e la distruzione dell’habitat hanno rapidamente messo a dura prova la specie.

La specie era in via di estinzione negli anni ’70 con meno di 10 individui lasciati in una piccola zona della foresta di Bawangling. Una delle ultime indagini sulla popolazione nel 2013 ha rilevato che c’erano ancora solo 13 individui formati da due gruppi.

Le cose stanno iniziando a migliorare per loro, tuttavia. Secondo quanto riportato dalla rivista Oryx, i ricercatori della Kadoorie Farm and Botanic Garden (KFBG) e dell’Hainan Wildlife Conservation and Management Bureau rivelano la scoperta di una nuova coppia di gibboni Hainan circa 8 chilometri (5 miglia) a nord della loro usuale ubicazione, dimostrando che stanno espandendo il territorio.

Gli abitanti dei villaggi locali hanno individuato la coppia per la prima volta nell’ottobre 2019 e la loro presenza è stata successivamente confermata da scienziati che hanno documentato dei gibboni, tra cui un “coppia” tra maschio e femmina.

La scoperta della nuova coppia e la loro posizione suggerisce che la popolazione dei gibboni di Hainan abbia ora formato almeno cinque diversi gruppi familiari, fondamentali per la diversità genetica, costituiti da più di 30 individui. Sebbene la specie abbia ancora molta strada da percorrere, il futuro è sicuramente più promettente di quanto non fosse solo pochi anni fa.

Nell’estate scorsa si sono verificati un numero spaventoso di incendi in Siberia e nel circolo polare articolo. Nel solo giugno, si stima che gli incendi abbiano rilasciato nell’atmosfera 50 megatonnellate di anidride carbonica, un importo pari a tutte le emissioni totali di un anno per la Svezia. Quello che si teme e che le braci spente di questi incedi potrebbero avere continuato a bruciare sotto la copertura invernale e non essere notate.

Dopo l’aprile più caldo mai registrato da anni, gli scienziati ritengono che questi “incendi di zombi” o “incendi svernanti” potrebbero essere riemersi grazie alla fusione della neve e aver innescato nuovi incendi nelle foreste boreali essiccate presenti nelle regioni artiche.

Abbiamo visto osservazioni satellitari di incendi attivi che suggeriscono che gli incendi “zombi” potrebbero essersi riaccesi, ma non è stato confermato dalle misurazioni del terreno“, ha affermato Mark Parrington, Copernicus Atmosphere Monitoring Service (CAMS), scienziato senior ed esperto di incendi. “Le anomalie sono abbastanza diffuse nelle aree che sono state bruciate la scorsa estate. Se questo è il caso, quindi in determinate condizioni ambientali, potremmo vedere un effetto cumulativo della stagione degli incendi dell’anno scorso nell’Artico, che alimenterà la stagione imminente e potrebbe portare a incendi su vasta scala e lungo termine nella stessa regione”.

I “fuochi zombi” non è la prima volta che si verificano; sono presenti prove che si sono già verificati in Alaska. Se si osservano le immagini satellitari dalla fine delle stagioni estive degli incendi, si possono ancora intravedere le cicatrici del fuoco che non si è ancora spento del tutto. Tuttavia, se si torna a guardare le immagini l’anno successivo possiamo notare ancora i bordi dell’incendio che sta riemergendo.

I ricercatori che stanno analizzando in profondità questi incendi svernanti segnalano che “si verificano più frequentemente dopo grandi anni di incendio in combinazione con i successivi inverni miti ” e di solito riemergono dopo 50 giorni che la neve si è sciolta.

L’unico modo per poter confermare un “fuoco zombi” è andare ad investigare direttamente sul campo, qualcosa che non è ancora stata fatta per il presente studio
Pertanto, nonostante la sovrapposizione di cicatrici di incendi dormienti sommate agli attuali incendi nel circolo polare artico siberiano, gli scienziati non possono verificarne le origini. C’è da considerare anche il fatto che molti incedi in queste aree rurali vengono formati dall’uomo per pratiche agricole, quindi non è possibile ancora dare una conferma ufficiale.

Tutte le foreste del mondo stanno andando incontro a grossi cambiamenti. Un mix distruttivo di deforestazione e cambiamenti climatici sta portando le foreste in tutto il mondo ad essere più giovani e con alberi molto più corti. Stanno venendo a mancare tutti quegli alberi vecchi e maestosi che proteggevano le foreste da secoli. Sicuramente questo problema sarà destinato ad approfondirsi nei prossimi decenni e sarà un altro tassello cruciale nel puzzle della sfida ambientale che l’uomo dovrà affrontare.

Come riporta la rivista Science, i ricercatori del Pacific Northwest National Laboratory (PNNL) del Dipartimento dell’Energia degli Stati Uniti e un certo numero di altre organizzazioni di ricerca hanno analizzato come la deforestazione e i cambiamenti climatici stiamo cambiando completamente il volto delle foreste negli ultimi 100 anni. Esaminando oltre 160 precedenti lavori di ricerca e combinando le loro scoperte con le immagini satellitari, gli scienziati hanno messo alla luce il fatto che le foreste stanno diventando sempre più popolate da alberi corti e giovani. Stanno drammaticamente scomparendo tutti gli alberi più anziani. È come se in un villaggio tutti i saggi scomparissero all’improvviso, dando la guida a giovani inesperti e impreparati.

