Blog Cleaning

Blog Beauty

Smakki app

Edit Content

🎄 CALENDARIO DELL'AVVENTO 2025 🎄
ogni giorno un regalo

Detersivi biologici Verdevero: il Blog

Più di 1000 articoli per sapere sempre come pulire casa in modo sano e naturale

Come togliere le macchie e fare il bucato bio

Detersivi Fai da Te: tutte le ricette per farli in cas

Come pulire la cucina con prodotti naturali

Come pulire il bagno con detersivi ecologici

Come pulire casa con i detersivi Verdevero

Come profumare casa e il bucato con prodotti sani

Scorri e scopri gli altri articoli del Blog dei detersivi ecologici Verdevero:

Oppure scrivi qui sotto quello che cerchi:

Se sei un amante dell’autoproduzione, dell’ecologia e del percarbonato di sodio, allora è il momento di provare a fare in casa queste tabs per lavastoviglie, ecologiche, facili da fare e che non ti deluderanno!

Ecco la ricetta.

Tabs per lavastoviglie a base di percarbonato di sodio

per 30 tabs
400 ml di sodio citrato autoprodotto,
400 gr carbonato di sodio,
150 gr percarbonato di sodio puro,
15/20 gocce di olio essenziale (FACOLTATIVO)
stampini per il ghiaccio al silicone.

 

Primo passo: autoprodurre il sodio citrato

800 gr di acqua distillata,
200 gr di acido citrico
170 gr di carbonato di sodio
Sciogliere l’acido citrico nell’acqua fredda in una pentola di acciaio inossidabile da almeno tre litri con i bordi alti (altrimenti la soluzione, all’inizio, potrebbe traboccare).
Aggiungere quindi 1 cucchiaio di carbonato di sodio: il liquido inizierà a reagire, quindi a fare effervescenza e si libererà anidride carbonica. Si consiglia di fare questo procedimento con finestre aperte o all’aperto. Quando smette di fare le bollicine, è allora il momento di versarvi un altro cucchiaio, così fino alla fine del carbonato di sodio.
Lasciate il preparato fermo per una notte: al mattino il liquido deve presentarsi trasparente e il suo ph deve aver raggiunto il 7. Imbottigliate e conservate in luogo fresco e buio.

Autoprodurre le tabs

Mescolare il carbonato e il percarbonato di sodio, aggiungere il sodio citrato e mescolare: addizionare acqua demineralizzata quanto basta se e’ necessaria a rendere leggermente più fluido il composto, il minimo indispensabile per poterlo mescolare bene.
Versare il composto nello stampino per il ghiaccio e attendere che le tabs si solidifichino: potrebbero impiegarci dalle due ore a due giorni.
Una volta essiccate, trasferitelo in un contenitore meglio di plastica (il vetro non si presta alla conservazione dei detersivi) o un sacchetto di carta.
Se ne utilizza una per lavaggio.

Ti sono piaciute?

Dai, aspettiamo che condividi con noi il tuo parere sul gruppo Facebook ‘Come Pulire qualsiasi cosa con Fabrizio Zanetti e Verdevero‘.

Ecologica, poco costosa e dai mille volti: e’ l’acqua ossigenata, che vogliamo insegnarvi ad utilizzare anche nelle pulizie domestiche sostenibili

Nelle case di tutti noi c’è un ingrediente davvero speciale, ma decisamente sottovalutato: e’ l’acqua ossigenata, comunemente utilizzata per disinfettare le ferite.

In realtà questo ingrediente possiede molteplici utilizzi, ed e’ un ingrediente particolarmente utile nelle pulizie domestiche.

Ecologica e a basso costo, la sua molecola contiene più ossigeno dell’acqua normale, che tende a perdere liberandolo nell’acqua sotto forma di ossigeno nascente.

Questo atomo di ossigeno libero è reattivo e ossida le molecole degli agenti infettanti.

La concentrazione dell’acqua ossigenata è espressa in volumi: se ad esempio una soluzione di acqua ossigenata è a 10 volumi significa che dalla sua decomposizione deriverebbero 10 litri di ossigeno gassoso.

A questo potente ingrediente resistono poche specie batteriche: è anche ecologica poiché si decompone in acqua e ossigeno.

Non si utilizza mai pura, ma in soluzioni acquose in percentuali non superiori al 60%. Soluzioni troppo concentrate di acqua possono intaccare metalli e marmi.

Oltre che sulle ferite, l’acqua ossigenata e’, quindi, un ingrediente perfetto per pulire la propria casa, e sono davvero molte le preparazioni, molto semplici, da fare in autonomia.

Ad esempio, Elisa Nicoli, nel suo libro Pulizie Creative, Altreconomia edizioni, ci insegna una ricetta meravigliosa per autoprodurre la candeggina delicata. Questa ricetta prevede la versione a a 130 volumi, molto potente: quando la utilizzerete, indossate sempre guanti di gomma e occhiali.

Candeggina delicata

170 gr di acqua ossigenata a 130 volumi;
700 ml di acqua DEMINERALIZZATA;
50 gr di acido citrico;
80 gr di detersivo ecologico per piatti
Sciogliere l’acido citrico nell’acqua che avrete versato in una bottiglia di plastica, si aggiunge quindi l’acqua ossigenata utilizzando guanti e occhialetti per eventuali schizzi, il detersivo per piatti. Si miscela ed è pronta.
Tenere fuori dalla portata dei bambini.
Utilizzo: direttamente sulle macchie per pretrattare, o 100 ml nella vaschetta del candeggio in lavatrice.

Oppure possiamo provare con queste.

Detergente sanificante per il bagno (800 ml di prodotto)

500 ml di acqua demineralizzata
300 ml di acqua ossigenata a 130 volumi
1 spruzzino
Una volta indossati i guanti e gli occhiali per eventuali schizzi, versare nello spruzzino l’acqua ossigenata e l’acqua demineralizzata. Etichettate il flacone e tenere fuori dalla portata dei bambini.
Uso: spruzzare sui sanitari, aspettare 5 minuti, quindi risciacquare. Passate poi con un prodotto sgrassante per la normale detersione.

Acqua ossigenata per togliere la muffa

La prima regola per prevenire la muffa è quella di sapere che essa si ciba dei depositi di materiali organici che espelliamo quando ci laviamo, i quali vengono assorbiti dal cemento nel momento in cui l’acqua schizza.

Asciugare e detergere subito la superficie bagnata con un panno e acqua ossigenata a 12 volumi e, se riuscite, coprirla con dei teli assorbenti ogni volta che vi lavate.

Sempre in linea col fatto che la muffa ama l’umidità, in particolar modo il vapore acqueo, aprire le finestre subito dopo essere usciti dalla doccia, senza attendere neppure 1 minuto; inoltre, esistono delle simpatiche piante tropicali che si nutrono di umidità, perfette da mettere in bagno, funzionali e ornamentali.

Altri escamotage domestici da osservare sono: non asciugare i vestiti in casa; evitare armadi a muro troppo ingombranti, tenere la doccia pulita, qui si immagazzina lo sporco peggiore! Se tinteggiate le pareti, scegliete una pittura a calce, eviterete il proliferare delle spore.

Se invece la muffa già vi fa compagnia, allora provate con una soluzione a base di bicarbonato e acqua ossigenata: sciogliete 2 cucchiai di bicarbonato di sodio e 2 cucchiai di sale fino in 700 ml di acqua e versate la soluzione in uno spruzzino recuperato da 1 litro, agitando bene; aggiungete quindi 2 cucchiai di acqua ossigenata a 130 volumi (mettete guanti di gomma e occhialetti).
Applicate questa soluzione sulla superficie da trattare, aiutandovi con un vecchio spazzolino da denti per raggiungere i punti più difficili.
Se la situazione e’ davvero grave, allora intervenite con la sola acqua ossigenata a 130 volumi, sempre muniti di occhiali e guanti di gomma, versandola in un recipiente di plastica: immergere uno straccio nell’acqua ossigenata e tamponare, pulendo, i punti interessati dalla muffa.

Altri utilizzi dell’acqua ossigenata nelle pulizie domestiche

1.Per pulire: un’alternativa naturale alla candeggina

Se volete eliminare una macchia colorata o pulire il bagno e la cucina, indossate guanti e occhialetti e preparate la seguente soluzione: diluite una parte di acqua a 130 volumi in 3 parti di acqua e trasferite la soluzione in uno spruzzino.

2. Per disinfettare lo spazzolino da denti

Per evitare contaminazioni batteriche in famiglia, immergere lo spazzolino in un bicchiere contenente il prodotto a 10 o 12 volumi.

3. Al posto dell’Amuchina

Per lavare la frutta e i vegetali, oltre al bicarbonato di sodio, si può utilizzare la versione a 10 volumi dell’acqua. Mettetela in una bottiglietta spray, spruzzate gli ortaggi, lasciate agire qualche minuto e poi risciacquateli con acqua corrente.

4. Via le macchie dal marmo

Se il vostro marmo presenta macchie di vino, caffè o frutta, procuratevi acqua ossigenata a 130 volumi, guanti e occhiali protettivi.
Si procede così: lavare la superficie di marmo da trattare con acqua e detergente neutro, quindi lasciate asciugare. Indossate guanti di plastica e occhiali protettivi, ricoprite la macchia con abbondante soluzione e attendete fino a completa asciugatura.

5. Rimuovere le macchie dagli abiti

È possibile rimuovere le macchie di muffa dagli abiti. Inoltre, ha la capacità di disinfettare i vestiti macchiati di sangue o altre secrezioni corporee, si può utilizzare anche per detergere i pannolini lavabili dei bambini: basta mettere i capi in ammollo in una soluzione d’acqua ossigenata al 10% prima del lavaggio normale: in una vaschetta versare 3 litri di acqua e 1 litro di acqua ossigenata.

L’acqua ossigenata si può utilizzare per eliminare le macchie di vino dai tessuti bianchi: versare un pochino d’acqua ossigenata direttamente sulla macchia e poi lavare normalmente, meglio se in acqua fredda.

 

La situazione sta finalmente migliorando per il gibbone di Hainan. Ci sono nuove speranze per il primate più raro del mondo dopo che gli ambientalisti confermano la presenza di una coppia appena formata al di fuori delle già riportate, portando la popolazione della specie e il numero dei gruppi familiari al più incoraggiante dato che si sia notato in molti decenni.

