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Il sambuco: l’aspirina vegetale

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Il sambuco nella tradizione popolare si chiama aspirina vegetale per l’effetto sudorifero che provoca il suo infuso di fiori

L’aspirina vegetale nella tradizione popolare si designa come il Sambuco. Con i frutti ben maturi si ottiene un fermentato (vino di sambuco) e si possono preparare sciroppi, gelatine e marmellate.
Antonio Targioni Tozzetti, nel suo Corso di botanica medico-farmaceutica (1847), oltre ad elencare le virtù terapeutiche del sambuco per l’uomo, scrive che “la decozione delle foglie si crede capace dai contadini di uccidere i bruci e gli insetti che rodono le piante”. Al sambuco in passato si attribuivano poteri magici contro i demoni e le streghe. Al giorno d’oggi si dice che, piantando un sambuco presso le finestre di casa, le mosche ne verranno attratte e non entreranno all’interno. Nella tradizione popolare il sambuco viene chiamato “l’aspirina vegetale”per l’effetto sudorifero che provoca il suo infuso di fiori e viene usato in calde tisane per combattere il raffreddore, l’influenza e i reumatismi.

DUE RICETTE MEDICINALI

Infuso di aspirina vegetale scatena la sudorazione combattendo l’influenza e il raffreddore. Fare un infuso usando un cucchiaio da frutta di fiori secchi di sambuco e una tazza di acqua bollente. Filtrare, dolcificare con miele e bere 2 volte al giorno.
Sciroppo di sambuco lassativo: Schiacciare al setaccio 1 kg di bacche di sambuco ben mature e lasciare riposare una notte in frigorifero. Filtrare, pesare, aggiungere lo stesso peso in zucchero e far bollire mezz’ora. Imbottigliare freddo.

VITAMINA C E ASPIRINA

“Frustando i cavalli come un ciuco, tra i glicini e il sambuco, il re si dileguò …”  così cantava Fabrizio De Andrè in Carlo Martello. Sambucus è un genere appartenente alla famiglia delle Caprifoliacee che comprende specie arbustive di dimensioni medio-grandi talvolta in forma di piccolo albero. E’ una pianta originaria dell’Europa e del Caucaso; oggi è una specie ormai cosmopolita, diffusa in tutte le aree temperate dei continenti. In Italia il sambuco è presente in tutte le regioni, dalla pianura ai 1.400 metri di quota, comunissimo lungo le siepi campestri, nei boschi, presso i casolari di campagna, nonché alla periferia delle città, dove rappresenta un relitto della vegetazione spontanea.
I piccoli fiori color bianco panna, a forma di stella, sono raccolti in infiorescenze a ombrello e sbocciano nella tarda primavera e all’inizio dell’estate.  In autunno giungono a maturazione le piccole bacche lucenti dette botanicamente drupe, di color nero-violaceo, dal sapore acidulo, riunite in grappoli, e molto ricche di vitamina C.

STORIA
Come la maggior parte degli alberi con bacche commestibili ampiamente diffusi in Europa, il sambuco è conosciuto e usato da tempo immemore. Gli scavi delle città lacustri spesso ne forniscono semi in abbondanza. Nelle palafitte di Annecy, che risalgono all’età del rame (2500-1800 a.C.), se ne sono trovati così tanti da ritenere che i frutti di sambuco venissero già allora raccolti per la preparazione di una bevanda o per la tintura dei tessuti. Gli ippocratici (IV sec. a. C.) attribuivano al sambuco proprietà lassative e diuretiche.
Molteplici sono gli usi delle varie parti della pianta di sambuco. Le foglie e la scorza fresca vengono impiegate per preparazioni medicinali di tipo cutaneo. I frutti sono ottimi antinfiammatori, e vengono usati per esempio per combattere le nevralgie del trigemino. I fiori si possono essiccare e si conservano poi in vasi a chiusura ermetica in modo da averli a disposizione in ogni periodo dell’anno per usarli in cucina o in farmacia. Un antico uso dei fiori essiccati consisteva nel porli nelle cassette contenenti i frutti al fine di aiutare a conservarli.  I fiori freschi sono invece ottimi nelle insalate, nelle frittate e nelle macedonie. Per preparare le frittelle, con uova e farina, si possono usare sia fiori freschi che essiccati.  

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