“Questo studio esamina le crescenti prove che Un mix distruttivo di deforestazione e cambiamenti climatici sta portando le foreste in tutto il mondo ad essere più giovani e con alberi molto più corti, ha dichiarato il dott. Tom Pugh, autore dello studio e scienziato presso l’Istituto di ricerca forestale di Birmingham nel Regno Unito, “Ciò implica una riduzione della loro capacità di immagazzinare carbonio e cambiamenti potenzialmente ampi nel mix di specie che compongono e abitano queste foreste.

Contrariamente al fatto che l’innalzamento dei livelli di anidride carbonica nell’atmosfera favorisca la crescita degli alberi, gli scienziati dimostrano che gli effetti del cambiamento climatico e il conseguente aumento di anidride carbonica, stanno provocando effetti devastanti. Per colpa dell’aumento della temperatura, aumentano gli incendi, la siccità, le epidemie di insetti e altri problemi che fanno in modo che rimangano solo gli alberi più giovani. A tutto ciò si aggiunge il fatto che la deforestazione globale sta aumentando sempre di più, portando ancora più problemi agli alberi secolari.

Le foreste hanno un ruolo essenziale nei cicli del carbonio dell’ecosistema globale perché riescono ad assorbire e immagazzinare una grandissima quantità di anidride carbonica. Inoltre favoriscono anche la sopravvivenza di un gran numero di specie diverse, sono fondamentali nel regolare le precipitazioni e prevenire le inondazioni. Le foreste più giovani non sono in grado di assolvere a tutti questi compiti e si andrà contro ad un pericoloso circolo vizioso.

I Pangolini sono i mammiferi più ricercati e trafficati nel mondo e stanno avendo molti problemi.

Braccati a Laos, Thailandia e India per le loro squame, che si ritiene erroneamente portino proprietà medicinali, gli animali sono stati molto ricercati dai mercati cinesi. Finalmente, il paese ha rimosso i pangolini da un elenco ufficiale degli ingredienti del 2020. Era considerato sicuro per l’uso nella medicina tradizionale.

Gli ambientalisti portano avanti da anni delle lotte contro il commercio di questi poveri mammiferi che vengono ingiustamente ricercati e trafficati illegalmente in molti paesi asiatici. Secondo i rapporti di WildAid, ogni anno in Asia vengono consumati fino a 200.000 pangolini per la loro carne, ma anche per le loro squame, che si pensa portino benefici sessuali e di salute a coloro che li consumano. Gli animali vengono trafficati vivi e morti e privati della loro preziosa armatura, 130 tonnellate delle quali sono state sequestrate in operazioni di traffico transfrontaliero l’anno scorso.

Dal momento che tutte le specie di pangolino affrontano la minaccia di poter essere cacciati, compreso il pangolino cinese ormai funzionalmente estinto, aver rimosso le loro squame dall’elenco dei medicinali della medicina tradizionale cinese,è un passo fondamentale verso la protezione di questi animali. La decisione è stata presa dopo che la China Forestry and Grassland Administration (SFGA) cinese ha aumentato lo stato di minaccia per i pangolini al più alto livello possibile la scorsa settimana. Questo è già un buon segnale per la protezione di questi animali che sono da anni ingiustamente uccisi e trattati solo come merce di scambio.

“Sono molto incoraggiato”, ha affermato Zhou Jinfeng, segretario generale della China Biodiversity Conservation and Green Development Foundation (CBCGDF), secondo un rapporto di The Guardian. “I nostri continui sforzi per diversi anni non sono stati vani”.

I pangolini, che sono stati al centro di molti importanti progetti di conservazione negli ultimi anni, hanno ricevuto un’attenzione speciale quest’anno in quanto sono stati considerati un possibile ospite intermedio per il coronavirus. Proprio il pangolino sarebbe stato la specie dopo il pipistrello nel quale sarebbe passato il virus per poi arrivare all’essere umano.

Sebbene diversi animali trafficati sequestrati dalle autorità siano risultati positivi all’agente patogeno SARS-CoV-2, non è stata trovata alcuna prova concreta che dimostri che siano proprio loro la specie intermedia che ha portato il passaggio del virus all’uomo.

 

Lungo la costa del sud della California possiamo trovare una specie di alghe chiamate dinoflagellati che iniziano a fiorire da marzo. Durante le ore diurne, le congregazioni dei dinoflagellati affollano la superficie dell’oceano per catturare la luce del sole. Troviamo ben 20 milioni di cellule per litro d’acqua.

Queste alghe baciate dal sole emanano un colore bruno-rossastro, noto come “marea rossa”. Ma quando cala l’oscurità, le alghe magicamente si illuminano di un colore neon blu in uno spettacolo incredibile.

Queste imprevedibili fioriture di alghe si possono riscontrare in tutto il mondo, dalle regioni tropicali all’Alaska, e possono durare da una settimana a un mese o più. Sebbene non tutte le maree rosse producano bioluminescenza, quello che è avvenuto in California è stato uno dei più grandi episodi di bioluminescenza che si siano verificati nell’area in circa un decennio. Nonostante le misure di lockdown nello stato, molti residenti sono riusciti a osservare questo spettacolo pur essendo avvertiti di aderire alle linee guida sul distanziamento sociale.

Il fotografo californiano Patrick Coyne è riuscito ad immortalare questi delfini che facevano una nuotata notturna, illuminando l’oceano mentre nuotavano. Quando i gruppi di dinoflagellati sono mossi da onde o altri movimenti nell’acqua, come i delfini, due sostanze chimiche prodotte dalle alghe (l’enzima luciferasi e il composto luciferina) reagiscono andando ad emettere un lampo blu elettrico. In un post su Instagram, Coyne ha descritto la sua esperienza come “una delle notti più magiche della sua vita”.