Il gibbone di Hainan (Nomascus hainanus) è un primate in pericolo di estinzione trovato in una piccola zona della foresta sulle isole tropicali di Hainan ,nel Mar Cinese Meridionale. I maschi si caratterizzano per un pelo nero, motivo per cui la specie viene talvolta chiamata gibbone dalla cresta nera di Hainan. La pelliccia delle femmine presenta un ricco colore dorato dopo che hanno raggiunto dopo un paio d’anni di età.

Documenti storici del 17 ° secolo suggeriscono che una volta la specie era diffusa in gran parte della Cina continentale. In tempi più recenti, i gibboni si sono limitati alle foreste di pianura dell’isola di Hainan, prima che la deforestazione portasse le specie ad altitudini più elevate dove il cibo è scarso e le condizioni sono generalmente meno favorevoli.

Negli anni ’50, c’erano circa 2.000 gibboni Hainan che vivevano nelle foreste tropicali in 12 contee di Hainan, ma il bracconaggio e la distruzione dell’habitat hanno rapidamente messo a dura prova la specie.

La specie era in via di estinzione negli anni ’70 con meno di 10 individui lasciati in una piccola zona della foresta di Bawangling. Una delle ultime indagini sulla popolazione nel 2013 ha rilevato che c’erano ancora solo 13 individui formati da due gruppi.

Le cose stanno iniziando a migliorare per loro, tuttavia. Secondo quanto riportato dalla rivista Oryx, i ricercatori della Kadoorie Farm and Botanic Garden (KFBG) e dell’Hainan Wildlife Conservation and Management Bureau rivelano la scoperta di una nuova coppia di gibboni Hainan circa 8 chilometri (5 miglia) a nord della loro usuale ubicazione, dimostrando che stanno espandendo il territorio.

Gli abitanti dei villaggi locali hanno individuato la coppia per la prima volta nell’ottobre 2019 e la loro presenza è stata successivamente confermata da scienziati che hanno documentato dei gibboni, tra cui un “coppia” tra maschio e femmina.

La scoperta della nuova coppia e la loro posizione suggerisce che la popolazione dei gibboni di Hainan abbia ora formato almeno cinque diversi gruppi familiari, fondamentali per la diversità genetica, costituiti da più di 30 individui. Sebbene la specie abbia ancora molta strada da percorrere, il futuro è sicuramente più promettente di quanto non fosse solo pochi anni fa.

Nell’estate scorsa si sono verificati un numero spaventoso di incendi in Siberia e nel circolo polare articolo. Nel solo giugno, si stima che gli incendi abbiano rilasciato nell’atmosfera 50 megatonnellate di anidride carbonica, un importo pari a tutte le emissioni totali di un anno per la Svezia. Quello che si teme e che le braci spente di questi incedi potrebbero avere continuato a bruciare sotto la copertura invernale e non essere notate.

Dopo l’aprile più caldo mai registrato da anni, gli scienziati ritengono che questi “incendi di zombi” o “incendi svernanti” potrebbero essere riemersi grazie alla fusione della neve e aver innescato nuovi incendi nelle foreste boreali essiccate presenti nelle regioni artiche.

Abbiamo visto osservazioni satellitari di incendi attivi che suggeriscono che gli incendi “zombi” potrebbero essersi riaccesi, ma non è stato confermato dalle misurazioni del terreno“, ha affermato Mark Parrington, Copernicus Atmosphere Monitoring Service (CAMS), scienziato senior ed esperto di incendi. “Le anomalie sono abbastanza diffuse nelle aree che sono state bruciate la scorsa estate. Se questo è il caso, quindi in determinate condizioni ambientali, potremmo vedere un effetto cumulativo della stagione degli incendi dell’anno scorso nell’Artico, che alimenterà la stagione imminente e potrebbe portare a incendi su vasta scala e lungo termine nella stessa regione”.

I “fuochi zombi” non è la prima volta che si verificano; sono presenti prove che si sono già verificati in Alaska. Se si osservano le immagini satellitari dalla fine delle stagioni estive degli incendi, si possono ancora intravedere le cicatrici del fuoco che non si è ancora spento del tutto. Tuttavia, se si torna a guardare le immagini l’anno successivo possiamo notare ancora i bordi dell’incendio che sta riemergendo.

I ricercatori che stanno analizzando in profondità questi incendi svernanti segnalano che “si verificano più frequentemente dopo grandi anni di incendio in combinazione con i successivi inverni miti ” e di solito riemergono dopo 50 giorni che la neve si è sciolta.

L’unico modo per poter confermare un “fuoco zombi” è andare ad investigare direttamente sul campo, qualcosa che non è ancora stata fatta per il presente studio
Pertanto, nonostante la sovrapposizione di cicatrici di incendi dormienti sommate agli attuali incendi nel circolo polare artico siberiano, gli scienziati non possono verificarne le origini. C’è da considerare anche il fatto che molti incedi in queste aree rurali vengono formati dall’uomo per pratiche agricole, quindi non è possibile ancora dare una conferma ufficiale.

Tutte le foreste del mondo stanno andando incontro a grossi cambiamenti. Un mix distruttivo di deforestazione e cambiamenti climatici sta portando le foreste in tutto il mondo ad essere più giovani e con alberi molto più corti. Stanno venendo a mancare tutti quegli alberi vecchi e maestosi che proteggevano le foreste da secoli. Sicuramente questo problema sarà destinato ad approfondirsi nei prossimi decenni e sarà un altro tassello cruciale nel puzzle della sfida ambientale che l’uomo dovrà affrontare.

Come riporta la rivista Science, i ricercatori del Pacific Northwest National Laboratory (PNNL) del Dipartimento dell’Energia degli Stati Uniti e un certo numero di altre organizzazioni di ricerca hanno analizzato come la deforestazione e i cambiamenti climatici stiamo cambiando completamente il volto delle foreste negli ultimi 100 anni. Esaminando oltre 160 precedenti lavori di ricerca e combinando le loro scoperte con le immagini satellitari, gli scienziati hanno messo alla luce il fatto che le foreste stanno diventando sempre più popolate da alberi corti e giovani. Stanno drammaticamente scomparendo tutti gli alberi più anziani. È come se in un villaggio tutti i saggi scomparissero all’improvviso, dando la guida a giovani inesperti e impreparati.

“Questo studio esamina le crescenti prove che Un mix distruttivo di deforestazione e cambiamenti climatici sta portando le foreste in tutto il mondo ad essere più giovani e con alberi molto più corti, ha dichiarato il dott. Tom Pugh, autore dello studio e scienziato presso l’Istituto di ricerca forestale di Birmingham nel Regno Unito, “Ciò implica una riduzione della loro capacità di immagazzinare carbonio e cambiamenti potenzialmente ampi nel mix di specie che compongono e abitano queste foreste.

Contrariamente al fatto che l’innalzamento dei livelli di anidride carbonica nell’atmosfera favorisca la crescita degli alberi, gli scienziati dimostrano che gli effetti del cambiamento climatico e il conseguente aumento di anidride carbonica, stanno provocando effetti devastanti. Per colpa dell’aumento della temperatura, aumentano gli incendi, la siccità, le epidemie di insetti e altri problemi che fanno in modo che rimangano solo gli alberi più giovani. A tutto ciò si aggiunge il fatto che la deforestazione globale sta aumentando sempre di più, portando ancora più problemi agli alberi secolari.

Le foreste hanno un ruolo essenziale nei cicli del carbonio dell’ecosistema globale perché riescono ad assorbire e immagazzinare una grandissima quantità di anidride carbonica. Inoltre favoriscono anche la sopravvivenza di un gran numero di specie diverse, sono fondamentali nel regolare le precipitazioni e prevenire le inondazioni. Le foreste più giovani non sono in grado di assolvere a tutti questi compiti e si andrà contro ad un pericoloso circolo vizioso.

I Pangolini sono i mammiferi più ricercati e trafficati nel mondo e stanno avendo molti problemi.

Braccati a Laos, Thailandia e India per le loro squame, che si ritiene erroneamente portino proprietà medicinali, gli animali sono stati molto ricercati dai mercati cinesi. Finalmente, il paese ha rimosso i pangolini da un elenco ufficiale degli ingredienti del 2020. Era considerato sicuro per l’uso nella medicina tradizionale.

Gli ambientalisti portano avanti da anni delle lotte contro il commercio di questi poveri mammiferi che vengono ingiustamente ricercati e trafficati illegalmente in molti paesi asiatici. Secondo i rapporti di WildAid, ogni anno in Asia vengono consumati fino a 200.000 pangolini per la loro carne, ma anche per le loro squame, che si pensa portino benefici sessuali e di salute a coloro che li consumano. Gli animali vengono trafficati vivi e morti e privati della loro preziosa armatura, 130 tonnellate delle quali sono state sequestrate in operazioni di traffico transfrontaliero l’anno scorso.

Dal momento che tutte le specie di pangolino affrontano la minaccia di poter essere cacciati, compreso il pangolino cinese ormai funzionalmente estinto, aver rimosso le loro squame dall’elenco dei medicinali della medicina tradizionale cinese,è un passo fondamentale verso la protezione di questi animali. La decisione è stata presa dopo che la China Forestry and Grassland Administration (SFGA) cinese ha aumentato lo stato di minaccia per i pangolini al più alto livello possibile la scorsa settimana. Questo è già un buon segnale per la protezione di questi animali che sono da anni ingiustamente uccisi e trattati solo come merce di scambio.

“Sono molto incoraggiato”, ha affermato Zhou Jinfeng, segretario generale della China Biodiversity Conservation and Green Development Foundation (CBCGDF), secondo un rapporto di The Guardian. “I nostri continui sforzi per diversi anni non sono stati vani”.

I pangolini, che sono stati al centro di molti importanti progetti di conservazione negli ultimi anni, hanno ricevuto un’attenzione speciale quest’anno in quanto sono stati considerati un possibile ospite intermedio per il coronavirus. Proprio il pangolino sarebbe stato la specie dopo il pipistrello nel quale sarebbe passato il virus per poi arrivare all’essere umano.