 

I surfisti si sono divertiti a solcare la superficie dell’oceano di notte, con le alghe che illuminavano la loro attività. Non c’è davvero modo di sapere quanto durerà questo fenomeno o quando si verificherà di nuovo. Alcune maree rosse, specialmente nel Mediterraneo, di solito sono un cattivo segnale per la vita marina in quanto sono causate da specie che producono tossine mortali o dannose. In California, la maggior parte delle fioriture di alghe sono in realtà innocue e persino benefiche in quanto vanno a fornire cibo per le creature marine.

In alcuni casi quando la marea rossa svanisce, le alghe in decomposizione lasciano un forte odore mentre il processo rilascia l’ossigeno nell’acqua, che potrebbe causare la morte di alcuni pesci. In California, in un momento triste per la pandemia di COVID, questo innocuo fantastico spettacolo bioluminescente della stagione ha portato un po’ di luce e speranza per molte persone.

Centinaia di migliaia di tonnellate di microplastiche che navigano nell’oceano possono essere trasportate a terra dalla brezza marina. È questo il risultato di una nuova ricerca.

La microplastica ha invaso ogni angolo del pianeta e si riscontra in qualsiasi regione del mondo. Già precedenti studi hanno dimostrato che le microplastiche possono essere trasportate per lunghe distanze dal vento. Tracce di microplastiche sono state riscontrate nelle montagne dei Pirenei, contenute nel ghiaccio antartico e disseminate sulle spiagge di alcune delle isole più remote del mondo.

Prendendo in considerazione solo l’anno 2018, 359 milioni di tonnellate di plastica sono state prodotte in tutto il mondo. Il 10 percento di questa enorme quantità di microplastica è poi riversata nell’oceano per colpa dell’inquinamento dell’essere umano. Prima dei risultati di questo studio si credeva che le materie plastiche che navigavano nell’oceano rimanessero qui, trasportate dalle correnti e poi che si andassero a depositare sui fondali.

I ricercatori dell’Università di Strathclyde e dell’Osservatorio Midi-Pirenei hanno esaminato le ricerche precedenti, scoprendo che le microplastiche riescono ad arrivare fino agli angoli più remoti del mondo. Su come questo sia possibile è ancora oggetto di discussione.

Per scovare quali cause potrebbero contribuire alla diffusione globale delle microplastiche, il team ha quindi condotto uno studio per analizzare le microplastiche presenti negli spruzzi del mare lungo la costa atlantica sud-occidentale della Francia. Per una settimana, i ricercatori hanno usato dei filtri per catturare le gocce d’acqua provenienti dall’oceano, quindi le hanno analizzate per verificare la presenza di microplastiche. Sono state analizzate diverse direzioni e velocità del vento e anche la presenza di vari eventi meteorologici come una tempesta o nebbia.

I ricercatori hanno trovate prove che le microplastiche vengono espulse dagli spruzzi del mare e rilasciate nell’atmosfera e vengono trasportate sulla terra attraverso il vento. I campioni di microplastica raccolti sono stati davvero molti negli spruzzi del mare e i frammenti di plastica contenuti all’interno sono stati misurati fino a 5 micrometri di lunghezza e fino a 140 micrometri di larghezza

La brezza marina è sempre stata considerata “aria pulita” e libera da agenti inquinanti, ma questo studio mostra quantità sorprendenti di particelle di microplastica trasportate da essa. Sembra che alcune particelle di plastica potrebbero levarsi dal mare tramite la brezza ed entrare nell’atmosfera insieme a sale marino, batteri, virus e alghe.

I ricercatori concludono che se le microplastiche possono sfuggire all’oceano e “rimanere intrappolate attraverso lo scambio oceano-atmosferico”, bisogna approfondire questo processo per cercare di capire come limitarlo.

Quando si pensa a cosa bisognerebbe fare per salvare il pianeta, potrebbero venire alla mente azioni titaniche e impraticabili. Non è affatto così. Con semplici abitudini e attenzioni possiamo fare del bene al nostro pianeta e aiutarlo a conservarsi. Vediamole insieme.

Pianeta terra disegnato a pastello

Mangia pasti senza carne una volta alla settimana

La produzione di carne (particolarmente il manzo prodotto in allevamenti intensivi) richiede tantissime risorse naturali per una singola porzione. Sono necessari circa 840 litri di acqua dolce per produrre una singola porzione di carne. Non tutti siamo vegetariani e scegliamo di escludere la carne dai nostri pasti. Scegliendo però di eliminare pasti a base di carne almeno una volta a settimana, diamo una mano al nostro pianeta.

Usa batterie ricaricabili

In questo modo non solo risparmierai tanti soldi. L’acido corrosivo che si trova all’interno delle batterie causa notevoli problemi al sottosuolo e sono estremamente difficili da smaltire.

Diminuisci la luminosità del tuo monitor

Oltre a far del bene alla tua vista non usando una luminosità eccessiva, semplicemente abbassando la luminosità dal 100 al 70 %, puoi risparmiare il 20% di energia.

Compra vestiti di Secondamano

Se si pensa che produrre un solo chilogrammo di tessuto genera ventitré chilogrammi di gas serra, è una buona abitudine cercare di comprare vestiti usati. Spesso i vestiti alla moda vengono buttati quando non sono più in voga. Ma questo è uno spreco inaccettabile. Se compri in vestiti di negozi usati o vintage potresti dare un grosso supporto al pianeta.

Lava i vestiti in acqua più fredda

Le lavatrici standard utilizzano circa 40 litri di acqua per singolo carico. La prossima volta che fai il bucato, cerca di riempire la lavatrice a pieno carico e lava in acqua fredda. In questo modo puoi riuscire a risparmiare fino a 3.400 litri d’acqua all’anno. Cerca anche di asciugare all’aria aperta invece di usare una macchina asciugatrice.

Stacca dalle prese i tuoi dispositivi elettronici

Anche se non utilizzati i dispositivi elettronici collegati alle prese consumano comunque energia. Sono una moltitudine i nostri dispositivi collegati, come smartphone, pc, tablet. Con questa piccola accortezza andiamo a risparmiare tanta energia che andrebbe sprecata e contribuiamo a salvare il pianeta.

Attiva l’impostazione auto standby nei tuoi dispositivi

Molti dispositivi elettronici come computer, console e televisori hanno l’opzione di essere messi in standby dopo un certo periodo di inattività. Cerca di impostare sempre questo periodo al minimo disponibile in modo da non sprecare energia se non lo stai utilizzando.

Le famose spiagge dei Caraibi stanno perdendo la loro bellezza a causa del deflusso di fertilizzanti che alimenta un’esplosione di alghe. Un’ idea economica di trasformare questo materiale in biocarburante potrebbe rilanciare l’industria del turismo, fornire un carburante naturale, salvare alcune foreste pluviali dall’altra parte del mondo e contribuire alla diminuzione di plastica negli oceani.

Alghe sulla spiaggia

Esistono tanti biocarburanti che distruggono le foreste o aumentano la fame nel mondo che la loro reputazione è diventata pessima. Se teniamo in considerazione i carburanti ottenuti dall

e alghe, sia le macroalghe che la versione microscopica, non andiamo incontro a questi problemi e possiamo trovare un modo di far del bene al pianeta.

Il professore Mike Allen dell’Università di Exeter ha scoperto un metodo per la lavorazione delle alghe per facilitare la produzione di biocarburanti. Questa sua ricerca si trova nel Journal of Chemical Technology and Biotechnology. La tecnica potrebbe essere usate per produrre biocarburante dalle alghe, ma Allen vede la possibilità di risolvere contemporaneamente altri problemi ambientali. Allen ha scoperto una serie di catalizzatori che rilasciano gli zuccheri delle alghe, mentre il processo è ancora in corso.

Quando vengono aggiunti al lievito, gli zuccheri producono un sostituto dell’olio di palma. Quest’ultimo è stato oggetto di grandi dibattiti perché sta portando alla massiccia distruzione delle foreste. Le alghe rimanenti nella lavorazione possono essere trasformate in carburante e in un fertilizzante. In questo modo non si andrà ad alimentare il deflusso di alghe che affollano le spiagge caraibiche.

Fertilizzante in eccesso riversato sui fiumi e poi nei mari, sta alimentando la crescita delle alghe. Oltre a rappresentare un grande pericolo per le barriere coralline, questo porta ad un aumento delle alghe che si riversa sulle spiagge. La vista delle spiagge perde il suo appeal e anche nuotare in mezzo alle alghe non è certo piacevole. A questo si aggiunge il forte odore di marcio che arriva dopo l’alta marea. I Caraibi, che basa la sua economia sul turismo, sono particolarmente colpiti dalle alghe Sargassum che sono maleodoranti.

Sebbene non sia la soluzione intera al problema, il progetto compie notevoli passi in avanti e trasforma un problema ambientale in una risorsa. Cercando di riutilizzare quello che è presente nella natura può essere una valida soluzione al problema dell’inquinamento.

Lo YouTuber Mark Rober ha mostrato sul proprio canale un esperimento nel quale si vede come i germi possono diffondersi rapidamente senza che questo venga notato dall’essere umano.

Ha condotto il suo esperimento in un’aula piena di alunni di terza elementare. Cosa ha combinato? Per iniziare ha messo questa polvere chiamata Glo Germ sulle mani di uno studente e di un’insegnante.

Successivamente ha detto all’insegnante di stringere la mano a tre studenti a caso presenti nella sua classe. Dopo pranzo con l’aiuto della luci a raggi UV ha controllato quanti studenti sono rimasti “infettati” da questa polvere visibile solo tramite i raggi.

La luce ha rilevato che la polvere si era diffusa sul pavimento, sulle maniglie delle porte, sulle scrivanie, sui lavandini, sul telefono, sulle mani e sui volti degli altri bambini, anche si lavavano normalmente le mani come tutti i giorni.

La cosa folle è che i germi possono vivere su superfici solide come queste per un massimo di nove giorni“, ha detto lo youtuber. “E così si può vedere quanto sia importante disinfettare le cose che una persona malata tocca regolarmente“.

Anche le persone che dicono di essere attente all’igiene possono facilmente infettarsi. Un modo per diffondere rapidamente i germi è quello di toccare i telefoni cellulari.

Sappiamo quanto i giovani d’oggi siano sempre attaccati al cellulare. Ecco, lo schermo dello smartphone è un vero e proprio ricettacolo di germi.

Una delle migliori precauzioni per non rimanere infettati dal virus è quella di evitare di toccarsi il viso con le mani.

La luce UV ha dimostrato che non sono solo i bambini a toccarsi il viso. La loro insegnante aveva il viso, il naso e la fronte ricoperti della polvere Glo Germ. Anche lo youtuber ha provato a non toccarsi il viso dopo aver usato la polvere. Niente da fare. Dopo un’ora l’intero suo viso era ricoperto di polvere.