Sebbene diversi animali trafficati sequestrati dalle autorità siano risultati positivi all’agente patogeno SARS-CoV-2, non è stata trovata alcuna prova concreta che dimostri che siano proprio loro la specie intermedia che ha portato il passaggio del virus all’uomo.

 

Lungo la costa del sud della California possiamo trovare una specie di alghe chiamate dinoflagellati che iniziano a fiorire da marzo. Durante le ore diurne, le congregazioni dei dinoflagellati affollano la superficie dell’oceano per catturare la luce del sole. Troviamo ben 20 milioni di cellule per litro d’acqua.

Queste alghe baciate dal sole emanano un colore bruno-rossastro, noto come “marea rossa”. Ma quando cala l’oscurità, le alghe magicamente si illuminano di un colore neon blu in uno spettacolo incredibile.

Queste imprevedibili fioriture di alghe si possono riscontrare in tutto il mondo, dalle regioni tropicali all’Alaska, e possono durare da una settimana a un mese o più. Sebbene non tutte le maree rosse producano bioluminescenza, quello che è avvenuto in California è stato uno dei più grandi episodi di bioluminescenza che si siano verificati nell’area in circa un decennio. Nonostante le misure di lockdown nello stato, molti residenti sono riusciti a osservare questo spettacolo pur essendo avvertiti di aderire alle linee guida sul distanziamento sociale.

Il fotografo californiano Patrick Coyne è riuscito ad immortalare questi delfini che facevano una nuotata notturna, illuminando l’oceano mentre nuotavano. Quando i gruppi di dinoflagellati sono mossi da onde o altri movimenti nell’acqua, come i delfini, due sostanze chimiche prodotte dalle alghe (l’enzima luciferasi e il composto luciferina) reagiscono andando ad emettere un lampo blu elettrico. In un post su Instagram, Coyne ha descritto la sua esperienza come “una delle notti più magiche della sua vita”.

 

I surfisti si sono divertiti a solcare la superficie dell’oceano di notte, con le alghe che illuminavano la loro attività. Non c’è davvero modo di sapere quanto durerà questo fenomeno o quando si verificherà di nuovo. Alcune maree rosse, specialmente nel Mediterraneo, di solito sono un cattivo segnale per la vita marina in quanto sono causate da specie che producono tossine mortali o dannose. In California, la maggior parte delle fioriture di alghe sono in realtà innocue e persino benefiche in quanto vanno a fornire cibo per le creature marine.

In alcuni casi quando la marea rossa svanisce, le alghe in decomposizione lasciano un forte odore mentre il processo rilascia l’ossigeno nell’acqua, che potrebbe causare la morte di alcuni pesci. In California, in un momento triste per la pandemia di COVID, questo innocuo fantastico spettacolo bioluminescente della stagione ha portato un po’ di luce e speranza per molte persone.

Centinaia di migliaia di tonnellate di microplastiche che navigano nell’oceano possono essere trasportate a terra dalla brezza marina. È questo il risultato di una nuova ricerca.

La microplastica ha invaso ogni angolo del pianeta e si riscontra in qualsiasi regione del mondo. Già precedenti studi hanno dimostrato che le microplastiche possono essere trasportate per lunghe distanze dal vento. Tracce di microplastiche sono state riscontrate nelle montagne dei Pirenei, contenute nel ghiaccio antartico e disseminate sulle spiagge di alcune delle isole più remote del mondo.

Prendendo in considerazione solo l’anno 2018, 359 milioni di tonnellate di plastica sono state prodotte in tutto il mondo. Il 10 percento di questa enorme quantità di microplastica è poi riversata nell’oceano per colpa dell’inquinamento dell’essere umano. Prima dei risultati di questo studio si credeva che le materie plastiche che navigavano nell’oceano rimanessero qui, trasportate dalle correnti e poi che si andassero a depositare sui fondali.

I ricercatori dell’Università di Strathclyde e dell’Osservatorio Midi-Pirenei hanno esaminato le ricerche precedenti, scoprendo che le microplastiche riescono ad arrivare fino agli angoli più remoti del mondo. Su come questo sia possibile è ancora oggetto di discussione.

Per scovare quali cause potrebbero contribuire alla diffusione globale delle microplastiche, il team ha quindi condotto uno studio per analizzare le microplastiche presenti negli spruzzi del mare lungo la costa atlantica sud-occidentale della Francia. Per una settimana, i ricercatori hanno usato dei filtri per catturare le gocce d’acqua provenienti dall’oceano, quindi le hanno analizzate per verificare la presenza di microplastiche. Sono state analizzate diverse direzioni e velocità del vento e anche la presenza di vari eventi meteorologici come una tempesta o nebbia.

I ricercatori hanno trovate prove che le microplastiche vengono espulse dagli spruzzi del mare e rilasciate nell’atmosfera e vengono trasportate sulla terra attraverso il vento. I campioni di microplastica raccolti sono stati davvero molti negli spruzzi del mare e i frammenti di plastica contenuti all’interno sono stati misurati fino a 5 micrometri di lunghezza e fino a 140 micrometri di larghezza

La brezza marina è sempre stata considerata “aria pulita” e libera da agenti inquinanti, ma questo studio mostra quantità sorprendenti di particelle di microplastica trasportate da essa. Sembra che alcune particelle di plastica potrebbero levarsi dal mare tramite la brezza ed entrare nell’atmosfera insieme a sale marino, batteri, virus e alghe.

I ricercatori concludono che se le microplastiche possono sfuggire all’oceano e “rimanere intrappolate attraverso lo scambio oceano-atmosferico”, bisogna approfondire questo processo per cercare di capire come limitarlo.

Quando si pensa a cosa bisognerebbe fare per salvare il pianeta, potrebbero venire alla mente azioni titaniche e impraticabili. Non è affatto così. Con semplici abitudini e attenzioni possiamo fare del bene al nostro pianeta e aiutarlo a conservarsi. Vediamole insieme.

Pianeta terra disegnato a pastello

Mangia pasti senza carne una volta alla settimana

La produzione di carne (particolarmente il manzo prodotto in allevamenti intensivi) richiede tantissime risorse naturali per una singola porzione. Sono necessari circa 840 litri di acqua dolce per produrre una singola porzione di carne. Non tutti siamo vegetariani e scegliamo di escludere la carne dai nostri pasti. Scegliendo però di eliminare pasti a base di carne almeno una volta a settimana, diamo una mano al nostro pianeta.

Usa batterie ricaricabili

In questo modo non solo risparmierai tanti soldi. L’acido corrosivo che si trova all’interno delle batterie causa notevoli problemi al sottosuolo e sono estremamente difficili da smaltire.

Diminuisci la luminosità del tuo monitor

Oltre a far del bene alla tua vista non usando una luminosità eccessiva, semplicemente abbassando la luminosità dal 100 al 70 %, puoi risparmiare il 20% di energia.

Compra vestiti di Secondamano

Se si pensa che produrre un solo chilogrammo di tessuto genera ventitré chilogrammi di gas serra, è una buona abitudine cercare di comprare vestiti usati. Spesso i vestiti alla moda vengono buttati quando non sono più in voga. Ma questo è uno spreco inaccettabile. Se compri in vestiti di negozi usati o vintage potresti dare un grosso supporto al pianeta.

Lava i vestiti in acqua più fredda

Le lavatrici standard utilizzano circa 40 litri di acqua per singolo carico. La prossima volta che fai il bucato, cerca di riempire la lavatrice a pieno carico e lava in acqua fredda. In questo modo puoi riuscire a risparmiare fino a 3.400 litri d’acqua all’anno. Cerca anche di asciugare all’aria aperta invece di usare una macchina asciugatrice.

Stacca dalle prese i tuoi dispositivi elettronici

Anche se non utilizzati i dispositivi elettronici collegati alle prese consumano comunque energia. Sono una moltitudine i nostri dispositivi collegati, come smartphone, pc, tablet. Con questa piccola accortezza andiamo a risparmiare tanta energia che andrebbe sprecata e contribuiamo a salvare il pianeta.

Attiva l’impostazione auto standby nei tuoi dispositivi

Molti dispositivi elettronici come computer, console e televisori hanno l’opzione di essere messi in standby dopo un certo periodo di inattività. Cerca di impostare sempre questo periodo al minimo disponibile in modo da non sprecare energia se non lo stai utilizzando.

Le famose spiagge dei Caraibi stanno perdendo la loro bellezza a causa del deflusso di fertilizzanti che alimenta un’esplosione di alghe. Un’ idea economica di trasformare questo materiale in biocarburante potrebbe rilanciare l’industria del turismo, fornire un carburante naturale, salvare alcune foreste pluviali dall’altra parte del mondo e contribuire alla diminuzione di plastica negli oceani.

Alghe sulla spiaggia

Esistono tanti biocarburanti che distruggono le foreste o aumentano la fame nel mondo che la loro reputazione è diventata pessima. Se teniamo in considerazione i carburanti ottenuti dall

e alghe, sia le macroalghe che la versione microscopica, non andiamo incontro a questi problemi e possiamo trovare un modo di far del bene al pianeta.

Il professore Mike Allen dell’Università di Exeter ha scoperto un metodo per la lavorazione delle alghe per facilitare la produzione di biocarburanti. Questa sua ricerca si trova nel Journal of Chemical Technology and Biotechnology. La tecnica potrebbe essere usate per produrre biocarburante dalle alghe, ma Allen vede la possibilità di risolvere contemporaneamente altri problemi ambientali. Allen ha scoperto una serie di catalizzatori che rilasciano gli zuccheri delle alghe, mentre il processo è ancora in corso.

Quando vengono aggiunti al lievito, gli zuccheri producono un sostituto dell’olio di palma. Quest’ultimo è stato oggetto di grandi dibattiti perché sta portando alla massiccia distruzione delle foreste. Le alghe rimanenti nella lavorazione possono essere trasformate in carburante e in un fertilizzante. In questo modo non si andrà ad alimentare il deflusso di alghe che affollano le spiagge caraibiche.