In media ci tocchiamo il viso 16 volte all’ora, motivo per cui è così importante lavarsi le mani“, ha detto Rober. “È impossibile rilevare un virus direttamente attraverso le tue mani …Il problema è che usiamo le nostre mani per aiutare il a diffondersi in maniera esponenziale

Un numero sempre maggiore di paesi sta ora monitorando e fornendo dati sulla resistenza agli antibiotici, contribuendo enormemente alla lotta globale contro la resistenza ai farmaci.

Ma i dati che abbiamo sono sconcertanti. Sempre più infezioni batteriche sono resistenti alle medicine ed è difficile curarle.

Man mano che raccogliamo più prove, vediamo con maggiore chiarezza e preoccupazione quanto velocemente stiamo perdendo farmaci antimicrobici di importanza fondamentale in tutto il mondo“, ha affermato il dott. Tedros Adhanom Ghebreyesus, direttore generale dell’Organizzazione mondiale della sanità (OMS). “Questi dati sottolineano l’importanza sia di proteggere gli antimicrobici che abbiamo sia di svilupparne di nuovi, per trattare efficacemente le infezioni, preservare i guadagni di salute realizzati nel secolo scorso e garantire un futuro sicuro“.

Dal rapporto GLO (Global Antimicrobial Resistance and Use Surveillance System) dell’OMS nel 2018, la partecipazione al programma è cresciuta di molto
In soli tre anni di esistenza, il sistema aggrega ora i dati di oltre 64.000 siti di sorveglianza che comprendono oltre 2 milioni di pazienti arruolati da 66 paesi in tutto il mondo.

Sempre più paesi stanno riportando i dati sull’indicatore recentemente approvato riguardo alla resistenza antimicrobica (AMR) come indicatore fondamentale per gli obbiettivi di sviluppo sostenibile.

Si stanno riscontrando alti tassi di resistenza tra gli antimicrobici usati frequentemente per trattare infezioni comuni, come infezioni del tratto urinario o alcune forme di diarrea.

Guardando per esempio la resistenza alla ciprofloxacina, un antimicrobico frequentemente usato per trattare le infezioni del tratto urinario, vediamo che il tasso di resistenza è passato dal 4% al 92,9% in 33 paesi che hanno fornito il dato.

L’OMS teme che la tendenza sarà ulteriormente in crescita. Molte persone usano antibiotici in maniera non corretta per curarsi durante l’epidemia di Covid in corso.

Le prove mostrano che solo una piccola parte dei pazienti con COVID-19 necessita di antibiotici per trattare le infezioni batteriche che insorgono. E l’Oms sconsiglia vivamente di usare antibiotici se non sono stati prescritti dal medico e vi è una reale necessità.

L’OMS rimane preoccupata dal calo degli investimenti (anche nel settore privato) e dalla mancanza di ricerca nello sviluppo di nuovi trattamenti antimicrobici.

Bisogna avere una nuova consapevolezza che uno sforzo economico deve essere fatto per ricercare nuovi farmaci e trattamenti perché questa resistenza sempre maggiori ai farmaci può rappresentare un vero pericolo per gli anni che verranno.

Uno studio dimostra che i cavalli possono scegliere la foto corretta dei loro amici umani, anche quelli che non vedevano da sei mesi.

Tutte le persone che hanno amato un cavallo sono concordi nell’affermare che l’amore e l’affinità con un cavallo è simile a quella con un cane. Come riporta una citazione di Herman Melville, “Nessun filosofo ci comprende così completamente come cani e cavalli“.

Quanto a fondo ci siamo addentrati nel conoscere l’intelligenza dei nostri amici cavalli?

Cavallo
Cavallo con le briglie

Già numerosi studi dimostrano che i cavalli riescono a riconoscere i loro simili grazie all’olfatto, alla vista e a segnali uditivi. Si è voluto ora approfondire questa loro capacità anche con l’essere umano.

L’etologa Léa Lansade, dell’Istituto nazionale di ricerca francese per l’agricoltura, l’alimentazione e l’ambiente, ha dato il via ad un progetto nel quale i cavalli sono stati addestrati su un “compito di discriminazione“.

I cavalli (tutte femmine) dovevano scegliere tra due foto sullo schermo di un computer. Dopo essere state addestrate, le cavalle dovevano riconoscere i volti delle loro padrone a fianco con volti di persone sconosciute.

Come si voleva dimostrare, le cavalle sono state in grado di identificare i volti dei loro guardiani il 75 percento delle volte, e questo indica un dato più che casuale.

Riuscivano anche ad identificare i volti dei loro padroni che non vedevano da più di sei mesi.

Complessivamente, questi risultati mostrano che i cavalli hanno avanzate capacità di riconoscimento del volto umano e una memoria a lungo termine di quei volti umani“, scrivono gli scienziati autori dello studio.

Altri studi hanno dimostrato che i cavalli possono ricordare compiti appresi due anni prima.

Nel frattempo, altre ricerche hanno scoperto che i cavalli potevano ricordare le interazioni che avevano avuto con gli esseri umani cinque mesi prima. Il grande risultato di quest’ultimo studio è stato però quello di dimostrare che i cavalli hanno particolare abilità a riconoscere anche il volto degli essere umani.

Quale è lo scopo di tutti questi studi? Più si riesce a capire come pensano gli animali, più siamo in grado di entrare in empatia con loro e comprenderli.