Fertilizzante in eccesso riversato sui fiumi e poi nei mari, sta alimentando la crescita delle alghe. Oltre a rappresentare un grande pericolo per le barriere coralline, questo porta ad un aumento delle alghe che si riversa sulle spiagge. La vista delle spiagge perde il suo appeal e anche nuotare in mezzo alle alghe non è certo piacevole. A questo si aggiunge il forte odore di marcio che arriva dopo l’alta marea. I Caraibi, che basa la sua economia sul turismo, sono particolarmente colpiti dalle alghe Sargassum che sono maleodoranti.

Sebbene non sia la soluzione intera al problema, il progetto compie notevoli passi in avanti e trasforma un problema ambientale in una risorsa. Cercando di riutilizzare quello che è presente nella natura può essere una valida soluzione al problema dell’inquinamento.

Lo YouTuber Mark Rober ha mostrato sul proprio canale un esperimento nel quale si vede come i germi possono diffondersi rapidamente senza che questo venga notato dall’essere umano.

Ha condotto il suo esperimento in un’aula piena di alunni di terza elementare. Cosa ha combinato? Per iniziare ha messo questa polvere chiamata Glo Germ sulle mani di uno studente e di un’insegnante.

Successivamente ha detto all’insegnante di stringere la mano a tre studenti a caso presenti nella sua classe. Dopo pranzo con l’aiuto della luci a raggi UV ha controllato quanti studenti sono rimasti “infettati” da questa polvere visibile solo tramite i raggi.

La luce ha rilevato che la polvere si era diffusa sul pavimento, sulle maniglie delle porte, sulle scrivanie, sui lavandini, sul telefono, sulle mani e sui volti degli altri bambini, anche si lavavano normalmente le mani come tutti i giorni.

La cosa folle è che i germi possono vivere su superfici solide come queste per un massimo di nove giorni“, ha detto lo youtuber. “E così si può vedere quanto sia importante disinfettare le cose che una persona malata tocca regolarmente“.

Anche le persone che dicono di essere attente all’igiene possono facilmente infettarsi. Un modo per diffondere rapidamente i germi è quello di toccare i telefoni cellulari.

Sappiamo quanto i giovani d’oggi siano sempre attaccati al cellulare. Ecco, lo schermo dello smartphone è un vero e proprio ricettacolo di germi.

Una delle migliori precauzioni per non rimanere infettati dal virus è quella di evitare di toccarsi il viso con le mani.

La luce UV ha dimostrato che non sono solo i bambini a toccarsi il viso. La loro insegnante aveva il viso, il naso e la fronte ricoperti della polvere Glo Germ. Anche lo youtuber ha provato a non toccarsi il viso dopo aver usato la polvere. Niente da fare. Dopo un’ora l’intero suo viso era ricoperto di polvere.

In media ci tocchiamo il viso 16 volte all’ora, motivo per cui è così importante lavarsi le mani“, ha detto Rober. “È impossibile rilevare un virus direttamente attraverso le tue mani …Il problema è che usiamo le nostre mani per aiutare il a diffondersi in maniera esponenziale

Un numero sempre maggiore di paesi sta ora monitorando e fornendo dati sulla resistenza agli antibiotici, contribuendo enormemente alla lotta globale contro la resistenza ai farmaci.

Ma i dati che abbiamo sono sconcertanti. Sempre più infezioni batteriche sono resistenti alle medicine ed è difficile curarle.

Man mano che raccogliamo più prove, vediamo con maggiore chiarezza e preoccupazione quanto velocemente stiamo perdendo farmaci antimicrobici di importanza fondamentale in tutto il mondo“, ha affermato il dott. Tedros Adhanom Ghebreyesus, direttore generale dell’Organizzazione mondiale della sanità (OMS). “Questi dati sottolineano l’importanza sia di proteggere gli antimicrobici che abbiamo sia di svilupparne di nuovi, per trattare efficacemente le infezioni, preservare i guadagni di salute realizzati nel secolo scorso e garantire un futuro sicuro“.

Dal rapporto GLO (Global Antimicrobial Resistance and Use Surveillance System) dell’OMS nel 2018, la partecipazione al programma è cresciuta di molto
In soli tre anni di esistenza, il sistema aggrega ora i dati di oltre 64.000 siti di sorveglianza che comprendono oltre 2 milioni di pazienti arruolati da 66 paesi in tutto il mondo.

Sempre più paesi stanno riportando i dati sull’indicatore recentemente approvato riguardo alla resistenza antimicrobica (AMR) come indicatore fondamentale per gli obbiettivi di sviluppo sostenibile.

Si stanno riscontrando alti tassi di resistenza tra gli antimicrobici usati frequentemente per trattare infezioni comuni, come infezioni del tratto urinario o alcune forme di diarrea.

Guardando per esempio la resistenza alla ciprofloxacina, un antimicrobico frequentemente usato per trattare le infezioni del tratto urinario, vediamo che il tasso di resistenza è passato dal 4% al 92,9% in 33 paesi che hanno fornito il dato.

L’OMS teme che la tendenza sarà ulteriormente in crescita. Molte persone usano antibiotici in maniera non corretta per curarsi durante l’epidemia di Covid in corso.

Le prove mostrano che solo una piccola parte dei pazienti con COVID-19 necessita di antibiotici per trattare le infezioni batteriche che insorgono. E l’Oms sconsiglia vivamente di usare antibiotici se non sono stati prescritti dal medico e vi è una reale necessità.

L’OMS rimane preoccupata dal calo degli investimenti (anche nel settore privato) e dalla mancanza di ricerca nello sviluppo di nuovi trattamenti antimicrobici.

Bisogna avere una nuova consapevolezza che uno sforzo economico deve essere fatto per ricercare nuovi farmaci e trattamenti perché questa resistenza sempre maggiori ai farmaci può rappresentare un vero pericolo per gli anni che verranno.

Uno studio dimostra che i cavalli possono scegliere la foto corretta dei loro amici umani, anche quelli che non vedevano da sei mesi.

Tutte le persone che hanno amato un cavallo sono concordi nell’affermare che l’amore e l’affinità con un cavallo è simile a quella con un cane. Come riporta una citazione di Herman Melville, “Nessun filosofo ci comprende così completamente come cani e cavalli“.

Quanto a fondo ci siamo addentrati nel conoscere l’intelligenza dei nostri amici cavalli?

Cavallo
Cavallo con le briglie

Già numerosi studi dimostrano che i cavalli riescono a riconoscere i loro simili grazie all’olfatto, alla vista e a segnali uditivi. Si è voluto ora approfondire questa loro capacità anche con l’essere umano.

L’etologa Léa Lansade, dell’Istituto nazionale di ricerca francese per l’agricoltura, l’alimentazione e l’ambiente, ha dato il via ad un progetto nel quale i cavalli sono stati addestrati su un “compito di discriminazione“.

I cavalli (tutte femmine) dovevano scegliere tra due foto sullo schermo di un computer. Dopo essere state addestrate, le cavalle dovevano riconoscere i volti delle loro padrone a fianco con volti di persone sconosciute.

Come si voleva dimostrare, le cavalle sono state in grado di identificare i volti dei loro guardiani il 75 percento delle volte, e questo indica un dato più che casuale.

Riuscivano anche ad identificare i volti dei loro padroni che non vedevano da più di sei mesi.

Complessivamente, questi risultati mostrano che i cavalli hanno avanzate capacità di riconoscimento del volto umano e una memoria a lungo termine di quei volti umani“, scrivono gli scienziati autori dello studio.

Altri studi hanno dimostrato che i cavalli possono ricordare compiti appresi due anni prima.

Nel frattempo, altre ricerche hanno scoperto che i cavalli potevano ricordare le interazioni che avevano avuto con gli esseri umani cinque mesi prima. Il grande risultato di quest’ultimo studio è stato però quello di dimostrare che i cavalli hanno particolare abilità a riconoscere anche il volto degli essere umani.

Quale è lo scopo di tutti questi studi? Più si riesce a capire come pensano gli animali, più siamo in grado di entrare in empatia con loro e comprenderli.

Così conclude l’autrice dello studio: ”i cavalli possono dimostrare sofisticate abilità socio-cognitive e sono sensibili ai sottili segnali comportamentali di soggetti umani per questo dovrebbe essere preso in considerazione nelle nostre interazioni quotidiane con questi animali. Sollevando nuove questioni etiche in relazione a come gestiamo il bestiame in generale“.

E pensare che fino a poco tempo fa si pensava che gli animali fossero privi di qualsiasi ragione e fossero poco più che macchine guidate dall’istinto.

Invece ora tutte le ricerche ci indicano come gli animali siano esseri senzienti ed intelligenti. Un motivo in più per amare e rispettare la meravigliosità della natura che ci circonda.

Per onorarla, proteggerla… e per stupirsi anche un pò.

Fonte: https://www.scientificamerican.com/podcast/episode/horses-recognize-pics-of-their-keepers/

Una rana carnivora dai colori sgargianti sta devastando la biodiversità nativa dell’Australia Meridionale, facendo razzia di tutte le prede che trova davanti al proprio percorso.

Un nuovo studio pubblicato sull’Australian Journal of Zoology descrive come l’anfibio si sia riprodotto creando una popolazione di circa 1000 rane affamate. Partendo da Streaky Bay sono state poi avvistate ovunque dalla penisola di Eyre all’aeroporto di Adelaide.

L’aspetto di questa rana è senz’altro singolare. Marrone con macchie verdi quando è in stato di riposo, si colora di macchie blu quando le sue gambe sono estese.

Originaria dell’Australia occidentale, la Litoria cyclorhyncha, si è diffusa con impressionante velocità attraverso il Nullarbor fino all’Australia meridionale.

Invasione di rane in Australia
Invasione di rane in Australia

Arrivano a frotte e devastano raccolti e l’ecosistema. Queste rane sono “una macchina da mangiare indiscriminata che divorerà qualsiasi cosa riesca a inserirsi in bocca“, secondo l’esperta di ecologia Christine Taylor.

Questo studio è il primo che va ad analizzare a fondo questa rana maculata nel suo territorio. Il risultato che emerge è che se non fermate e confinante dentro un particolare territorio, queste rane possono rappresentare un grave pericolo per l’ecosistema. Questa rana dalle cosce maculate potrebbe andare a compromettere tutta la filiera alimentare di uccelli, rettili e mammiferi.

Mentre si nutre di specie locali, sta influenzando l’ecosistema naturale, che può spostare o distruggere le reti alimentari locali, distruggendo le risorse di uccelli nativi, rettili e mammiferi e potenzialmente cambiare la biodiversità naturale“, ha affermato Taylor, la ricercatrice.

Lo studio ha visto i ricercatori analizzare il contenuto dello stomaco di 76 rane raccolte da tre habitat diversi.

Hanno scoperto che in media lo stomaco della rana contiene sei prede diverse, con una gamma di prede che comprende oltre 200 specie diverse. Di queste il 60% erano scarafaggi, ragni e insetti. Si è anche scoperto che le rane stavano mangiando gechi, topi e rane più piccole di loro.

Anche se una rana dai colori favolosi potrebbe non sembrare minacciosa, la famigerata introduzione di “rospi da canna” in Australia negli anni ’30 è stata un precedente straziante. Ha dimostrato gli effetti devastanti che possono accadere se questi anfibi non vengono controllati.

Le conseguenze dell’introduzione del rospo delle canne e della sua proliferazione invasiva si fanno ancora sentire ora. E sono passati quasi 100 anni e i danni che ha causato sono ancora reali e tangibili.

È importante sottolineare che, se vedi una di queste creature durante i tuoi viaggi, lasciala stare. Non vogliamo che faccia l’autostop“, afferma preoccupata la biologa.

Sanificare, pulire, igienizzare o disinfettare? Che confusione… come fare ad essere sicuri di cosa vogliono dire queste parole nello specifico? Molti pensano che siano sinonimi, ma non è così, e usare l’approccio sbagliato può essere pericoloso.

In questo articolo ti insegno come distinguere tra queste attività secondo la normativa corrente.

SANIFICARE

Si parla di sanificazione quando si stratta dell’intervento totale per rendere sano un ambiente. Abbiamo comprese quindi le fasi pulizia, igienizzazione e/o disinfezione. In questo processo andiamo incontro anche ad un miglioramento delle condizioni ambientali. Abbiamo uno scenario con una migliore ventilazione, areazione e microclima.

Con la sanificazione abbiamo quindi sia le attività di pulizia ordinaria con acqua e detergenti seguita poi da un trattamento di decontaminazione con igienizzazione o disinfezione.

La sanificazione è utile se si vogliono decontaminare interi ambienti ed essere sicuri che agenti patogeni e batteri vengano eliminati completamente.

Per attuarla servono attrezzature specifiche per spargere i principi attivi e il personale che la compie deve avere competenze professionali.

Può anche essere svolta da operatori non professionali, dove però l’attività è compiuta in area e ambienti circoscritti

Con la sanificazione abbiamo una riduzione dei germi e degli agenti patogeni nell’immediato, ma la sua efficacia non dura troppo a lungo. Per una corretta pulizia degli ambienti gli interventi di pulizia e igienizzazione devono essere frequenti con una particolare attenzione a quelli che si vanno a contaminare più spesso.

PULIRE

Parliamo di pulizia quando eseguiamo la rimozione di polvere, residui, sporcizia presente sulle superfici. È un attività effettuata con detergenti e mezzi meccanici e permette anche la rimozione di contaminanti patogeni

IGIENIZZARE

La igienizzazione avviene quando la pulizia si realizza più a fondo con sostanze che rimuovono o riducono gli agenti patogeni su oggetti e superfici. Le sostanze igienizzanti (es. ipoclorito di sodio o candeggina) sono efficaci nello sconfiggere gli agenti patogeni. Il ministero della salute non le considera però disinfettanti in quanto non classificate come presidi medico chirurgici. Un buon detergente igienizzante naturale lo trovi qui!

DISINFETTARE

Passando alla disinfezione abbiamo il processo che tramite sostanze disinfettanti riduce la presenza di agenti patogeni andando a diminuirli in maniera significativa, ma non a eliminarli del tutto. Se sconfitti del tutto si parlerebbe di sterilizzazione. Puoi trovare utile un altro articolo sulla disinfezione della casa.

Se si vuole andare ad approfondire in maniera dettagliata la normativa e capire ulteriori differenze tra sanificare, disinfettare e igienizzare, si consiglia di andare a studiare il seguente decreto legge:
DECRETO MINISTERIALE 7 luglio 1997, n. 274Regolamento di attuazione degli articoli 1 e 4 della legge 25 gennaio 1994, n. 82, per la disciplina delle attivita’ di pulizia, di disinfezione, di disinfestazione, di derattizzazione e di sanificazione“.

19Capita sempre più spesso di vedere molte persone che in villeggiatura o in campeggio si lavano con shampoo e altri saponi direttamente in acqua. Anche se l’etichetta sul prodotto dice biodegradabile, non va assolutamente bene lo stesso. Si sta compiendo un’azione che danneggia il nostro pianeta e il suo ecosistema.

Un cosiddetto detergente per il corpo ecologico, anche se contiene meno sostanze chimiche nocive rispetto a un marchio convenzionale, non è assolutamente compatibile per essere versato dentro un corso d’acqua. Che sia un fiume, un lago, un torrente o un mare, non fa la differenza. Stiamo compiendo un’azione che sta danneggiando la purezza delle nostre acque.

Cerchiamo di capire il perché

Il tensioattivo nei saponi (il componente comune a qualsiasi prodotto pulente responsabile dello scioglimento dello sporco) compromette la tensione superficiale dell’acqua, qualcosa che magari sfugge all’occhio umano, ma è fondamentale per tutti gli essere viventi che abitano lì dentro.

Una tensione superficiale più bassa va a diminuire il livello di ossigeno nell’acqua, causando danni ai pesci e ad altri animali acquatici. I tensioattivi che sono presenti nei saponi sono tossici per la vita degli abitanti delle acque in particolare i piccoli invertebrati.

Una gioranta al lago

Parliamo ora del fosforo. Il fosforo ha la fama di essere un elemento dannoso per le acque. Il fosforo nel sapone nutre le alghe e le fa crescere in maniera esponenziale. Questo accade perché il fosforo va ad innalzare il livello di azoto nelle acque e porta alla crescita algosa.

Sempre più persone si accampano in riva a fiumi e laghi e non sarà certo il lavarsi di una singola persona a rovinare l’ambiente. Se però questo è compiuto da centinaia di persone capiamo come questo comprometta il nostro pianeta.

Qual è il comportamento corretto e virtuoso da seguire allora?

Bisogna insaponarsi almeno 61 metri dalla riva. Riempi un secchio d’acqua e usalo per lavarvi a distanza dalla riva. Scavate poi una buca da 6 a 9 pollici di profondità in modo da smaltire il sapone e l’acqua di risciacquo. In questo modo i batteri nel terreno aiutano la corretta biodegradazione del sapone.

Anche i deodoranti, i profumi e il trucco danneggiano l’ambiente se dispersi nell’acqua. Quando andiamo a fare il bagno nel nostro lago preferito ricordiamoci di sciacquarsi a distanza prima di fare una bella nuotata.

Le autorità delle Hawaii hanno segnalato che la loro barriera corallina è stata distrutta da tutti i nuotatori che si immergevano in acqua con creme solari. Pensa al pianeta e fai la giusta scelta ecosostenibile.21

Con la diffusione del coronavirus in tutto il mondo, le organizzazioni sanitarie allertano le persone a proteggersi dal virus mettendo in atto le dovute precazioni. Una delle prassi più comune da seguire e soprattutto utile è quella di lavarsi frequentemente le mani e in maniera corretta.

Come dimostra questo video, divenuto subito virale, c’è un’ampia differenza tra lavarsi le mani e farlo nella maniera che ci può aiutare a prevenire il virus.

https://twitter.com/SinghLions/status/1240686550939136003?s=20

Nel video si vede una persona che indossa un paio di guanti bianchi usa e getta e usando una piccola quantità di vernice nera sul palmo delle mani si sfrega le mani iniziando a lavarsele.

La persona incomincia strofinandosi i palmi delle mani, quindi tra le dita, torcendole e strofinandole, passando poi al pollice, di nuovo sui palmi e fino ai polsi.

Alla fine del video si vede come tutti i guanti siano ricoperti di vernice nera. Questo indica che nel lavarsi le mani ha seguito tutte le procedure corrette come indicato dall’organizzazione mondiale della sanità e le altre autorità competenti.

Il post di Twitter da quando è stato postato ha raccolto oltre 159.000 Mi piace e migliaia di commenti che si dicono soddisfatti e sopresi dell’esperimento.
Ho adorato questo video. Visual storytelling e buone informazioni. Grazie“, ha scritto un utente.

Un altro utente riporta: “Grazie per averlo fatto. Davvero utile

Secondo le istruzioni ufficiali delle autorità è consigliato lavarsi le mani per almeno 20 secondi o per il tempo necessario per cantare “tanti auguri”!

La procedura corretta prevede di bagnarsi abbondantemente le mani prima di iniziare a strofinarle tra di loro.

Se ce le stiamo lavando in maniera corretta dovremmo usare una mano per strofinare la parte posteriore dell’altra, sfregare tra di loro le dita e infine strofinare la parte posteriore delle dita contro i palmi delle mani.

Strofina poi il pollice con l’altra mano e passa la punta delle dita sul palmo dell’altra mano prima di passarla sotto l’acqua, asciuga completamente le mani e chiudi il rubinetto con un panno o un asciugamano monouso.

Le Autorità sanitarie consigliano di lavarsi le mani dopo essere andati in bagno, prima e dopo aver maneggiato cibi crudi, prima di mangiare o toccare alimenti e dopo essersi soffiati il naso, starnutito o tossito.

Questo video ci fa capire l’importanza del lavarsi correttamente le mani e di procedure che tutti dovremmo seguire se vogliamo fare prevenzione e aiutare tutta la comunità.

Non seguendo questi passaggi diventa difficile eliminare correttamente i batteri e non è un caso se è lo stesso metodo adottato dai chirurghi prima di entrare in sala operatoria!

Ti annoi a ricordare tutti i passaggi? Spesso può capitare, spesso se hai bambini piccoli che si annoiano a stare più di 20 secondi con le mani sotto l’acqua.