Così conclude l’autrice dello studio: ”i cavalli possono dimostrare sofisticate abilità socio-cognitive e sono sensibili ai sottili segnali comportamentali di soggetti umani per questo dovrebbe essere preso in considerazione nelle nostre interazioni quotidiane con questi animali. Sollevando nuove questioni etiche in relazione a come gestiamo il bestiame in generale“.

E pensare che fino a poco tempo fa si pensava che gli animali fossero privi di qualsiasi ragione e fossero poco più che macchine guidate dall’istinto.

Invece ora tutte le ricerche ci indicano come gli animali siano esseri senzienti ed intelligenti. Un motivo in più per amare e rispettare la meravigliosità della natura che ci circonda.

Per onorarla, proteggerla… e per stupirsi anche un pò.

Fonte: https://www.scientificamerican.com/podcast/episode/horses-recognize-pics-of-their-keepers/

Una rana carnivora dai colori sgargianti sta devastando la biodiversità nativa dell’Australia Meridionale, facendo razzia di tutte le prede che trova davanti al proprio percorso.

Un nuovo studio pubblicato sull’Australian Journal of Zoology descrive come l’anfibio si sia riprodotto creando una popolazione di circa 1000 rane affamate. Partendo da Streaky Bay sono state poi avvistate ovunque dalla penisola di Eyre all’aeroporto di Adelaide.

L’aspetto di questa rana è senz’altro singolare. Marrone con macchie verdi quando è in stato di riposo, si colora di macchie blu quando le sue gambe sono estese.

Originaria dell’Australia occidentale, la Litoria cyclorhyncha, si è diffusa con impressionante velocità attraverso il Nullarbor fino all’Australia meridionale.

Invasione di rane in Australia
Invasione di rane in Australia

Arrivano a frotte e devastano raccolti e l’ecosistema. Queste rane sono “una macchina da mangiare indiscriminata che divorerà qualsiasi cosa riesca a inserirsi in bocca“, secondo l’esperta di ecologia Christine Taylor.

Questo studio è il primo che va ad analizzare a fondo questa rana maculata nel suo territorio. Il risultato che emerge è che se non fermate e confinante dentro un particolare territorio, queste rane possono rappresentare un grave pericolo per l’ecosistema. Questa rana dalle cosce maculate potrebbe andare a compromettere tutta la filiera alimentare di uccelli, rettili e mammiferi.

Mentre si nutre di specie locali, sta influenzando l’ecosistema naturale, che può spostare o distruggere le reti alimentari locali, distruggendo le risorse di uccelli nativi, rettili e mammiferi e potenzialmente cambiare la biodiversità naturale“, ha affermato Taylor, la ricercatrice.

Lo studio ha visto i ricercatori analizzare il contenuto dello stomaco di 76 rane raccolte da tre habitat diversi.

Hanno scoperto che in media lo stomaco della rana contiene sei prede diverse, con una gamma di prede che comprende oltre 200 specie diverse. Di queste il 60% erano scarafaggi, ragni e insetti. Si è anche scoperto che le rane stavano mangiando gechi, topi e rane più piccole di loro.

Anche se una rana dai colori favolosi potrebbe non sembrare minacciosa, la famigerata introduzione di “rospi da canna” in Australia negli anni ’30 è stata un precedente straziante. Ha dimostrato gli effetti devastanti che possono accadere se questi anfibi non vengono controllati.

Le conseguenze dell’introduzione del rospo delle canne e della sua proliferazione invasiva si fanno ancora sentire ora. E sono passati quasi 100 anni e i danni che ha causato sono ancora reali e tangibili.

È importante sottolineare che, se vedi una di queste creature durante i tuoi viaggi, lasciala stare. Non vogliamo che faccia l’autostop“, afferma preoccupata la biologa.

Sanificare, pulire, igienizzare o disinfettare? Che confusione… come fare ad essere sicuri di cosa vogliono dire queste parole nello specifico? Molti pensano che siano sinonimi, ma non è così, e usare l’approccio sbagliato può essere pericoloso.

In questo articolo ti insegno come distinguere tra queste attività secondo la normativa corrente.

SANIFICARE

Si parla di sanificazione quando si stratta dell’intervento totale per rendere sano un ambiente. Abbiamo comprese quindi le fasi pulizia, igienizzazione e/o disinfezione. In questo processo andiamo incontro anche ad un miglioramento delle condizioni ambientali. Abbiamo uno scenario con una migliore ventilazione, areazione e microclima.

Con la sanificazione abbiamo quindi sia le attività di pulizia ordinaria con acqua e detergenti seguita poi da un trattamento di decontaminazione con igienizzazione o disinfezione.

La sanificazione è utile se si vogliono decontaminare interi ambienti ed essere sicuri che agenti patogeni e batteri vengano eliminati completamente.

Per attuarla servono attrezzature specifiche per spargere i principi attivi e il personale che la compie deve avere competenze professionali.

Può anche essere svolta da operatori non professionali, dove però l’attività è compiuta in area e ambienti circoscritti

Con la sanificazione abbiamo una riduzione dei germi e degli agenti patogeni nell’immediato, ma la sua efficacia non dura troppo a lungo. Per una corretta pulizia degli ambienti gli interventi di pulizia e igienizzazione devono essere frequenti con una particolare attenzione a quelli che si vanno a contaminare più spesso.