Per questo Verdevero ha creato il ballo del sapone: la filastrocca per lavarsi le mani da seguire passo passo:

Un atto semplice e comune come quello del lavarsi le mani sta assumendo tutt’un altro significato alla luce di quello che sta accadendo. Con la diffusione sempre maggiore e devastante del coronavirus, ogni persona sta rivalutando questo gesto e su come correttamente deve essere svolto. Anche leader mondiali e persone famose sono venute alla ribalta per ribadire l’importanza del lavarsi correttamente le mani.

Per citarne alcuni, abbiamo Boris Johnson che ha dichiarato alla stampa di dover cantare “happy birthday” mentre ci si lava le mani o il leader del gruppo rock the killers Brandon Flowers che piangendo davanti allo specchio si insapona le mani cantando la sua hit “Mr Brightside”.

Anche nella comunità scientifica ci si sta sorprendendo su come quello che si stava studiando nel passato sta tornando tragicamente alla ribalta.

Per Nancy Tomes, illustre professore di storia della Stony Brook University, New York, sembra di essere tornati all’inizio del 900 quando le malattie infettive come la tubercolosi e la influenza spagnola erano le prime cause di morte nel mondo.

I rituali religiosi di lavaggio delle mani si svolgono da migliaia di anni nelle culture islamica, ebraica e di altro genere, ma l’evidenza medica che le malattie possono trasmettersi attraverso il contatto con le mani ha circa 130 anni.

Una tragica storia dietro la scoperta dell’importanza del lavarsi le mani

La prima scoperta shock di come lavarsi le mani può aiutare a prevenire le malattie avvenne 50 anni prima, nel 1848, con uno shock enorme e sgradito.
Il medico ungherese Ignaz Semmelweis notò che molte madri morivano per un’alta febbre mentre era in ospedale in attesa di partorire. Ordinò allora ai medici di lavarsi attentamente le mani in una soluzione di cloro prima di entrare nel reparto e il tasso di mortalità delle mamme calò drasticamente.

Nel 1857 Louis Pasteur, famoso per la pastorizzazione, evidenziò i patogeni e come ucciderli con il calore. Nel 1876, lo scienziato tedesco Robert Koch scoprì il bacillo di antrace e ciò fece scoprire successivamente colera, tubercolosi, difterite e bacilli tifoidi.

La combinazione di campagne sanitarie pubbliche e lo sviluppo di vaccini e antibiotici all’inizio del XX secolo ha visto crollare i tassi di mortalità per malattie batteriche.

Nel 1970 con la maggiore diffusione di malattie sessualmente trasmissibili e nel 1980 con la diffusione dell’HIV, l’opinione pubblica si è sempre più orientata verso una maggiore consapevolezza dell’importanza dell’igiene nei luoghi pubblici e ospedali.

Come visto, nella storia si sono sempre susseguiti vari ondate di malattie batteriche e virali ma il lavarsi le mani correttamente e prestare particolare attenzione all’igiene nei luoghi pubblici ha sempre aiutato a prevenire la diffusione di queste malattie infettive.

Ecco un’immagine tratta dal ministero della salute che insegna i giusti passaggi per lavarsi le mani:

Lavare correttamente le mani
Indicazioni del Ministero della Salute su come lavarsi le manii

 

Come lavarsi le mani – Linee guida del Ministero della Salute

Non seguendo questi passaggi diventa difficile eliminare correttamente i batteri e non è un caso se è lo stesso metodo adottato dai chirurghi prima di entrare in sala operatoria!

Ti annoi a ricordare tutti i passaggi? Spesso può capitare se hai bambini piccoli che si annoiano a stare più di 20 secondi con le mani sotto l’acqua.

Per questo Verdevero ha creato il ballo del sapone: la filastrocca per lavarsi le mani da seguire passo passo:

 

Altra insidia per il nostro già tormentato pianeta

Se la pandemia di Covid-19 potrebbe aver dato al pianeta un respiro temporaneo per quanto riguarda l’inquinamento atmosferico e l’emissione di gas serra, si sta sviluppando un nuovo problema. La diffusione massiccia di mascherina e guanti in lattici su spiagge e nelle fogne.

Sempre più organizzazioni stanno esprimendo preoccupazione per il fatto che oceani, fiumi e fognature stanno diventando sempre più sommersi da mascherine usa e getta, guanti in lattice, flaconi di disinfettante per le mani e altri articoli per proteggersi dal virus.

Il problema è che tutti questi dispositivi di protezione individuale non sono facilmente riciclabili e stanno arrecando gravi danni al nostro pianeta, già enormemente martoriato.

Come documenta Opération Mer Propre, gruppo francese per la conservazione degli oceani, si notano sempre di più i fondali degli oceani pieni di guanti e mascherine che vengono buttati in mare senza pensare alle pesanti conseguenze che questo potrebbe arrecare al pianeta.

Questa sono le prime maschere usa e getta ad arrivare nel Mediterraneo“, ha scritto il gruppo dopo un’operazione di pulizia del 23 maggio. “È solo l’inizio e se non cambia nulla diventerà un vero disastro ecologico e forse anche per la salute“.

Donna in guanti protettivi e maschera all’interno del suo ufficio

Non è un problema che tocca solo l’Europa. Numerose autorità cittadine negli Stati Uniti hanno anche riferito che le fognature e le stazioni di pompaggio delle acque piovane sono al collasso, piene di mascherine e guanti in lattice che la popolazione scarica nelle tubature.

Anche se non abbiamo ancora ancora dati sulla portata del problema, l’Associated Press americana ha contattato 15 autorità cittadine negli Stati Uniti. E ognuna di loro ha contestato di aver avuto un numero significativamente maggiore di ostruzioni nelle fognature e problemi di drenaggio dall’inizio della pandemia.

Per far fronte a questo problema di inquinamento, la US Environmental Protection Agency ha rilasciato una dichiarazione in cui dice ai cittadini di smaltire correttamente i DPI. Si consiglia di non mettere salviette disinfettanti usate, guanti, maschere e altri rifiuti medici nei contenitori per il riciclaggio. Questi dispositivi di protezione sono ricchi di agenti patogeni e pericolosi per la salute. Ed inoltre contribuiscono alla diffusione del virus.

Numerose organizzazioni di riciclaggio hanno incitato le persone a smaltire in maniera sicura e corretta maschere e guanti scartati mettendoli nei rifiuti generali. Questa pandemia di coronavirus deve portare una nuova consapevolezza e attenzione anche nel riciclaggio corretto dei rifiuti.

Vuoi aiutare l’ambiente?

 

Fabbisogno giornaliero di steroli vegetali

Assumere un quantitativo sufficiente di steroli vegetali aiuta a tenere a bada il colesterolo e bisogna condurre una dieta equilibrata per avere la certezza che siano abbastanza.

Ma cosa sono esattamente gli steroli vegetali? Scopriamo nel dettaglio l’importanza che hanno questi lipidi nel nostro organismo.

Cosa sono gli steroli vegetali

Si tratta di lipidi di origine vegetale che si trovano in modo particolare nella frutta secca, negli oli vegetali e in quantità minime anche nella verdura e nella frutta fresca.

La loro caratteristica è di avere delle proprietà ipocolesterolemizzanti, ovvero di abbassare il colesterolo alto, riconosciute oramai da diverso tempo. Considerati i nemici naturali del colesterolo, agiscono nell’intestino favorendone la riduzione naturalmente.

Gli steroli vegetali si trovano nei cibi, tuttavia l’organismo ne assorbe ben pochi e per questo sono in molti a consumare bevande come Danacol per garantire all’organismo la scorta sufficiente a combattere il colesterolo alto.

Come funzionano gli steroli vegetali

La composizione chimica degli steroli vegetali somiglia a quella del colesterolo e proprio per questo motivo fanno loro concorrenza e ne limitano l’assorbimento a livello intestinale.

Un’altra importanza funzione di questi lipidi è quella di rendere più facile l’eliminazione del colesterolo dalle cellule intestinali, infatti viene rimosso tramite le feci.

La riduzione della quantità di colesterolo LDL è dovuta dunque al suo minore assorbimento e all’alterazione degli enzimi interessati nel suo metabolismo e nella sua attività di escrezione. L’azione degli steroli vegetali comporta una maggiore protezione dal rischio di sviluppare malattie cardiovascolari come infarti, ictus o arteriosclerosi.

Qual è il fabbisogno quotidiano di fitosteroli

Diversi studi scientifici hanno permesso di dimostrare l’azione anti-colesterolo degli steroli vegetali. Una ricerca italiana ha eseguito studi specifici su 116 persone con colesterolo alto trattati con 1,6 grammi di steroli vegetali da assumere per 6 settimane una volta al giorno, a pranzo oppure a cena.

Le reazioni dei pazienti sotto analisi sono state positive: già dalla terza settimana dall’assunzione dei lipidi gli studiosi hanno constatato che i livelli di colesterolo LDL era scesi circa del 10%. La riduzione è rimasta stabile anche molto tempo dopo la fine della terapia.

Lo studio ha dunque confermato la validità dei fitosteroli e soprattutto il fatto che se assunti aiutano a ridurre il colesterolo alto. Altri studi in merito hanno prodotto risultati altrettanto positivi, con la differenza di piccolissime percentuali di steroli usati nello studio.

La comunità scientifica ha perciò riconosciuto il fabbisogno quotidiano di steroli vegetali è di due grammi. Per favorire l’abbassamento del colesterolo LDL basta assumere questo quantitativo per tre settimane sotto forma di prodotti come Danacol e si ottiene una diminuzione dell’8-10% del colesterolo cattivo.

Dieta sana ed equilibrata per assumere steroli vegetali

Associare una dieta sana ed equilibrata ai prodotti arricchiti con steroli vegetali è fondamentale per tenere sotto controllo i livelli di colesterolo.

Un’alimentazione ricca di frutta e verdura assicura l’apporto corretto di fibre e sali minerali e soprattutto tiene lontano i grassi di origine animale. Mangiare cibi che forniscono naturalmente questi lipidi favorisce una buona salute e meno rischi per il cuore.

Il caffè è una bevanda che non manca mai nelle case degli italiani, da nord a sud ogni famiglia degusta il suo caffè preferito. Una tazza di caffè lungo o ristretto, dolce, amaro o con senza il latte, non importa. Ciò che importa è che accompagni dalla mattina appena svegli le nostre giornate.

Non c’è niente di peggio però quando il nostro caffè si rovescia sul divano o sui nostri vestiti, macchiando i tessuti e le nostre giornate indaffarate!

Pulire e rimuovere completamente una macchia di caffè è un’operazione relativamente semplice se sai come fare. Noi di Verdevero in questo articolo ti consigliamo dei pratici rimedi naturali per togliere le macchie di caffè che esse siano presenti su un capo di cotone o sui jeans, sul tappeto o sul materasso!

Scopriamo insieme le tecniche più efficaci!

Macchie di caffè sul tappeto

Il tappeto vicino al divano dove consumi il caffè è facile che prima o poi diventi bersaglio di una tazzina di caffè caduta accidentalmente.

Quando la macchia è ancora fresca puoi utilizzare un panno in microfibra Verdevero inumidito con un po’ di acqua calda. L’importante è tamponare delicatamente la macchia senza strofinare. Se si agisce rapidamente è possibile eliminare la macchia senza aggiungere altro.

Se al contrario, le macchie sono ormai secche puoi provare mescolando in un bicchiere d’acqua un cucchiaino di aceto bianco e un po’ il sapone liquido per piatti ecologico. Una volta ottenuto il composto puoi rimuovere la macchia con l’ausilio di una Macchie di caffè sui jeans o indumenti in cotone

Macchie di caffè sui jeans o indumenti in cotone

Per rimuovere la macchia di caffè sui jeans, quando questa è ancora fresca, puoi agire preparando un composto con un cucchiaio di aceto bianco unito ad un bicchiere di acqua fredda. Dopo di che applicare la soluzione sulla macchia, sfregando delicatamente con una spugna Evosponge o con un panno.

Quando invece la macchia è particolarmente grande e sedimentata nel tessuto puoi utilizzare il bicarbonato pulente VERDEVERO. Ti basterà un solo cucchiaio da cospargere su un panno multiuso VERDEVERO pulito e bagnato. Strofina delicatamente il panno sulla macchia fin quando non scompare dai tuoi jeans.

Se la macchia persiste dopo aver utilizzato il metodo appena descritto, puoi procedere con un normale lavaggio in lavatrice per avere praticamente la certezza di risolvere il problema.

Macchie di caffè sui pavimenti o mobili in legno

Se la macchia di caffè è ancora fresca verrà via facilmente con un panno multiuso VERDEVERO e un po’ di acqua calda dalla superficie in legno.

Quando invece la macchia è presente già da qualche giorno o più ti consiglio di versare un cucchiaino di aceto sulla macchia e lasciarlo riposare per alcuni minuti. In questo modo i residui di caffè si sciolgono ed eliminarli con un po’ di carta assorbente non è mai stato così facile.

Macchie di caffè sul materasso

Il materasso è un altro punto nevralgico particolarmente attratto dal caffè, soprattutto la domenica mattina quando decidi di consumare una colazione a letto. Per eliminare la macchia di caffè il consiglio è quello di agire velocemente.

A causa dello spessore del materasso, una volta che l’alone penetra in profondità sarà difficile rimuoverlo. Per risolvere il problema puoi provare una soluzione composta da acqua calda, 2 cucchiai grattugiati del nostro sapone naturale Smacchietta, due cucchiai di bicarbonato VERDEVERO e un bicchiere di aceto bianco.

Dopo aver mescolato il tutto applica il composto sulla macchia lasciandolo agire per circa un quarto d’ora aiutandosi con un panno multiuso VERDEVERO.

Questi metodi sono al 100% naturali e permettono di eliminare ogni macchia di caffè che sia fresca o secca. Sul web si legge che anche la candeggina essere un rimedio efficace se applicata direttamente sulla macchia, soprattutto quando si tratti di tessuti di colore bianco come può essere una tovaglia.

Noi di Verdevero tuttavia, sconsigliamo l’uso di prodotti quali la candeggina o smacchiatori chimici, piuttosto perché non provi il nostro metodo per ottenere la candeggina ecologica fatta in casa? Leggi l’articolo dedicato e scopri come creare un’alternativa 100% green.

 

 

L’articolo è stato utile? Per qualsiasi necessità e supporto puoi visitare la nostra pagina dedicata all’assistenza https://www.verdevero.it/assistenza/

Vuoi diventare un membro VIP della tribù VERDEVERO e ottenere sconti, privilegi e offerte speciali? Visita la sezione dedicata al programma: https://www.verdevero.it/tribu-di-verdevero-come-diventare-un-membro-vip/

Oppure contattaci
Scrivendo una mail a: [email protected]
Oppure in chat su messenger:
https://m.me/verdevero.it

Il tema del benessere ambientale può essere affrontato rispetto alla qualità degli edifici o alla salute delle persone. 

Nel primo caso l’edilizia sostenibile risolve questioni importanti, legate alle emissioni di inquinanti da parte dei materiali da costruzione. 

Una parte dell’inquinamento indoor, però, dipende dalle attività che si svolgono durante la vita dell’edificio, pertanto gli sforzi profusi in fase di progettazione e realizzazione dell’immobile possono essere vanificati nel tempo. 

Per affrontare il tema dell’inquinamento indoor, è utile avere una visione dinamica del livello di concentrazione delle singole sostanze nel tempo, per comprenderne l’andamento e le cause (uso di sostanze specifiche, svolgimento di attività, abitudini di ventilazione). 

Quando si ha una maggiore consapevolezza sulla qualità ambientale indoor, si può promuovere concretamente una cultura della salubrità, e individuare buone pratiche e soluzioni comportamentali, che migliorino la qualità ambientale e il benessere degli occupanti. 

Poichè non si può gestire e non si può migliorare ciò che non si può misurare, l’azienda Nuvap ha sviluppato una piattaforma per il monitoraggio dell’inquinamento indoor, che tiene conto di 26 parametri ambientali, compresi molti inquinanti chimici e fisici come il gas radon, le emissioni elettromagnetiche e la formaldeide.  

Queste soluzioni si possono installare nei luoghi di studio, di vita, di cura e di divertimento.

Sulla scorta delle esperienze in campo, l’azienda ha elaborato un decalogo di buone pratiche anche per gli ambienti domestici:

  1. Aumentare la ventilazione nell’ambiente (naturale o meccanica).
  2. Utilizzare vernici a base di acqua.
  3. Ridurre al minimo l’uso di materiali contenenti COV (cosmetici, deodoranti, materiali di pulizia, colle, adesivi, solventi, vernici ).
  4. Chiudere bene i flaconi dei prodotti per la pulizia e la manutenzione, e riporli in armadi ben chiusi e lontani dalle scorte alimentari. 
  5. Preferire detergenti ecologici. 
  6. Ridurre e o eliminare tutto ciò che è ricettacolo di polvere.
  7. Posizionare le stampanti in luoghi areati, lontano dalle camere da letto.
  8. Manutenere adeguatamente gli impianti di riscaldamento, ventilazione e condizionamento, seguendo scrupolosamente le indicazioni dei produttori.
  9. Utilizzare la cappa aspirante e i coperchi durante la cottura dei cibi.
  10. Evitare di fumare.

In questo video realizzato da una nota azienda produttrice di finestre si fa riferimento alla indoor generation per definire la generazione che passa la maggior parte del suo tempo all’interno di case e luoghi inquinati:

Di questi temi si parlerà  al convegno “Sensibilità e comfort abitativo” che si terrà ad Aosta il 9 Novembre.

Visita l’evento: https://arconvegni.com/sensibilitaecomfortabitativo

L’attenzione e la sensibilità nei confronti dell’ambiente sono cresciute molto negli ultimi anni, anche alla luce del cambiamento climatico e dei suoi effetti ogni giorno più tangibili, ed è diventato sempre più impellente conoscere le diverse possibilità che ci vengono offerte per ridurre il nostro impatto sull’ecosistema, partendo ad esempio dal benessere in casa, migliorando l’efficienza energetica della nostra casa. 

In quest’ottica si stanno diffondendo sempre più le costruzioni sostenibili, che sono state realizzate con tecniche innovative che permettono di ridurre gli sprechi a tutto tondo. 

Negli ultimi decenni sono state però messe a punto soluzioni per rendere anche gli edifici già esistenti sempre più eco-friendly  dal punto di vista energetico, assicurando di conseguenza una migliore qualità della vita ed una consistente riduzione dei costi in bolletta. 

Inoltre, per chi svolge questi interventi c’è la possibilità di beneficiare di importanti incentivi e detrazioni fiscali, che rendono queste soluzioni ulteriormente vantaggiose.

Tra le tante soluzioni che si possono adottare al fine di avere una casa ecologica e salubre ce n’è indubbiamente una molto efficace, ma talvolta ancora poco conosciuta: l’insufflaggio. 

Questa tecnica consiste nel riempire le intercapedini con specifici materiali isolanti al fine di ridurre la dispersione termica e di conseguenza anche consumi e costi. In particolare, grazie a questo processo, si possono ottenere diversi benefici quali ad esempio un risparmio di energia nell’immediato e l’eliminazione delle dispersioni termiche, con un conseguente miglioramento anche del comfort all’interno dell’abitazione.

L’insufflaggio è una tecnica semplice e di rapida esecuzione che può essere applicata sia nelle intercapedini delle pareti che nei sottotetti e permette, oltre ai vantaggi già citati, di godere anche di un isolamento acustico. 

In particolare, è indicato per le case che presentano muri perimetrali con la cassa vuota, ovvero con una camera d’aria non isolata al loro interno, costruite di solito prima della metà degli anni ’70.

Tale intervento può essere effettuato anche per isolare i sottotetti non abitabili con superfici discontinue occupate da travi di sostegno. 

Per effettuare questo tipo di intervento possono essere utilizzati diversi tipi di materiali isolanti tra cui la cellulosa e la fibra di vetro, che sono attualmente fra i migliori in commercio.

L’insufflaggio con cellulosa è rispettoso dell’ambiente in quanto per produrla viene utilizzata carta riciclata e viene utilizzata una minore quantità di energia per produrla rispetto ad altre soluzioni. Un altro grande pregio di questo materiale è quello di riequilibrare il tasso di umidità degli ambienti grazie alle sue capacità traspiranti. Questo consente di liberare le pareti da condense e muffe assicurando un ottimo comfort in casa dal punto di vista termico e acustico. 