PULIRE

Parliamo di pulizia quando eseguiamo la rimozione di polvere, residui, sporcizia presente sulle superfici. È un attività effettuata con detergenti e mezzi meccanici e permette anche la rimozione di contaminanti patogeni

IGIENIZZARE

La igienizzazione avviene quando la pulizia si realizza più a fondo con sostanze che rimuovono o riducono gli agenti patogeni su oggetti e superfici. Le sostanze igienizzanti (es. ipoclorito di sodio o candeggina) sono efficaci nello sconfiggere gli agenti patogeni. Il ministero della salute non le considera però disinfettanti in quanto non classificate come presidi medico chirurgici. Un buon detergente igienizzante naturale lo trovi qui!

DISINFETTARE

Passando alla disinfezione abbiamo il processo che tramite sostanze disinfettanti riduce la presenza di agenti patogeni andando a diminuirli in maniera significativa, ma non a eliminarli del tutto. Se sconfitti del tutto si parlerebbe di sterilizzazione. Puoi trovare utile un altro articolo sulla disinfezione della casa.

Se si vuole andare ad approfondire in maniera dettagliata la normativa e capire ulteriori differenze tra sanificare, disinfettare e igienizzare, si consiglia di andare a studiare il seguente decreto legge:
DECRETO MINISTERIALE 7 luglio 1997, n. 274Regolamento di attuazione degli articoli 1 e 4 della legge 25 gennaio 1994, n. 82, per la disciplina delle attivita’ di pulizia, di disinfezione, di disinfestazione, di derattizzazione e di sanificazione“.

19Capita sempre più spesso di vedere molte persone che in villeggiatura o in campeggio si lavano con shampoo e altri saponi direttamente in acqua. Anche se l’etichetta sul prodotto dice biodegradabile, non va assolutamente bene lo stesso. Si sta compiendo un’azione che danneggia il nostro pianeta e il suo ecosistema.

Un cosiddetto detergente per il corpo ecologico, anche se contiene meno sostanze chimiche nocive rispetto a un marchio convenzionale, non è assolutamente compatibile per essere versato dentro un corso d’acqua. Che sia un fiume, un lago, un torrente o un mare, non fa la differenza. Stiamo compiendo un’azione che sta danneggiando la purezza delle nostre acque.

Cerchiamo di capire il perché

Il tensioattivo nei saponi (il componente comune a qualsiasi prodotto pulente responsabile dello scioglimento dello sporco) compromette la tensione superficiale dell’acqua, qualcosa che magari sfugge all’occhio umano, ma è fondamentale per tutti gli essere viventi che abitano lì dentro.

Una tensione superficiale più bassa va a diminuire il livello di ossigeno nell’acqua, causando danni ai pesci e ad altri animali acquatici. I tensioattivi che sono presenti nei saponi sono tossici per la vita degli abitanti delle acque in particolare i piccoli invertebrati.

Una gioranta al lago

Parliamo ora del fosforo. Il fosforo ha la fama di essere un elemento dannoso per le acque. Il fosforo nel sapone nutre le alghe e le fa crescere in maniera esponenziale. Questo accade perché il fosforo va ad innalzare il livello di azoto nelle acque e porta alla crescita algosa.

Sempre più persone si accampano in riva a fiumi e laghi e non sarà certo il lavarsi di una singola persona a rovinare l’ambiente. Se però questo è compiuto da centinaia di persone capiamo come questo comprometta il nostro pianeta.

Qual è il comportamento corretto e virtuoso da seguire allora?

Bisogna insaponarsi almeno 61 metri dalla riva. Riempi un secchio d’acqua e usalo per lavarvi a distanza dalla riva. Scavate poi una buca da 6 a 9 pollici di profondità in modo da smaltire il sapone e l’acqua di risciacquo. In questo modo i batteri nel terreno aiutano la corretta biodegradazione del sapone.

Anche i deodoranti, i profumi e il trucco danneggiano l’ambiente se dispersi nell’acqua. Quando andiamo a fare il bagno nel nostro lago preferito ricordiamoci di sciacquarsi a distanza prima di fare una bella nuotata.

Le autorità delle Hawaii hanno segnalato che la loro barriera corallina è stata distrutta da tutti i nuotatori che si immergevano in acqua con creme solari. Pensa al pianeta e fai la giusta scelta ecosostenibile.21

Con la diffusione del coronavirus in tutto il mondo, le organizzazioni sanitarie allertano le persone a proteggersi dal virus mettendo in atto le dovute precazioni. Una delle prassi più comune da seguire e soprattutto utile è quella di lavarsi frequentemente le mani e in maniera corretta.

Come dimostra questo video, divenuto subito virale, c’è un’ampia differenza tra lavarsi le mani e farlo nella maniera che ci può aiutare a prevenire il virus.

https://twitter.com/SinghLions/status/1240686550939136003?s=20

Nel video si vede una persona che indossa un paio di guanti bianchi usa e getta e usando una piccola quantità di vernice nera sul palmo delle mani si sfrega le mani iniziando a lavarsele.

La persona incomincia strofinandosi i palmi delle mani, quindi tra le dita, torcendole e strofinandole, passando poi al pollice, di nuovo sui palmi e fino ai polsi.

Alla fine del video si vede come tutti i guanti siano ricoperti di vernice nera. Questo indica che nel lavarsi le mani ha seguito tutte le procedure corrette come indicato dall’organizzazione mondiale della sanità e le altre autorità competenti.

Il post di Twitter da quando è stato postato ha raccolto oltre 159.000 Mi piace e migliaia di commenti che si dicono soddisfatti e sopresi dell’esperimento.
Ho adorato questo video. Visual storytelling e buone informazioni. Grazie“, ha scritto un utente.