L’insufflaggio con fibra di vetro a sua volta si caratterizza per una lunga durata nel tempo oltre che per la facilità e la velocità di posa. La fibra di vetro inoltre è un isolante minerale che viene prodotto con vetro riciclato e senza l’uso di resina termoindurente. Questa soluzione, oltre che garantire un ottimo isolamento termoacustico, è fruibile anche in condizioni di difficile accesso e assicura una bassa generazione di polvere durante le operazioni di insufflaggio.

Le dispersioni di energia nella nostra casa si possono ridurre drasticamente, oltre che con l’insufflaggio, anche con altre tecniche innovative, quali ad esempio la ventilazione meccanica controllata. Questa soluzione permette di mantenere l’aria della casa costantemente pulita grazie ad un sistema continuo di ricambio dell’aria. Questo sistema estrae l’aria da bagno e cucina e ne immette di nuova nelle camere da letto e in soggiorno, garantendo una migliore qualità e salubrità dell’aria senza la necessità di aprire le finestre. 

Oltre a garantire un ottimo comfort, questa soluzione permette di contenere le dispersioni energetiche rispetto alla classica apertura delle finestre per l’aerazione dei locali, consentendo di raggiungere il massimo risparmio durante il periodo invernale. 

Altri importanti vantaggi dati dalla ventilazione meccanica controllata sono poi la limitazione degli inquinanti domestici e la riduzione della condensa sui muri, soprattutto in inverno, consentendo di evitare lo sgradevole problema delle muffe. Queste ultime, oltre ad essere un problema estetico, sono molto dannose per la salute in quanto le spore della muffa possono provocare allergie e la loro completa eliminazione non può che essere positiva, per il benessere di tutta la famiglia.

Per effettuare questi interventi in modo efficace e totalmente sicuro è sempre bene affidarsi a persone di fiducia, che abbiano una profonda esperienza in merito. 

Soluzioni Eco Creative, un’azienda piemontese che da anni si occupa di insufflaggio e ventilazione meccanica controllata, è nata proprio con l’intento di rendere le case sempre più ecosostenibili e amiche dell’ambiente. Per questo ogni giorno accompagna le persone in ogni fase del processo di efficientamento energetico della loro casa, dalla scelta dei materiali isolanti più indicati per ridurre la dispersione termica alle fasi di presentazione delle pratiche burocratiche volte all’ottenimento delle detrazioni fiscali. 

Perché una casa più ecologica è un gesto d’amore per il Pianeta e per la propria famiglia.

Rendere la propria casa ecologica e libera da muffe è il primo passo da fare per vivere meglio e ridurre il proprio impatto sull’ambiente, nel pieno rispetto di ciò che ci circonda.

Sono sempre più gli italiani che desiderano e cercano il benessere in casa, vivere in un ambiente naturale, sano.

A questo si aggiunge certamente l’esigenza di risparmiare sulle bollette: è quello che succede in molte famiglie, dove la spesa energetica per luce e riscaldamento sono sempre più care, e nonostante questo, non si riesce a generare comportamenti virtuosi per risparmiare energia, mantenendo un comfort accettabile, spendere meno e salvare il nostro pianeta che chiede sempre più aiuto.

Una soluzione per generare definitivamente comportamenti che rispecchiano la propria quotidianità, che modellano il proprio stile di vita e danno comfort e risparmio in bolletta allo stesso momento, e’ sempre più la casa intelligente, da fare in pochi click, alla portata di tutti.

Ecco, allora, la SMARTHOME. 

Una casa intelligente, per progettare la quale esiste un sistema che si chiama Home4You.

Ovvero i 4 pilastri per il benessere in casa nella tua SMARTHOME, un ambiente sano e naturale.  Quando siamo in una casa calda, comoda e confortevole fatta per stare con le persone che amiamo, siamo felici. 

In cosa consiste il metodo Home4You e quali sono i 4 pilastri della progettazione?

INVOLUCRO 

In fase di progettazione, dobbiamo definire con il cliente la forma della sua casa e quindi il rapporto S/V, cioè il rapporto tra la superficie disperdente e il volume riscaldato. Più semplice è la forma della casa e meno isolante ci vorrà per renderla efficiente. Poi si passa al tipo di isolamento e ai serramenti che permettono alla luce di entrare in casa.

ARIA 

L’aria è l’elemento principale della nostra casa e deve essere continuamente ricambiata. Ma quanto deve essere ricambiata? La normativa ci dice che deve essere garantito un ricambio di aria di almeno 0,3-0,5 vol/h attraverso due sistemi: Naturale o Meccanico.

In entrambe i casi devono essere garantita la qualità dell’aria che respiriamo.

ENERGIA 

Naturalmente dobbiamo produrre l’energia da da fonti rinnovabili. Il sistema Edificio- Impianto sarà poi progettato per ridurre al minimo i consumi. Pensa che un’abitazione in classe G (poco isolata e vecchia) consuma oltre i 200 kWh/ m2a mentre i consumi di un edificio passivo si stimano al di sotto di 10 kWh/m2a e basta una VMC per garantire il benessere.

GESTIONE SMART

Una volta che abbiamo progettato una SmartHome, dobbiamo gestirla e per questo ci sono sistemi intelligenti per connettere i vari dispositivi di casa e programmarli attraverso la matrice dei comportamenti, per far diventare la casa la TUA casa personalizzata, che fa quello che vuoi tu, quando vuoi tu.

La fase progettuale passa da un’analisi finanziaria delle scelte progettuali, questo è lo standard Home4You, con lo sfruttamento delle detrazioni fiscali, studiate per ogni caso specifico.

L’ideatore del progetto e’ Andrea Rotta, Ingegnere e autore dei libri SMARTHOME e ARIA PULITA, che da più di vent’anni progetta il risparmio energetico nelle abitazioni ed è specializzato in SMARTHOME, le CASE INTELLIGENTI, ovvero le case a basso consumo energetico dove l’aria all’interno è più sana, pulita e salubre e le bollette del gas sono a zero.

Puoi approfondire alcuni dettagli sul sito www.andrearotta.com

Per passione e per lavoro mi ritrovo ogni giorno a farmi domande molto scomode:

  • Le ecodosi, sono davvero ecologiche?
  • Serve davvero acquistare un detersivo monodose dentro a un involucro in PVA difficilmente biodegradabile?
  • Totti fa davvero il bucato a casa sua? (Se non lo sai già è il testimonial)

Le ecodosi sono davvero ECO?

E’ l’ultima in particolare che mi sta tormentando da diverse settimane.

E cioè da quando Francesco, indiscusso campione di calcio, ci sta tormentando dalla sua lavanderia con le famose ecodosi della famosa marca di detersivi NON ECOLOGICI.

Ad essere precisi non mi tormenta Totti ma l’argomento in sé.

LE ECODOSI sono dei sacchettini idrosolubili all’interno dei quali si può inserire una dose di detersivo per lavatrice o lavastoviglie.

Certamente sono comode e possono essere toccate con le dita senza sporcarsi e senza entrare in contatto con le sostanze chimiche del detersivo

Non richiedono all’utilizzatore di dosare il prodotto e quindi facilitano l’utilizzo nella vaschetta della macchina.

Ma io mi chiedo spesso:

Ma sono davvero ecologiche le pastiglie di detersivo in ECODOSE?

E a questa domanda mi sono dato 3 facili risposte:

 

RISPOSTA 1

Le ecodosi non sono ECOLOGICHE perché il PVA non è facilmente biodegradabile.

L’involucro delle pastiglie è composto da PVA, Alcool Polivinilico.

Il PVA si biodegrada del 18% in 28 giorni. Peccato che per definire un ingrediente o un elemento facilmente biodegradabile si dovrebbe degradare del 60% in 28 giorni.

Questo dato mi fa dire che no, le ecodosi non sono ecologiche.

 

 

RISPOSTA 2

Le ecodosi non sono ecologiche perché il contenuto delle pastiglie non è ecologico.

Se è vero che all’interno degli involucri in PVA c’è il classico detersivo della nota marca che non è ecologico, allora perché lo stesso detersivo dentro a un involucro non facilmente biodegradabile dovrebbe essere ecologico?

 

RISPOSTA 3

Perché proprio Totti?

Quanto sono sicure le ECODOSI?

Ma se smettiamo un attimo i panni degli ecologisti e guardiamo a casa nostra allora c’è subito un dato allarmante da considerare: dal 2010 ad oggi sono esponenzialmente aumentate le segnalazioni di danni causati da detersivi all’interno delle nostre case.

Ecco i darti che riporta Corriere.salute:

“al Centro Antiveleni di Milano sono arrivate, dal 2010 al 2016, 2.203 segnalazioni cliniche relativi a incidenti con detersivi monodose per lavatrice, il 90% dei quali relativi a bambini sotto i 5 anni. Nella maggior parte dei casi si trattava di ingestione (82,7%), seguita da lesioni oculari (4,6%) e cutanee (0,8%), quando l’esposizione era singola (88,1%). C’erano poi le situazioni di contatto multiplo (11,9%): ingestione e oculare (5,1%), ingestione, oculare e cute (1,6%), ingestione e cutanea (1,7%), cutanea e oculare (3,3%).”

 

Le lesioni si verificano perché i bambini trovano questi oggetti colorati molto simili a caramelle e sono invogliati a toccarle.

Giocando e Manipolandole, le capsule si possono rompere spruzzando il detersivo negli occhi dei bambini. 

O ancora, rompendosi e colando nelle mani dei bambini, queste rimangono intrise di ingredienti chimici. E i bambini si sa, si portano le mani agli occhi o alla bocca, mangiandosi detersivo.

Sarebbe auspicabile che almeno i produttori si impegnassero a renderle meno attrattive e accattivanti per far si che i bambini che le trovano in casa non ne vengano attratti.

Ma a giudicare da quelle che usa Francesco per ora non è così.

Hai un negozio e vuoi rivendere i nostri prodotti?
COMPILA IL FORM, TI RICONTATTIAMO NOI!