Un altro utente riporta: “Grazie per averlo fatto. Davvero utile

Secondo le istruzioni ufficiali delle autorità è consigliato lavarsi le mani per almeno 20 secondi o per il tempo necessario per cantare “tanti auguri”!

La procedura corretta prevede di bagnarsi abbondantemente le mani prima di iniziare a strofinarle tra di loro.

Se ce le stiamo lavando in maniera corretta dovremmo usare una mano per strofinare la parte posteriore dell’altra, sfregare tra di loro le dita e infine strofinare la parte posteriore delle dita contro i palmi delle mani.

Strofina poi il pollice con l’altra mano e passa la punta delle dita sul palmo dell’altra mano prima di passarla sotto l’acqua, asciuga completamente le mani e chiudi il rubinetto con un panno o un asciugamano monouso.

Le Autorità sanitarie consigliano di lavarsi le mani dopo essere andati in bagno, prima e dopo aver maneggiato cibi crudi, prima di mangiare o toccare alimenti e dopo essersi soffiati il naso, starnutito o tossito.

Questo video ci fa capire l’importanza del lavarsi correttamente le mani e di procedure che tutti dovremmo seguire se vogliamo fare prevenzione e aiutare tutta la comunità.

Non seguendo questi passaggi diventa difficile eliminare correttamente i batteri e non è un caso se è lo stesso metodo adottato dai chirurghi prima di entrare in sala operatoria!

Ti annoi a ricordare tutti i passaggi? Spesso può capitare, spesso se hai bambini piccoli che si annoiano a stare più di 20 secondi con le mani sotto l’acqua.

Per questo Verdevero ha creato il ballo del sapone: la filastrocca per lavarsi le mani da seguire passo passo:

Un atto semplice e comune come quello del lavarsi le mani sta assumendo tutt’un altro significato alla luce di quello che sta accadendo. Con la diffusione sempre maggiore e devastante del coronavirus, ogni persona sta rivalutando questo gesto e su come correttamente deve essere svolto. Anche leader mondiali e persone famose sono venute alla ribalta per ribadire l’importanza del lavarsi correttamente le mani.

Per citarne alcuni, abbiamo Boris Johnson che ha dichiarato alla stampa di dover cantare “happy birthday” mentre ci si lava le mani o il leader del gruppo rock the killers Brandon Flowers che piangendo davanti allo specchio si insapona le mani cantando la sua hit “Mr Brightside”.

Anche nella comunità scientifica ci si sta sorprendendo su come quello che si stava studiando nel passato sta tornando tragicamente alla ribalta.

Per Nancy Tomes, illustre professore di storia della Stony Brook University, New York, sembra di essere tornati all’inizio del 900 quando le malattie infettive come la tubercolosi e la influenza spagnola erano le prime cause di morte nel mondo.

I rituali religiosi di lavaggio delle mani si svolgono da migliaia di anni nelle culture islamica, ebraica e di altro genere, ma l’evidenza medica che le malattie possono trasmettersi attraverso il contatto con le mani ha circa 130 anni.

Una tragica storia dietro la scoperta dell’importanza del lavarsi le mani

La prima scoperta shock di come lavarsi le mani può aiutare a prevenire le malattie avvenne 50 anni prima, nel 1848, con uno shock enorme e sgradito.
Il medico ungherese Ignaz Semmelweis notò che molte madri morivano per un’alta febbre mentre era in ospedale in attesa di partorire. Ordinò allora ai medici di lavarsi attentamente le mani in una soluzione di cloro prima di entrare nel reparto e il tasso di mortalità delle mamme calò drasticamente.

Nel 1857 Louis Pasteur, famoso per la pastorizzazione, evidenziò i patogeni e come ucciderli con il calore. Nel 1876, lo scienziato tedesco Robert Koch scoprì il bacillo di antrace e ciò fece scoprire successivamente colera, tubercolosi, difterite e bacilli tifoidi.

La combinazione di campagne sanitarie pubbliche e lo sviluppo di vaccini e antibiotici all’inizio del XX secolo ha visto crollare i tassi di mortalità per malattie batteriche.

Nel 1970 con la maggiore diffusione di malattie sessualmente trasmissibili e nel 1980 con la diffusione dell’HIV, l’opinione pubblica si è sempre più orientata verso una maggiore consapevolezza dell’importanza dell’igiene nei luoghi pubblici e ospedali.

Come visto, nella storia si sono sempre susseguiti vari ondate di malattie batteriche e virali ma il lavarsi le mani correttamente e prestare particolare attenzione all’igiene nei luoghi pubblici ha sempre aiutato a prevenire la diffusione di queste malattie infettive.

Ecco un’immagine tratta dal ministero della salute che insegna i giusti passaggi per lavarsi le mani:

Lavare correttamente le mani
Indicazioni del Ministero della Salute su come lavarsi le manii

 

Come lavarsi le mani – Linee guida del Ministero della Salute

Non seguendo questi passaggi diventa difficile eliminare correttamente i batteri e non è un caso se è lo stesso metodo adottato dai chirurghi prima di entrare in sala operatoria!

Ti annoi a ricordare tutti i passaggi? Spesso può capitare se hai bambini piccoli che si annoiano a stare più di 20 secondi con le mani sotto l’acqua.

Per questo Verdevero ha creato il ballo del sapone: la filastrocca per lavarsi le mani da seguire passo passo:

 

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